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Autore: Hi Ban    12/07/2011    4 recensioni
Seduto sul bordo del letto, Hidan osservava il ragazzo che dormiva scompostamente steso.
Il ritratto dell’Uchiha in quel momento, ancora addormentato e intrappolato in quel groviglio di coperte, non rendeva minimamente onore a com’era veramente.
Sembrava quasi angelico e dolce.
Angelico? Stronzate. Quel ragazzo era quanto di più infido e ambiguo esistesse sulla faccia della terra e lo diceva uno che aveva una strana passione per il sangue e non diceva mai di non a un bel film splatter di prim’ordine.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hidan, Shisui Uchiha
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Piove anche sotto l'ombrello se Shisui non lo apre'
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Wake up! – Can I have a donut?



Seduto sul bordo del letto, Hidan osservava il ragazzo che dormiva scompostamente steso.
Il ritratto dell’Uchiha in quel momento, ancora addormentato e intrappolato in quel groviglio di coperte, non rendeva minimamente onore a com’era veramente.
Sembrava quasi angelico e dolce.
Angelico? Stronzate. Quel ragazzo era quanto di più infido e ambiguo esistesse sulla faccia della terra e lo diceva uno che aveva una strana passione per il sangue e non diceva mai di non a un bel film splatter di prim’ordine.
La protagonista urlava ‘no!’ e Hidan gridava ancora più forte ‘sì!’, ridendo a squarciagola; quante volte era già stato cacciato da un cinema per quelli che quegli imbecilli avevano chiamato ‘rumori molesti’?
Per carità, non gli creava nessun problema andarsene: aveva visto la parte importante, il resto era solo un contorno bruciacchiato che probabilmente gli avrebbe conciliato il sonno nei trenta minuti successivi.
Addentò un’altra ciambella, mentre il ragazzo si rigirava nel letto, finendo col tirarsi apprezzo il lenzuolo e pure il cuscino: il secondo cadde, il primo si arrotolò sulle sue gambe, mettendo in mostra dei polpacci ben allenati.
«Che esibizionista del cazzo» mormorò stizzito, mentre l’altro si muoveva ancora, non soddisfatto della precedente posizione.
Hidan, seduto sul bordo del suddetto letto, dovette anche fare il grande sforzo di spostarsi, per evitare che l’Uchiha gli piantasse un piede sotto al sedere.
«Anche un maniaco, ‘sto stronzo.»
La prossima volta lo avrebbe fatto dormire sul pavimento.
Finì di mangiare l’ennesima ciambella e fece appena in tempo a spostare la scatola contenente le altre prima che il signorino, nel suo ennesimo tentativo di conciliare il sonno con la giusta posizione da pornostar – il lenzuolo, Dio solo sa come, gli aveva coperto le gambe per scoprire il petto e il torace –, vi ficcasse un piede dentro. Fece una smorfia; non gli era mai piaciuta la marmellata ai piedi.
Se poi si muoveva come un forsennato e il risultato era quello, beh, allora poteva anche rotolarsi come un posseduto. Un ghigno si dipinse sul suo volto, mentre afferrava un’altra ciambella senza neanche voltarsi. Quante volte, oltre ad essere cacciato dai cinema, gli era stato detto di avere qualche tendenza maniaca?
Indiscutibilmente abbastanza; gli sorse, per un attimo, il dubbio che a traviare la mentalità del povero Uchiha fosse stata proprio la sua presenza.
Ma cazzi suoi!, pensò divertito; in fondo era stato l’Uchiha a cercare la sua compagnia per primo, non ricordava di essere stato lui ad andare a dirgli che aveva dei capelli fottutamente ridicoli.
Sì, l’idiota aveva dei metodi tutti suoi per attaccare bottone. Si era stupito eccome quando gli aveva detto che nessuno gli aveva ancora spaccato la testa a causa dei suoi modi non proprio convenzionali.
All’ennesimo tentativo di usare il suo sedere come uno scaldapiedi, Hidan gli afferrò la caviglia e gliela poggiò, con una grazia pressoché inesistente, all’altro capo del letto. Gliela lanciò come fosse un giavellotto, ma nonostante ciò il ragazzo non diede cenno di volersi svegliare.
Anche la notte, tra l’altro, scalciava in maniera impressionante; non voleva nemmeno sapere che razza di sogni facesse quel deficiente.
Ok, era ora di mettere fine a quella stupidaggine e svegliare la principessa che fa kung fu mentre dorme.
«Ehi, Uchiha, svegliati!» sbottò, afferrandogli poi una spalla e iniziando a smuoverlo come se fosse stato un sacco pieno di merda.
La sua stessa similitudine gli piacque, perché prese a scuoterlo più forte, magari immaginando che il ragazzo – per una serie di atti celestiali e intersezioni di pianeti, il suo ragazzo – fosse realmente merda.
