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Autore: Whatadaph    11/07/2011    8 recensioni
Dominique Weasley ha diciassette anni, una media impeccabile e una vita apparentemente perfetta - nonostante ci siano troppi cugini di mezzo, una sorella ingombrante e centinaia di studenti che sono a conoscenza di ogni dettaglio della sua esistenza. Ha anche una migliore amica scomparsa, un ragazzo con la testa da un'altra parte e troppi segreti da nascondere.
Una Nuova Generazione piena di squallore e frivolezze, che dovrà pezzo per pezzo recuperare ciò che ha perduto.
Ispirato a Gossip Girl. Dal secondo capitolo:
Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. [...] I capelli di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Lucy Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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A Wild Luma-Party


Buongiorno, Sala Grande! Qui è Gossip Witch, la vostra sola ed unica fonte di notizie sulle vite scandalose dell’élite di Hogwarts. Attendiamo notizie piccanti! Sembra che il party esclusivo del Lumaclub che avrà luogo stasera sarà davvero straordinario. La nostra regina Dominique Weasley ha organizzato tutto alla perfezione assieme al suo professore preferito. E io adoro le feste! Peccato che Grace non sia stata invitata. Mi dispiace, G., ma a quanto pare  i tempi sono proprio cambiati. Chissà se in cucina potranno concederti dell’Ogden Stravecchio per leccarti le ferite. Baci e abbracci! Gossip Witch.

Non appena ebbe finito di leggere il messaggio, inciso a chiare lettere sul bordo della moneta magica, James cercò con lo sguardo Grace, dispiaciuto per il modo in cui Gossip Witch l’aveva trattata. Si trovava in Sala Grande, seduto al tavolo dei Grifondoro e intento a fare colazione. Al suo fianco, Roxanne continuava a ricoprire il suo pane tostato di marmellata d’arancia come se nulla fosse. La cugina si rese conto del suo repentino cambio d’espressione, e fu con le sopracciglia corrucciate che disse:

“Ehi, Jamie. Che cosa è successo, cugino?”

James sospirò, passandole il galeone. Roxanne lesse in fretta, per poi alzare gli occhi al cielo e scrollare le spalle con indifferenza.

“E che sarà mai…” disse.

“Rox, questa è la prova della tua insensibilità.”

“Ormai Grace ci avrà fatto l’abitudine. E poi non mi fido di lei. Non dovresti fidarti neanche tu.”

“Credimi, lei non è come Dominique e le altre… basta guardarla in faccia per capirlo. L’espressione che ha in quegli occhi…”

“Non ti facevo così ingenuo, Jamie,” lo interruppe Roxanne. “Ad ogni modo, fai come ti pare. Io ti dico solo di stare attento…”

Ma il cugino non l’ascoltava più. Era preso a guardare Grace, che si era alzata di scatto, l’aria furente, e si dirigeva agguerrita verso il tavolo dei Serpeverde. James si alzò a propria volta, seguito da una sbuffante Roxanne, che alzava gli occhi al cielo con aria esasperata, accodandosi alla ragazza con discrezione. Grace si era apprestata a Dominique, che non si curò nemmeno di levarsi in piedi, quando l’altra le si rivolse.

L’hai fatto apposta” sibilò la Grifondoro. Fremeva tanto dalla rabbia che a James pareva che i suoi capelli avrebbero potuto fare scintille.

“Non capisco a cosa ti riferisci” ribatté Dominique, con gelida cortesia.

“Sai benissimo a cosa mi riferisco.”

Dominique piegò le belle labbra in un perfido ghigno di soddisfazione.

“Ah, parli della festa? Mi dispiace, Grace, ma penso che a una settimana che sei tornata dovrebbe esserti chiaro. I tuoi occhioni qui non sono più graditi. Sei fuori dal giro.”

Grace spalancò gli occhioni, impietrita. Aprì la bocca per ribattere, ma Dominique la interruppe.

“Che ci fai ancora qui?” disse gelidamente.

L’altra strinse le labbra, e scosse la testa. Girò sui tacchi e si allontanò in fretta dal tavolo, uscendo rapidamente dalla Sala, dritta e orgogliosa.

James rimase immobile per un istante, per poi correrle dietro senza più indugi.

