Capitolo XLII
Ore 03.00 –
Mosca, Appartamento di William
Lo Scorpione chiuse
la telefonata e fissò il muro del soggiorno, scarsamente illuminato dalla lampada
accesa lì vicino, un piccolo sorriso che gli apriva sulle labbra.
“Figlio di puttana… Lo sapevo che eri tu”.
Nikodim.
Solo lui poteva
rubare l’auto di Irina e presentarsi alla gara di quella sera facendo finta di
niente. Solo lui poteva osare un gesto del genere sotto il suo naso.
Si alzò di scatto e
afferrò la pistola che aveva appoggiato sul tavolino. Non pensava di fare così
in fretta, ma visto che sapeva da dove partire, voleva
ritrovare l’auto di Irina il prima possibile.
Cercò l’altra pistola
che teneva nascosta sotto uno dei cuscini del divano e guardò l’orologio: non
era abbastanza tardi per fermarlo, e forse sapeva dove
trovare Nikodim a quell’ora.
Si
infilò
la giacca, ma prima di uscire di avvicinò alla porta della camera da letto.
Guardò dentro, e scrutando nel buio scorse il corpo di
Irina adagiato delicatamente sopra le lenzuola, che dormiva profondamente.
Entrò in silenzio, la pistola in una mano e gli occhi che non si staccavano dal
volto di quella ragazza da cui ormai dipendeva in tutto e per tutto.
“Ritroverò la tua auto, bambolina. Rivoglio
il tuo sorriso solo per me”.
Aprì le coperte e
la spinse sotto, in un gesto che non aveva mai creduto di ritrovarsi a fare,
sfiorandole il viso con la mano. Lei non si svegliò, non emise alcun suono,
forse perché era troppo stanca e triste per preoccuparsi di quello che poteva
accaderle. Diede un ultimo sguardo a quelle labbra rosate e poi si voltò,
uscendo rapidamente dalla stanza e altrettanto rapidamente dall’appartamento.
Una volta sulla
Bugatti, decise di puntare al vecchio locale dove aveva sempre trovato Nikodim gli anni passati, anche se aveva la sensazione che
difficilmente il russo sarebbe stato lì, visto il gesto che aveva commesso. Era
subdolo ma non abbastanza stupido da farsi trovare facilmente.
Il Ginger Party, il
pub dove di solito stazionava Nikodim,
era un luogo a metà tra un bar e una casa di incontri. Com’era nei gusti del
russo, le cameriere servivano i cocktail vestite in
tutine aderenti dai colori cangianti, e ammiccavano maliziosamente a tutti i
clienti che entravano.
William si gettò
un’occhiata intorno, le luci soffuse che gli permettevano di distinguere bene
le persone sedute ai tavoli, e capì subito che Nikodim
non era lì. Tuttavia non si scoraggiò: poteva sempre chiedere al barista, che
gli sembrava lo stesso di due anni prima.
<< Cosa ti do, straniero? >> chiese il tizio, un uomo calvo con
un pizzetto pronunciato, in perfetto inglese.
William gli gettò
un’occhiata perplessa.
<< Come facevi
a sapere che non ero un russo? >> domandò, secco.
Il barista si
strinse nelle spalle.
<< Non hai la
faccia di uno di qui >>rispose quello, tranquillo.
Insospettito,
William ordinò una birra, poi aggiunse: << Sono qui per incontrare Nikodim… Sai dirmi dov’è? >>.
Il barista gli
servì la sua birra gelata.
<< No,
ultimamente non viene molto da queste parti >> rispose, evasivo.
Lo Scorpione mangiò
la foglia: in un attimo capì che il tipo era stato avvertito in qualche modo
della possibilità della sua visita, e che aveva ricevuto l’ordine di non
parlare. Molto probabilmente sapeva benissimo dove
fosse Nikodim in quel momento, ma stava bluffando per
fregarlo.
<< E come
mai? >> chiese innocentemente.
<< Non lo so.
Sta cambiando giro, forse >>. Il tizio gli gettò un’occhiata mentre
preparava un altro cocktail, << Ma magari potresti
trovarlo al Kurkalova… >>.
William fece una
smorfia: fregato. Conosceva quel posto, ed era esattamente dall’altra parte
della città: stava cercando di allontanarlo da lì, quindi Nikodim
doveva essere nei paraggi.
<< Davvero?
>> disse, fingendo di credere alle sue parole, << Allora ci farò un
salto… Quanto ti devo per la birra? >>.
<< Niente,
offre la casa >> ribatté il barista.
<< Allora
questi sono per l’informazione >> disse lo Scorpione, poggiando sul
bancone un paio di banconote. Doveva fargli credere che stava per andare
davvero dall’altra parte della città.
Si alzò e uscì dal
locale, poi saltò sulla Bugatti. Aveva un piano, che non era sicuro
funzionasse, ma doveva almeno provare.
Fece un giro
dell’isolato con la Veyron, poi parcheggiò in un
vicolo laterale, facendo il meno rumore possibile. Tirò fuori la pistola e
tolse la sicura, poi scese dall’auto e si appostò a un lato della strada,
protetto dall’oscurità e dai muri dei palazzi. La strada era deserta e
silenziosa, e se fosse arrivato qualcuno lo avrebbe
sentito a metri di distanza.