Inutile; le palpebre non diedero il minimo segno di volersi aprire e scoprire quegli occhi che Hidan stesso qualche volta trovava un po’ sfuggenti. E anche un po’ inquietanti, sì, ma a lui piacevano le cose inquietanti.
Sbuffò seccato, non preoccupandosi minimamente di trattenere un’imprecazione poco fine con cui espresse la sua esasperazione. Ogni mattina era sempre la stessa storia; quell’idiota non si svegliava da solo, Hidan tentava di farlo alzare e finivano col fare tardi entrambi. Per colpa sua quasi ogni mattina perdeva metà della lezione, salvo quando nessuno dei due interessati non doveva andare all’università.
Grazie al cielo quel giorno era domenica.
«Che cagacazzo che sei! Shisui, vuoi alzarti?» gli gridò direttamente nelle orecchie, ma l’unica cosa che ottenne fu che l’Uchiha schiaffò una mano sulla sua faccia e lo spinse via. Dopodiché mise l’altra mano sotto la testa e continuò a dormire.
«Vuoi la guerra?» chiese, anche se a quanto pareva lui non gli avrebbe risposto, mentre addentava una ciambella.
Il sapore della marmellata alle ciliegie gli dava la carica giusta per svegliare quell’imbecille.
Avrebbe potuto citarlo in tribunale; anche prima di conoscerlo diceva più parolacce che parole, ma da quando lui era entrato nella sua casa – un monolocale in affitto che puzzava di tè al ginseng Dio solo sa perché – e nella sua vita finiva anche con l’iniziare la giornata con un’imprecazione.
«Cazzo, leva quei minchia di piedi, sono gelati!» un esempio molto esplicito; quello era successo l’altra notte. Quel mattino si era limitato a borbottare un ‘cazzo’ nemmeno troppo a bassa voce quando era nella doccia. Aveva finito il suo bagnoschiuma preferito, che altro avrebbe potuto dire, Sia Benedetto il Signore?!
Non riusciva davvero a capire se lo stesse facendo apposta; come poteva non essersi svegliato quando, con molte probabilità, con il suo ultimo grido gli erano partiti gi ultimi decibel sani?
Non aveva fatto nemmeno una piega, però, il che portava a credere che stesse dormendo per davvero.
Con le mani ancora sporche di zucchero a velo – la situazione sulla sua faccia era indescrivibile – tentò di alzargli una palpebra, scoprendo uno dei suoi occhi neri.
Grugnì stizzito, tornando dov’era e lasciando una grande macchia di zucchero bianco sull’occhio ma anche sulla palpebra; nei film facevano vedere che controllavano gli occhi per vedere se uno era morto, vivo, addormentato o quant’altro, ma lui non sapeva come distinguere i casi.
Per lui, in quel momento, il ragazzo poteva essere benissimo crepato.
«Cazzo di Uchiha» borbottò, prendendo un’altra ciambella.
Quel dolce aveva più zucchero a velo degli altri e finì per versarselo tutto addosso; ma come quel giorno vide con maggiore utilità i pantaloni bianchi che aveva indossato. Si pulì frettolosamente le tracce bianche dal torace – quando era in casa non metteva mai maglie, non gli piaceva indossarle inutilmente diceva – e si guardò le mani sporche.
Poi guardò Shisui.
Infine decise che visto che lui non voleva collaborare e preferiva passare il resto della sua vita a dormire, lui avrebbe impiegato in maniera costruttiva e divertente il suo tempo.
Con il dito sporco di zucchero disegnò sulla testa del coinquilino un cerchio e un triangolo; non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire, ma lo aveva visto una volta da qualche parte e gli era piaciuto. Lo disegnava ovunque, persino su una mattonella del bagno. Era qualcosa che aveva a che fare con un certo Jashin, ma non si era mai interessato tanto da cercare altre informazioni.
Ghignò soddisfatto; non sapeva nemmeno se gli stava dando effettivamente fastidio, ma lui non aveva nulla da fare, perciò quello era un buon modo di occupare il tempo.
Prese le due ciambelle rimaste e le poggiò un attimo sul letto, mentre raccoglieva in un angolo della scatoletta bianca tutto lo zucchero. Se lo verso su una mano e lanciò la scatola dall’altro lato della stanza.
Tanto puliva Shisui.
Senza troppi convenevoli lasciò cadere la polverina bianca sul torace del il ragazzo – in un’altra vita doveva aver fatto lo spogliarellista, sicuro. Non se ne rendeva conto, ma ogni movimento sembrava un preludio prima di togliersi i vestiti – e la sparse.
