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Autore: XShade_Shinra    10/07/2011    4 recensioni
Saverio, un soldato semplice che ha perduto amici e parenti, cade in mare a seguito di un attacco nemico e al suo risveglio si accorge di trovarsi dentro una grotta carsica. E di non essere solo.
[ Classificata 3° al contest "The Last One Fantasy" indetto da schwarzlight sul forum di EFP ]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Hope against Hope - Il canto del mare -

Capitolo 6
- Salvami portandomi in un luogo nascosto e ridandomi Speranza -


I granelli di sabbia volteggiavano intorno alle mie gambe, fino alle ginocchia, e le onde mi bagnavano le punte dei piedi; guardavo il mare dal bagnasciuga ricoperto di conchiglie, cercando di scorgere qualche movimento tra le onde, nella speranza di vedere la mia salvatrice, ma non vidi nulla. Assolutamente nulla.
D’improvviso una risata agghiacciante alle mie spalle mi fece girare di scatto, ma vidi solo uno stupidissimo gabbiano dietro di me, che cercava di aprire un paguro con il suo becco.
«Stupido pennuto» borbottai, sentendo poi un nitrito provenire dal mare.
Doppiamente stupito rispetto a prima, mi girai, ma quella volta non vidi nulla che potesse spiegare quel suono.
«Sto diventando pazzo» asserii grattandomi la nuca, tornando a guardare il pelo dell’acqua increspato ed imbiancato dai cavalloni.
«Iiiiih!» un altro nitrito, inequivocabile, venne dal mare, facendomi raggelare più della risata di poco prima.
«Chi… chi c’è?!» domandai a voce alta, non riuscendo a scorgere nulla, a parte le onde.
D’un tratto, però, quelle increspature bianche che si avvicinavano alla riva assunsero dei contorni sempre più definiti, al punto da farmi strofinare gli occhi con il dorso della mano per sincerarmi di vedere adeguatamente.
Non potevo sbagliarmi.
Anche se… era impossibile!
Diverse increspature avevano la forma di uno slanciato equino che correva disperato nella mia direzione, altre ancora sembravano delle donne fatte interamente d’acqua, come inglobate dall’onda stessa.
«Ehi, umano…» mi chiamò una di loro con voce allegra, ed ebbi come l’impressione che la spuma si modellasse in modo da crearle un cordiale sorriso su quel fittizio volto.
«Guardate, è lui!» rise un’altra, accarezzando un “cavallo” che le passò accanto.
«Sì, è tornato» sorrise una terza, facendo una piroetta per poi scomparire, assorbita dall’acqua «Allora ha capito.»
Vedendole, non riuscii a spiccicare parola e quando la prima “donna” fu più vicina di alcuni metri, mi richiamò.
«Cosa c’è, umano? Non hai mai visto ondine e cavalloni, prima d’ora?» mi prese quasi in giro.
«No» ammisi, senza riuscire a staccare gli occhi di dosso a quelle strane creature.
Loro risero – e mi accorsi che non erano più tre, ma dieci, come se il mare le tenesse nascoste dentro di sé e poi le facesse riapparire a proprio piacimento. Come onde.
«Ahah… Noi ti abbiamo visto quel pomeriggio, sai?» mi fece un’ondina, mentre un’altra proseguiva: «Sì, abbiamo visto che la sirena ti ha salvato e nascosto nella caverna.»
Rimasi nuovamente fermo senza dire nulla, mentre quelle donne d’acqua si avvicinavano sempre più alla riva e un cavallone si infrangeva contro uno scoglio con un rumore forte e violento.
Così avevo avuto la conferma, quella donna gentile che mi aveva salvato era davvero una figlia di Nettuno, una sirena.
«Forse ti abbiamo scioccato?» chiesero in coro due di loro, infrangendosi sulla bianca sabbia con centinaia di schizzi che mi colpirono le gambe nude, facendo la stessa fine del maestoso cavallo di poco prima, ma altre loro sorelle – o erano sempre loro stesse? – comparvero, e continuarono a parlarmi: «Avanti, rispondici, o torneremo invisibili ai tuoi occhi.»
Dopo aver scrollato con forza il capo e assodato il fatto che non ero diventato pazzo – spero! – risposi a quelle eleganti donne:
«Sì, ero io» dissi loro, per poi specificare: «Ero io quel ragazzo tratto in salvo dalla sirena. Sapete dove posso trovarla?» chiesi subito, senza sprecare un’occasione come quella.
Dovevo rivederla!
«Ormai se ne sarà andata e non ci ha detto dove. Era qui solo di passaggio e forse avrebbe fatto meglio a non venire...» mi rispose l’ondina più vicina alla riva.
«Perché?» chiesi a quegli esseri.
Non potevo permettere che se ne andasse. Le speranze di rivederla si sarebbero ridotte al minimo!
«Perché lei è sola al mondo, ora…»
«È l’ultima sirena.» mi risposero altre ondine, sfracellandosi contro la spiaggia mentre ridevano, ed altre di loro proseguivano il racconto:
«Quattro giorni fa il suo compagno è stato ucciso da dei pescatori.»
