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Autore: loonaty    16/07/2011    8 recensioni
Tutti hanno un principe azzurro. Il mio semplicemente ha preso una strada sbagliata, si è perso ed è troppo testardo per chiedere indicazioni.
"Stava per esplodere. Voleva che accadesse, non vedeva l’ora. Si diresse verso il magazzino.
Aprì la porta.
-Noiosa-
Non era esploso.
Non aveva perso le staffe nemmeno questa volta.
Si chiuse la porta alle spalle mentre un suo occhio sbatteva irritato ed una vena le pulsava sulla tempia.
-Tu sei il MALE!- Urlò vestendosi in tutta fretta."
L'estate non è solo divertimento e c'è a chi tocca lavorare.
Certo che se il capo non fosse un pazzo sociopatico con un carattere da fare invidia ad un pitone, sarebbe tutto molto più semplice ...
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Karin | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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** Caffè amaro, fumo e inchiostro nero **




Tutti hanno un principe azzurro. Il mio semplicemente ha preso una strada sbagliata, si è perso ed è troppo testardo per chiedere indicazioni.
 
L’estate, il periodo del mare, del sole, della spiaggia. Konoha era una città in cui il mare veniva venerato come un dio. Portava turisti e le strade si affollavano mentre i negozi estivi si popolavano di clienti. Era una bella città Konoha.
Un professore dall’arruffata chioma argentea salutava con pacatezza i suoi studenti che, entusiasti per l’inizio di una nuova vacanza, si riversavano in strada sorridenti. Una di loro però era meno allegra e non passava certo alla storia per essere una ragazza musona. L’uomo, turbato dall’espressione seria dell’allieva le si fece accanto procedendo al suo fianco fino al cancello.
-Qualcosa non và Sakura?- Domandò gentilmente poggiandole una mano sulla spalla. Lei sollevò lo sguardo verde e si sforzò di sorridere tirando le sue labbra sottili. –Niente professore, non si preoccupi-
Di certo non lo convinceva così e lei lo sapeva.
-Non so come pagare l’affitto-  disse in un soffio. L’uomo, che di nome faceva Kakashi Hatake, sorrise da sotto la mascherina che ne celava il volto.
- Potresti trovarti un lavoro estivo … Non facevi la cameriera in quel bar … -
-Ha chiuso … -
-Bhè, Konoha è piuttosto grande ed il tuo quartiere, se non sbaglio si trova al centro del movimento turistico. Di certo troverai qualcosa.-
Lei sollevò gli occhi al cielo. Il problema non era esattamente trovare qualcosa, era più che altro : trovare qualcosa che sapesse fare, con un orario non troppo prolungato e che non le impedisse di finire i compiti estivi.
-Penso che chiederò a mio padre una mano per l’affitto – Si disse rassegnata stropicciando la gonna dell’uniforme.
Kakashi era sempre stato un professore molto attento alle capacità dei suoi alunni, i suoi consigli e le sue rassicurazioni li aiutavano molto durante l’anno tanto che era molto amato dalla maggior parte dei ragazzi. Per questo era certo che Sakura Haruno avrebbe odiato farsi aiutare dai suoi genitori. Era certo che ce l’avrebbe fatta assolutamente. Poteva farcela, non per niente era la più intelligente del suo anno. Era però rimasto in silenzio troppo a lungo, tanto che la ragazza aveva preso ad allontanarsi dopo averlo salutato cordialmente.
-Sakura- La richiamò in dietro con la voce tranquilla che lo distingueva. Non alzava praticamente mai il tono.
Lei si voltò con un punto interrogativo a galleggiare sulla fronte ampia.
-Scommetto, che non riuscirai a tenerti un lavoro per più di due settimane- Era un gioco. A lei piacevano i giochi, la ragazza sorrise.
-Ciò presuppone che io ne trovi uno.-
- Allora trovalo, vedremo chi ha ragione.-
Strinse un pugno. –Ce la farò!- Sbottò sollevandolo al cielo.
Kakashi sorrise vedendola correre via. Estrasse dalla cartella il suo libro preferito iniziando a scorgere le pagine sulle strada per la spiaggia.
 
 
Poteva farcela, in fondo, cosa ci voleva?
L’estate era appena iniziata e la scuola finita, il sole splendeva, gli uccellini cinguettavano, le onde si divertivano a invitarla a fare un bagno ben sapendo che lei non poteva assolutamente e bla bla bla.
Era metà pomeriggio, ciò voleva dire: Turisti al mare e strade e negozi liberi. Assolutamente perfetto per il suo scopo.
Uscì di casa più motivata che mai e cominciò a scorrere attentamente ogni singola vetrina. Meglio cominciare da chi richiedeva assolutamente un aiuto. Faceva fin troppo caldo lì, in mezzo allo stradone principale con l’odore della salsedine nelle narici soffiatole sui capelli da una brezza umida e frivola.
Si accorse di quella libreria  solo quando, un filo di vento decisamente più arzillo, soffiò tra le pagine dei volumi esposti fuori, sulla grata. Un silenzioso richiamo segreto che la spinse a voltarsi e fissare l’insegna con aria pensosa.
Fece un passo avanti.
 
La ragazza dai grandi occhi color stagno si fermò davanti alla vetrina.
La ragazza con gli occhi grandi sistemò una ciocca di capelli rosa big bubble dietro un orecchio, constatando che così corti le sfuggivano proprio di mano.
La ragazza col passo deciso notò il cartello affisso al vetro, scarabocchiato di rosso con un pennarello, e sorrise.
Bene.
La ragazza spinse la porta, le dita affusolate che si poggiavano sull’insolito pomello, le unghie dipinte di rosa che brillavano al sole.
Un tintinnio di campanelli accompagnò la sua entrata.
La luce esplose nella libreria mentre le sue palpebre, lentamente, si sollevavano.
 
Potrebbe passare per il piacevole inizio di un manga shoujo.
Ma fu proprio così che l’incubo incominciò.
 