Non fece nemmeno finta di essere delicato. Gli schiaffò una mano sulla pancia e fece volare metà dello zuccherò anche su di lui.
E chissenefrega, poi mi lava Shisui, pensò con un ghigno strafottente.
Assunse un’aria pensierosa: e ora? Poteva sempre mettergliela nel naso e aspettare che starnutisse anche il cervello, ma era un tantino poco propenso a mettere le mani nel naso di Shisui. Quel ragazzo era una latrina umana, chissà che diavolo ci avrebbe trovato in quelle narici.
La situazione del naso del ragazzo doveva essere davvero grave se faceva schifo ad uno come Hidan. Ebbe un lampo di genio, che assecondò scrivendo sul suo petto la parola ‘deficiente’.
Ma non lo soddisfaceva particolarmente; sparse nuovamente in maniera omogenea lo zucchero con il palmo della mano e poi scrisse ‘coglione’.
Mmh, andava già meglio. Si sentiva come uno di quei bambini che incidevano le cose sulla sabbia per poi cancellarle perché non gli andava bene niente. In fin dei conti, poi, era solo un modo per marcare il suo territorio. Gli altri bambini non potevano avvicinarsi al suo pezzo di sabbia o si finiva col chiamare la mamma.
Lui stava per caso marcando il territorio su Shisui con lo zucchero a velo?
«Si può sapere» e qui sbadigliò, gli occhi ancora rigorosamente chiusi «che stai facendo, Hidan?»
La voce impastata dal sonno risultava poco chiara, ma l’albino decifrò il contenuto di quel mormorio indefinito.
«E alla buon’ora! Sono già le undici e mezza» lo informò, mettendogli una mano davanti alla bocca, schifato, quando lui sbadigliò.
Shisui aprì appena un occhio, come a voler chiedere, di nuovo, che stava facendo e Hidan, sempre molto finemente, ribatté: «Hai l’alito che puzza peggio del cesso di un autogrill.»
Oh, quella era di sicuro una spiegazione molto chiara.
L’Uchiha rise sommessamente e tentò di aprire anche l’altro occhio; in risposta al suo tentativo finì per chiudersi anche l’altro.
Hidan, che aveva già sopportato abbastanza per quel mattino la capacità del ragazzo di dormire anche se ti urlano nelle orecchie, gli mollò uno schiaffo, che gli fece aprire gli occhi di scatto.
Si trovò davanti quelli sorridenti color ametista di Hidan; Shisui dubitava di averli mai visti seri, avevano sempre un qualcosa di sarcastico. Erano come distaccati, un’ironia che voleva soltanto sbeffeggiare, erano freddi e giudicatori.
In realtà Hidan si era dimostrato la persona meno flemmatica che esistesse sulla faccia della terra e già solo quanto avvenuto quella mattina lo dimostrava.
Un persona controllata ed equilibrata avrebbe mai imprecato nella doccia perché è stato derubato ingiustamente del suo sapone? Ecco.
«Dico, ma sei deficiente? Come minimo mi avrai fatto saltare l’otturazione!» esclamò stralunato, mollandogli un pugno sul braccio.
«E che cazzo, stai fermo! Ti stavo solo aiutando a svegliarti e poi vale anche per l’avermi finito il bagnoschiuma!» asserì, assottigliando lo guardo al ricordo del torto subito.
Shisui aggrottò per un attimo le sopracciglia, ma poi si aprì in un largo sorriso quando comprese.
«Oh, quello! Non bisogna forse condividere tutto tra amici?» chiese con fare saputo.
«Condividiamo già il letto, non ti basta?» ribatté, indicando con le lunghe dita affusolate il materasso sotto di loro.
Non ricordava nemmeno quando avevano iniziato a dormire nello stesso – piccolo e scomodo – letto; probabilmente era stata una cosa spontanea e non ci avevano nemmeno fatto caso.
«Quello lo condividiamo perché stiamo insieme, il bagnoschiuma perché siamo amici, la casa perché siamo coinquilini, il cibo perch–» La sua brillate esposizione del piano di divisione dei beni materiali fu interrotto da quello che, in una sola frase, era passato da fidanzato ad amico ed infine a coinquilino.
«Condivideremo anche la bara visto che sarò io ad ucciderti?» chiese stizzito, alzando un sopracciglio.
«Oh, a questo non avevo pensato. Se proprio ci tieni e mi ami così, ma così così tanto» continuò, ignorando l’occhiataccia di Hidan «possiamo fare come facevano i giapponesi prima, il doppio suicidio d’amore!»
Hidan sbuffò; da quando aveva iniziato il corso di giapponese antico o preistorico o quel che diavolo era, Shisui metteva sempre in mezzo una di quelle cazzate sul doppio suicidio e via dicendo.
