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Autore: NotLogical    13/07/2011    5 recensioni
Solito caso cervellotico, solita L che sbuca a random su uno schermo bianco.
Ma stavolta le persone dietro a quella semplice lettera sono tre, ed ognuna di esse ha ancora addosso i segni del caso Kira.
Ed il caso su cui s'impegnano senza troppa passione, forse, è solo un prologo.
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello, Near
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Jeans Calvin Klein, che se te li devi togliere ti tocca lanciarti sul letto e sbucciarti come una banana. Scarpe di Halle, ma se occhio non vede cuore non duole, e comunque ci vuole un tacco di un certo rispetto per dare vagamente l'illusione di un culo che non c'è.
Non si fa una doccia da dieci giorni, ma sono problemi secondari, quando ti togli gli occhiali da sole (Rayban, comprati giusto una settimana fa) e ti ritrovi a fissare gli occhi glassati di una donna morta da tre giorni.
Finestre chiuse, porta chiusa, e siamo a Luglio, in Italia. L'odore di sudore vecchio e la pelle continuamente viscida, se non altro, provano che sei ancora vivo.
Tiene la testa vagamente inclinata di lato - da una decina d'anni a questa parte il suo occhio destro gli restituisce una versione lattiginosa e sfalsata del mondo - ed è perfettamente consapevole del fatto che i capelli unti che gli arrivano fino alle spalle hanno raggiunto quel grado di sudiciume che li tiene perfettamente in piega. Mordicchia distrattamente una stanghetta degli occhiali, la bocca semiaperta per non dover respirare col naso. Il rumore non è giusto, gli manca quel "tlack" deciso, come di un osso che si spezza, e quel sapore dolce e carico che te lo puoi ficcare sotto la lingua ed aspettare che si sciolga.
Non che la visione gli stia facendo venire esattamente fame, ma sarebbe comunque piacevole ficcarsi qualcosa in bocca - fissazione orale, pensa, e se ghigna davanti al cadavere è perchè sesso e morte non sono mai troppo distanti.
Si concede di tapparsi il naso con una di quelle salviettine profumate da bambini - economico e vagamente funzionale, dopo aver appeso gli occhiali allo scollo della maglietta nera e prima di tirar fuori la ricetrasmittente.
"Enne, qui Emme - elle. Sono sul posto. Passo."
Ed il dito coperto dal guanto di pelle scivola sul pulsante di trasmissione, prima di schiacciare quello che gli permette  di ricevere. La voce che gli arriva nell'orecchio buono è innaturalmente piatta, e tuttavia infantile.
"Ricevuto, Emme - elle. Cosa vedi?"
E questa è una bella domanda. L'uomo - uomo? Coi tacchi? - si avvicina appena, la mano libera preme un poco di più il fazzoletto contro il naso e la bocca.
"Cappio intorno al piede sinistro, appesa in testa in giù. Nessuna ferita visibile.", e quando cammina fa lo stesso rumore di un cavallo al passo, circumnaviga il cadavere. Lo stomaco gli dice che quella ragazza avrà avuto al massimo sedici anni - chissà se aveva dovuto fare delle scenate coi genitori, per quel piercing all'ombelico. La bocca è aperta, e per un attimo si convince di non aver visto quella mosca spiccare il volo dal suo labbro superiore - la lingua è quasi bluastra, e pende ridicolmente verso il basso. Il cervello, invece, gli dice che dall'altra parte della ricetrasmittente c'è un povero stronzo che lo sta giudicando. "Sulla fronte ha scritto... tre, quattro, cinque. Sembra..." ed è solo in virtù dei guanti che sfrega i polpastrelli sulla fronte della morta, ritrovandoseli macchiati di un rosso pastoso. "...rossetto. Come le altre volte. Nella mano destra ha... un paio di forbici. Devono averle incollate lì con qualcosa - qualche tipo di colla", e il ticchettio forte dei tacchi continua, in sottofondo. "Torso nudo. Lenzuolo legato intorno al collo. Le mutande sono state messe sopra ai pantaloni, ha una 'S' disegnata sullo sterno", continua a snocciolare, la voce piatta ma forzata, ed i rintocchi di scarpe assurde si fermano. "Penso sia abbastanza facile. E' stata sistemata come in quella carta... l'Appeso. Prima parola. Seconda parola... forbici. Terza, superman", e fa una pausa gonfia di risentimento. "Combinazioni?"