“Grace!” gridò, ma la ragazza non si voltò.

Accellerò i propri passi.

“Grace!” chiamò ancora. L’altra si fermò.

“Che cosa c’è?” lo interpellò, rabbiosa. I suoi begli occhi erano lucidi, e le labbra contratte dallo sforzo di non scoppiare in lacrime. James sentiva che Grace non avrebbe mai pianto davanti a qualcuno. Neanche davanti ad un asociale come lui. Le sorrise.

“Lumacorno ha invitato anche me a quel party,” le disse. “Vuoi venirci con me?”

Le sue parole parvero stupirla. Sembrò esitare un istante. Poi parlò, e quando lo fece aveva tutt’altro tono rispetto a quello con cui gli si era rivolta poco prima.

“Sei cosciente che invitandomi a quella festa ti metterai contro Dominique?” gli disse.

“Per sei anni non mi ha interessato nulla l’opinione di mia cugina. Perché dovrebbe cominciare a fregarmene qualcosa proprio adesso?”

Grace sembrava divertita. Sorrise.

“Ne sei sicuro?”

“Non sono mai stato tanto sicuro in vita mia.”

 

“Dimmi se ho capito bene...” fece Roxanne. “Tu porterai Grace ad una festa alla quale Dominique le ha espressamente vietato di andare?”

“Non glielo ha espressamente vietato,” la corresse James. “Le ha solo detto che non è invitata.”

“Insomma, Jamie. Sai quello che voglio dire. Dominique estirperà sul nascere ogni tuo futuro tentativo di avere una vita sociale.”

“Perché, io ho mai avuto una vita sociale, Roxanne? Sarebbe difficile sentire la mancanza di qualcosa che non ho mai avuto.”

“Puoi pensare quello che vuoi, ma trovo comunque che questa sia una pessima idea. Insomma, portare Grace Zabini ad una festa!”

Il volto di Roxanne era teso, la sua espressione chiaramente irritata.

“Perché, che cosa c’è di male ad uscire con una ragazza che mi piace!”

“Possibile che tu non capisca?” lo aggredì la cugina. “A Grace non importa un fico secco di te! Lei viene a quel party assieme a te soltanto perché è l’unico modo che ha di vendicarsi di Dominique!”

James sentiva di stare cominciando ad arrabbiarsi.

Insomma, chi era Roxanne per decidere ciò che lui avrebbe dovuto fare della propria vita, e soprattutto come si permetteva di giudicare Grace così aspramente senza conoscerla bene? Roxanne non aveva passato tutte le ore di Pozioni dell’ultima settimana al suo fianco, non aveva scherzato con lei a proposito di Dominique e le altre arpie. Non aveva visto la luce che scintillava negli occhi di Grace ogniqualvolta restava sorpresa da un suo gesto gentile. Non aveva avuto modo di ammirare la sua intelligenza svelta e intuitiva, non aveva avuto il cuore di accorgersi della sua determinazione e forza d’animo… già, Roxanne era stata talmente chiusa nei propri pregiudizi per riuscire a comprendere quanto altro ci fosse dietro ai bei capelli e alle lunghe gambe di Grace. Non aveva capito assolutamente nulla di lei, di quanto ci fosse da scoprire. James dovette fare un respiro profondo per calmare la propria voce, prima di parlare.

“Roxanne,” disse lentamente, “credimi. So quello che faccio, e se ho invitato Grace a quella stramaledettissima festa è perché so che dentro è buona. Chiaro?”

Roxanne sbuffò, e scosse la testa.

“Divido il dormitorio con lei da sei anni, Jamie. Credi che non la conosca almeno un po’?”

“Credo che tu non l’abbia voluta conoscere, Rox.”

Alle sue parole, la cugina strinse le labbra.

“Benissimo,” ribatté. “Allora io me ne vado, mentre perdi tempo a rovinare la tua vita. Non riesco a credere che tu sia così stupido.”

Detto questo, corse via.

“Devi solo fidarti di me!” le gridò dietro James.

“Che cosa succede, fratellone?” disse una voce.