«Se vuoi posso ucciderti io, ma in questo caso non sarebbe né un suicidio, né doppio» lo informò con un ghignò, mentre si passava una mano tra i capelli.
«Ammazzi tutto il romanticismo!»
«E tu rompi le palle, siamo pari.»
Shisui per tutta risposta gli assestò una pedata in un fianco, tanto forte ed inaspettata che Hidan finì col cadere per terra.
Al mattino quel ragazzo era un concentrato di stupidità che era un pericolo per il mondo. E per Hidan, giusto per precisare, ma erano otto mesi che ci conviveva e dubitava ci fosse una cura per quel difetto genetico che si poteva imputare solo ai genitori, perciò semplicemente si arrendeva, giorno dopo giorno, all’evidenza.
«Ma si può sapere che problemi hai, razza di deficiente?»
Non ricevette risposta.
Shisui era intento a guardare il disastro che Hidan aveva imbastito sulla sua pancia, sacrificando del povero zucchero a velo innocente.
Tentò di decifrare quel che c’era scritto, ma la polverina bianca, quando si era tirato su a sedere di scatto, era scivolata, rendendo illeggibile l’opera d’arte di Hidan.
«C’è scritto coglione, sai, quello che sei» gli disse, rimettendosi a sedere sul letto.
Per poco non finì col sedersi sulle ciambelle, che prese e poggiò più lontano. Non poteva uccidere la sua unica fonte di vita – le ciambelle, sia chiaro, non Shisui – o non avrebbe mai superato la giornata.
«Questa è la mia punizione per averti fregato il bagnoschiuma?» chiese, ritenendo opportuno scoprire quali sarebbero state le sue successive mosse, in modo da capire se fregargli il sapone era una cosa fattibile nonostante le ripercussioni del proprietario.
«No, mi stavo solo annoiando perché qualche testa di cazzo non si svegliava.»
«Perciò se non mi fossi svegliato mi avresti sodomizzato con lo zucchero?» si informò, poggiando la mano sotto al mento e sporgendosi, con fare interessato, verso Hidan.
Quest’ultimo, dal canto suo, dovette ammettere che non ci aveva pensato. Gli riservò un’occhiata sospetta; doveva stare attento con lui in casa, altro che santarellino, quel ragazzo era pericoloso.
«Perché, la cosa poteva interessarti?»
«Mmh, non lo so, con lo zucchero a velo non è meglio farci la glassa?»
I discorsi tra quei due non avevano mai un filo logico. Si partiva da una questione e si finiva a parlare di cose che non c’entravano assolutamente nulla, senza che nemmeno se ne accorgessero.
Hidan pensò che un giorno, magari, si sarebbe pure fatto spiegare in che modo avrebbe adoperato lo zucchero in una situazione come quella citata, perché a lui risultava piuttosto difficile anche solo immaginarne l’uso.
«Uh, ciambelle!» e Shisui fece per fiondarsi sul dolce, quando Hidan gli piazzò una mano sulla faccia per tenerlo lontano.
«Datti una cazzo di calmata, non ce ne sono più per te.»
Nessuno poteva toccare i suoi generi di alimentazione senza il suo permesso.
«Cosa? E perché?»
«Perché quelle sono le ultima due, non lo vedi?»
«E io dov’ero quando ce n’erano anche altre, scusa?» ribatté sconvolto.
Shisui adorava le ciambelle, come poteva impedirgli di mangiare qualcosa che per lui era come vita infusa in un piccolo dolcetto?
«Tu dormivi, imbecille e prima che tu te ne esca con la stronzata ‘ma perché non mi hai svegliato?’ ti rispondo che ci ho provato, anche più del dovuto!» si giustificò subito, vedendo la smorfia offesa sul volto del compagno.
Shisui scalciò i piedi nel letto esattamente come un bambino, finendo col far cadere per terra anche il lenzuolo; le coperte erano finite sul pavimento tempo prima. Hidan continuava a stupirsi, giorno dopo giorno, che Shisui non avesse finito col castrarlo nel sonno.
L’Uchiha, dal canto suo, non riusciva a comprendere come ragionasse il compagno; lo conosceva da tanto, abbastanza da aver sentito da parte sua una miriadi di illogiche riflessioni senza senso e forse quella di quel mattino non era nemmeno la più astrusa.
Che diavolo voleva dire, comunque, che lui aveva dormito troppo e che perciò era giusto che le ciambelle fossero finite?
«Ma non vuol dire niente! Io ti ho fatto scoprire le ciambelle, razza di albino geneticamente modificato!» In effetti era vero.
Hidan ebbe un flash di quando Shisui si era presentato a casa sua, un bel po’ di mesi prima, più o meno a mezzogiorno, affermando che sarebbe stata una buona cosa fare colazione insieme, con delle ciambelle.
