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Autore: Elanor Eliniel    09/07/2011    4 recensioni
"Mentre si inoltrava nel giardino, e poi tra le fronde dei boschi di betulle, sentì amaro il sapore del fallimento e della colpa. Una vita dedicata a difendere la Terra di Mezzo ed alte questioni, ma l’incapacità di proteggere colei che amava sopra ogni altra cosa. L’inettitudine a guarirla fino in fondo, l’aver violato la sua mente, quella sensazione di non aver fatto abbastanza, la rabbia, il dolore, la colpa affollavano i suoi pensieri, soffocandolo."
Una fanfiction che cerca di costruire la loro tragica storia, soltanto accennata in vari punti dal Professore. Sono graditissime recensioni!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Elladan, Elrohir, Elrond, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il dì seguente, i Mezzelfi e la scorta ripartirono silenziosi alla volta di Gran Burrone, dopo aver preso congedo da Cìrdan, il quale fu l’unico ad aver modo di dar conforto ad Elrond, difatti nessun altro riuscì a rivolgergli la parola.
Non appena ripresero il cammino, il Mezzelfo si pose alla testa del gruppo, onde cavalcare in solitudine, senza nessuno al suo fianco; i gemelli invece cavalcavano uno alla destra e uno alla sinistra di Arwen, per proteggerla e confortarsi a vicenda.
In questo modo percorsero molta strada, finché delle grida di dolore non lacerarono l’aria; non si trattava di un dolore fisico, bensì di disperazione.
Con Elrond alla testa, avanzarono cautamente verso l’origine di quelle urla, finché compresero cosa doveva essere accaduto.
Un’Elfa, dal volto né giovane, né vecchio, giaceva nell’erba, il ventre insanguinato, chiaramente priva di vita. La sua mano fredda era protesa, nel tentativo di raggiungere quella di un altro elfo morto, che era disteso con una spada al suo fianco, una profonda ferita al petto ed un’espressione di sorpresa sul volto giovane.
Pure, nessuno di loro era stato ad urlare; un secondo dopo Elrond intravide poco più innanzi cinque orchi che avevano accerchiato una fanciulla: ella aveva le spalle poggiate contro un albero e reggeva una spada, in un disperato tentativo di difesa, ma era chiaro che non avesse idea di come adoperare l’arma. Nei pressi del gruppo un altro elfo, giaceva a terra agonizzante e pregava di risparmiare la figlia.
La vista di quelle crudeli creature, la stessa schiatta degli aguzzini di Celebrìan, suscitò l’ira del Mezzelfo. Cavalcò dritto verso di loro accompagnato dal suo seguito ed a quella vista gli orchi si dispersero, pure, dopo aver custodito intatta quella lama dai tempi dell’Ultima Alleanza, Elrond estrasse la sua spada e fece volare via con un sol colpo la testa dell’orco che teneva sotto tiro l’Elfa.
In pochi minuti anche i suoi quattro compagni furono uccisi dagli Elfi della scorta; soltanto i gemelli s’erano tenuti lontani per proteggere Arwen.
Frattanto, la fanciulla s’era precipitata accanto al padre morente; Elrond vi si avvicinò per comprendere se c’era qualcosa che potesse fare, ma l’Elfo era stato ferito troppo gravemente e il sangue inzuppava i suoi abiti.
Ella singhiozzava in ginocchio; copiose lacrime scendevano dai suoi occhi verdi e i lunghi capelli castani le ricadevano scomposti e disordinati sulle spalle.
L’Elfo moribondo rivolse il suo sguardo ad Elrond.
-  Insegnatele a difendersi… - rantolò – fatela addestrare come i vostri uomini…così che badi a se stessa d’ora in avanti in mia vece -
- Non parlare in questo modo, padre…non seguire mia madre e mio fratello… - pianse lei.
Elrond prese la mano del moribondo e la strinse tra le sue.
- Avete la mia parola, che è quella di uno del sangue di Eärendil – lo rassicurò. L’Elfo volse il capo verso la figlia e le sorrise; e così spirò.
La dama si alzò, guardandosi attorno desolata e disperata; il suo sguardo andava avanti e indietro tra i corpi della madre e del fratello e quello di suo padre.