«Loro la avevano catturata, ma il suo compagno tritone si è messo di mezzo per salvarla e, dopo che era riuscito a farla scappare, lo hanno ucciso davanti ai suoi occhi, portandolo poi via.»
«Che cosa orribile…» dissi schifato, portandomi una mano alla bocca. Come si poteva essere tanto crudeli verso una creatura così buona?
Mi rividi molto nella mia salvatrice, soprattutto perché eravamo entrambi soli e l’ultimo parente a noi rimasto era morto davanti ai nostri occhi, senza che potessimo fare nulla che lo impedisse.
«Ma hanno avuto la loro punizione…» aggiunse un’ondina, salendo in groppa ad un cavallone.
«Che vuole dire?» chiesi preoccupato.
Le ondine e i cavalli di spuma tacquero per un istante prima di rispondere.
«Lei non ha mai cantato per te, vero?» mi domandò una delle tante, prima di abbracciare brutalmente uno scoglio e tornare ad essere un tutt’uno con le sue sorelle.
«Il canto della sirena incanta le menti degli uomini. Infatti lei stessa ha compiuto la sua vendetta: ha cantato e li ha stregati in modo che guidassero fino a gettarsi in mare. La macchina di quei pescatori è caduta dalla scogliera e sono morti nell’impatto con l’acqua. La sirena ha ripreso così il corpo dell’amato e l’ha nascosto sotto la sabbia di questo fondale, come una tomba» spiegò un’ondina gentile, sprofondando poi nel mare.
Il vento si stava abbassando e molte di quelle creature, diventate ormai quasi cinquanta, iniziavano pian piano a scomparire.
“Povera sirena…” pensai, ricordandomi quando avevo stretto il corpo senza vita di Sabrina distesa sul lettino d’ospedale.
«Perché non mi ha ucciso?» chiesi allargando le braccia. «Io sono un uomo come lo erano loro. E poi perché mi dite tutto questo?!»
«Ti ha salvato perché sei stato attaccato dai tuoi nemici e sei finito in acqua… Un po’ la stessa cosa capitata al suo tritone, solo al contrario, e lei avrebbe voluto tanto che qualcuno mettesse in salvo il suo compagno» mi dissero due di loro. «È accaduto tutto per riflesso: ha visto te in lui e si è comportata gentilmente come avrebbe desiderato che qualcuno avesse fatto con il suo amato, salvandolo.»
Ascoltai attentamente le figlie del dio Aegie; il discorso non faceva una piega.
«Come ha fatto a salvarmi dal veleno?» chiesi ancora. Dovevo sapere.
«Lei ha agito d’istinto: ha visto che i tuoi muscoli si contraevano e ti ha dato delle bacche di belladonna, che cresce qui, unita a delle alghe medicamentose di cui voi umani non avete ancora scoperto le proprietà benefiche sull’organismo.»
L’atropina, un antidoto contro il Sarin, si estrae appunto dalla belladonna, usata nell’antichità in piccole gocce negli occhi per far dilatare le pupille delle nobili e renderle più affascinanti.
«E noi siamo qui perché ci ha mandato lei. Siamo solo portatrici di messaggi» aggiunsero due in coretto, facendomi quasi sorridere.
«Grazie» sussurrai, tornando a fissare intensamente il mare che andava via via calmandosi, facendo così sparire tutte le ondine, perdendomi nella sua immensità finché non tornò ad essere una tavola piatta.
Lei aveva sentito le mie disperate grida d’aiuto e io volevo assolutamente sentire il suo canto, tanto dolce quanto triste, come un requiem, e poterla così aiutare di rimando a sentirsi meno sola, come lei aveva fatto con me.
Improvvisamente sentii un frullare d’ali, e il gabbiano di poco prima mi si posò sulla spalla sinistra, facendomi sobbalzare.
«Cosa stai pensando, umano?» mi domandò il volatile, reclinando appena il capo. «Hai sentito le ondine, non penso che tornerà qui.»
Senza permettere ai nervi di cedermi, cercai di mantenere l’autocontrollo:
«Ma… da quando tu parli?!» gli chiesi, voltandomi verso di lui.
«Da quando ho schiuso l’uovo, umano» mi rispose seccato, dandomi una beccata in testa che mi strappò un’espressione di dolore. «Se le ondine ti hanno parlato, vuol dire che sei un tipo a posto» disse leggermente gracchiante.
Scrollai la testa ad occhi sbarrati, cercando di convincermi che in realtà fosse normale che un gabbiano mi parlasse, tornando a fissare il verde mare, così simile al colore della speranza.
«Dimmi, gabbiano…»
«Mi chiamo Kookai.»
«…Kookai» mi corressi. «Dov’è la più vicina base della marina?» domandai, senza scostare lo sguardo dal mare dove il sole si intingeva piano, impreziosendolo con i suoi raggi dorati.
«A mezz’ora di volo da qui» rispose piano. «Ti serve una guida?» mi propose, senza aver bisogno di domandare il motivo della mia richiesta.
«Sì, grazie» annuii, stringendo le mani a pugno, mentre Kookai si alzava in volo, mostrandomi così la strada per l’Accademia Navale; sperando che mi facessero entrare, conciato in quelle condizioni da naufrago!