Il ragazzo si voltò, e vide al suo fianco il fratello Albus. Oltre a qualche centimetro di altezza – James superava Al di parecchi pollici – e al colore degli occhi – che James aveva scuri e luminosi come la madre-  i due fratelli erano pressoché identici, se non fosse stato che il minore godeva di qualche grado di bellezza in più. Il naso del maggiore era reso appena irregolare da una leggera gobba e il suo volto era privo di lentiggini, ma non era di certo questo a renderlo meno popolare di Albus. Entrambi erano bravi a Quidditch e andavano bene a scuola, ma quest’ultimo era caratterizzato da quella particolare e ineguagliabile spigliatezza che lo rendeva incredibilmente atto ai rapporti umani. Specialmente a quelli femminili, avrebbe aggiunto James. Il quale, pienamente consapevole di essere un solitario tendente alla misantropia, non sarebbe mai stato in grado di eguagliare il fratello sotto quel profilo, né d’altronde lo avrebbe mai desiderato. Nonostante Albus fosse un libidinoso, tuttavia, non sarebbe di certo bastato questo tutto sommato trascurabile difetto per fargli perdere la stima del maggiore. James rispettava Albus, attribuendo scarsa importanza alla sua attitudine per la perdizione, e si fidava di lui. Suo malgrado, non avrebbe potuto dire lo stesso della piccola Lily. Da piccola, la sorella minore era stata una bambina adorabile. Forse viziata eccessivamente o forse, chissà, esortata dai malvagi esempi delle cugine maggiori, Lily sembrava aver perso adesso tutto il suo giudizio e i tre quarti del suo senso morale. Nonostante tutto, James non aveva perso del tutto le speranze che si trattasse di un temporaneo momento di crisi, dovuto alla dura età adolescenziale dei quattordici anni.

In quel momento, tuttavia, i pensieri di James erano lontani anni luce da Lily e dalle turbe psichiche della sua giovinezza. I pensieri di James giocavano con lunghi capelli biondi, vagavano per occhi arguti, scorrevano con dolcezza sulla morbida linea del volto di Grace. Benché fosse sempre stato un sognatore distratto, dall’intelligenza creativa, il nostro giovane Potter viveva nella illusoria convinzione di essere un tipo razionale. Si reputava una persona con i piedi per terra, smaliziata e ragionevole. Inutile dire non era affatto così. Aveva ereditato da suo padre lo spirito idealista, e da sua madre il credere fermamente nella felicità. Forse era stato l’essere nipote di Percy Weasley ad avergli conferito invece una certa superbia ben celata, la quale lo portava a restare, anche contro ogni logica, serrato nelle proprie convinzioni e restio ad accettare che non sempre le sue idee erano quelle giuste. James era un tipo di eccesso, di totalità. Per lui esistevano poche vie di mezzo, era capace di immensa devozione come del più profondo disprezzo, ma raramente riusciva a mantenere le proprie sensazioni in campo neutrale.

James era anche un ingenuo, specialmente nei confronti di Lily. O forse, la sua era solo incapacità di accettare il degrado morale in cui l’adorata sorellina era sprofondata. Ma se James non si era ancora reso conto della propria ingenuità, Albus se ne era invece accorto benissimo. L’incarico che si era egli stesso attribuito, sebbene mai avrebbe osato dirglielo apertamente, era proteggere James dalle trappole che da solo si creava e metterlo in guardia dagli altrui tranelli. Fu per questo, forse, che il maggiore dei fratelli Potter era recalcitrante al fermarsi a conversare con il minore, temendo che anche lui come Roxanne volesse minare la fiducia che riponeva in Grace.

Si convinse però che Albus fosse un Legimante quando lo sentì parlare.

“Stai tranquillo, non ho intenzione di parlarti male di Grace Zabini,” si era infatti affrettato a dire il fratello. “Volevo solo chiarirti una cosa!”

James sospirò.

“Va bene, Al,” disse. “Parla.”

“Non so se tu te ne sia mai reso conto, nella tua campana di vetro fuori dai confini della società…” – Jamie sbuffò – “… ma Grace è mia amica da parecchi anni. Potrei dire che sono l’unico del suo vecchio giro ad esserle rimasto vicino.”

“Non mi sembra…” borbottò James in risposta.

“Forse perché hai gli occhi foderati, Jamie. Devo credere che tu sia un po’ geloso? Puoi stare tranquillo,” continuò Albus in fretta, visto che il fratello aveva aperto la bocca per ribattere .“Non c’è mai stato niente fra me e lei, né mai ci sarà.”