Scettico, gli aveva chiesto se il suo concetto di colazione collimasse con quello di mattina, ma lui aveva solo borbottato qualcosa come ‘mi sono svegliato tardi’ ed era entrato senza troppi complimenti.
Da allora alle ciambelle era riservato un posto d’onore. Prima non le aveva considerate molto come cibo, ma si era dovuto ricredere.
«Tocca quella ciambella e giuro che ti ritroverai appeso per le palle giù dalla finestra» lo minacciò freddamente Hidan, quando lo vide allungare la mano verso la ciambella.
E Shisui parve comprendere che no, il ragazzo non scherzava; doveva provare a vedere se su internet si poteva trovare una cura per l’assuefazione e l’attaccamento maniacale ad un qualsiasi genere alimentare. O più specificamente alle ciambelle.
«Ma che razza di bast–» vide gli occhi di Hidan scintillare in maniera sinistra e si affrettò a modificare quel che stava dicendo. Si poteva forse morire per una ciambella? «–one, si, quello della vecchietta di ieri, che voleva prendermi a bastonate perché le ho quasi ammazzato il cane quando l’ho travolto sulle strisce pedonali mentre facevo jogging, mh, sì.»
E tutti sapevano che Shisui non faceva jogging; lui non faceva sport a prescindere, ma nonostante ciò si ritrovava ad essere una delle persone più veloci che Hidan avesse mai visto.
L’albino prese la ciambella che gli spettava secondo il suo personalissimo ragionamento e la divorò sotto gli occhi di un disperato Shisui in tre bocconi. L’Uchiha mimò l’azione di pugnalarsi, per poi lasciarsi cadere con la testa fuori dal letto.
«Ma nemmeno una posso mangiarmene?» chiese sconsolato, ancora riverso fuori dal letto e con la testa penzoloni.
«No, sei troppo stronzo stamattina, lo zucchero non ti aiuta» disse, osservando ghignando l’amico di cui poteva vedere solo la zazzera nera.
Alzò un sopracciglio e si avvicinò a lui, sentendolo respirare rumorosamente.
«Ma così non crepi? Ti va il sangue al cervello.»
«Sì, morirò per colpa tua!»
Con uno scatto fulmineo l’Uchiha afferrò il cuscino che era caduto prima dal letto e lo sbatté direttamente in faccia ad Hidan.
Con un movimento repentino afferrò la ciambella e vi diede un grande morso, rischiando quasi di uccidersi per l’eccessiva velocità.
Sapeva che ora l’avrebbe pagata cara, ma in fin dei conti era una buona cosa morire con la pancia piena. Poi qui si stava parlando di una ciambella, alla marmellata, non di un gambo di sedano, altroché.
Hidan intanto non si era minimamente mosso: il cuscino, ancora attaccato alla sua faccia a causa della grande forza con cui era stato impattato sul suo viso, cadde lentamente, rivelando la sua faccia all’apparenza calma. Shisui smise di masticare la ciambella, la bocca più piena di quanto in realtà potesse contenere; nella foga di far entrare il dolce aveva finito col far cadere più briciole sul materasso che per terra.
«Hifan?» chiese con fatica, senza far uscire il contenuto dalla bocca.
Azzardò un'altra masticata, ma la interruppe quando vide un ghigno disegnarsi sul volto di Hidan.
Oh oh.
Guai in vista.
«No, afpetta, un attimo, poffo finire di man–» fu costretto a masticare ancora o avrebbe finito con lo strozzarsi o col riversare tutto per terra «mangiare, fì?»
Hidan non rispose; non lo avrebbe appeso davvero per le palle, per lui sarebbe stata una cosa poco conveniente visto e considerato come stava procedendo la faccenda, ma una piccola vendetta gliel’avrebbe rifilata.
«Non ti avevo forse detto che non era per te quella ciambella?»
«Fi, ma la folevo io!»
Il ghigno di Hidan si allargò; poi, di scatto, allungò una mano verso l’Uchiha e gli tappò il naso, voltando la faccia dall’altro lato, indifferente alle proteste dell’amico, che non riusciva a respirare.
«Non è come il doppio suicidio per piccioncini innamorati, ma va bene lo stesso, no?»
«Hifan, lassiami!» sibilò per quanto gli fosse possibile a causa del tentativo di omicidio dell’amico.
Ok, amico forse non troppo in quel momento, lo stava per uccidere solo perché si era mangiato quella stupida ciambella – deliziosa, per carità, ma gli stava costando la vita –; in realtà Shisui sapeva che la vendetta era anche per il bagnoschiuma.
«Bastard– o, mi uccidi!»