Era quasi sicuro
che Nikodim sarebbe tornato al Ginger Party: aveva
intuito che sarebbe venuto a cercarlo, e aveva predisposto il suo piano di
difesa. Ma lui lo aveva capito in tempo, e il barista
non gli sembrava un tipo così sveglio da accorgersi che non ci era cascato.
Forse gli aveva già detto che lo Scorpione si stava dirigendo dall’altra parte
della città, e che quindi lui era al sicuro.
Aspettò per un po’,
sentendo l’aria gelida della notte vorticargli sulla faccia, la pistola in
pugno e gli occhi puntati sulla strada. Nessuno all’orizzonte, e tutto era decisamente troppo silenzioso.
Dopo mezz’ora di
attesa, lì fermo, iniziò ad avere freddo, molto
freddo. Mosca non era Los Angeles, e non poteva pretendere di rimanere fuori
tutta la notte senza rischiare di beccarsi una polmonite… Ora capiva perché i
russi preferivano ritrovarsi nei locali, invece che nelle piazze della città.
Si mosse un po’,
contraendo i muscoli nel tentativo di scaldarsi, mentre nuvolette di fiato
caldo uscivano dalla sua bocca. Non gli importava di patire il freddo, per
trovare Nikodim: la sua motivazione era più che
forte.
I minuti passavano
lenti, fissando la strada in attesa che qualcuno si facesse vivo. Dal locale
sentì uscire qualcuno che ridacchiava sonoramente, in preda ai fumi
dell’alcool, ma poi anche quella voce si spense nel buio, lasciandolo
nuovamente nel silenzio.
Dopo un’ora e
mezza, quando ormai sentiva le dita delle mani intorpidite e la pelle della
faccia che tirava, capì che forse si era sbagliato: Nikodim
non era da quelle parti, oppure non avrebbe fatto un salto al Ginger Party, per
quella sera. Forse gli conveniva cercare in qualche altro locale, ma non
certamente dall’altra parte della città.
Decise di aspettare
ancora una decina di minuti, ma sentì il rumore di un motore che si avvicinava.
Un paio di fari brillarono ai lati della strada, poi
una Mercedes Slk AMG blu metallizzato passò a pochi
metri da lui, fermandosi davanti al Ginger Party.
William la
riconobbe subito: quella era una delle sue vecchie auto, una di quelle che
aveva usato durante la sua visita a Mosca, che aveva vinto in una gara e che
era sparita poche ore prima che lui partisse. Quindi quello che la guidava in
quel momento era chiaramente Nikodim.
Perfetto, era anche
da solo. Non poteva chiedere di più.
La voglia di
vendetta riscaldò subito le mani congelate di William, che uscì dal vicolo e
raggiunse di corsa l’auto, proprio mentre il russo si accingeva a scendere.
Senza dargli il tempo di capire quello che stava succedendo, lo afferrò per il
collo e lo sbatté contro il muro.
<< Quanto è
piccolo il mondo, eh, mio caro Nikodim… >>.
Il russo mise a fuoco
la sua faccia, e negli occhi gli si dipinse un’espressione spaventata.
Tuttavia, cercò in ogni modo di non darlo a vedere, fissandolo con sprezzo,
l’odore di alcool che gli usciva dalla bocca piegata in una smorfia.
<< Levami le
mani di dosso, Scorpione, qui non sei a casa tua >>.
William sorrise
malignamente.
<< Già, non
sono a casa mia… Peccato che non me ne freghi un cazzo >> ribatté,
<< Come vedo giri ancora con una delle mie
macchine… >>.
Nikodim sembrò non
scomporsi.
<< Era roba
nostra, quella >> disse, << Non puoi
rivendicare niente, in territorio nemico. Già tanto che nessuno abbia ancora
cercato di ammazzarti… Non puoi permetterti di fare in furbo, qui >>.
William alzò la
pistola e gliela puntò alla tempia.
<< Tutte chiacchere, le tue >> ribatté,
sapendo quanto il russo fosse codardo e quanto si appoggiasse alla protezione
dei suoi connazionali, << Credo che se ti uccidessi, i tuoi amici non
sarebbero poi tanto tristi, sai? Da quello che ho capito, vuoi solo prendere il posto della Lince, ma sei troppo coniglio per
sperare di arrivarci, lo sanno tutti. In compenso ti piace rubare auto… Da vero
viscido quale sei >>.
Nikodim deglutì, iniziando
a mostrare un po’ di tensione.
<< Se sono le
tue auto che rivuoi indietro, è rimasta solo quella >>. Fece un cenno
verso la Mercedes, << L’altra l’ho venduta >>.
Lo Scorpione fece
un sorrisetto.
<< No, non
sono quelle che mi interessano >> rispose,
<< Rivoglio l’auto della mia ragazza, una Punto bianca, italiana e
modificata. E la rivoglio adesso >>.
<< Non so
niente di quella macchina >> si affrettò a dire Nikodim,
<< Non è colpa mia se la tua donna si è attirata… >>.
William non lo fece
finire, perché lo sbatté violentemente contro il muro, sferrandogli un pugno
nello stomaco. Nikodim gridò e tossì, e rimase in
silenzio, tenendosi la pancia.
<< So che ci
sei tu dietro quel furto >> ringhiò lo Scorpione, << Non cercare di
fregarmi. Voglio sapere dov’è quella macchina, immediatamente, oppure ti faccio
saltare le palle che ti sono tanto care per venire in
questo stupido locale. Solo tu potevi rubare quella macchina, non negarlo
>>.