-Buongiorno, io sono Sakura Haruno! Ho visto che stavate cercando del personale e … - Gli occhi della ragazza inquadrarono il volto del giovane proprietario. Lo misero a fuoco.
-Aheh … - Non aveva dormito bene quella notte, non vi era altra spiegazione a ciò che si trovava davanti.
Si stropicciò gli occhi e tornò a fissarlo.
Allora si rese conto di non stare sognando e che avrebbe dovuto controllare il soffitto di quel locale: un angelo era caduto dal cielo  e doveva senz’altro aver lasciato tracce del suo passaggio.
-Salve- La voce del proprietario era bassa, quel tanto che permette ai brividi di attraversarti la pelle come scosse elettriche.
Sakura deglutì mentre lui aggirava il bancone e le si portava davanti. Prima di porgerle la mano si infilò gli occhiali che stava pulendo sull’orlo del grembiule. Due cerchi concentrici color petrolio liquido comparvero dietro le lenti spesse. La montatura aggraziata e anch’essa nera risaltava sulla pelle candida, simile alla porcellana. Ciuffi scuri decoravano quel capolavoro in un’improbabile pettinatura scompigliata con stile. Indossava una divisa blu scuro con un grembiule bianco legato attorno alla vita. Le maniche della camicia erano arrotolate fin sul gomito a mostrare gli avambracci pallidi e muscolosi. Le tese la mano in gesto di saluto e lei rimase a fissarla perplessa.
Il ragazzo sbuffò.
-Le buone maniere pare non vadano più di moda- Borbottò, scorbutico, volgendosi verso la cassa e sollevando una fila impolverata di libri per poi incamminarsi in uno dei corridoi le cui pareti erano costituite da lunghe file di scaffali stracolmi di materiale cartaceo di ogni genere.
Sakura lo seguì, gli occhi puntati sulla sua schiena larga e, nelle retine, ben impresso il suo volto. Aveva dei lineamenti femminei e dolci che poco concordavano con l’aria scorbutica ed il cipiglio frustrato. I loro passi rimbombavano in quel posto privo di clienti a quell’ora. Si guardò attorno. Era un locale ampio, illuminato dalle grandi vetrine, ma buio lì sul fondo, dove gli scaffali sbarravano la strada ai raggi solari. Le assi di legno scuro del pavimento scricchiolavano sotto i piedi come in una semplice litania. Dopo qualche minuto di silenzio e visto che il proprietario non si decideva a parlare, la ragazza prese un bel respiro decidendo di fare la cosa che meglio le riusciva da sempre. Concentrarsi ed usare il cervello. Sapeva essere molto professionale quando voleva.
-Sto cercando un impiego per quest’estate, sa, per riuscire a pagare l’affitto, frequento una scuola d’arte, durante l’anno lavoro come cameriera ad un bar che ha chiuso per via delle festività. Guadagna molto bene e non ha bisogno di usufruire della stagione calda, soprattutto perché i picchi in fatto di clienti si raggiungono grazie agli studenti che passano lì le mattinate e adesso che la città è quasi deserta non … -
-Ti ho chiesto per caso di raccontarmi la storia della tua vita?- La interruppe brusco inserendo i volumi al loro giusto posto.
Asimov, Frank Schätzing “Il quinto giorno”, “1984” di George Orwell. Doveva essere il ripiano dedicato alla fantascienza. Aveva letto già tutto.
L’Haruno arrossì. –Stavo solo parlando del lavoro … -
-C’è più del lavoro nella tua privacy?- Domandò ironico.
“M-Ma come si permette questo … Questo …”
-Come immaginavo … - Sospirò sistemando con un colpetto il dorso di un volume rilegato e voltandosi verso di lei con le mani sui fianchi scrutandola dalla testa ai piedi.
-Sciatta, logorroica, incapace, noiosa … Assolutamente inutile- Ghignò scostando una ciocca di capelli corvini dietro un orecchio. –Hai, almeno, mai letto un libro in vita tua, Haruno?-
“Questo demone!”
Le sue gote si fecero ancora più rosse, ma stavolta per la rabbia.
-C-Come ti permetti?-
Lui sollevò un sopracciglio. –Non sono degno dal “lei”? Impertinente … -
Batté un pugno sullo scaffale lì accanto. –Ma chi si crede di essere per giudicarmi così? Su due piedi, senza nemmeno avermi messa alla prova? Sono la migliore studentessa nella mia scuola, ricevo le lodi sia dai professori che dai datori di lavoro, come può lei affibbiarmi delle qualifiche cha non mi appartengono?! Come si permette?!- Un secondo pugno raggiunse il primo, ci fu un cigolio, qualche scheggia e dei libri franarono a terra. Lui li seguì con lo sguardo, scocciato.
La guardò attentamente. Si soffermò sul top chiaro e scese sui jeans corti, strappati. Scalzò gli occhiali dal naso e diede loro una pulita sul grembiule. Non alzava mai lo sguardo quando era senza occhiali, come se non volesse che qualcuno lo guardasse negli occhi privo di quella protezione che erano le lenti.
-Devo aggiungere presuntuosa … - Mormorò inforcandoli nuovamente e sfidandola apertamente.
Sakura ringhiò e si diresse verso la porta a vetri pronta a lasciare quel posto da incubo. Peccato. Questo era proprio ciò che faceva al caso suo. A quanto pareva, purtroppo, non era gradita.
-Visto che sono tanto inadatta a questo impiego tolgo il disturbo, con permesso!-
Spalancò la porta con un tintinnio di campanelle. Mise un piede fuori.
-Chi ti ha detto che devi andartene?- La voce seccata la fece voltare di scatto.
-Ma tu … Lei, ha detto che non … -
-Ti ho detto di andartene?-
La ragazza abbassò lo sguardo in silenzio. Perché si sentiva così in errore?
-L’ho detto?- Infierì ancora lui chinandosi dietro il bancone. I suoi movimenti ricordavano quelli di un felino. Da un momento all’altro si aspettava di vederlo tramutato in pantera, pronto a divorarla.
-No … - Sussurrò lei ai suoi piedi.
-Prendi- Le disse brusco lanciandole contro una divisa simile alla sua. Lei l’afferrò al volo, il grembiule invece le planò sulla testa simile ad un velo. Ne sollevò un lembo per vedere in faccia il nuovo capo ed il suo cuore si fermò nuovamente, così come le sue già scarse onde cerebrali.
Era bello, dannazione bello come un dio! Anche se quel suo carattere lo faceva rassomigliare più ad un demone. Si chiedeva se fosse davvero un angelo precipitato dal cielo perché così perfido ed insensibile. Mandato sulla terra per imparare l’amore e la gentilezza …
-Vuoi un invito scritto? Muoviti! Di là c’è il magazzino, cambiati!- Le indicò una porta scorrevole accanto alla scrivania.
Ecco appunto. “Non ci tornerà mai più in cielo questo qui”.
-Chi ti dice che voglia lavorare qui, visto il modo in cui poco fa mi hai trattata?- Sbottò tirandosi via il grembiule di dosso e appallottolandolo sotto il braccio che sorreggeva la sua inseparabile cartelletta. Lui si lasciò cadere sulla sedia lì dietro ed accese il computer in modo svogliato. I suoi occhi correvano sullo schermo mentre parlava. –Pensi che non sappia che in questo quartiere sono l’unico a non fare richieste specifiche per il personale e a pagare sottobanco?-
Sakura si ritrovò improvvisamente a gonfiare le guance, contrariata, pronta a scagliargli addosso i peggiori insulti. Poi i suoi occhi da gatto color catrame la scrutarono da dietro le lenti e si sgonfiò come un palloncino bucato mentre rabbia e vergogna le arrossavano guance e orecchie. Aveva caldo. Lo odiava. Come si poteva essere così belli e allo stesso tempo così irritantemente pieni di sé?
-Veloce- Sillabò muovendo le labbra e senza emettere suono. Sakura con uno sbuffo si diresse ubbidiente a cambiarsi. Pareva un cane con la coda tra le gambe.
Sarebbe stata un’estate terribile.
 