Hidan quando vide il volto paonazzo del compagno decise di lasciarlo respirare, ritraendo la mano; l’Uchiha inspirò ed espirò più volte, affrettandosi nel contempo a finire di mangiare la ciambella.
Ingoiò rumorosamente e guardò Hidan ad occhi sgranati. L’albino intanto se la rideva tranquillamente.
«Tu non sei normale! Sei pazzo, mi hai quasi fatto secco e io lo so che è perché ti ho finito il bagnoschiuma!»
«Se tu non avessi fatto il coglione e non avessi mangiato la mia ciambella non ci sarebbero stati problemi» gli fece presente.
«Va bene, mi regolerò di conseguenza, Hie, non credere!» e gli mollò una ginocchiata nelle costole a tradimento, mentre Hidan rideva.
«Fottiti! Era sleale, io stavo ridendo» borbottò, grugnendo per la botta.
In lontananza si sentì il rumore del campanile che segnava mezzogiorno; com’era possibile che ogni giorno finivano per ritardare il normale svolgimento della giornata?
Il mattino in cui quella routine sarebbe stata spezzata Hidan sarebbe anche stato disposto a regalare una ciambella a qualcuno. Beh, magari non proprio una alla marmellata, ma il concetto era quello.
Dubitava, comunque, che sarebbe mai potuto succedere; Shisui proprio in quel momento gli sbadigliò sonoramente in faccia, segno che aveva ancora sonno, quel disgraziato.
«Come cazzo fai ad avere ancora sonno? Ieri sera sei andato a dormire anche prima di me!» si lamentò, stanco dell’eccessiva pigrizia del ragazzo e della sua incapacità di gestire le ore di riposo.
Lui fece spallucce e, neanche a dirlo, sbadigliò di nuovo.
«Oh, scusami mammhidan, non ho messo la mano davanti alla bocca! To’, senti un po’, mi puzza ancora l’alito?» e così dicendo si sporse verso Hidan e gli alitò direttamente in faccia.
Come ovvio sapeva di marmellata rubata a tradimento e senza autorizzazione.
«Puzzi di merda» gli sbottò in faccia con il solito sorrisetto sarcastico.
«Ma no, che deficiente, sa di marmellata e bagnoschiuma, anche quello te l’ho rubato a tradimento, no?» lo corresse, facendogli notare come ormai sapesse esattamente quali erano, pressappoco, i suoi pensieri.
Shisui dubitava di aver mai conosciuto qualcuno più rancoroso di lui. E scassapalle, sì, schizzinoso e pure permaloso. Che pessimo elemento.
«Sei un pezzo di merda, lo sai, vero?» chiese Hidan all’Uchiha, che era ancora davanti a lui.
«Me lo dici spesso, ma non credo di esserlo più di te!» ribatté allegro.
L’albino, in risposta, gli schiaffò senza troppi complimenti una mano sulla faccia, sfregandogli poi la fronte ripetutamente.
«Ma che problemi hai? Guarda che la faccia me la lavo anche da solo!»
Hidan sbuffò.
«Ti ho cancellato il Simbolo dalla fronte, fai troppo schifo per meritarti di portarlo addosso!»
«Oh, perché le mattonelle del cesso sono degne, vero? Persino il sedere di un maiale sarà più degno di me!» disse con il suo solito tono melodrammatico con cui accentuava la tragicità di ogni cosa.
«Evidentemente lui non mi ha fottuto una ciambella e il bagnoschiuma!»
Erano una coppia di deficienti in pieno, ma loro stavano benissimo così; tra di loro la serietà era rara e di certo quella mancanza non costituiva una fonte di attrito nel loro rapporto. A loro andava benissimo così.
«Io con te non ci parlo più, sei troppo rancoroso per le mie membra appena sveglie! Credo che andrò a farmi una doccia» aggiunse poi pensieroso.
Magari stava pensando a quale bagnoschiuma usare, rifletté con stizza Hidan.
Shisui si passò una mano tra i capelli neri, scompigliati di natura, ignaro di ciò che aveva appena fatto.
«Ma se volevi somigliarmi bastava dirlo!» asserì, tentando di assumere un tono vagamente sorpreso, ma che fu completamente mandato a farsi benedire quando gli scoppiò a ridere in faccia.
«Di che parli?» chiese stranito.
Forse anche Hidan avrebbe dovuto iniziare a dormire un po’ di più, il suo cervello aveva sempre maggiore bisogno di riposo.
«Potresti anche scriverci un libro, i mille e passa modi per usare lo zucchero a velo o qualcosa del genere…»
Notando che lo sguardo di Hidan indugiava sui suoi capelli, portò una mano su di essi, distrattamente, per poi ricordarsi che ce le aveva completamente imbrattate di zucchero.
«Oh, merda…» borbottò esasperato.