Per fargli capire
che non scherzava, gli sbatté il capo contro il muro di cemento, provocandogli
una brutta escoriazione. Nikodim parve preso dal panico,
e si agitò convulsamente.
<< Non era
per me! >> gridò, << Era un furto commissionato, non so chi la
abbia ora! >>.
<< Che vuol
dire commissionato? >> ringhiò William.
<< Un tizio
mi ha telefonato e mi ha pagato per rubare la macchina, ma non l’ho mai visto
in faccia! >> spiegò Nikodim, gli occhi pieni
di terrore, << Non so perché volesse quella
macchina! >>.
William lo fissò in
silenzio, irritato. In quella situazione il russo non stava mentendo, perché i
suoi occhi sembravano sinceri e davvero terrorizzati. Se ciò che diceva era
vero, le cose si complicavano.
<< Devo
sapere chi è >> disse.
<< Non so il
suo nome >>.
Lo Scorpione mise
in moto il cervello, cercando il modo di ritrovare quello che aveva
commissionato il furto. Si chiedeva se l’auto era ancora integra, se non era
già stata smontata per venderne i pezzi…
<< Dove l’hai
consegnata? >> domandò.
<< Nella zona
industriale di Mosca >> rispose Nikodim,
<< Ma non la troverai lì… L’hanno già portata via >>.
<< Hai detto
che ti ha telefonato >> disse William, <<
Dammi il tuo cellulare >>.
Nikodim esitò, e lo
Scorpione glielo sfilò dalla giacca. Tenendo il russo sotto tiro di pistola,
cercò nella cronologia le ultime chiamate ricevute: tutti numeri conosciuti,
tranne uno. Gettò un’occhiata a Nikodim.
<< Bene,
questo diventa mio, da adesso in poi >> disse, << Dammi le chiavi
della macchina >>.
Il russo gliele
porse e lui le afferrò.
<< Grazie
>> disse malignamente.
Se non avesse rischiato
di attirarsi le ire di tutti i russi di Mosca, lo avrebbe volentieri ucciso. E
poi non era certo di poter ritrovare la Punto, con quelle poche informazioni
che gli aveva estorto.
<< Dove posso
trovare qualcuno che sappia accedere ai database delle compagnie telefoniche?
>> domandò, secco.
<< Vai da
Anthony Donowiv, vicolo Gurashenko
>> rispose Nikodim, forse convinto che con lui
avesse finito.
William gli gettò
un’ultima occhiata.
<< Per il
momento mi sei stato utile >> sussurrò, << Ma questo non toglie che
non abbia più voglia di vederti in giro… >>.
Puntò la pistola
alla tempia del russo, mentre quello chiudeva gli occhi, terrorizzato.
<< No…
Aspetta, posso farti riavere anche le tue vecchie macchine… Se mi uccidi…
>>.
Lo Scorpione
premette il grilletto, ma l’unico rumore fu un piccolo clik
che si perse nella notte. Non accadde niente, e Nikodim
rimase immobile, un rivolo di sudore che nonostante il freddo gli solcò la
fronte.
<< Questo
serviva da avvertimento >> sussurrò William, << La prossima volta
che ti azzardi a fare qualcosa a me o alla mia ragazza toglierò la sicura alla
pistola, prima di spararti, sono stato abbastanza chiaro? >>.
Lo mollò di colpo,
lasciando che si accasciasse a terra, e si voltò, diretto alla Bugatti.
<< Fra poco
tornerò a prendere la Mercedes >> disse, << Quindi voglio che
rimanga dov’è, ma tu sparisca immediatamente, mi spiego? >>.
Lanciò in aria le
chiavi della Slk, riprendendole al volo, soddisfatto
per come stavano andando le cose: forse avrebbe ritrovato l’auto di Irina prima
di un paio di giorni. E prima gliela avrebbe riportata, prima l’avrebbe riavuta solo per lui.
Ore 10.00 –
Mosca, Appartamento di William
Trovare William
sdraiato a dormire sul divano fu per Irina una scoperta inusuale:
di solito si concedeva il massimo della comodità, e non rinunciava certo al
lusso di dormire in un letto vero e soprattutto comodo. Ancora più strano fu
trovare un paio di chiavi di una Mercedes appoggiate al tavolino, che scoprì
essere di una Slk parcheggiata di sotto, con qualche
anno di vita ma ancora in ottimo stato. E mistero era anche quello che lo
Scorpione aveva combinato quella notte mentre lei dormiva tranquilla ed
esausta.
<< E’ una
vecchia auto che Nikodim mi aveva fregato qualche anno
fa >> spiegò William, quando gli domandò da dove arrivava, << L’ho
incontrato stanotte e ho avuto modo di riprendermela. Ti piace? >>.
Irina abbassò lo
sguardo, mentre rispondeva: rifiutargli qualcosa la spaventava ancora.
<< Sì, ma…
>> rispose solo.
William sorrise.
<< Lo so, non
la vuoi, ma possiamo sempre usarla in caso di emergenza. Anzi, direi di
venderla, e con i soldi che ci ricaviamo possiamo
comprarne un’altra migliore >>.
Irina annuì
stancamente, capendo che William voleva a tutti i costi trovarle un’altra
macchina, e che non capiva quanto lei rivolesse solo la sua Punto. Da quel
punto di vista non sarebbe mai cambiato.
<< Dove sei
stato, stanotte? >> chiese.