"Qui Enne. Troppe combinazioni. Pensaci di più".
La parte di faccia ustionata non sempre riesce a piegarsi come dovrebbe, ma la parte sana del viso è fin troppo espressiva, la voce di solito bassa e prettamente maschile raggiunge per un attimo dei picchi d'isteria che la rendono più acuta. "Ci ho già pensato, cazzo! E' come dico io. Non torna. Dovrebbero essere tre parole, una di tre lettere, una di quattro lettere, una di cinque..."
La voce che gli risponde è di una monotonia disarmante.
"L'appeso è il dodicesimo Arcano Maggiore. In numeri romani, XII. Tre lettere."
Il fiato gli si rificca in gola attraverso i denti serrati. Ha trent'anni ed un'incazzatura addosso che la metà basta, e l'albino del cazzo deve sempre fare il numero uno. Ammazzare qualcuno non è così facile - non hanno molta voglia di morire, in genere - ma, Cristo se ha voglia di provarci...
E invece no, schiaccia con una certa violenza il tasto di trasmissione.
"Okay, questo ci lascia con le due altre parole. Per ora tutto quello che mi viene in mente è 'mano' e 'superi', ammesso e non concesso che sia una di quelle volte in cui troviamo degli... avanzi di lettere", e sospira "'Fanculo", sbotta, poi, a mezza voce, senza nessuna causa scatenante - e dimenticandosi di smettere di premere il tasto che gli permette di trasmettere.
"Non ti ricevo bene, Emme - elle".
E l'uomo si accascia un po' su se stesso, anche se quando parla la voce è dura e roca. "Devono esserci state delle interferenze. Passo".
"Bene. Torna alla base, aspetteremo i risultati dell'autopsia. Emme - ti?"
E il biondo sui tacchi sente un'altra voce, roca e scazzata, lenta, piacevolmente familiare. "Enne, qui Emme - ti. Le combinazioni sono troppe, ci vorrebbe un casino di tempo - ho preferito farle a mano. Per ora non mi si sta accendendo la lampadina in testa. Raccolte informazioni sulla vittima, ve le passo appena riesco a liberare una linea. Passo e chiudo".
"Okay, Emme - ti. Passo e chiudo. Emme - elle?"
"Mmmmmhhh? Sì, Enne, ti ricevo", sbiascica, con lo stesso tono allegro che potrebbe usare per annunciare al gentile pubblico una malattia venerea. Il puzzo è soffocante - spesso, in un certo senso, che ti vien voglia di sparare all'aria per vedere se per un attimo rimane visibile il foro della pallottola.
Ne ha visti, di cadaveri. Molti sono diventati cadaveri davanti a i suoi occhi, e spesso c'è voluto il suo intervento, per ottenere quel risultato. Ma ogni volta ti senti lo stomaco scendere un po' più in basso, accartocciarsi ulteriormente su se stesso, e ti chiedi quanto potrai andare avanti. Poco, probabilmente: la sua sanità mentale è sempre stata una cosa piuttosto traballante.
"Torna al quartier generale. Mentre aspettiamo i risultati dell'autopsia possiamo controllare il materiale che abbiamo già. Passo".
Veramente, lui aveva già una mezza idea di mandare tutti a fare in culo e ficcarsi in camera sua con qualcosa da bere - lavorare così tanto andava bene quando c'era un obiettivo da raggiungere.
Ma ora che obiettivo ha? La pensione? Pffff.
"Va bene, Enne. Torno alla base. Passo e chiudo".



NOTE: Non si prevedono aggiornamenti regolari, ma probabilmente riuscirò a non darvi tempi troppo lunghi di attesa.
Avrete certamente già capito chi sono Emme - elle ed Emme - ti, e vi starete chiedendo come hanno fatto ad arrivare fino ai trent'anni: la cosa diventerà più chiara con il passare dei capitoli.
Per ora, credits:
Sciarada, un numero di Dylan Dog, citazioni varie ed eventuali, ed ha ovviamente anche dato il titolo a questa storia.
Dato che questa fic contiene un numero allucinante di cose che mi piacciono, aspettatevi gli opportuni credits riferiti a fumetti, film ed addirittura videogiochi alla fine di ogni capitolo.
   
 
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