Quando prima aveva detto che voleva andare a farsi la doccia scherzava, non ne aveva minimamente voglia, ora invece gli toccava eccome.
Probabilmente non c’era neanche tanto zucchero, ma sui suoi capelli neri si vedeva anche la minima traccia.
«No, ma aspetta, ti do volentieri una mano!» così dicendo, iniziò ad arruffare i capelli di Shisui con le mani ancora sporche dal suo precedente passatempo.
«Ma– vuo–i sta–re caz–zo fer–mo!» tentò di dire, con l’intenzione di farlo smettere, ma lui continuava a sbatacchiarlo come un ossesso.
«Va beh, non sarai mai bello come me…»
«Egocentrico di merda» sbottò, guardandolo con astio.
Magari se prima si pettinava per bene poteva anche evitare di lavarsi, ma ora Hidan lo aveva conciato per le feste. Aveva anche dato fondo allo zucchero sul letto, giusto per dare un effetto più realistico e migliore.
«… ma sei discretamente sexy, sì!» e gli rise sonoramente in faccia.
L’Uchiha tentò di scrollarsi alla bene e meglio lo zucchero di dosso, ma Hidan probabilmente lo aveva fatto entrare persino nei pori della pelle con la sua solita grazia mancata.
Sul momento a Shisui non veniva nulla in mente con cui vendicarsi per la bastardaggine del compagno, ma prima o poi avrebbe rimediato.
Non era la prima volta che si vedeva costretto a vendicarsi di quella serpe dagli occhi violacei, ma quella volta non si sarebbe trattenuto.
«Fossi in te d’ora in poi non abbasserei la guardia, potresti ritrovarti senza bagnoschiuma di nuovo di colpo, sai?»
«E tu potresti ritrovarti senza palle, lo sai, vero?» lo scimmiottò con scherno.
«Nah, non credo, sarebbe svantaggioso tanto per me quanto per te!»
Vero, ma Hidan non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
«Io posso rivolgermi altrove, tu puoi trovare qualcuno che ti riattacchi le palle e le corde vocali?» Lo sfotté, anche se tutti e due sapevano che la prima parte della risposta di Hidan non era minimamente vera.
«Oh, certo, quando ti verranno i capelli neri!» e così dicendo Shisui gli si lanciò addosso, con l’intento di prenderlo per il collo e fingere di strangolarlo.
L’albino finì con lo spostarsi e l’Uchiha rischiò quasi per cadere dal letto.
«Cosa fai, il singolo suicidio d’amore?» chiese Hidan, afferrandolo per il braccio e tenendolo sul letto. «No, sempre il doppio, trafiggevo il pavimento e lui trafiggeva me!»
«Che battuta del cazzo, Shisui. Hai pure lo stesso odore del dopobarba dell’Uchiha» aggiunse distrattamente, odorando la guancia dell’amico, che era praticamente sotto al suo naso.
«Uchiha chi?»
«Uchiha tua nonna, quale cazzo di Uchiha secondo te?» sbottò a denti stretti.
Ogni tanto se ne usciva con delle domande che facevano concorrenza ai ragionamenti di Hidan in stupidità.
«Come faccio a saperlo? Può essere cugino uno o cugino due, mio padre, mia madre, Fugaku-san, Mikoto-san o mia nonna, è vero…»
«Ma secondo te mi vado a sniffare tua nonna, tua zia o tua madre? Quell’imbecille di Itachi» ribatté, alzando inevitabilmente gli occhi al cielo.
«Ah… e tu quand’è che ti saresti sniffato cugino uno, scusa?» chiese insospettito, tirandosi indietro e piantando i suoi occhi neri indagatori in quelli di Hidan.
«Eh, sai, magari la condizione delle tue palle sta messa già male anche senza che ti appenda alla finestra!» Shisui gli diede uno strattone, facendo ridere di gusto Hidan.
Se c’era un passatempo migliore di imbrattare l’Uchiha con lo zucchero a velo e scrivergli le parolacce addosso era proprio prenderlo in giro.
«Fai schifo quando sei geloso, puoi evitare?» chiese sornione, ignorando l’occhiataccia di Shisui.
«Non sono geloso, era solo per… testare le tue… capacità espositive e di cognizione, ecco» asserì, passandosi una mano tra i capelli distrattamente, per dimostrare la sua estrema disinvoltura.
«Eh?» chiese inarcando un sopracciglio, per poi sorridere.
La loro brillante conversazione sulla questione fu interrotta da dei colpi secchi che venivano dalla porta.
«Cazzo di Hidan, avevamo un appuntamento due ore fa! Muovi il culo e vieni, non ho tempo né soldi da sprecare con un deficiente come te» la voce alterata e per nulla affabile di Kakuzu provenne da dietro la porta, seguita da altri colpo.