<< In giro a
fare un po’ di conoscenze >> rispose evasivo William, << Tu, hai
dormito bene? >>.
Chiaramente lo
Scorpione le nascondeva qualcosa, ma non aveva voglia di indagare e insistere
troppo: forse era andato a bersi qualche birra dopo aver vinto una gara,
festeggiando il trionfo da solo visto che lei si era addormentata.
<< Sì…
Scusami, ma ero davvero stanca >> rispose, sedendosi a tavola, <<
Avrei dovuto… >>.
<< Non fa
niente, ho approfittato della situazione per fare qualche ricerca tra i russi
>> rispose William, tranquillo, << Avanti, vestiti, usciamo fuori a pranzo >>.
Irina lo guardò
inarcando un sopracciglio.
<< Perché?
>>.
William sorrise.
<< Perché mi
va di portarti fuori, oggi >> rispose, avvicinandosi, << Voglio che
ti dimentichi per un momento perché siamo qui >>. Le sfiorò il mento con
le dita, guardandola negli occhi.
Irina sospirò.
<< Ok, mi
preparo… >>.
Era tutto troppo
strano, e lei non riusciva ad abituarsi a quel nuovo William gentile e
premuroso sono nei suoi confronti. Per quanto si sforzasse, aveva sempre paura
che da un momento all’altro tornasse il vecchio Scorpione, e che ripiombasse
nuovamente nei suoi antichi incubi. Ultimamente era stata troppo sfortunata per poter sperare che non accadesse niente del genere.
Mentre si vestiva,
l’occhio le cadde sulle chiavi della Ferrari California, nascoste sotto un
mucchio dei suoi abiti dentro l’armadio, e il suo pensiero andò a Dimitri… Le
aveva messo a disposizione la sua auto migliore, la preferita di sua sorella, e
ciò significava davvero tanto: forse voleva farle capire che la stava ancora
aspettando, che la porta del suo cuore era ancora aperta… Che quella notte
durante la Mosca-Cherepova non era
che stata la prima, per lui…
Scosse il capo,
triste. Non avrebbe preso la macchina, sarebbe stato difficile non far
insospettire William… E poi, non era nemmeno sicura di volerla, nonostante
fosse una Ferrari. Dietro quell’auto si nascondevano troppe cose, troppi
pensieri e troppi sentimenti.
Nascose meglio il
mazzo di chiavi e si diresse in soggiorno, dove lo Scorpione la aspettava
paziente, gli occhi verdi così diversi da quelli che aveva
conosciuto. Aveva la sensazione che forse il passato non era poi così lontano,
che in qualche modo qualcosa si stava ripetendo… Qualcosa che riguardava lei,
lei e basta.
Ore 14.00 –
Mosca, Appartamento di Dimitri
<< Odio stare
con le mani in mano >>.
Xander pigiò
violentemente il mozzicone della sigaretta nel posacenere, sollevando una
nuvoletta di fumo, gli occhi che si spostavano dal televisore acceso alla finestra,
come se da un momento all’altro volesse buttarsi di sotto, in preda
all’esasperazione.
<< Non si
muove nulla, Went, e non ci muoviamo neanche noi
>> disse Dimitri, secco.
Stava appoggiato al
tavolo, sorseggiando un bicchiere di whiskey gelato, e i suoi occhi di ghiaccio
erano imperscrutabili, mentre lo fissava spegnere l’ennesima sigaretta della
giornata.
Xander non era un
fumatore, e di solito prendeva in mano una sigaretta quando lo richiedevano le
circostanze. In quel caso, però, il suo nervosismo aveva raggiunto il livello
tale da fargli finire un pacchetto di Marlboro in una mattinata, cosa che non
gli era mai capitata. Persino Dimitri aveva smesso di stuzzicarlo, per evitare
che perdesse la testa.
Aspettare non era
mai stato il suo forte, ma in questo caso la situazione era ancora peggiore:
non sapevano né cosa stessero aspettando, né se mai si sarebbe verificato.
Semplicemente, erano chiusi in casa a immaginarsi tutti i possibili scenari in
cui poteva evolversi la situazione in cui si trovavano, senza poter agire.
La Lince si era
eclissata, Irina aspettava una sua telefonata, e Challagher
stava tranquillamente a spasso per Mosca. E loro erano lì ad aspettare che
qualcuno gli dicesse che fare.
<< Succederà
tutto insieme >> disse il russo, quasi a sé
stesso, << Quando la Lince si farà viva, si scatenerà l’inferno. Dovremo
essere più che pronti, in quel caso. Dovremo incastrare Challagher
e la Lince in un colpo solo, e sono sicuro che Buinov
uscirà allo scoperto proprio in quel momento… >>.
<< Sappiamo
già come andranno le cose >> borbottò Xander,
<< Buinov è tuo, lo so. Peccato che sembra che si siano eclissati tutti >>.
Dimitri gli rivolse
un’occhiata.
<< E’ proprio
questo il problema, Went >> disse, serafico,
<< Questa è la quiete prima della tempesta >>.
Ore 24.00 –
Mosca, Appartamento di William
Lo Scorpione chiuse
la porta della camera da letto delicatamente, Irina
che dormiva nel silenzio assoluto, la spalla nuda che spuntava dal lenzuolo, e si
abbottonò l’ultimo bottone della camicia. Recuperò velocemente le sue armi e
scese di sotto, pronto al recupero della Punto.