“Era questo che mi volevi chiarire?”

“Come sei impaziente! Comunque no, si trattava solamente di una sorta di introduzione. Quello che ti volevo dire è che ti conosco, so quanto sai essere duro nei tuoi giudizi…”

“E questo che cosa c’entra?”

“… Potresti venire a sapere delle cose non proprio carine su Grace. Ti chiedo solo di non dare troppo peso agli eventi passati.”

James adesso si sentiva interdetto, e anche piuttosto irritato. Uno dei tratti della personalità di Albus che meno sopportava, era questa dannata abitudine di parlare per enigmi. Il fratello raramente diceva le cose apertamente, le celava piuttosto dietro ad un velo di ambiguità. Le sue frasi erano spesso vaghe, e potevano assumere più di una interpretazione. Albus Potter amava atteggiarsi a giovane sfuggente, dicendo cose apparentemente sconclusionate ma che, Jamie lo sapeva, avevano sempre almeno un fondo di verità. Non era un bugiardo, ma astrarre il reale significato di ciò che diceva non era impresa facile. Come ben sappiamo, James aveva un’indole gentile e una congenita incapacità di accorgersi della doppiezza altrui. Non dobbiamo quindi stupirci nell’affermare che, ingenuo connaturato quale era, non fosse in grado di cogliere i doppi sensi di cui erano costellate le asserzioni del fratello. In quanto orgoglioso, questo fatto lo infastidiva. Specialmente se era Grace l’oggetto di quella conversazione.

“Insomma, Al,” sbottò infatti. “Possibile che tu non possa esprimerti chiaramente, per una volta?”

“Se avessi potuto, l’avrei fatto” ribatté il minore placidamente.

“Non ne sarei così sicuro” borbottò James di rimando.

“Il passato non ha molta importanza, Jamie. Quello che conta è il presente. Adesso, non penserai di andare alla festa vestito in quel modo?”

 

A Lucy la biblioteca piaceva. Amava l’odore polveroso dei vecchi libri, il fruscio delicato delle pagine voltate, i lievi mormorii degli studenti impegnati a studiare e la pace ovattata che pervadeva quel luogo. Era per questo che l’anno precedente, quando la ormai anziana Madama Pince aveva richiesto che le venisse assegnato qualcuno ad aiutarla nella gestione della biblioteca, la ragazza non aveva esitato ad offrirsi volontaria. Inizialmente diffidente, l’anziana bibliotecaria aveva pian piano cominciato ad acquistare fiducia nei suoi confronti, al punto di lasciarla qualche volta anche da sola alla guardia dei suoi preziosi volumi. Questa era una di quelle volte. Madama Pince, che da anni soffriva di emicranie ricorrenti, le aveva chiesto di sostituirla per qualche ora. Lucy sedeva quindi alla scrivania della bibliotecaria, dietro a pile di cataloghi dei libri –la Pince li conservava con cura maniacale- e al raccoglitore in cui doveva scrivere le date dei prestiti e delle restituzioni. Alle sue spalle, c’erano degli enormi schedari colmi di fascicoli, uno per ogni studente che aveva fatto uso della biblioteca da cinquant’anni a quella parte. Lucy non aveva resistito a dare una sbirciatina: il fascicolo di zia Hermione era quello più voluminoso di tutti. La ragazza era seduta a gambe incrociate, e ingannava la noia leggendo un grosso tomo chiamato Grandi Alchimisti del Diciassettesimo Secolo. Lavorare nella biblioteca le piaceva. In quelle ore che seguivano il pranzo, inoltre, poteva leggere in santa pace perchè il luogo diveniva poco frequentato e non c’era un granché da fare. Per questo restò stupita quando una voce le si rivolse, distogliendola dalla lettura.

“Scusa…”

Lucy alzò gli occhi: di fronte a lei si trovava un ragazzo biondo, dal mento affilato, che riconobbe come Scorpius Malfoy, un Serpeverde che aveva un paio d’anni più di lei. Era il ragazzo storico della cugina Dominique, e raramente lo si poteva vedere in biblioteca.

“Sì?” gli chiese educatamente.