Lava il pavimento.
Spolvera gli scaffali.
Lucida la vetrina.
Sistema i libri.
Tra poco abbiamo clienti, dov’è il best seller del momento?
Non è qui?
Perché?
Sei scema?
Vallo a prendere!
Questa cassa è appena arrivata. Portala in magazzino.
Perché il tuo grembiule è sporco? Che hai fatto? La divisa deve essere pulita!
Buongiorno signorina, desidera?
Haruno!
 
L’estate scorreva sotto i suoi occhi stanchi desiderosi di trattenerla ancora a sé. “Aspetta che finisca. Per favore, voglio il mare e la spiaggia, la sabbia. Non ne posso più di un capo dittatore che sparisce per ore lasciando a me tutto il lavoro. Poi poggia il suo culo su quella sedia e fuma. Strizza il filtro della sigaretta con i denti mentre le dita battono la tastiera ad una velocità frenetica.”
E lei lo odia lo odia lo odia.
Ma solo Dio sa quanto è bello.
E quanto lei ha bisogno di quel lavoro.
Tace e si limita a fissarlo alle volte furente ed altre incantata, si destreggia tra paggio e damigella innamorata.
E lavora fino allo sfinimento. L’orario è lungo, è pieno. E’ estate e non c’è scuola, però è costretta a portarsi i compiti in libreria. A gestirla sono solo loro due. Nessun altro. Ed è faticoso.
E lei lo odia.
E lui lo sa e ne gode. Si diverte, lo vede. Le affida gli incarichi più devastanti e quando è stremata rigira il dito nella piaga riversandovi veleno. Sadico.
 
“Estate corri, passa in fretta, così che non debba più rivederlo”
Ma l’estate insidiosa, non ascoltava le sue preghiere.
Con sbarre di luce di sole la rilegava in quell’incubo senza fine.
La vita al negozio non sarebbe stata male senza di lui. Le clienti abituali erano simpatiche e la mattina, dopo aver finito i suoi lavori, si sdraiava all’ombra, sul pavimento, tra gli scaffali in fondo, dove lo sguardo affilato di Sasuke non arrivava. Si stendeva ed apriva un libro, uno a caso, non aveva mai passato così tanto tempo a leggere. Alcune volte sbocconcellava ciliegie, altre correva al bar a comprarsi un tè. Poi si eclissava in quell’angolo riparato. La libreria aveva un buon profumo, più che altro però era l’odore del proprietario, ad aleggiare in ogni singolo angolo.
Il profumo intenso e speziato dei molteplici caffè che beveva, quello delle Camel bianche che fumava spesso … Il tutto unito al sentore d’inchiostro di stampa, l’inchiostro nero dei suoi occhi e dei suoi capelli. Quando sbirciava la sua figura nervosa, severa, seduta dritta davanti al computer con il mento sollevato, e la luce lo inondava, non poteva che pensare che lui, Sasuke Uchiha, non faceva per l’estate. Semplicemente stonavano l’uno accanto all’altra. Si chiese, con sorpresa, se fosse lo stesso effetto che lei stessa, con i suoi colori chiari e brillanti, facesse messa accanto a lui, a lavorare in quel negozio. Si chiese se Sakura Haruno, fosse compatibile almeno un po’ con Sasuke Uchiha.
-Non perdere tempo, al massimo lava il pavimento, ma non perdere tempo- La sua voce la fece trasalire.
Annoiato e seccato.
Decisamente incompatibili.
E intanto i giorni si susseguivano con mollezza, svogliati e languidi scivolando sul cielo limpido, frapponendo sole e luna con cadenza e ritmo.
 
