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Autore: Mina7Z    11/07/2011    14 recensioni
Nowadays, ovvero oggigiorno. Chi sarebbero stati i nostri amati protagonisti di Versailles no bara se si fossero ritrovati a vivere nella nostra epoca
Aggiungo un elemento:e se ci fossero dei misteri da svelare? Se Francoise e Andrè non fossero chi dicono di essere e se qualcuno nascondesse loro un oscuro segreto??
Non ho mai amato particolarmente le storie ambientate ai nostri giorni, ma un pomeriggio, improvvisamente, questi personaggi hanno bussato alla mia mente e non sono riuscita a chiuderli fuori!!!
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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18
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Silenzio.

Solo silenzio. Irreale, illogico, improbabile, incomprensibile.
L’aria bollente del deserto, inalata a fatica,  sembrava bruciare il respiro diventato  improvvisamente corto e difficoltoso.

Intorno a me bande di uomini armati correvano freneticamente per le strade ormai deserte, dalle cui bocche dovevano provenire grida che io, inspiegabilmente, non riuscivo a sentire.
Come sospeso nel nulla, tutto intorno a me  mi pareva procedere  con estrema lentezza e solo a tratti mi sembrava di udire urla  in lontananza.
Poi, inaspettatamente, come se qualcuno avesse voluto restituire volume al silenzio, un fischio stridulo nelle orecchie da lieve, divenne sempre più intenso e prepotente.  Sorpresa, mi voltai a cercare Magdalene e mi accorsi che, a pochi centimetri da me, urlava il mio nome terrorizzata.

Lentamente volsi il mio sguardo verso il basso e la mia attenzione fu catturata da alcuni rivoli di sangue che  scorrevano con andamento irregolare lungo i miei pantaloni, formando sottili linee parallele, arrivando in pochi istanti all’altezza del ginocchio
Un dolore lancinante, acuto, come non avevo mai provato fino a quell’istante mi invase il ventre tanto da spezzarmi il respiro e sul punto da cui sembrava provenire quella sofferenza, posai una  mano e sentii la camicia bagnata e vischiosa.  La sollevai piano per portarla di fronte ai miei occhi e la vidi coperta di sangue.  E fu proprio in quel momento che ritrovai il  pieno controllo di me stessa.

“Françoise, Françoise, sei ferita, Dio mio sei ferita”.


“Non ti preoccupare per me, me la caverò, vieni qui, dobbiamo ripararci”.

Ci infilammo nel primo portone che trovammo sulla via e, una volta dentro la casa, mi obbligai a mantenere lucidità. Sollevai la camicia  per appurare l’entità della ferita e mi accorsi che un proiettile era entrato nel mio addome provocando una forte fuoriuscita di sangue.   
Composi il numero di Andrè sul satellitare, ma il segnale era insufficiente per potere effettuare la chiamata.


“Ascoltami Magdalene, ascoltami attentamente, devi fare esattamente quello che ti dico. Devi raggiungere Andrè che ti porterà all’elicottero e devi dirgli che io lo aspetto qui. Ascolta, osserva questa casa, ha una porta rossa, di legno, molto vecchia, tre gradini all’ingresso, memorizza qualunque elemento che possa servire ad Andrè per trovarla. Esci da qui e corri più forte che puoi in direzione del palazzo che ti abbiamo indicato, lui sarà tornando qui e potresti incontrarlo nel percorso”.

 “Prendi il telefono e riprova a chiamare Andrè”.

“Ho paura, non so se riuscirò ad arrivare là”.

“E’ la nostra unica speranza Magdalene, la tua di partire e la mia di sopravvivere, devi farlo, ho bisogno di Andrè”.

La sua mano si staccò dalla mia e la vidi uscire dall’ingresso della casa.
Adagiai il mio corpo alla parete, cercando di rimanere salda sulle gambe, ma, lentamente, mi lasciai scivolare a terra, sempre più debole e priva di forze.

“Andrè” mormorai “Andrè aiutami”.

Chiusi le palpebre, fattesi sempre più pesanti,  vinta da una spossatezza che mi annebbiava la mente, cercando di tamponare con una mano la ferita da cui il sangue usciva copioso. Il battito del mio cuore, fino a pochi minuti prima vorticoso e turbolento, si era fatto adesso più flebile e una sensazione di resa mi pervadeva il corpo.
Sapevo che non avrei resistito ancora lungo in quelle condizioni. Nella mia mente  solo l’immagine del suo meraviglioso volto sorridente che ricambiava il mio sguardo con infinita dolcezza. Per la prima volta avevo un reale motivo per rimanere attaccata alla vita e mi sembrò un crudele scherzo del destino rinunciare a lui, al suo amore, al nostro futuro insieme, proprio adesso che avevo assaporato il gusto pieno ed appagante  della felicità.
Una voce che pronunciava il mio nome ebbe l’effetto di risvegliarmi dal mio torpore.

“Françoise, sono qui stai tranquilla, ci sono io” sussurrò Andrè accarezzandomi una guancia.