“Ho perso il mio libro di Pozioni… vorrei prenderne una copia in prestito finché non mi arriva quella nuova dal Ghirigoro.”

“Sezione C” rispose automaticamente, senza consultare il catalogo.

Ormai ricordava a memoria l’ubicazione dei reparti più richiesti, e Pozioni era uno di questi. Si chiese come si potesse essere tanto stupidi da perdere un libro di scuola, e per giunta di una delle materie fondamentali. Tornò a leggere Grandi Alchimisti del Diciassettesimo Secolo.

Si rese conto che il ragazzo era ancora lì solo quando lo sentì tossicchiare, e dovette sollevare nuovamente gli occhi dal libro.

“Sì?” ripeté, un po’ seccata.

“Dov’è la sezione C?”

Lucy si trattenne dal levare gli occhi al cielo, mentre chiudeva il libro – avendo cura di mantenere il segno –, si alzava dalla sedia e faceva il giro della scrivania, per accompagnare Malfoy al reparto di Pozioni. Non lo degnò di uno sguardo mentre camminava fra gli scaffali, decisa a fare più in fretta possibile.

“Come si intitola il libro?” domandò, sbrigativa.

Pozioni Avanzate, di Libatius Borragine…”

Perfetto, pensò Lucy. I libri della biblioteca erano sistemati in ordine alfabetico, a partire dall’alto. A corrispondere alla lettera B erano quindi alcuni degli scaffali più in cima. Questo significava che avrebbe dovuto usare la scala. Sbuffò, e mosse appena la bacchetta per appellarla: un consistente rullio ne annunciò l’arrivo.

“Sei al quarto anno?”

Lucy annuì.

“E già sai fare i Non Verbali?”

Non poté fare a meno di sentirsi stupita nello scoprire che Scorpius Malfoy sapesse cosa era un Incantesimo Non Verbale.

Annuì ancora, e cominciò ad arrampicarsi sulla scala, sforzandosi di non guardare in basso: soffriva terribilmente di vertigini. Di certo fu per questo che il suo astio nei confronti di Malfoy, nel momento in cui giunse al venticinquesimo scalino, stava raggiungendo proporzioni gigantesche. Prese rapidamente il libro dallo scaffale, prima di tornare giù più in fretta che poteva.

“Grazie,” fece Scorpius. “Ma non avresti potuto appellarlo? Ti saresti risparmiata la fatica!”

Ma che presuntuoso…

“I libri della biblioteca sono inappellabili,” gli spiegò. “Per evitare che vengano presi senza il consenso del bibliotecario da chi non ne conosce l’ubicazione.”

“Ah, già… mi sembra logico, adesso che ci penso.”

Lucy ritenne che non fosse necessario dargli una risposta. Si diresse verso la scrivania per segnare il prestito, e lui la seguì. Intinse la penna d’oca nella boccetta d’inchiostro, cominciando a trascrivere il titolo del libro e il nome del ragazzo.

“Ecco il tuo libro,” gli disse. “Hai venti giorni di tempo per la restituzione…”

Mentre prendeva il volume dalle sue mani, Malfoy la osservò attentamente.

“Sei una Weasley, vero?”

“Già, sono la Weasley Invisibile…” borbottò di rimando, risentita.

Con sua grande sorpresa, il ragazzo scoppiò in una risata che andava decisamente oltre il limite sonoro consentito nella biblioteca.

“Che cosa c’è di così divertente?” lo aggredì.

“Tu! Tu sei divertente. Sei simpatica!”

“Simpatica?” chiese Lucy, che non era sicura di aver sentito bene.

Simpatica, lei? La noiosa e insignificante Lucy Weasley, figlia dell’ancora più noioso Percy? Quel ragazzo aveva decisamente qualcosa che non andava.

“Sì, simpatica. Sei forte.”

Lucy deglutì.

“Come hai fatto a capire che sono una Weasley? Nel senso, non lo capisce mai nessuno…” chiese, esitante.

Era sempre stata convinta che i suoi capelli di un castano spento e la mancanza di lentiggini avrebbero precluso per sempre la possibilità di essere riconosciuta come Weasley.

“Sto con Dominique da anni, e Rose ci ronza sempre attorno. Somigli alle tue cugine, tutto qui.”