-Haruno! – Di nuovo quel tono stizzito e distorto. Rimise a posto l’ultimo libro sullo scaffale. Sollevò il cartone vuoto con le lingue piegate all’interno in modo da non urtare niente. Intanto che arrivava alla postazione ne trovò un altro più piccolo che cacciò dentro a forza assieme a diverse coperture di cellophane. Diede un calcio ad uno sgabello, non riusciva a fargli capire che non doveva lasciarlo in giro quella trappola mortale?, che slittò dritto al suo posto. Nella nicchia della parete riservata ad oggetti vari. Si puntellò con la spalla contro quello scaffale traballante, che dal suo arrivo pendeva sempre un po’ di più, ed uno scricchiolio le assicurò che fosse tornato in perfetto equilibrio.
-Haruno!-
Sentì chiamare ancora, stavolta a voce più alta, leggermente alterata.
-Arrivo!- Rispose lei acuta, decisa a perforargli i timpani come detestava. Lo trovò come al solito seduto davanti alla scrivania. Gli occhi puntati sullo schermo del computer. Il posacenere stracolmo ed i capelli arruffati. Accanto a lui una pila di bicchierini di caffè.
-C’è un nuovo carico di libri- Disse solo indicandole la porta senza però guardarla negli occhi.
-Oh … - Seguì il suo dito. Diversi scatoloni erano accatastati lì davanti.
-E non puoi occupartene tu?- Protestò indispettita. Lui si sfilò gli occhiali pulendoli. La ragazza aggrottò la fronte. Da quando il suo capo aveva quelle borse sotto gli occhi?
-Se l’ho chiesto a te, vuol dire che non posso … No?- rispose acido alzando per un solo istante lo sguardo su di lei. La ragazza piegò la testa di lato osservandolo attentamente.
Quello scansafatiche di Sasuke appariva più provato di lei. Qui c’era qualcosa che non andava.
Lasciò cadere le scatole sulla scrivania. La pila di bicchieri precipitò a terra.
-Raccogli- Ordinò.
Sakura Haruno era una ragazza calma e paziente che sapeva ragionare prima di agire. Infatti, prima di fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita decise di vagliare attentamente la situazione.
Lavorava da due settimane a tempo pieno in una libreria enorme con uno stipendio da fame.
Il suo capo la sfruttava senza fare nulla da mattina a sera.
In più aveva imparato a memoria nomi e cognomi di tutti i clienti abituali. Conosceva a perfettamente il catalogo dei libri a disposizione e vendeva con facilità ogni articolo.
Lui non l’aveva lodata una volta e la cosa cominciava davvero ad irritarla.
Si inginocchiò dietro la scrivania raccogliendo i bicchieri. Li gettò nel cestino per poi uscire fuori sotto il sole cocente a raccattare quegli scatoloni stracolmi di libri.
Ci mise un’ora a disporli sugli scaffali, contando i numeri rimasti e scrivendo un pulito elenco, ordinato, dei nuovi ordini.
Poi si portò a braccia conserte davanti alla sua scrivania.
-Ho finito- disse secca.
-Mh- Commentò lui. Anche se non si poteva definire un commento.
Sentì il sangue salirle alla testa e le mani pruderle, ma forse doveva tentare con un approccio più alla lontana.
-Ho qui l’elenco dell’ordine di domani.-
Silenzio da parte dell’interlocutore. Due a zero per il capo.
-Ho anche finito tutte le faccende e … -
-Stai aspettando una qualche lode?- Alzò gli occhi su di lei mentre continuava a far andare la rotellina del mouse. La ragazza incassò la testa tra le spalle rossa in volto. Colpita ed affondata.
-Non me la merito?- Azzardò lei.
I suoi occhi di onice incontrarono i suoi assai più chiari e scrutabili, trasparenti quanto i suoi pensieri.
-Hai fatto solo la metà del  tuo dovere, Haruno. –
-M-Ma io … - Balbettò sdegnata stringendo le mani a pugno. Lui inarcò un sopracciglio.
-Tu … Cosa?-
Si alzò in piedi sporgendosi pericolosamente verso di lei fino a sovrastarla. –Tu cosa Haruno?- Ciocche scure ricaddero in avanti ad accarezzare le lenti. C’era minaccia nelle sue parole. Minaccia e divertimento. Lui si … Divertiva. Sempre se questa parola si potesse utilizzare per l’Uchiha.
Non rispose. Sopraffatta da quello che era diventato da giorni il suo tormentone. Quel profumo di caffè, amaro come le sue parole e di fumo, acre e corrosivo quanto la luce nei suoi occhi. Sopraffatta dalla sua vicinanza, dal suo calore che si sovrapponeva a quello estivo fino a farla raggelare e sudare contemporaneamente.
Lui interpretò la sua espressione come pura paura. Sorrise beffardo.
-Tu niente – sbuffò tornando al suo posto.
Rimase spiazzata, boccheggiante. Se solo non si fosse spostato così in fretta forse, forse l’avrebbe baciato.
-Inutile … - Commentò.
Come non detto.
Sakura si riprese e fece schioccare una mano sul noce chiaro con furia.
 –Inutile ha detto. Perché il master non ha idea di cosa faccio io per questo posto mentre lui gioca davanti a quel maledetto computer! No, il signorino adora star lì a non fare niente mentre la sua commessa sgobba avanti ed indietro!-
Rimase un attimo allibito.
Quella ragazzetta pacata e così … Ineluttabilmente noiosa …
Non capiva un accidente. Presuntuosa fino a diventare cieca, ma lui non era tipo da mettersi a parlare dei suoi problemi con il primo scricciolo che gli capitava a tiro. Non che Sasuke Uchiha ammettesse, anche solo a se stesso, di avere dei problemi.
Sbuffò frustrato ripristinando l’aria acida e feroce che lo distingueva.
Era libera di pensare quello che voleva.
-Credi un po’ a quello che vuoi-
-Certo che lo farò!-
Però di certo, non l’avrebbe spuntata così. Digrignò i denti.
-Non alzare il tono così, con me-
Un sopracciglio le tremò mentre al capo una vena pulsava sulla tempia.
-Avrai massimo tre anni più di me! Non vedo a cosa sia dovuto tutto questo rispetto!-
-Sono un tuo superire.- sbottò. Era ovvio. Perché a quella mocciosa le ovvietà non entravano in testa? Perché era così incredibilmente scriteriata?
Intanto attorno a loro si era radunata una piccola folla di clienti. Osservavano indecisi se mettere giù i loro acquisti e tornare più tardi o aspettare la fine dello sfogo.
La docile e sempre indaffarata commessa dalla vistosa capigliatura color confetto destreggiata con il gel in delicati ciuffi tenuti indietro da un nastro carminio si stava inerpicando con la grazia di una iena sulla cassa, mentre il proprietario pacato e leggermente scorbutico che tutte le ragazze del luogo ammiravano e per cui la maggior parte della clientela era femminile, se ne stava dignitosamente in piedi a fissarla come si fissa un moscone fastidioso pronti a schiacciarlo con una paletta. Una sigaretta tra le dita affusolate.
-Se così non ti va sei libera di andartene- Disse. Non la stava licenziando. Non le avrebbe dato la soddisfazione di cacciarla via. Avrebbe fatto tutto lei. C’erano ragazze che avrebbero ucciso per quel posto e si sarebbero lamentate meno, lo sapeva, lo leggeva negli occhi delle clienti lì dietro che aspettavano fameliche che la noiosa si levasse dai piedi. Ciò non voleva dire che ce ne fossero di diligenti quanto quella smorfiosa. Bastava così poco. Certo ,avrebbe preferito una meritata solitudine, ma da solo non poteva farcela. Oltre quella libreria aveva da portare avanti la casa editrice del padre assieme a suo fratello. Eh sì. Anche la data di consegna per il libro stava per scadere. C’erano davvero troppe cose da fare. Troppe per lasciare che la libreria che Mikoto aveva amato andasse in malora. Era morta con la certezza che la sua libreria avrebbe sempre brillato e così sarebbe stato.
Non poteva permettersi il lusso di credere di poter fare tutto da solo.
Vide i grandi occhi verdi di Sakura bruciare, diventare incandescenti tanto che si aspettò di sentire le ustioni sulla pelle. Non accadde. Voltò il capo e si diresse a passo di marcia verso l’ingresso.
-Restituisci l’uniforme!- Le gridò dietro. Senza pietà. Dall’esterno volarono dentro il grembiule e la camicia che aveva preso ad indossare sopra gli abiti di tutti i giorni.
-E chiudi la porta!-
I vetri sbatterono con tanta foga che ebbe paura di vederli andare in pezzi.
Sakura Haruno.
Davvero una ragazzina presuntuosa.
 