Aveva avuto
l’informazione che gli serviva: l’auto di Irina era finita nelle mani di un
meccanico russo che ne aveva commissionato il furto per chissà quali motivi, e
che stava nella parte sud di Mosca. Gli avevano dato anche l’indirizzo, quindi
sapeva bene dove trovarlo.
Con la radio a
tutto volume imboccò la sopraelevata che lo avrebbe portato rapidamente
dall’altra parte della città, sentendosi stranamente euforico. Non era certo di
riavere indietro la Punto, ma nel bagagliaio aveva tutto il necessario per
trainarla fino a casa e risparmiarsi il doppio giro in taxi che aveva dovuto
fare con la Mercedes.
Mentre procedeva a
velocità sostenuta, vide brillare qualcosa nello specchietto retrovisore. Lo
fissò, cercando di capire se potesse trattarsi di un’auto della polizia, ma non
vedeva lampeggianti.
Quando si avvicinò
abbastanza, vide che era un’auto strana, piccola, che non riuscì
a riconoscere. Il suono del suo motore era però chiaramente potente,
quello di una sportiva. Riuscì a distinguerne appena il colore, rossa, che poi sparì svoltando per uscire dalla
sopraelevata.
Scrollò le spalle,
quindi procedette diritto, sentendosi stranamente tornare indietro nel tempo:
quando stava a Los Angeles spedizioni punitive del
genere erano piuttosto frequenti. In quanto Scorpione
doveva far capire chi comandava, e non c’era niente di meglio che piombare
armato fino ai denti in casa di qualcuno. A volte si era divertito, soprattutto
se c’era Dimitri con lui: il russo non si faceva scrupoli a usare le maniere
forti, se ce n’era bisogno.
Pensare al Mastino
gli fece montare la rabbia in corpo: era un traditore anche lui, alla fine.
Forse aveva aiutato Irina a liberarlo, ma era stato comunque lui a farlo finire
dietro le sbarre…
Trovò il palazzo
che cercava poco dopo: era un edificio alto, piuttosto mal messo, e molte delle
finestre erano sprangate. Al pian terreno c’era un’insegna consunta che
indicava la presenza di un’officina meccanica.
Parcheggiò l’auto e
scese, dandosi un’occhiata in giro. Come sempre a quell’ora la via era deserta,
e la maggior parte della gente sembrava dormire. Raggiunse il portone di ingresso, entrò e salì lentamente le scale.
Il tizio si
chiamava Nazar Juglarav, e
da quello che sapeva faceva il meccanico di auto
modificate a tempo pieno. Il suo lavoro gli permetteva di avere abbastanza
soldi per commissionare il furto di un’auto a Nikodim, ma non capiva perché avesse scelto proprio la
macchina di Irina.
Mentre saliva le
scale, preparò la pistola, e una volta davanti alla porta suonò, in attesa.
Sapeva benissimo
che nessuno gli avrebbe mai aperto a quell’ora, nemmeno se il tipo che stava cercando
fosse un vero e proprio idiota. Suonare gli serviva solo per dargli un
avvertimento, e la possibilità di farsi avanti senza le minacce.
Come aveva
previsto, nessuno venne ad aprire. Puntò la pistola contro la maniglia,
accertandosi che il silenziatore fosse al suo posto, e premette il grilletto.
La serratura saltò
via in un colpo solo, e di lei non rimase altro che un buco concentrico nel
legno di scarso valore della porta. William diede una spinta
decisa ed entrò.
La casa era
vecchia, mal arredata e aleggiava uno strano odore di chiuso. Si guardò
intorno, scoprendo di essere nel soggiorno, e non sentì alcun rumore a parte
quello di qualcuno che russava sonoramente nella camera da
letto.
Infastidito dalla
situazione, lo Scorpione si diresse verso la stanza, trovando un uomo di circa
quarant’anni che dormiva in un letto dalle lenzuola sfatte, borbottando nel
sonno. Sembrava stesse sognando di essere a una festa, o qualcosa di simile.
William batté
violentemente il calcio della pistola sul muro, facendo più rumore possibile.
<< Svegliati,
idiota! >> gridò, << Hai un’auto da ridarmi indietro! >>.
Il tizio si alzò di
soprassalto, annaspando con le braccia, e lo Scorpione gli puntò la pistola
addosso.
<< Fermo dove
sei >> ringhiò, << Tieni le mani bene in vista, altrimenti ti faccio secco subito >>.
L’uomo lo fissò con
sguardo vacuo.
<< Chi diavolo sei? >> chiese.
<< William Challagher >> rispose lo Scorpione, << E tu hai
commissionato il furto di un’auto. L’auto della mia ragazza >>.
Nazar fece per muoversi,
ma William lo fermò.
<< Ti ho
detto di non muoverti. Se mi conosci di fama sai che non scherzo >>.
<< Senti
>> cominciò Nazar, << Non sapevo che
l’auto fosse quella della tua ragazza… E’ solo una stupida utilitaria, non
credevo che… >>.
<< Sta zitto
>> ringhiò William, avvicinandosi e tenendolo sotto tiro con la pistola.
<< Non voglio sentire le tue giustificazioni inutili… Dov’è la macchina?
>>.
<< Non c’è
l’ho, l’ho smontata… >> rispose Nazar.
William arricciò il
labbro: non era pienamente convinto di quello che stava dicendo, e comunque
voleva una conferma personale.