◊●◊●◊●◊●◊●◊●◊●◊●◊●◊●◊

«Perché hai deciso di prendere parte a questa guerra, Comune di seconda classe?» chiese l’Ammiraglio della nave militare sulla quale mi ero imbarcato.
«Perché voglio rivedere una persona» risposi deciso come non mai, con la brezza marina che mi accarezzava la pelle e muoveva appena le due perle che portavo come bracciali, nascoste dall’uniforme bianca.
Nemmeno il mare avrebbe potuto celare la mia sirena in eterno, ed ero certo che, un giorno, sarei riuscito ad incontrarla nuovamente per sdebitarmi.
Ehi, Sabrina… Potresti aspettarmi ancora un po’?” domandai con il pensiero, guardando l’enorme distesa oceanica davanti a me, che si estendeva senza fine.


I’ll find you somewhere
I’ll keep on trying until my dying day.
[Within Temptation - Somewhere]


The End…?
No.
Si tratta solo di un nuovo inizio.

Solo nella morte non c’è più speranza, e Saverio sarebbe vissuto ancora a lungo, per poter così
cercare la sua adorata sirena, nascosta nel mare, che gli aveva salvato la vita.



- Hope against Hope - Il canto del mare -
XShade-Shinra





Note:
-“Cocài” è l’onomatopea del garrire del gabbiano, e la “Kookai” è una marca francese che prende il suo nome appunto dal primo termine.

  
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