Questa volta fu Lucy a scoppiare a ridere.

“Somigliare a loro, io?” ribatté, fra le risa.

“Hai la parte inferiore del viso uguale a Rose, e lo stesso cipiglio di Dom” ribatté lui, serissimo.

“Sì, come no…” si tastò comunque le guance e il mento.

Chissà che Malfoy non abbia ragione…

Lo vide sorridere. Si accorse che sembrava però tormentato da qualcosa. Si torceva le mani, e si guardava nervosamente intorno.

Ma non sono affari miei, dopotutto.

“Va bene,” disse, bruscamente. “Hai il tuo libro, io posso tornare al mio.”

Riprese Grandi Alchimisti del Diciassettesimo Secolo dal ripiano della scrivania, accingendosi a ricominciare la lettura.

“Come ti chiami?”

Alzò lo sguardo.

“Lucy,” rispose. “Lucy Weasley.”

“Allora ascolta, Lucy… cosa faresti se avessi mentito… e se questo ti facesse male?”

Strinse gli occhi mentre lo guardava, pensierosa.

“Credo che la cosa migliore sia dire la verità,” fece dopo qualche istante. “Poi, fai un po’ tu”.

 

Sola nella stanza da bagno, Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. Certo, i suoi capelli avevano una deliziosa sfumatura d’oro pallido, il suo viso ricoperto di efelidi aveva tratti eleganti e il suo corpo era sinuoso. Ma i capelli argentei di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.

Udì bussare.

“Avanti” disse, seccamente.

Nella stanza entrarono Viviana Davis e Lisbeth Macnair, che le si avvicinarono in fretta, come al solito zelanti e irrimediabilmente fastidiose. Dominique era infastidita da tutte quelle oche che l’attorniavano tentando inutilmente di emularla, ma allo stesso tempo si sentiva lusingata da tutte quelle attenzioni, e provava una sorta di sordido piacere nel torturarle psicologicamente.

“Sei bellissima!” dichiararono le tirapiedi, ammirate.

Lei si limitò a sollevare le sopracciglia, guardandole freddamente.

“Certo, come sempre” mosse la mano, quasi ad intimare loro di smettere di infastidirla con tutti quei commenti.

Si guardò allo specchio. Indossava un lungo abito di satin grigio argento, i capelli chiari erano acconciati in un raccolto elegante e alle orecchie brillavano pendenti di diamanti, un dono di Scorpius per il suo sedicesimo compleanno. Era bellissima, su questo non c’era alcun dubbio.

Ma non era Victoire.

Sulla superficie dello specchio, poté vedere riflesse Viviana e Lisbeth, che si scambiarono uno sguardo.

“Quanto a voi…” disse quindi con voce chiara, mentre si applicava sulle labbra del rossetto scuro. “Via quella collana, Lisbeth, è pacchiana. Viviana: la prossima volta ti sconsiglio vivamente la permanente, se non vuoi somigliare a Nonna Acetonella.”

Sempre nello specchio, vide i volti delle due ragazze assumere un’espressione ferita. Ghignò.

“Dom? Sei dentro?”

La voce proveniente dall’esterno era quella di Scorpius, senza ombra di dubbio. Quando il ragazzo – il suo ragazzo – entrò nella stanza, lei gli si avvicinò, e gli mise le braccia attorno al collo.

“Amore…” gli disse. “Che bello vederti! Sarà una festa magnifica, vedrai, e poi… Scorpius?”

Si era resa conto che qualcosa non andava. Il ragazzo era rimasto rigido fra le sue braccia, invece di ricambiare la stretta con la dolcezza cui era abituata. Si accorse con orrore che indossava ancora la divisa. Fece un passo indietro.

“Scorpius, che succede? Perché non ti sei ancora cambiato?”

Sentiva il cuore in gola.

“Ti devo parlare, Dom.”