<< Vestiti
>> ordinò, secco, << Andiamo nel tuo
garage. Mi farai vedere >>.
Circospetto, Nazar si infilò un paio di jeans e
una felpa, poi esitò.
<< Muoviti.
Non ho tempo da perdere >> disse William.
<< Senti…
>>.
<< Ho detto
muoviti >>.
Lentamente, Nazar uscì dalla stanza, prese un
mazzo di chiavi da una cassetta appesa al muro e lo condusse di sotto, usando
l’ascensore vecchio e cigolante.
<< Come hai
fatto a sapere che ero stato io? >> chiese.
<< Sono lo
Scorpione, posso sapere tutto ciò che voglio >> rispose William.
Nazar tacque, e le porte
dell’ascensore si aprirono su un lungo corridoio di cemento. Lo percorsero fino
in fondo, per ritrovarsi all’interno dell’officina buia.
Il russo premette
l’interruttore, e il locale venne illuminato a giorno.
La sagoma di un’auto era nascosta da un telo bianco, mentre tutto il resto era
ben in vista: carrelli, attrezzi da lavoro, pneumatici usati, pezzi di ricambio,
un ponte per sollevare le macchine. Due bombole di NOS erano appoggiate al
muro, insieme a un vecchio alettone arrugginito. Era chiaramente l’officina di
un meccanico clandestino.
<< E’ quella,
immagino >> disse William, indicando l’auto coperta. << Togli il
lenzuolo >>.
Nazar scostò il pezzo di
stoffa, scoprendo la Punto ancora tutta intera: un po’ malconcia, ma non
sembrava certamente essere stata fatta a pezzi per essere rivenduta. Nazar aveva mentito.
<< Cosa volevi farne? >> domandò.
<< Venderla
per intero a qualche collezionista >> rispose il russo.
William si accorse
che qualche pezzo dell’auto era stato cambiato: probabilmente la stava
rimettendo a posto per poter tirare sul prezzo.
Sorrise. Nella
testa gli si formò un piano perfetto, e inoltre capì di essere stato molto
fortunato.
<<
Sostituisci il vetro rotto e i fari scheggiati >> ordinò,
<< E dai una pulita a quel paraurti >>.
Nazar sembrò non capire.
Lo guardò sbalordito.
<< Ma… >>.
William agitò la
pistola.
<< Rimetti a
posto quell’auto, adesso >> ringhiò, << Oppure ti sparo, chiaro?
>>.
Nazar non se lo fece ripetere due volte, e rimanendo sotto tiro iniziò a
lavorare alacremente. William si sedette su una sedia sgangherata in un angolo,
la pistola sempre bene in pugno.
Sarebbe stato un
lavoro lungo, ma doveva rendere la Punto utilizzabile, in modo che Irina
potesse usarla per fare una gara, se avesse voluto. Nazar
aveva sicuramente i pezzi di ricambio necessari, visto che
aveva iniziato a metterla a posto.
Guardò il russo
lavorare, cercando di immaginare la faccia di Irina quando avrebbe riavuto la
sua Punto… Sorrise al pensiero che probabilmente si sarebbe guadagnato il suo
affetto per il resto dei suoi giorni. Ora che la capiva alla perfezione, sapeva
che quello era il regalo più grande che poteva farle e l’unico che lei avrebbe
davvero accettato.
Forse fu per il fatto che era minacciato da una pistola, ma Nazar ci mise decisamente poco. All’alba aveva già finito
tutto, e il sudore gli colava dalla fronte prominente.
Lo Scorpione
esaminò il lavoro, poco soddisfatto: rimanevano ancora un sacco di righe,
scheggiature e piccole ammaccature che ricordavano quante ne avesse passate quell’auto. Niente che però non si poteva mettere a
posto con poco.
<< Uhm… >>
fece, << Deludente… E tu saresti un meccanico di auto modificate?
>>.
<< Ehi, come
ti permetti? Abbassa quella pistola, ho fatto tutto quello che volevi!
>>.
William lo fissò, un sorrisetto maligno sul volto.
<< Hai fatto
anche troppo, se per questo >> disse, << Mi dispiace, ma non
avresti mai dovuto far rubare l’auto della mia ragazza >>.
Senza nessun
preavviso, premette il grilletto della pistola. Lo sparò venne
soffocato dal silenziatore, ma il tonfo del corpo di Nazar
che crollava a terra fu ben udibile. Senza alcuna emozione William si accertò
di averlo colpito dritto al cuore, poi rimise l’arma in tasca.
Non conosceva la
parola perdono, soprattutto quando si trovava in un
territorio come quello, dove doveva continuamente guardarsi le spalle e dimostrare
che non scherzava. Doveva far capire a quei russi che lui era ancora lo
Scorpione, e che era meglio non mettersi contro di lui. Uccidere chi aveva
cercato di fregarlo sarebbe stata un’ottima dimostrazione.
Controllò che ci
fossero le chiavi nel cruscotto della Punto e le diede un’ultima occhiata: non
gli andava di riportarla così, ancora mezza ammaccata. Sicuramente avrebbe
trovato qualcuno che gliela avrebbe fatta riavere come
nuova entro sera, bastava avere il denaro giusto.
Ore 21.00 –
Mosca, Appartamento di William
Irina osservava
l’orologio appeso alla parete ticchettare, la lancetta dei secondi che compiva
i suoi giri sempre più lentamente. Il suono del telegiornale trasmesso dalla
televisione, tutto in russo, rompeva il silenzio del soggiorno. Batteva le dita
contro il bracciolo del divano, in attesa.