 
Se ne stava ferma. Impalata davanti a quell’insegna che due settimane prima aveva attirato la sua attenzione. Era una specie di tassello di legno intagliato, che si ripeteva sulla maniglia e tutt’intorno alla vetrina. Un motivo floreale di foglie e piccoli turbini di legno leggeri. Il tutto contenuto in un ventaglio rotondo. Se si guardava attentamente si leggeva una scritta in quell’intricato disegno di fiori. Andava mimetizzandosi nel legno, ma era sempre spiccata ai suoi occhi.
“Read Between the Lines”
Osservò la vetrina. I libri disposti con ordine e baciati dal sole. Provvedeva a sostituirli spesso per evitare che le copertine si sciupassero. Osservò il suo capo attraverso il vetro. Serviva le clienti con una pazienza che aveva sempre invidiato a quelle ragazzine che compravano solo per parlare con lui. Perché con lei non era mai stato paziente.
Diede le spalle alla libreria e sentì qualcosa spezzarsi dentro di se.
Si era enormemente affezionata a quel negozio. Lo adorava. Era diventata la sua seconda casa non sapeva cosa l’avesse spinta ad agire in modo così stupido, proprio lei che vantava di essere intelligente.
Sbuffò allontanandosi a passo veloce. Chi se ne fregava! Per l’affitto avrebbe chiesto a papà, sempre disponibile, se non avesse trovato un altro lavoro. Si sarebbe goduta l’estate. Sarebbe andata in spiaggia, si sarebbe divertita immensamente. Avrebbe passato la sua estate senza seccature. Dannata lei e quando aveva deciso di lavorare.
 