Dominique Weasley fece un altro passo indietro, sgradevolmente consapevole di quello che stava per accadere

 

James guardò l’orologio. Era arrivato al luogo dell’appuntamento scelto da Grace con quindici minuti di anticipo, e adesso ne erano passati venti. Gettò uno sguardo al proprio abbigliamento, per il quale Albus non aveva ammesso repliche. Tutto sommato, doveva ammettere che il fratello ci aveva preso. Gli aveva consentito di tenere i jeans, ai quali aveva abbinato una camicia di quella marca babbana di cui non ricordava il nome, quella con il coccodrillo verde sul petto. Visto che la camicia era di Albus, avevano dovuto incantarla per farci stare le spalle di Jamie, che giocava come Cacciatore ed era perciò fisicamente più possente del fratello Cercatore. Il risultato, aveva dovuto ammettere James, non era proprio niente male.

“James?”

Si voltò. Di fronte a lui c’era Grace, incredibilmente bella. Indossava un corto abitino a mezze maniche di velluto grigio scuro, che faceva apparire le sue gambe ancora più lunghe, sotto al quale portava delle ballerine nere. I capelli erano sciolti e splendenti, in una nuvola di aggraziata scompostezza. Le sue labbra erano leggermente lucide e i suoi occhi brillavano.

“Sei bellissima” riuscì a balbettare James.

Lei lo guardò intensamente, e sorrise.

“Anche tu” rispose schiettamente.

 

A Grace batteva forte il cuore, mentre si avvicinava con James all’ufficio di Lumacorno, ma non era per la festa imminente. Le bastava guardare il ragazzo al suo fianco per capire che neanche con Scorpius si era mai sentita così. Scorpius. Cercò di cancellarne il nome dalla propria mente, sperando che Dominique non sapesse nulla della loro breve storia di un paio d’anni prima. Adesso accanto a lei c’era James Potter, e questo la faceva sentire incredibilmente bene. Guardò la zazzera scura e arruffata del ragazzo, e non poté fare a meno di sorridere ancora. Lui si accorse del suo sguardo, e arrossì violentemente. Lei, d’istinto, gli prese la mano, e Jamie la strinse forte.

Insieme, oltrepassarono la porta e fecero il loro ingresso alla festa.

 

L’ufficio del professore di Pozioni era stato completamente trasfigurato. Ogni suppellettile e arredo – compresi i lussuosi tappeti persiani che l’insegnante collezionava – era scomparso, per lasciare il posto a luci psichedeliche, divanetti neri lungo le pareti e un grosso mobile bar, dove numerosi elfi domestici servivano da bere agli studenti.

James sospettava che non vi fosse stato bisogno di tante insistenze con Horace Lumacorno, per ottenere il permesso di introdurre alcolici fra le bevande offerte. In un angolo, gli parve di scorgere Lily, ammucchiata su un divanetto assieme ad un Corvonero del settimo anno. Decise di soprassedere, e si rivolse a Grace. Si era aspettato che la ragazza si guardasse nervosamente attorno, e invece appariva sorprendentemente rilassata, mentre lo osservava con dolcezza. Si sentì al settimo cielo.

“Andiamo a prendere da bere?” le chiese allegramente, costretto a gridare per superare la musica assordante.

“Sì, va bene!” strillò lei di rimando.

La strinse a sé per non perderla nella ressa di invitati, finché non raggiunsero il bar.

 

Grace bevve un sorso del suo MagiMartini, e si guardò intorno, sempre stringendosi al braccio di James. La sua presenza la rassicurava. Ad un tratto, il suo sguardo incrociò quello di Lisbeth Macnair. Vide la Serpeverde spalancare gli occhi dalla sorpresa, e sussurrare qualcosa all’orecchio di Viviana Davis. Dopo pochi istanti, le due ragazze scomparvero nella folla. Grace si sentiva sgradevolmente cosciente di ciò che erano andate a fare. Aveva completamente scordato Dominique, ma sapeva perfettamente che entro pochi minuti la sua nemesi avrebbe saputo della sua presenza alla festa. Vuotò con un solo sorso il bicchiere da cocktail, serrando la presa sul braccio di Jamie ancora di più.

 

A James accaddero senza interruzione una serie di cose, che ebbero il potere di confonderlo parecchio. Dapprima sentì Grace artigliare il suo braccio con inaspettata energia, al punto di fargli male. Non fece in tempo a voltarsi per chiederle cosa stesse accadendo che percepì un familiare calore nella tasca dei jeans dove teneva il galeone stregato di Gossip Witch. Fece per prenderlo ma fu interrotto da un Tassorosso ubriaco che gli capitolò addosso, allontanandolo da Grace. Riprese fiato e si guardò intorno: la ragazza era scomparsa, catturata dalla folla. Si decise di attenderla lì dove si trovava, ed estrasse il galeone dalla tasca.