Non sapeva dove fosse andato William: sapeva solamente che aveva
ricevuto una telefonata, ed era uscito senza dare spiegazioni. La cosa la
rendeva nervosa, perché se lo Scorpione le nascondeva qualcosa
non era un buon segno…
Cercò di capire se
avesse fatto qualche passo falso, ma non le sembrò di aver sbagliato. William
non poteva aver intuito qualcosa, visto che non aveva
avuto contatti con nessuno, nemmeno Dimitri, in quei giorni.
Forse aveva trovato
le chiavi della Ferrari? No, le aveva nascoste tra i vestiti, ed era certa che
non le avesse viste…
In quel momento
sentì muoversi qualcosa fuori dalla porta d’ingresso, poi William entrò,
gettandole un’occhiata perplessa.
<< Mi stavi
aspettando? >> domandò.
Irina annuì.
<< Non sapevo
se saresti tornato per cena… >>.
<< Allora
mangiamo, visto che sono qui >> disse lui.
Irina andò in
cucina, accorgendosi che in effetti William sembrava
un po’ strano. Preoccupata, cercò di capire cosa gli passasse per la testa, ma
lo Scorpione sembrava imperscrutabile. Un paio di volte lo sorprese a gettarle
un’occhiata divertita, mentre mangiavano, ma non capì cosa avesse.
Una volta finito,
sparecchiò velocemente, sempre più a disagio. Qualcosa non andava, ne era
certa. William aveva parlato decisamente troppo poco.
A un certo punto,
mentre lavava i piatti nel lavandino, sentì qualcuno prenderla alle spalle e
metterle davanti agli occhi una benda. Terrorizzata, rimase immobile, il cuore
che iniziava a battere all’impazzata.
<< Vorrei che
tu mi seguissi fin sotto… >> le sussurrò William nell’orecchio.
“Mi ha beccata” pensò Irina,
sudando fredda.
Non era riuscita a
fregarlo di nuovo…
<< William…
>> iniziò, cercando di capire se potesse avere una via di fuga…
<<
Tranquilla. Devi solo fidarti di me >> disse lo Scorpione.
Era strano, ma
Irina non percepì minaccia nella sua voce. Nascondeva qualcosa, ma forse non
quello che pensava lei…
Si lasciò condurre fin
sotto, gli occhi bendati, il cuore che batteva sempre più forte. Se William
aveva scoperto tutto, l’avrebbe uccisa. Ed era sicura lo avrebbe fatto nel
peggiore dei modi che era riuscito a trovare…
<< Adesso ti
toglierò la benda, ma rimani ancora per qualche istante con gli occhi chiusi,
ok? >> disse William.
<< Ok…
>>.
Irina sentì che la
benda le veniva sfilata, e dalla vaga luce che
scorgeva oltre le palpebre chiuse capì che dovevano trovarsi in garage… Che
aveva in mente William?
Sentì qualche movimento
intorno a lei, poi…
<< Apri gli
occhi >>.
Quando fu in grado
di vedere, non si ritrovò davanti William con la pistola puntata verso di lei.
Ciò che vide la lasciò letteralmente a bocca aperta, paralizzata.
Davanti a lei c’era
la sua Punto, perfettamente rimessa a nuovo.
Per un attimo credette di aver sbagliato, di avere un’allucinazione,
ma William la spinse delicatamente verso l’auto, come per farle capire
che poteva toccarla, che era vera. Dopodiché Irina corse verso la Punto,
sfiorando con le dita la carrozzeria liscia e lucida, rendendosi conto che era
veramente la sua, che non era una copia…
Sentì il cuore
scoppiare di gioia, e quasi le venne da piangere. La sua macchina era di nuovo
con lei, la sua fedele compagna era tornata… Era di nuovo Fenice, la numero tre della Black List.
Si mise al volante,
trovando le chiavi nel cruscotto, e solo allora ricordò immediatamente quello
che era appena accaduto. Il sedile, troppo lontano dai pedali per lei, le
rammentò che quel miracolo era opera di qualcuno…
Guardò lo
Scorpione, appoggiato al muro a guardarla con un sorriso divertito sul volto, e
uscì dall’auto, dandosi dell’idiota.
<< Come hai
fatto? >> domandò, senza avvicinarsi.
<< Fatto cosa? >> disse lui, noncurante, << Come ho fatto a ritrovare la tua auto? >>.
Irina annuì.
William scrollò le
spalle.
<< Basta
cercare e avere qualche soldo da parte >> rispose.
Irina rimase in
silenzio. Lo Scorpione aveva fatto qualcosa che non era da lui, che il William ai tempi della Black List non avrebbe mai desiderato fare. Non gliene sarebbe
mai importato nulla, della sua macchina. Una volta l’aveva anche distrutta, le
aveva dato fuoco per togliere a lei la libertà… E ora, ora gliela riportava,
rimessa a nuovo, pronta per correre.
<< Perché?
>> chiese solo.
William divenne
serio.
<< Perché?
Perché rivolevo il tuo sorriso. Rivolevo l’Irina che
si faceva chiamare Fenice. Rivolevo l’unica cosa che mi è davvero rimasta, a
qualunque prezzo >>.