«Oh, merda, dovevo vedermi con quell’idiota… mi sembrava di star dimenticando qualcosa…» disse pensieroso come chi ha appena avuto la sua personale illuminazione divina.
Sbuffò e poi borbottò qualcosa come ‘che cazzo centrano i soldi, deve solo darmi gli appunti. Che deficiente’.
«Se sfonda la porta paghi tu» gli fece candidamente presente Shisui, non prima di avergli assestato un calcio per farlo alzare.
«Adesso vengo pure sfrattato da casa mia? Che merda» disse con una smorfia.
«E mentre vai pensa a qualche cugino che possa sniffare io, sai, sono per le pari opportunità!»
«Sei un coglione, Shisui» disse laconico.
«Mh mh, certo, visto che esci compra anche le ciambelle! Se le trovi senza zucchero a velo è meglio!»
Hidan lo ignorò, limitandosi a sbuffare, dopodiché si avvicinò a Shisui, che quel giorno aveva battuto il suo personale record: era mezzogiorno e mezzo ed era ancora a letto. Cioè, non dormiva più, ma il concetto era quello.
L’albino si piegò su di lui e gli diede un bacio veloce ed inaspettato, lasciando Shisui più perplesso che altro; si era aspettato una gomitata o una testata viste tutte le lamentele che gli erano state rivolte quel mattino dal compagno.
«Che romanticismo, mi baci addirittura! Non mi puzzava l’alito come una latrina fino a cinque minuti fa?» lo schernì con un sorriso.
«Coglione, mi riprendevo solo la ciambella che ti sei fregato» borbottò a denti stretti, mentre l’altro lo canzonava spudoratamente. Effettivamente Shisui aveva ancora il sapore di quella fantomatica ciambella, mangiata tanto velocemente che probabilmente non l’avrebbe digerita se non tra un paio di mesi.
«Hidan, datti una fottuta mossa!» Kakuzu non sembrava in vena di voler attendere oltre.
«E datti una cazzo di calmata!» ribatté in risposta Hidan che odiava gli venisse messa fretta. E non sopportava nemmeno essere sfottuto da qualcuno, come ora stava facendo l’Uchiha.
«Oh, beh, in quanto a romanticismo fai ancora piuttosto schifo, ma se ci lavoriamo bene prima o poi potremmo mettere in atto il nostro doppio suicidio d’amore!»
Shisui se la rise alla faccia perplessa del compagno, che poi scosse la testa.
«Sei un coglione» gli disse con uno dei suoi soliti sorrisetti che riuscivano a mettere in soggezione un sacco di gente ma che ormai su Shisui non avevano più effetto.
«Sì, me lo hai già detto!» commentò l’Uchiha.
«Eh, ripetuta aiuvant!» disse, incamminandosi verso la porta, mentre prendeva distrattamente la prima maglia che trovava e la indossava.
«Repetita iuvant, Hidan.»
«Sì, sì, quella cazzata lì.»




*silenzio totale*

Ok, facciamo così, io non mi esprimo su questa roba e voi fate lo stesso!xD
No, ok, non so nemmeno perché l’ho scritta; non pensavo che alla fine l’avrei postata davvero, nel progetto iniziale l’avrei scritta e poi cestinata senza pensarci due volte!^^’
Non penso esistano Hidan/Shisui e, sinceramente, la cosa non mi stupisce!xD
Ho messo OOC nelle note perché Hidan non si è preso la briga di squartare nessuno nella fic e non rispecchiava esattamente l’Hidan del manga; in fondo, però, è una AU, perciò credo che come licenza poetica ci stia anche!xD Shisui non credo sia OOC, anche perché di lui non si sa quasi nulla. Io, però, Shisui me lo vedo così, un mezzo idiota dormiglione che non sa nemmeno da che parte è girato!^^
Kakuzu poi è spuntato all’improvviso come fungo, non doveva proprio esserci nella trama iniziale!O__o
È la seconda vera shonen ai che scrivo, infatti come storia è un mezzo disastro, ma almeno ci ho provato! Non ho la più pallida idea del perché ho scritto su questi due, avrei potuto scriverla magari meglio e più IC con altri due personaggi, ma la scena me la sono immaginata con loro!xD In effetti però le ciambelle sono venute dopo…*si gratta la testa confusa*
Eh, era anche nata come una flashfic, ma credo di aver leggermente sforato visto che sono otto lunghe pagine!xD Hie è un cognome inventato per Hidan – quello che uso sempre nelle AU con lui. Il rating è giallo solo per il linguaggio non proprio aulico di Hidan.
Boh, la vedo male ‘sta fic, non posso farci niente!xD
Spero seriamente di non far fuori nessuno con questa storia!O_o
  
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