Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: virgily    13/07/2011    3 recensioni
"Ci vediamo dunque costretti a sguinzagliare le tre ombre della Regina: il fedele Cane; l’abile Ragno e la nobile Perla. Speriamo che la collaborazione di questi grandi enti della sicurezza inglese possano rendere sua Altezza fiera di voi, come sempre è stato.
Cordiali saluti.
Sua maestà, la Regina."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“ Freddo, terribilmente freddo. E buio. Silenzioso, ma caotico. Eppure Viola non aveva paura, no... Non temeva più l’oscurità da quando ritrovò sua madre su un letto di sangue. In piedi, circondata dalle tenebre la giovane duchessa osservava con occhi glaciali e severi il nulla più totale. Il cuore le batteva forte nel suo petto, scandendo ritmicamente il tempo che scorreva lento. Mescolandosi alle sue pulsazioni, un suono di passi la fece voltare di scatto verso la sua sinistra. Sicuri di se e fieri due grandi occhi cominciarono a brillare, come unico faro nella notte più profonda. Rossi, ardenti, spietati la scrutavano con intensità mentre la giovane si limitava a guardarlo accigliata, mentre sempre’ più veloce si avvicinava a lei. Non riusciva a vederne i lineamenti del viso, ma sapeva che proprio sotto quelle iridi focose si nascondeva un ghigno malvagio
-Ti trovo bene, piccola Viola- una voce roca e carezzevole tentò di addolcirle il viso marcato dai lineamenti duri e contratti che le avevano scolpito un’espressione severissima e priva di alcun sentimento
-Sapete che non voglio che mi veniate a disturbare durante il mio riposo. Io non sono come le altre, perciò i giochetti subdoli del controllo dei sogni usateli con qualcun’altra- rispose incrociando le braccia al petto, penetrando quei grandi occhi con uno sguardo famelico
-Bella e austera come una chiesa la mia Viola. Eppure...- l’uomo che inizialmente si trovava dinnanzi a lei sparì, se ne accorse quando il rosso vivo delle sue iridi perì nell’ombra, lasciando la frase sospesa a metà. Ma la duchessa Killarney sapeva bene che non era scomparso del tutto, si era solo nascosto, prendendola in giro come aveva sempre fatto
-Sono certo che sareste ancora più affascinante con una bella pancia tonda...- spudoratamente audace il suo petto aderì contro la schiena della ragazza, e approfittandone della vicinanza, una mano fredda e corrotta accarezzò avida la stoffa della camicia da notte che fasciava la sua pancia asciutta
-E magari, un’essenza puramente dannata nel vostro sangue rinforzerebbe questa misera esistenza terrena- sussurrò poggiando il mento sulla sua spalla, avvolgendola appena in un forte e intenso abbraccio
-La luna piena verrà tra pochi giorni, e io rimarrò intatta come nelle lune passate.  Mentre le vostre speranze svaniranno sempre più-
-Sembrate molto sicura di voi. Eppure non esitate a “tentare” il primo diavolo che vi capita davanti...- rise, e anche di gusto. Quasi metallica e stridula quella voce le fece ribollire il sangue. Viola strinse i denti, irrigidendosi di colpo. Avrebbe potuto ucciderlo, ma non lo fece. E fu proprio questa esitazione a far accrescere ancora di più il disprezzo nel suo cuore: lui, purtroppo, aveva ragione
-Non potete farne a meno. E’ la vostra natura, il vostro destino. E non puoi farci nulla Viola. Tu sei questo-”