Per quanto Irina avesse
capito che lo Scorpione era cambiato, non era pronta per quelle parole. Non era
pronta a sentire William parlare in quel modo. Non era pronta a sentirsi dire
di essere l’unica cosa che le era rimasta.
Allora capì che
forse, forse ciò che c’era tra loro era più una finta.
Che forse, quello che lei aveva simulato in quel momento, poteva diventare
reale, se William fosse cambiato per intero e definitivamente. Forse era
perduto, dopo tutto.
Si avvicinò,
guardando quegli occhi verdi, cercando dentro di loro la menzogna, la rabbia, l’odio, ma trovò solo la verità, nient’altro. William non le
mentiva più, non lo voleva fare.
<< Will…
>> sussurrò, sentendo che la prendeva per i fianchi.
Lui sorrise.
<< Forse le
persone cambiano davvero, bambolina… Anche quelle come me >> disse.
Poi le diede un
bacio a fior di labbra, spingendola nuovamente verso la macchina.
<< E adesso
vai, vai a farti un giro >> disse, divertito,
<< Ti lascio qualche minuto di vantaggio >>.
Irina lo guardò,
completamente confusa: era come se le avesse letto dentro la testa. Possibile?
Poi gli sorrise, e salì sulla Punto.
Spazio Autrice
Allora, allora,
allora…
Qui in molti
chiedono di un possibile “ritorno”, di una terza fic
che renda le avventure di Irina & Co. una trilogia… Lo ammetto, ci ho
pensato, per un folle istante, anche più di uno forse. Ma per il momento mi
tocca deludervi: non ho in progetto nessuna terza
storia, purtroppo. Motivazioni? Bé, prima di tutto il tempo: scrivere non è
un’attività particolarmente faticosa, ma se si vuole tirare fuori qualcosa di
decente bisogna passarci molto tempo sopra, e io non
credo di averne molto, nei prossimi mesi/anni/decenni… Come vedete, con Russian Roulette sono andata avanti più di quanto avevo
previsto, continuando a promettere aggiornamenti rapidi che non sono riuscita a
portare a termine. Non mi piace fare promesse e non mantenerle, e odio far
aspettare la gente. Secondo, e non meno importante, avrei un paio di progettini che mi frullano in testa, uno piuttosto recente,
e l’altro decisamente “vecchio”, per così dire: una
cosa che desidero scrivere da almeno otto anni, ma che è talmente complessa che
per un po’ ho accantonato. La vera ragione per cui ho
iniziato a scrivere, e poi ho trovato il coraggio di pubblicare. La mia sorta
di “capolavoro” (che capolavoro non è, ma mi concedo
di definirlo così). Lontano anni luce da quello che ho
scritto ora, per genere, stile, trama. In effetti, non ci azzecca assolutamente
nulla con tutto quello che ho scritto. Ma questa è
un’altra storia, quindi si vedrà. (Magari per tastare il terreno pubblicherò
qualcosa al riguardo, magari una one-shot,
non si sa mai nella vita, no?).
Quindi, difficilmente
rivedrete Irina e il resto della brigata, dopo la fine di questa storia. La tentazione
è forte, adoro Irina e il suo mondo, ma credo di aver
bisogno di “cambiare aria” per un po’… E poi, il gioco è bello quando dura
poco, no?
Poi… Tutti mi implorano di non uccidere Dimitri. Naturalmente, anche
qui tutto può succedere, ma è un evento molto remoto, quindi credo possiate
dormire sonni tranquilli. Quanto alla fine della storia, ci sono ancora diversi
capitoli, quindi anche qui tranquilli: rimarremo insieme ancora un po’.
Elienne: ah, Dimitri. Quasi nessuno lo calcolava, nel Gioco
dello Scorpione, e adesso… Si, ha fascino. Molto. Credo di aver risposto alle tue domande sopra, così da togliere il
dubbio un po’ a tutti. Per il resto, come vedi la storia della Punto si è risolta, ma chiaramente c’è ancora qualcosa di
strano, non credi? Ti ringrazio infinitamente per le recensioni!!! Baci!
Jey_Jules: benvenuta! Sono contenta che tu abbia apprezzato le
mie storie, e per tutti i complimenti. Mi fanno sempre piacere, anche se
rimango sempre con i piedi per terra. Cerco di dare il massimo quando faccio
muovere i miei personaggi, infatti so di essere appena
sufficiente per quanto riguarda le descrizioni dei luoghi: ma sono i personaggi
a fare la storia, e per il momento nessuno si è lamentato troppo! Sono sempre
work in progress, migliorare è il mio dovere! Continua a seguirmi
anche se non lasci recensioni, l’importante è che tutto questo ti
piaccia! Baci!
Dicembre89/Lorena: ah ah ah, lo so, Nina si è beccata la lezione che si meritava,
nientemeno che da William lo Scorpione! Nessuno lo avrebbe mai immaginato, ed è
proprio per questo che è fantastico! Penso di essermi divertita più di tutti,
scrivendo la scena: Nina non è simpatica neppure a me! E che dire, Dimitri è
sempre più “tenerone”… Lo sto adorando anche io, ma Irina è Irina… Chissà. Mai dire mai, no? Baci grandi grandi!
Jede: salve! Quanti complimenti, mi
fanno andare in brodo di giuggiole! Ti ringrazio infinitamente, e mi auguro di
riuscire a tenerti incollata fino alla fine anche a questa storia! Se vuoi fammi sapere cosa ne pensi! Bacioni!