-Come immaginavo, ti sei arresa dopo pochissimo- La voce del professore la distolse dalla tela che stava dipingendo in riva al mare.
-Prof! Che ci fa lei qui?-
L’uomo portava una fascia a coprirgli metà del volto di cui si notava solo la sua spiccata eterocromia. Un occhio grigio fumo e l’altro nero pece.
-Ero di passaggio Sakura – Chan – disse piegandosi dietro di lei e osservando il dipinto.
-Però avevo ragione. La tua impresa di trovarti un lavoro non è andata a buon fine.-
Inarcò un sopracciglio quando Sakura immerse il pennello nel nero. Il mare era calmo e trasparente, il cielo cristallino …
Oltre la sabbia, che in quel dipinto appariva candida in modo inquietante, quasi come fosse più neve che sabbia, sulla tela apparve una riga nera, in fondo, a rappresentanza del mare. Era piatto e privo di onde, niente spuma. Sembrava fatto d’inchiostro. Diede nuovamente un’occhiata al paesaggio circostante. Ricordava il paradiso. Mentre quello nella tela rappresentava le tenebre. Proprio non la capiva quella ragazzina, sprizzava energia da tutti i pori come al solito, ma Sakura Haruno non era una persona molto impressionista. Le piaceva il realismo, la trasposizione della realtà e i colori accesi. Cos’era quell’aura cupa?
Si ritrovò a fissarla stranito quando si rese conto che non gli aveva risposto, senza però ignorare le sue parole. Infatti ora il pennello scorreva con più forza sulla tela.
-Sakura, dove hai lavorato queste due settimane?- Chiese cautamente.
Lei inarcò un sopracciglio in un’imitazione perfetta della sua prima espressione.
-In una libreria-
Un cattivo presentimento lo assalì. Ecco chi gli ricordava quel modo di fare …
-Non sarà la libreria estiva … - Cominciò seguendo con lo sguardo la sua mano precisa. Blu, blu notte per il cielo. Un blu notte con nuvole nere come il mare.
- … Read Between the Lines? – La mano candida della ragazza si fermò per afferrare il cappello che altrimenti sarebbe volato via con un colpo di vento.
-Sì, qualche problema?- Il suo sguardo verde sembrava trivellare la tela,pronta a strapparla, appoggiò le unghie nel colore fresco e tirò uno sfregio di traverso lasciando, a tratti, in mostra la trama bianca.
Kakashi sobbalzò.
Cominciava a comportarsi davvero come una persona di sua conoscenza. Una persona che non spiccava certo per bontà e nobiltà d’animo.
-Sakura – chan … - Cominciò, attento a come poter ottenere le informazioni che desiderava. – Sai che io di solito non critico queste cose, ma mi limito a correggervi negli errori di tecnica e a darvi consigli nella scelta dei colori  però … -
-Però? – Lo incalzò lei dedicandogli finalmente la sua attenzione voltandosi completamente verso di lui e tuffando le dita dei piedi dalla sbarra dello sgabello nella bollente sabbia dorata sotto di lei.
-Questo quadro, non ti pare un po’ troppo cupo per questa stagione?-
A Sakura Haruno piacevano i commenti e allo stesso modo le critiche, sempre se costruttive. Era sempre vissuta di lodi per il suo carattere mite e per la sua mano leggera. Però questa volta, per un semplice commento, Sakura Haruno si sentì più scoraggiata che mai.
-T-Troppo cupo in che senso?- Mormorò osservando supplichevole il suo maestro di vita oltre che di discipline pittoriche.
Lui sorrise sotto quella sua maschera enigmatica. –In estate le ragazze sono allegre, si innamorano dei bagnini, sognano il principe azzurro … -
-La fa facile lei, pensi se il principe azzurro fosse un bastardo psicopatico con manie di egocentrismo sfruttatore di giovani ragazzi innocenti per scopi personali.- Si alzò in piedi mentre il suo prendisole bianco svolazzava tutt’attorno e con una mano agitava un pennello grondante di pittura nera. –Immagini che sia così stronzo da trattare con sufficienza tutte le persone che gli capitano a tiro senza mai una parola di ringraziamento! Senza preoccuparsi che mi sia fatta male cadendo da quel fottuto sgabello che lascia sempre tra i piedi o che muoia intossicata da quelle sigarette di merda che fuma ogni santo giorno! Che poi ci credo che è schizzato con tutto il caffè che beve! Ma se ha l’energia di comportarsi come un perfetto … Un perfetto … Dannazione, sono a corto di insulti … -
-Un perfetto Sasuke Uchiha – Suggerì il professore.
-Esatto! Come un perfetto Sasuke Uchiha, allora potrebbe anche darmi una mano con le consegne visto che non fa un cazz … Eh?- Si bloccò e notò che il maestro sghignazzava apertamente. –La mia piccola Sakura-chan- Commentò tra una risata e l’altra arruffandole poi la frangia disordinata da sotto il cappellino di paglia. –Ti sei cacciata in un guaio a prenderti una cotta per quello lì-
-L-lei lo conosce?- Sbottò arrossendo e abbassando lo sguardo. –E poi non sono innamorata di lui – Mormorò. “Questo non è amore, non può esserlo!”
-Certo che lo conosco, è stato mio allievo- Rispose ignorando l’altra metà della frase come per dirle “certo che lo ami Sakura, se no non ti saresti arrabbiata così tanto”.
Che, se glielo avesse detto a voce alta, gli avrebbe infilato per la testa la tela come un tutù e l’avrebbe costretto a ballare il lago dei cigni a filo d’acqua a suon di pugni. Perché cosa ti rappresenta: ti arrabbi, uguale, sei innamorata di lui?
Che senso ha?
Spiegatemelo!
-S-suo allievo?- Non se ne capacitava.
-In effetti ho cominciato a pensare a lui guardando quel quadro. Sembra che il mio brutto presentimento si sia avverato- Sakura si voltò verso il quadro e lo scrutò. Tra i tre graffi lasciati dalle sue unghie nel colore si immaginava quasi di vederlo passeggiare sulla riva. Dove i suoi piedi nudi toccavano la sabbia questa si colorava del bianco latteo della sua pelle, quando l’acqua gli lambiva le caviglie queste la tingevano di nero, il fumo delle sue sigarette inquinava il cielo e l’amaro dei suoi caffè riempiva l’aria: odore di fumo e l’ebbrezza della troppa caffeina in corpo più profumo di pagine, inchiostro, libri. Legno intagliato.
-Sakura-chan?- La scrollò gentilmente per le spalle.
-A me piaceva quella libreria.- Mormorò a bassa voce mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. –Mi piaceva lavorare -
Il sensei le si inginocchiò davanti mentre si risedeva sconsolata sul suo sgabello alto.
-Ti ha cacciata lui?- Le domandò conoscendo già la risposta. Quella libreria estiva mieteva più vittime di un assassino. Quante sue ragazze erano arrivate, ogni anno, in lacrime dopo essere state cacciate via brutalmente?
Con sua enorme sorpresa la ragazza scosse la testa stropicciandosi gli occhi. –M-me ne sono andata i-oooo – Singhiozzò.
Kakashi la osservò un attimo. –Non ti ha cacciata lui?-
-Perché avrebbe dovuto farlo? Gli facevo comodo! Facevo sempre tutto io! Lui non alzava mai quel suo culo dalla scrivania! Così adesso impara! Ecco!- Mise il muso che durò poco mandato a pezzi da nuovi singhiozzi.
Il sensei rimase sbalordito ancora un po’. Sasuke Uchiha che non cacciava via una commessa? La commessa che se ne andava da sola? Certo, Sakura-chan era una ragazza molto diligente, il suo lavoro doveva aver colpito molto l’Uchiha. Però sembrava che lui non le avesse spiegato molto in realtà.
-Sakura sai, non credo che si strano che Sasuke stesse così spesso davanti al computer, dopotutto le faccende dell’industria di famiglia sono sempre state un po’ spinose … -
-I-Industria di famiglia?-
Kakashi si passò una mano fra la folta chioma argentea.
-Itachi e Sasuke Uchiha, giovani ereditieri, invece di profumati soldoni hanno ricevuto dai genitori un’impresa e una libreria da portare avanti.-
-Non capisco-
-Il più grande, Itachi, è il capo aziendale dell’Uchiha’s works … -
-M-Ma è … E’ una casa editrice!-
-Sì, che ha avuto un grosso calo in passato ed è finita sul lastrico, il giovane Uchiha è riuscito a farla brillare in poco tempo, ma si dice, dalle stille alle stalle, anche il piccolo Sasuke quindi è impegnato a dare manforte al fratello maggiore, il problema giunge in estate quando deve occuparsi dell’enorme libreria lasciatagli da sua madre, poi, oltretutto è uno scrittore e un illustratore, deve rispettare diverse date di consegna. Quando faceva il liceo capitava spesso non dormisse la notte. Eppure era sempre attentissimo e preparato … -
-Sta cercando di farmi fare la figura dell’idiota?- Lo interruppe lei ripresasi in pochi istanti.
- … Cosa?-
-Mi vuole prendere in giro? Quindi quando gli ho dato dello scansafatiche … -
-Tu non conosci Sasuke Uchiha.- Disse lapidario e il mondo le si sgretolò addosso.
-Certo che lo conosco … - Era più per convincere se stessa che qualcun altro. Era passata una settimana da quando aveva lasciato il lavoro e aveva trovato un impiego veloce al bar della spiaggia. La pagavano abbastanza e in più le lasciavano una striscia di spiaggia libera per i suoi dipinti.  Non aveva motivo di voler tornare lì … No?
-Quindi ti farai pagare l’affitto dai tuoi genitori?- Kakashi era bravo ad andare al punto ignorando le sue lagne da bambina ferita.
-No, ho trovato un lavoro qui in spiaggia.- La pittura sul quadro andava asciugandosi.
-Bene, quindi … -
-Non ho alcun motivo per tornare alla libreria.-
-Sakura, io non ti ho chiesto niente- Sorrise lui. Indicò la sabbia candida nel quadro.
-Ci starebbe bene un riflesso rosa qui, non credi?-
-Già … - Annuì. –Rosa … -
 