Con uno scatto frenetico e impulsivo la donna si sollevò seduta sul suo giaciglio, osservando la penombra della sua stanza con occhi spalancati e quasi fuori dalle loro orbite. Aveva il respiro mozzato e la sua cassa toracica si sollevava in continuazione. Sentiva il sudore freddo percorrerle una sinuosa linea sulla spina dorsale. Passarono pochi secondi nei quali Viola riuscì a calmarsi, come se non bastasse sentiva le lacrime agli occhi e questo era quello che maggiormente la infastidiva: piangere
-Che maledetto bastardo...- imprecò stendendosi nuovamente sotto le lenzuola, asciugandosi di tutta fretta quelle misere gemme umidicce che colavano dai suoi occhi.
“La sua natura”... Tentare il tentatore. No, lui si sbagliava. Lei non era così... Non VOLEVA essere così. E poi di cosa diavolo stava parlando? A cosa stava alludendo con :
“Eppure non esitate a tentare il primo diavolo che vi capita davanti”?
Le quattro del mattino, stentava a crederci ma era ancora così presto: nuvole nere aleggiavano su tutta Londra; l’umidita bagnava le strade vuote e spente... Rendendole tetre, morte. Avrebbe potuto dormire ancora, di certo le avrebbe fatto bene; ma c’era qualcosa che le impediva di riposare. Pensieri... Troppi subdoli e insidiosi pensieri che affollavano la sua giovane mente e le vietavano categoricamente un piacevole sonno. Sentì un forte calore lacerarle la gola, forse un bel bicchiere di latte avrebbe portato un fresco benessere, e non soltanto alla sua gola.  Certo, Viola avrebbe potuto tranquillamente chiamare Cecily, ma sapeva bene che mai si sarebbe permessa di svegliare la sua povera cameriera, nel cuore della notte, per un bicchiere di latte che avrebbe potuto prendere da sola. Lentamente fece sgusciare i piedini al suolo. Questi, erano fasciati da lunghe parigine nere che coprivano quello che la sua camicetta da notte non copriva. Non era propriamente nell’estetica della lady indossare abiti così succinti per andare a letto, ma Viola, sin da bambina, aveva sempre detestato rispettare le regole. La veste le arrivava sino alle cosce ed era bordata di merletti corvini. Le ampie maniche velavano appena le braccia pallide e le mani coperte della giovane, che lentamente, camminava verso l’uscio. Era parecchio buio, ma non fu difficile per lei trovare le scale che portavano al piano inferiore; dopotutto poteva vantare di una bella vista notturna. Scese in punta di piedi, come una ladruncola da quattro soldi, timorosa di svegliare qualcuno, che a differenza sua, magari stava facendo dei dolci sogni.
Viola tuttavia non sospettava minimamente degli “spuntini notturni” a cui il giovane Ciel era solito, e il tutto all’insaputa del suo mero maggiordomo. Proprio a quell’ora infatti, colpito dai morsi della fame, o più semplicemente dalla avida voglia di dolci, il piccolo conte già si trovava nella cucina a mangiare silenziosamente dei biscotti, probabilmente quelli che Sebastian avrebbe dovuto servire assieme alla colazione.
Era di spalle e non pensava minimamente che qualcuno lo stesse osservando. Proprio allo stipite della porta, infatti, la duchessa si fermò di colpo, ammirando il più piccolo che voracemente mangiava indisturbato. Un sorriso tenero si disegnò dolcemente sulle sue labbra, e sospirando appena decise di entrare in scena
-Vedo che non sono l’unica che non riesce a dormire...- quella voce tremendamente familiare lo fece sobbalzare appena. Voltandosi di scatto, con le guance ancora piene, Ciel arrossì di colpo: gambe lunghissime si celavano sotto quelle lunghe gonne con cui l’aveva vista ore prima, e delle curve di cui, stentava a crederci, ma non gli dispiaceva la vista. Prendendo un respiro profondo mandò giù il boccone di biscotti e schiarendosi la gola rispose
-Hem, beh onestamente speravo di essere il solo...-
-Tranquillo mio piccolo Ciel, Sebastian non scoprirà nulla- sorrise giungendogli al fianco. Osservò silenziosamente ogni suo movimento aggraziato mentre, dopo essersi versata del latte, sorseggiava elegantemente dalla tazza. Doveva ammettere che ancora non riusciva a spiegarsi il modo in cui si era avvicinata così audacemente a lui durante la cena, e probabilmente la risposta era proprio in quelle belle gambe, che all’apparenza dovevano essere molto agili
-E’ curioso il modo in cui vi muovete. Silenziosa e leggiadra come un felino- fece notare il ragazzo cogliendola alla sprovvista. Di nuovo quella sensazione, le mancava il fiato, ed era ansiosa. Lentamente lasciò il bicchiere sul tavolo in legno accanto a lei, e respirando profondamente si voltò a fissare il giovane Phantomhive: con la camicia candida che gli arrivava sino alle caviglie; i capelli scompigliati appena, con la frangia che copriva per intero quell’occhio che, stranamente, non portava bendato. Sorrise