Come previsto, la festa è bollente! Credo che non sia passata inosservata l’assenza di Scorpius Malfoy a questo Luma-Party, che ci sia un legame con l’inattesa presenza di Grace? Che sete, G., ti abbiamo visto scolare il tuo MagiMartini in un colpo solo! Nervosa?

James si maledisse per non essersi accorto di nulla. Iniziò a cercare Grace, e la vide a pochi metri di distanza, impegnata a fronteggiare Dominique.

 

“Che cosa ci fai qui?” l’aggredì Dominique, inviperita.

Grace sorrise freddamente.

“Accompagno un invitato, Weasley. È forse proibito?”

“Forse non hai capito, stronza. Che cosa ci fai qui alla mia festa?” insisté l’altra.

“Di certo non sono qui per te” ribattè Grace.

La furia selvaggia che brillava negli occhi di Dominique aveva qualcosa di strano. Così come lo aveva il fatto che Scorpius non fosse al suo fianco. Uno spiacevole sospetto attraversò la mente di Grace. Le parole della Weasley lo confermarono.

“Oh, su questo non nutro dubbi!” fece infatti Dominique. “D’altronde, per te non avevo importanza alcuna neanche quando eravamo amiche.”

“Che cosa stai dicendo?!” l’apostrofò Grace, con il cuore che le batteva forte.

A quel punto, Dominique perse definitivamente il controllo.

“Che cosa sto dicendo?!” gridò, sull’orlo delle lacrime. “Guarda che so perfettamente quello che hai fatto!”

A Grace parve che la musica si fosse abbassata di colpo.

“Non so di cosa tu stia parlando” mentì.

“Lo sai benissimo!” la voce di Dominique era più tagliente di un rasoio. “Sei andata a letto con Scorpius!”

Nella sala piombò il silenzio. Uno degli elfi domestici si immobilizzò, in ascolto, con lo shaker in mano e la bocca spalancata.

“Non…” – a Grace mancava il fiato.

“Non mentire!” gridò l’altra. “Almeno per una volta nella tua vita, sii sincera!”

Seguì un istante di stasi. Sembrava che l’intera stanza fosse stata messa sottovuoto.

“Mi dispiace, Dominique” fece poi Grace, mordendosi il labbro inferiore per non piangere, gli occhi pieni di lacrime.

“Non esistono scuse, Grace” ribatté l’altra con voce spezzata. Il mento le tremava. Corse via.

Grace si guardò intorno. Milioni di facce la stavano guardando. In quegli sguardi lesse compassione, rabbia, disprezzo, confusione. Fece in tempo a vedere l’espressione di James, gelida e disgustata, prima che il ragazzo si voltasse e se ne andasse.

“James!” gridò, e cercò di seguirlo, ostacolata dalla folla.

“James!” continuò a gridare una volta uscita dalla sala, correndogli dietro.

“James!” urlò ancora, mentre si perdeva nei corridoi.

“James…” riuscì a sussurrare per l’ennesima volta, prima di crollare a terra, la schiena contro il muro, in un qualche angolo del settimo piano. Il cuore batteva tanto forte da mozzarle il respiro, e quelli che uscivano dalla sua gola non erano altro che rantoli spezzati. Tremava violentemente. Il sudore che scendeva copioso dalla sua fronte era gelato. Riconobbe un attacco di panico, e mise la testa fra le ginocchia, mentre le lacrime iniziavano a piovere senza tregua dai suoi occhi.

 


 

Ciao a tutti! Ci ho messo parecchio a scrivere questo capitolo, e chiedo scusa. Credo che non ci sia bisogno di tante parole. Volevo solo rassicurare il pubblico che Grace non è cattiva. Ditemi che cosa pensate dei MagiMartini!
Baci, Daphne S.
PS: ormai avrete capitolo che i titoli dei capitoli riprendono quelli dei primi episodi della prima serie di Gossip Girl. Pilot/Pilot, A Wild Brunch/A Wild Luma-Party, ecc...
   
 
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