- Io e mio fratello accompagnavamo nostro padre e nostra madre ai Rifugi Oscuri – disse rivolgendosi forse più a se stessa che ai presenti – Io sarei rimasta con lui nella Terra di Mezzo. Ma non vedranno mai i Porti, la mia famiglia è distrutta e forse sarebbe stato meglio se fossi morta con loro.–
Elrond passò la sua mano sugli occhi dell’elfo per chiuderli, prima di parlare.
- Non è mai facile proseguire senza coloro che amiamo. –
Poi sussurrò ad Elladan di far sì che si adoperassero per una degna sepoltura.
L’Elfa parve rimuginare sulle sue stesse parole per qualche istante.
- Perdonatemi, sire. Voi mi avete salvato la vita e non dovrei parlare in tal modo. Sono al vostro servizio. –
- Non desidero mancare alla parola data – fece lui gravemente. – Ci seguirete a Gran Burrone, dove vi affiderò ai miei figli, quando essi non saranno in missione nelle Terre Selvagge. Sarà meglio così. Io non combatto da molti anni ormai ed il colpo vibrato in quest’ora fu un’eccezione. –
Per pochi istanti ebbe una visione di se stesso che ritornava dalla guerra e veniva curato a Lòrien da Celebrìan; ma ben presto tornò alla realtà e al volto dell’Elfa: sembrava davvero giovane, non doveva aver visto neppure un secolo.
- Siete dunque il figlio di Eärendil? – chiese meravigliata e turbata. Poi guardò nuovamente i corpi senza vita dei suoi familiari e la spada di suo padre, che ancora reggeva nella mano.
- Consentitemi di affiancare i vostri figli, un giorno. Voglio che combattere queste creature diventi la mia ragione di vita, ché non ne ho altre, così da vendicare i miei cari. –
Mentre diceva questo, si assicurò il fodero della lama di suo padre lungo un fianco e ve la ripose; poi si avvicinò al corpo senza vita del fratello e raccolse il suo arco; infine, sfilò dalla mano della madre un anello e lo indossò.
- Non ci sono molte guerriere nella storia degli Eldar – commentò Elrond – Vi sono state Elfe che, nei momenti bui della nostra storia hanno impugnato la lama con grande onore, ma non dame che cercassero spontaneamente battaglia. -
- Ve ne sono svariate tra la mia gente invece, gli Elfi Silvani, ancorché molto poche rispetto agli uomini.– ribatté lei accigliata
- In quest’ora le vostre conclusioni e decisioni sono affrettate – fece il Mezzelfo. – Piuttosto, qual è il vostro nome? –
- Morwen – rispose lei in tono piatto.
- Un nome che reca con sé molta sventura e un’indole caparbia. – commentò lui.
Morwen sapeva a cosa alludesse: portava il nome di una donna grande tra gli Edain della Prima Era, moglie di Hùrin, madre di Tùrin e Nienor.
- E’ così, sire – disse lei decisa.
Quella sera seppellirono i familiari dell’Elfa e fu per lei una triste ora; gli Eldar intonarono per loro dei canti malinconici. Morwen segnò il luogo ove giacquero, all’ombra di un albero, incidendo i loro nomi sulla corteccia con un’espressione di dolore sul viso indecifrabile; Arwen tentò di starle accanto, mentre Elrond s’avvicinò ai gemelli, in disparte.
- Orchi nell’Eriador – sussurrò – E’ raro che si spingano in queste terre. I Dùnedain devono esserne informati.  –
- Facevo con mio fratello la stessa osservazione – rispose Elladan. – Una volta giunti a Gran Burrone e lasciato al sicuro nostra sorella, partiremo immediatamente –
Elrohir non intervenne, ma osservava il volto di Morwen illuminato dal fuoco mentre ella parlava con sua sorella Arwen.
- Dovremmo addestrarla davvero, padre? – disse poi – Insegnarle a destreggiarsi con la lama, a colpire nemici con l’arco in totale silenzio, ad inoltrarsi nelle Terre Selvagge celandosi ad occhi indiscreti! Guardala: è così giovane e disorientata, benché abbia carattere. –
- Ti sbagli, Elrohir – ribattè il padre – Imparerà a difendersi, perché è ciò che ho promesso, non a combattere in prima persona. –
- Ella mi sembra essere di tutt’altro avviso. – precisò Elrohir, ed i suoi occhi scintillarono indugiando su di lei.