-Lo prendo come un complimento- ridacchiò vagamente, coprendosi appena le labbra con la mano. Inizialmente non diede peso a quel lieve chiarore violaceo che provenne dallo sguardo del conte. Tuttavia doveva ammetterlo, era un colore piuttosto singolare. Ricordava bene il blu intenso dell’iride di Ciel, ma allora cos’era che provocava quello splendido riflesso viola? Cosa si celava dietro la frangia del piccolo lord?
Più quel misterioso silenzio si propagava nella cucina, più una voglia contorta bramava di vedere, di scoprire cosa essa fosse. In realtà neanche lei sapeva se lo volesse realmente, ma mentre perdeva tempo prezioso a domandarselo, i suoi piedi avevano già cominciato ad agire. Graziosa, come se stesse danzando, Ciel ammirò la duchessa avvicinarsi a lui, perdendosi per un attimo nel chiarore del suo sguardo assente, rapito da qualcosa, e per un attimo sperò che quel qualcosa non fosse il suo occhio:
-Ciel...- pacata e vellutata quella voce gli accarezzò l’udito, deliziandolo con le sue dolci note. Phantomhive sentì le sue mani afferrargli con tenerezza il viso; sentiva la morbida stoffa dei suoi guanti scuri coccolargli teneramente il viso. Probabilmente in altre situazioni del genere si sarebbe dimenato, allontanato come una furia pur di non svelare la sua iride ad occhi indiscreti. Ma lady Killarney lo teneva in pugno, facendolo sentire debole, docile come un agnellino sacrificale
-Ciel...- Viola lo chiamò con voce flebile, tremante... Eccitata per ciò che stava per fare. Seguì con  lo sguardo tutto il percorso delle sue dita sul suo visetto: dalle labbra al naso piccolo, svoltando finalmente nell’incavo del suo occhio, proprio sotto la sua frangia.
“Tu-tum. Tu-tum”
Quel suono accelerato e roco fece ritornare il conte dal mondo dei sogni. Era un cuore che pulsava così forte quasi da esplodere... Ma non era il suo.
Sudore freddo, labbra dischiuse e in cerca di aria, di quel fiato che di colpo le era venuto a mancare. Stava morendo, se lo sentiva. Enigmatico, oscuro... Demoniaco era quel sigillo che stava impresso nell’iride del ragazzo. Viola si maledisse cento volte, e impacciata lo lasciò andare, allontanandosi di fretta e furia dal suo gracile corpo
-Vi sentite male? Viola? Viola è tutto a posto?- domandò sconvolto e incuriosito scrutando la donna che ad ogni passo si allontanava da lui, timorosa
-N-No è che...- ma non terminò la frase. Le bastò soltanto guardare di sfuggita nuovamente quel volto dinnanzi a lei per ferire profondamente il suo auto-controllo di pietra. Corse via, senza dare spiegazioni usci’ velocissima dalla cucina, lasciando Ciel nello stupore piu’ totale. Sapeva che quella donna era strana, ma adesso stava superando il limite.
Correva, ma non veloce come avrebbe voluto. Le faceva male il petto, o meglio, il cuore. Batteva fortissimo, e non c'era verso di farlo smettere. Non sapeva se piangere, gridare o più semplicemente correre nelle sue stanze prima di esplodere. Sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime, e la vista annebbiarsi di colpo. Si fermò giusto il tempo di asciugarsi il viso brutalmente con le mani, ma un dolore atroce le mozzò il fiato, facendole perdere l’equilibrio. In ginocchio nel mezzo del corridoio con le mani strette al petto che proteggevano al loro interno la sua perla. Gli occhi serrati si sforzavano di trattenere i singhiozzi e le lacrime, mentre delle parole amare e velenose s’insinuavano pericolosamente nella sua testa:
“  Eppure non esitate a “tentare” il primo diavolo che vi capita davanti...”
... Ora aveva capito.
-My lady non vi sentite bene?- al solo suono di quella voce il suo cuore si calmò e sentì il veleno scorrerle negli occhi. Approfittando del buio e dei suoi capelli sciolti, Viola nascose il suo volto quel poco che bastava per far fluire via quella robaccia che aveva nel sangue fin dalla nascita, quella “essenza” che la rendeva irresistibile per tutti gli abitanti degli inferi
-Non preoccuparti, è solo un capogiro- affermò sbattendo più volte le palpebre, sospirando di sollievo quando non sentì più il bruciore pervaderle le orbite. Tuttavia quella fu l’ultima boccata d’aria serena che riuscì a prendere, poiché’ non appena sollevò lo sguardo, Viola si dovette scontrare contro quello del maggiordomo, che inginocchiato dinnanzi a lei, le scrutava il viso arrossato e umido.
Contornati dalle lacrime le sue iridi verdi sembravano “dannatamente sensuali”; anche più di quanto non lo fossero già quando si erano fissati nelle situazioni precedenti, scambiandosi ammalianti fulmini e saette. Il mero maggiordomo sollevò gli angoli delle labbra, portando le mani al viso della ragazza, raccogliendole una lacrima. La duchessa sentì un fremito a quel brevissimo contatto, ma successivamente la sua mano si ritrovò tesa sul viso dell’uomo, che nel frattempo si era avvicinato anche troppo. Mai avrebbe permesso che quelle mani immonde la sfiorassero