“Mi spiace Andrè, mi spiace così tanto” mormora.

Sentii le lacrime riempirmi gi occhi.

“Françoise, l’elicottero è dovuto decollare, non potevano aspettarci erano già a pieno carico. Hanno preso Magdalene e sono ripartiti per l’aeroporto.

“Va bene”. Mi morsi le labbra capendo che non avrei avuto molte possibilità di sopravvivere abbandonata in quel luogo.

“Devo portarti via da qui, cercare un ospedale”

Gli sorrisi e sollevai una mano per accarezzargli il volto.

“Che fate qui?”

Una voce di uomo pronunciava con tono amichevole questa domanda.

“Abbiamo bisogno di un ospedale, è stata ferita”.

“Non c’è nulla qui, nessun ospedale e anche se ci fosse non ci arrivereste con lei in quelle condizioni. Ma potete venire da me, a casa mia”.

Mi sforzai per mettere a fuoco l’uomo che sembrava essere piuttosto anziano e che parlava francese con un  accento perfetto.
Andrè mi sollevò da terra e prendendomi in braccio  e seguì l’uomo che pareva  abitare proprio nella casa in cui ci trovavamo. Aprì la porta e mi ritrovai in pochi secondi sdraiata sul tavolo della cucina, velocemente liberato da alcune vettovaglie per consentire ad Andrè di soccorrermi lì.

“Io ero un dottore, ho lavorato per molti anni in Francia, ho alcuni strumenti qui e dei medicinali” esclamò l’uomo.

“Anch’io sono un medico, venite” disse Andrè mentre faceva un cenno di saluto  alla moglie dell’anziano dottore.

“Bisogna bollire questi” indicandole alcuni bisturi che il marito aveva consegnato.

“Françoise, dobbiamo estrarre il proiettile, non c’è altra soluzione, devi essere forte”. Mi accarezzò il capo,  dolcemente, ma nei suoi occhi leggevo la paura.

Annuii lievemente tirando su con il naso e mordendomi le labbra. Era visibilmente agitato e sapevo che avrebbe tentato di tutto per salvarmi.

“Andrè” lo chiamai “ Se non ce la dovessi fare, non fartene una colpa, non puoi  fare un miracolo in queste condizioni” mormorai mentre gli occhi mi si riempivano  nuovamente di lacrime.

“Andrè….. sei stato la cosa più bella della mia vita l’unica ragione per cui sia valsa la pena vivere, io ……non ti dimenticherò mai”.

“No J, no, non dire così, non devi, non morirai, devi lottare, Françoise, non puoi mollare adesso, ti prego. Ti addormenteremo con un po’ di anestetico, andrà tutto bene” mi disse accarezzandomi il volto e posando per qualche istante  la fronte bollente proprio sopra la mia.

“Ti amerò per sempre” sussurrai con un filo di voce, ma non ero sicura di avere reso comprensibile le mie parole che erano uscite dalle labbra come un soffio troppo leggero.
Chiusi gli occhi sfinita e sopraffatta dal dolore  e continuai a percepire il suono concitato delle loro voci che divenivano via via sempre più ovattate e distanti.

“Per sempre”pensai, e queste parole eterne sembrarono risuonare nella mia mente come un antico ricordo impresso in una memoria ormai lontana.




Dischiudo gli occhi e respiro profondamente la brezza di questa notte d’estate.
Sopra di noi un cielo scuro costellato di stelle brillanti.
L’erba su cui siamo  adagiati solletica la mia pelle nuda.
Intorno a noi, solo il canto dei grilli sembra infrangere il silenzio della notte.
Ti guardo dormire sereno, disteso accanto a me, ti sei assopito da pochi minuti e mi faccio cullare dal ritmo regolare del tuo respiro.
Uno di fronte all’altro, giaciamo stremati e appagati dopo esserci donati l’amore.
Le nostre labbra si sfiorano ancora, sazie di piacere.
Le gambe intrecciate tra le tue.
Ti amo Andrè, ti amo più di quanto qualunque parola potrebbe mai dirti, ti amo più di me stessa e ti amerò  finché avrò vita.
E’ il destino che ci ha voluto insieme questa notte, finalmente uniti nell’amore eterno.
Il  sole sta per sorgere ed è giunta l’ora per noi di destarci da questo torpore.
Sollevo una mano e sfioro con un dito i lineamenti perfetti del tuo volto, soffermandomi a disegnare il contorno delle labbra che ancora anelo.
Accarezzo il tuo viso con l’intento di svegliarti.
Apri gli occhi, mi guardi  e mi sorridi dolcemente.
Ci alziamo e lentamente, senza smettere di guardarci, copriamo i nostri corpi con le uniformi.

“Ho detto addio a mio padre, Andrè, ti seguirò ovunque vorrai”.

Sei di nuovo di fronte a me, mi prendi il viso tra le mani.

“Ti amo Oscar, ti amerò finché avrò vita e anche oltre”

“Ti amo Andrè, ti amerò finché avrò vita e anche oltre” 

 
   
 
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