 
 
Nei mesi seguenti, Morwen fu accolta a Gran Burrone con ogni riguardo; non appena Elladan ed Elrohir fecero ritorno dopo essersi recati presso il Capitano dei Dùnedain, cominciarono ad insegnarle a usare la spada e l’arco; e quando non erano con lei ella era con Arwen, che l’istruiva sulla storia degli Elfi dell’Ovest e sulle loro leggi nella biblioteca del padre.
Il Signore d’Imladris riprese a svolgere le proprie attività, pure, non vi era giorno in cui il suo pensiero non andasse a Celebrìan; si chiedeva come trascorresse le giornate nel Reame Beato, se Estë l’avesse finalmente guarita nell’animo e se anche lei provasse quella strana sensazione di nostalgia opprimente. La sua assenza pesava come un macigno sul suo cuore, a partire dal mattino in cui egli si destava in solitudine, fino a quando non chiudeva gli occhi, se non le appariva anche in sogno.
Forse non avrebbe mai imparato del tutto come vivere senza di lei, pensò camminando nei boschi di betulle, una notte in cui riposare gli pareva impossibile. Era quel genere di ferita che il tempo non può accomodare, proprio come la sofferenza che era stata inferta a lei. Stava ripensando con rammarico al giorno in cui l’aveva lasciata partire per Lòrien senza seguirla, quando ad un tratto udì dei passi leggeri sull’erba alle sue spalle e per un folle istante si illuse fosse proprio la sua sposa.
- Morwen – disse dopo essersi voltato ed averla riconosciuta.
- Mio signore – fece lei, a disagio.
- Cosa ti porta qui nel mezzo della notte? – chiese scrutandola coi suoi occhi grigi.
Ella abbassò lo sguardo e si strinse nel mantello grigio per l’improvvisa sensazione di freddo dovuta alla brezza notturna.
- Cercavo di parlarvi, sire. Sapevo che siete stato molto indaffarato in questi giorni con le notizie che vi sono giunte. –
Elrond smise di indagare il suo volto e le sue labbra si incrinarono in un sorriso divertito.
- Se ho compreso bene, deduco che mi stessi seguendo. –
Morwen scoppiò a ridere.
- Affatto, non potevo certo immaginare che passeggiaste nel cuore della notte; vi ho scorto per caso dalla finestra. –
- A quanto pare non sono l’unico a non avere riposo. – constatò il Mezzelfo – Dunque, di cosa desideravi parlarmi? –
- Mi chiedevo se avevate un po’ del vostro tempo da condividere con me, come avete fatto l’altro giorno. Non fraintendetemi, i vostri figli sono meravigliosi e disponibili con me, pure, ecco, non avevo mai udito nessuno discorrere così su Mandos, sul destino degli Elfi, sulla vita e la morte, sul dolore. –
Elrond sorrise di nuovo, ma questa volta il suo sorriso non era affatto divertito, bensì triste.
- Vieni a cercarmi domani nel pomeriggio, se può farti sentire meglio – rispose comprensivo. Era naturale che reagisse in tal modo all’aver perso l’intera famiglia da pochi mesi, pensò lui.
- Vi ringrazio, mio signore – rispose Morwen ricambiando il sorriso. Poi fece per andar via, ma non poté fare a meno di aggiungere qualcos’altro.
- Sembravate turbato, prima che vi disturbassi. – mormorò.
Il Mezzelfo restò sorpreso da quella osservazione fatta ad alta voce, ma rispose in fretta in maniera evasiva.
- Non c’è niente che tu possa fare per me. –
Ella annuì debolmente a mo’ di scusa e si allontanò.



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Ecco un nuovo capitolo, abbastanza diverso dai precedenti perché entra in scena un nuovo personaggio. Per un po' non vedremo la mia cara Celebrìan ma spiegherò poi cosa le è accaduto.
elepaddy85: Grazie ;) anche io me lo sono sempre chiesta e alla fine ho scelto un compromesso con delle allusioni a Lùthien e in effetti Celebrìan si mostra più dubbiosa su Arwen che non sui gemelli.
Afaneia: Graziee e non preoccuparti! Il primo periodo sarà piuttosto difficile per Elrond...
Thiliol: Grazie mille...sì la "dissolvenza" mi sembrava più che dovuta considerando i circa 500 anni di separazione...Poveri :(

I miei ringraziamenti anche a chi preferisce, legge e segue!
  
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