 
Era pazza. Era un’idiota, pazza e masochista.
Ma se Maometto non va dalla montagna, la montagna andrà da Maometto!
Peccato che quel bastardo si potesse definire tutto tranne che il Messia.
Perché, con due miliardi di ragazzi presenti sulla terra proprio lui?
Il capo sociopatico?
“Se una ragazza piange per un ragazzo dal quale è scappata allora è una stupida”
Così le aveva detto il maestro prima di andarsene.
Stupida! Lei! Ah! Lo sapevano tutti che Sakura Haruno era forse la ragazza più intelligente mai nata!
E modesta soprattutto!
Si morse il labbro a sangue sistemando meglio la tela asciutta sotto il braccio.
Forse non aveva sbagliato a definirla presuntuosa.
Frenò davanti alla vetrina con il fiatone ed il cuore a mille dall’interno provenivano delle urla che lei conosceva bene. L’avevano accompagnata per molti giorni di lavoro.
-Karin! Cosa stai facendo?!? Vieni immediatamente qua!-
-A-Arrivo !-
Il rumore di libri che franano. Lo scaffale, doveva essere crollato, chissà quant’era che nessuna mocciosa lo rimetteva su, probabilmente nemmeno Sasuke era a conoscenza di quel piccolo difetto causato dal suo pugno quando era arrivata. Chissà che avrebbe detto se avesse scoperto … Che era tutta colpa sua.
Appoggiò l’orecchio alla vetrina fresca coperta da una tendina delicata color lavanda, come la diffidenza del proprietario verso chiunque. L’aveva messa lei qualche giorno prima di lasciare il lavoro. Quanto amava quel negozio. Passò una mano sul pomello intagliato.
“Leggi tra le righe” Si disse.
E’ lì che ho sempre sbagliato.
Le occhiaie pesanti, il numero super elevato di caffè, i ritardi, il tono stanco, il ticchettare nervoso sulla tastiera quando scriveva e poi cancellava tutto. Il suo scarabocchiare continuamente negli angoli dei fogli. Quando spariva per ore e subito dopo apparivano le casse per un nuova consegna, probabilmente era andato a ritirarle lui stesso per evitare qualche ritardo …
Da dentro sentì provenire un sospiro. Uno di quelli pericolosi. Di quelli che la raggelavano facendole bruciare le lacrime negli occhi.
Spalancò la porta risoluta.
Un tintinnio di campanelli accompagnò la sua entrata.
La luce esplose nella libreria mentre le sue palpebre lentamente si sollevavano.
L’incubo doveva ancora finire, ma sapeva che, dopo, sarebbe iniziato un sogno.
 
-Buongiorno signor Uchiha, ci sono delle casse impilate lì fuori, devo trasportarle nel magazzino? A quanto pare “Il linguaggio segreto dei fiori” è andato a ruba, qual è il nuovo favorito questa settimana?- Parlò velocemente senza alzare lo sguardo, limitandosi ad arrotolare le maniche della camicetta color pesca e a dare una spinta allo scaffale che si era accasciato, come un corpo morto, appoggiandosi a quello di fronte. Con un cigolio questo si rimise in piedi. Sentì lo sguardo di Sasuke su di lei mentre si riempiva le braccia di volumi e li riposizionava sulle mensole ad una velocità record. Si scrollò la polvere dai pantaloni e poi si voltò verso la ragazza ancora a terra, una gamba incastrata tra i piedi di uno sgabello molto familiare.
-Signor proprietario, potrebbe gentilmente evitare di lasciare in giro questo coso?- domandò cominciando, di già, a perdere il controllo nonostante si fosse ripromessa di farsi riassumere con un sorriso. Sollevò il piccolo sgabello omicida per poi tendere una mano alla ragazza. Era bella.
Fin troppo bella ed aveva quello stesso sguardo sconfitto, ma risoluto, che aveva lei ogni giorno, ogni volta che metteva piede in quella libreria. Indossava un minigonna di jeans sotto il grembiule e la camicia azzurra.
Un paio di stivali demonia neri ai piedi. Le tagliavano a metà le cosce lunghe.
Scosse la chioma rosso magenta e ignorò la mano candida e forte che le veniva porta, rialzandosi da sola con sdegno e riaggiustandosi la spessa montatura nera sul naso. Portava gli occhiali, come Sasuke.
Forse lui non aveva più bisogno di lei.
Aveva trovato di meglio, aveva trovato qualcuna che non l’avrebbe abbandonando strillando come un’invasata e nascondendosi a piangere nel magazzino ad ogni rimprovero troppo brusco.
Respirò affannosamente vagliando questa possibilità che, nella sua corsa, non aveva considerato. Strinse i pugni flettendo i polsi verso l’interno. I gomiti leggermente piegati e le spalle incurvate con la testa incastrata nel mezzo.
Avvertiva la sua gelida presenza dietro di se. Non voleva voltarsi a guardarlo perché il suo cervello si sarebbe spento. Detestava non riuscire a pensare.
Perché era l’unica cosa che sapeva fare.
Con lui era davvero inutile.
Aspettando che fosse lui a parlare, avrebbe atteso in eterno.
Schiuse le labbra rosa pallido. Venne preceduta da una voce che non aveva riguardi per i timpani altrui.
-Chi sei tu? Si può sapere? Sasuke! Cacciala via!-
Gallina.
La voglia irrefrenabile di tirarle il collo era una ghiotta pietanza posta sotto il naso di un uomo a digiuno da giorni.
Irresistibile.
Scattare in avanti, afferrarla per i capelli e stringere le dita attorno al suo collo.
Poi il posto sarebbe stato suo. Di nuovo. Non l’avrebbe più lasciato.
-Allora Sasuke?!-
C’era odore di fumo in quella libreria.
Odore di fumo e pagine e inchiostro, caffè amaro, come quello della caffetteria ad un isolato di distanza da lì, dove si era fermata a parlare con un certo Itachi Uchiha.
Dopotutto erano mesi che quei due non si vedevano.
Glielo aveva detto il professore e lei, con l’influenza che può avere una ragazza, voleva sistemare tutto.
Perché spendeva il suo tempo per quel demone?
-Sasuke!!-
Di certo non poteva definirlo amore.
-Che significa?-
Sakura abbozza un sorriso. Diretto, conciso …
-Voglio riprendermi il mio posto.-
-Spiacente è stato occupato.- Spietato.
-Da questa oca rossa col ciclo perenne?- Sbottò con la voce terribilmente acuta che detestava.
Spietata.
-Come ti permetti???- Oh, insomma, se non sopportava la sua voce come faceva a reggere quella di questa Karin?
-Zitta Karin- Disse. Nessuna inclinazione nella voce bassa, quel tanto da procurare i brividi.
Dai voltati, voltati voltati voltati. Il sole la stuzzicò riflettendosi sugli orecchini di quella donnaccia facendola girare il capo per via del riverbero che aveva negli occhi. Rumore di passi, lo scattare di un accendino, espirava piano sputando nuvole scure che avvolgevano le pareti. Il suo sguardo stanco era posato sulla tela accomodata accanto alla scrivania. Poi si posò su di lei.  La luce colorava d’oro la sua pelle bianca mentre i capelli neri incorniciavano il viso. Nelle lenti dei suoi occhiali si rifletteva il suo viso, sovrapposto alle grandi iridi nere che parevano sfumarsi in quel rosa da gelato alla fragola.
Già, ecco perché sprecava il suo tempo per lui.
Per quello sguardo carico di aspettativa e sfida, come il primo giorno, che le aveva rivolto.
Con Sasuke Uchiha bisognava leggere tra le righe.
Purtroppo lei era tanto intelligente da non averlo capito subito.
E modesta soprattutto.
Presuntuosa a sua detta.
Sasuke Uchiha sapeva leggere tra le righe.
-Prendo un grembiule- Sussurrò Sakura mentre lui stringeva nervosamente tra i denti il filtro della sigaretta.
-Nessuno mi obbliga a riassumerti, vattene- Il suo sguardo cadde nuovamente sul dipinto. Karin si era costretta in un angolo, furente, senza osare aprire nuovamente la bocca.
-Sono ancora nel magazzino le divise?- Domandò la rosa superandolo con uno schiocco della lingua.
-Qualcosa non va nel tuo udito?-
-Le chiavi sono nel secondo cassetto giusto? Ah eccole!-
Stava per esplodere. Voleva che accadesse, non vedeva l’ora. Si diresse verso il magazzino.
Aprì la porta.
-Noiosa-
Non era esploso.
Non aveva perso le staffe nemmeno questa volta.
Si chiuse la porta alle spalle mentre un suo occhio sbatteva irritato ed una vena le pulsava sulla tempia.
-Tu sei il MALE!- Urlò vestendosi in tutta fretta.
 