-Non toccatemi- fu quasi un ringhio quello che uscì dalle sue labbra fine e rosee, un ordine che pronunciato in quella maniera non faceva altro che stimolare il suo animo dannato. Tuttavia obbedire era il suo compito, e chinando appena il viso porse le sue più umili scuse
-Lasciate almeno che vi scorti nella vostra camera...- affermò l’uomo sollevandosi da terra, attendendo che la giovane lo imitasse. Ma una volta in piedi l’espressione impressa sul volto della duchessa non cambiò di una virgola: freddo, spietato e tuttavia affaticato, debole.
-No. Posso camminare anche da sola, grazie- rispose a testa alta. Ovviamente Viola Killarney stava mentendo spudoratamente; a stento riusciva a tenersi in piedi, e ancora le girava la testa, ma orgogliosa com'era non lo avrebbe mai ammesso di sua spontanea volontà. Un sorrisetto beffardo e divertito sostituì quello teneramente disteso sul viso del giovane. Sapeva benissimo che la duchessa stava bluffando, tuttavia la lasciò fare. Era curioso di vedere fino a che punto sarebbe arrivata con quella commedia teneramente patetica. Si fissarono, sfidandosi come loro solito, e dopo quel breve scambio di sguardi la castana cominciò la sua faticosa passeggiata fino alla sua stanza. Sentiva gli occhi di Michaelis stargli addosso, e proprio per questo cercava di non barcollare, sebbene la sua voglia era proprio quella di accasciarsi al suolo e non rialzarsi più. Eppure non mancava molto, riusciva benissimo a vedere la porta delle sue stanze, e ne fu felice a tal punto che una vana speranza di raggiungerla con le proprie gambe cominciò ad allettarla. Come aveva immaginato però, le sue gambine cedettero molto prima del traguardo, e i suoi occhi stanchi si socchiusero appena. Era sicura di aver fatto un bel volo, ma allora perché’ non aveva sentito il rumore del suo corpo che era caduto a peso morto al suolo? Aprì gli occhi incredula quando rimase disgustosamente affascinata da quel rosso cremisi, da quel viso che era solo a un passo dal suo. Di primo impatto avrebbe voluto allontanarsi da lui, ma sentiva la terra mancarle sotto i piedi. Ci vollero pochi secondi prima che capisse che si trovava proprio tra le braccia del maggiordomo, senza alcuna via di fuga
-Mettimi giù Sebastian!- affermò fissandolo in cagnesco
-Spiacente, ma non lo farò- rispose sorridendole. La ragazza sbuffò arrendendosi, purtroppo in quella situazione avrebbe potuto fare ben poco. Così ne approfittò almeno per posare il capo sul suo petto. Sentiva i conati di vomito al solo pensiero... Ma le piaceva il suo odore, e le piaceva il formicolio sulla pelle provocato dal suo calore. Ma sapeva che la pace sarebbe durata solo per poco. Non si fidava... specialmente di “uno come lui”. Sollevò appena lo sguardo, e Viola impetrò quando si accorse che Sebastian la stesse ancora guardando: curiosità, forza, desiderio; la duchessa riusciva a leggervi tantissime emozioni diverse in quel rosso vivo.
“Ma quali emozioni? Lui NON HA emozioni” pensò sbuffando nuovamente
-Potresti almeno smetterla di guardarmi?-
-Sono desolato. Ma non ho intenzione di smettere- rispose godendo all’espressione scocciata della giovane, che sollevò uno sguardo esasperato al cielo. Rise, lentamente e a tonalità molto pacata, ma rise, ed era certo che non appena avesse abbassato lo sguardo lei lo avrebbe penetrato con una delle sue occhiatacce gelide e sensuali. Quello che Sebastian Michaelis vide invece lo appagò molto più di un misero sguardo: lei appoggiata al suo petto in dormiveglia, e non si era minimamente accorta della perla, che  in bella mostra lo fece trasalire appena. Ebbe un sussulto, mentre un’aura nera e tenebrosa aumentava a dismisura alle sue spalle, generandosi dalla sua stessa ombra. Un ghigno macchiò il suo bel viso e i suoi occhi cremisi bruciarono, mostrando quella luce che in pochi erano riusciti a vedere, e molti di quei pochi erano morti. Giunto innanzi alla camera da letto però le iridi del mero maggiordomo tornarono del loro rosso vivo, e sospirando appena entrò con la giovane tra le braccia. La porta si chiuse alle loro spalle, ma Viola se lo sentiva: la sua notte non era finita lì.  

 

*Angolino di Virgy*

Oh mamma per questo capitolo ho sudato e sputato sangue! No okay non e' vero pero' diciamo che ci ho messo parecchio per scriverlo.

Speriamo che vi piaccia! Altrimenti... Beh e' anche vero che ho molto da imparare.

Lasciatemi un commentino e fatemi sapere se vi piace l'andazzo che la storia sta prendendo.

Un Bacio

-V-

Ps: ringrazio di cuore coloro che hanno recensito i capitoli precedenti, il parere del lettore per me e' di vitale importanza.

 


 
  
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