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Autore: Rebecca_    16/07/2011    0 recensioni
Storia su di una ragazza sola, o forse no; di una ragazza timida, ma non troppo; di una ragazza triste, ancora per poco.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Two is better than One

Si coprì il volto con il colletto del cappotto rosso più che poté. Faceva freddo. Troppo, per essere solo inizio Novembre.  Si riscaldò le mani con il proprio fiato, ma anche quello divenne di ghiaccio, non appena entrò a contatto con la pelle. Rimaneva raggomitolata intorno a se stessa da ore, o forse addirittura giorni, lì, ferma, in attesa. La neve cadeva, tutt’intorno a lei, modificando il paesaggio che la circondava. Dall’angolo del tetro vicolo dove aveva tentato invano di trovare riparo, la ragazza osservava la vita scorrere. Quella degli altri, s’intende. La sua aveva smesso di essere una vita molto tempo fa. Prima che lei vedesse la neve per la prima volta. Prima che i sorrisi di quei bambini che giocavano si erano fatti troppo lontani. Prima che tutti quei fiocchi natalizi che iniziavano a popolare le vetrine già da allora, si trasformassero in un ricordo flebile e appannato.

Dall’altra parte della piazza su cui dava il vicolo, un uomo uscì dal portone massiccio di un palazzo dall’aria ottocentesca. Era alto, più della norma, con un fisico statuario. La ragazza, che a confronto si sentì improvvisamente piccola, strizzò impercettibilmente gli occhi, mettendo a fuoco la figura che le si stava avvicinando. L’uomo era completamente vestito di nero, tranne che per la sciarpa, di un rosso scarlatto, come il suo cappotto.

- Vieni a prenderti una cioccolata calda – le disse, rivolgendole un sorriso che subito riscaldò la ragazza.

Sarebbe potuto essere suo padre, pensò. In una realtà diversa, forse lo sarebbe stato.

Annuì, alzandosi lentamente. Sentì il suo corpo urlare di gioia e di dolore allo stesso tempo. Era stato troppo tempo fermo nella stessa, identica posizione.

La ragazza seguì l’uomo dentro il bar accanto al vicolo. Lui le fece cenno di accomodarsi dove preferisse. La scelta non sarebbe stata ardua, c’era un unico tavolo libero, proprio al centro del locale.

L’uomo ordinò due cioccolate calde, e sembrò tener particolarmente alla presenza di ‘una montagna di panna’, come precisò lui.

- Dicono che non ti fidi molto spesso delle persone – cominciò lui, non appena ebbe assaporato la bevanda.

La ragazza si pulì la bocca, sporca di panna, con la manica.

- Tu sei diverso – spiegò semplicemente.

Aveva vissuto ovunque negli ultimi tre anni. Sotto i ponti, dentro case abbandonate. Ultimamente era stata sfrattata malamente, e aveva trovato quel vicolo dove poter trovare un minimo di riparo. Da subito, chiunque si avvicinasse a quella piazza, l’aveva guardata con diffidenza. Forse erano i capelli inevitabilmente unti e malconci, o forse le scarpe malandate che indossava. Non sapeva perché, ma aveva iniziato a guardare in cagnesco anche lei. Aveva imparato a non fidarsi. Non ti potevi fidare, se abitavi per la strada.

Eppure, quell’uomo aveva fatto breccia dentro di lei, a poco a poco. Al contrario di tutti gli altri, le aveva sorriso dal primo giorno, e aveva iniziato ad offrirgli oggetti. Una coperta, un cuscino, vestiti. E poi libri. L’aveva riempita di libri, dicendole che per scappare dalla realtà non c’era niente di meglio. Ogni settimana, la ragazza divorava un libro diverso, e poi lo restituiva all’uomo. Non sapeva ancora come si chiamava, né lui conosceva il suo nome. Non parlavano molto. Anzi, lei non parlava per niente. Lo guardava, chiedendosi se fosse così avere un padre.

- Stasera vieni a casa con me, non voglio sentire storie. Non puoi stare in quel vicolo con questo tempaccio, e mia moglie è ben contenta di sperimentare i suoi manicaretti per qualcun altro al di fuori della sua famiglia –

La ragazza lo guardò, senza dire una parola. Poi guardò la sua cioccolata fumante e annuì.

- Harriet – disse poi in un sussurro. Alzò nuovamente lo sguardo – La prima cosa che mi hai chiesto quando mi hai vista. Mi chiamo Harriet –

- Bill – disse l’uomo con un sorriso paterno. – Appena hai finito, puoi andare a raccogliere le tue cose nel vicolo. Ti aspetto in macchina –

 

 

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