Era passato esattamente un mese da quando aveva ripreso a lavorare in libreria.
Un quadro cupo oscurava la pozza di luce dietro la scrivania.
Non si lamentava per il carico enorme di lavoro perché sapeva, perché vedeva, la stanchezza che quel ragazzo solo poco più grande di lei si portava dietro. Da solo certamente non ce la poteva fare.
Guardò il calendario trattenendo un gridolino di gioia.
Era il grande giorno!
 
“-Sai Sasuke mi parlava spesso di una commessa infaticabile e noiosa, queste parole sono il corrispondente di mio fratello ad un alto tasso glicemico – “
“-Ah … Ma io ho lasciato quel lavoro da ormai una settimana … “
“-Davvero?!-“
“-Sì, ma quant’è che non vede suo fratello?-“
“-Dammi del tu Sakura … Comunque se si parla di vedere sono almeno due mesi, solitamente ci sentiamo via E-mai o per telefono e sempre riguardo questioni di lavoro-“
“-Eh?!”
“-Sì, un po’ me ne vergogno, ma visto come sono andate le cose nella nostra famiglia è un bene che impari a cavarsela da solo-“
“-Cavarsela da solo  eh? –“
“-Già, è un miracolo che si ricordi di mangiare senza che nessuno glielo ricordi … -“
“-Ma non sarebbe carino passare l’estate insieme invece di lavorare continuamente?-“
“-Sakura, non posso lasciare la mi azienda … Io … -“
“-Nemmeno per delle vacanze veloci?-“
“-Non fare quella faccia, ti prego, mi fai sentire un mostro-“
“-Forse te lo meriti-“
“-Te l’ho detto non posso lasciare l’azienda!”
“-Tu che non esci mai da qui! Lui che non si allontana mai da quella cazzo di libreria e quando esce pare uno zombie! Ma scusa, che vita è?-“
“-Mmh-“
“-Un mese-“
“-Tre giorni-“
“-Tre settimane-“
“-Due-“
“-Accordate-“
“-Ci vediamo il mese prossimo Sakura-chan, tu e i tuoi occhioni sarete la rovina di noi Uchiha!-“
“-Lei lo dice, sua altezza!-“
“-Ma piantala!-“
“-Allora fra un mese?-“
“-Ci sarò-“
 
-Posso sapere il perché di tanto entusiasmo Haruno?- Proclamò dalla sua postazione nostro signore Satana.
-Perché c’è il sole!- Patetica
-Siamo in estate, sono due mesi che c’è il sole- Si sfilò gli occhiali e strizzò gli occhi puntandoli sul sorriso radioso di quella ragazzina.
Pf. Inutile.
-Ma è bello avere sempre il sole!-
-Mhpf-
-Oh Sasuke-kun che parole ispirate!- Esclamò portandosi il dorso della mano sulla fronte mentre puliva il pavimento.
-Mi sono perso il momento in cui hai smesso di darmi del lei-
Gli fece la linguaccia.
-Zitto e scrivi-
Maledetto il suo dannato professore che faceva la spia. Si nascose la bocca dietro una mano mentre rinforcava gli occhiali ed accennava un sorriso. Non poteva permettersi di perdere la sua facciata di dittatore crudele.
Non poté evitare di prenderla in giro, perché era adorabile quando arrossiva, ed anche dannatamente seccante.
-Non ricordo nemmeno da quando mi lasci il pranzo sulla scrivania-
Il rossore familiare sulle sue gote lo fece ghignare.
Di nuovo, presa in pieno.
Si voltò ustionandolo con quegli insopportabili occhi verdi, così dannatamente adorabili.
Il campanello trillò prima che lei potesse rispondergli a tono. La vide illuminarsi talmente tanto che pensò di stare per ricevere la visita dell’arcangelo Gabriele. Sbottò seccato aspettando l’ennesimo cliente.
Lo choc lo lasciò di sasso quando il volto familiare di suo fratello fece capolino dalla porta con un sorriso gentile posandosi per un secondo su, quell’angelo, quel demone della sua commessa e facendole l’occhiolino. Lei tornò a guardare il giovane proprietario che guardava il suo fratellone sperduto. Che ci faceva lui lì?
Sakura ammiccò.
Tutto spiegato. Con lei avrebbe fatto i conti dopo.
-Nii –san … - E al diavolo la reputazione.
-Ti sei ripreso la tua assistente eh otouto?- La mano familiare gli arruffo i capelli con un gesto affettuoso. Si alzò in piedi e il fratello lo abbracciò.
E al diavolo la reputazione.
Schiuse gli occhi solo per vedere un’esuberante Sakura fare un ballo della vittoria alquanto scoordinato ed arrossire di botto non’appena si accorse che la stava fissando. Abbassò lo sguardo per poi mostrargli, con un sorriso smagliante, il pollice sollevato. Sparì tra le librerie con la sua scopa. Quella strega.
Lui era il male.
Lei era perfida.
Essersi ripreso la sua assistente?
Proprio no. Non era pazzo.
Né masochista.
Ma come poteva spiegare al fratello che quella ragazza godeva di uno straordinario effetto boomerang?
Più la scagliava lontana più velocemente ritornava, con cause disastrose.
Vedi, ad esempio, l’orribile quadro appeso dietro la sua scrivania.
Proprio non si spiegava perché fosse ancora lì.
-Senti fratellino, ho due settimane di vacanza, ti va di andare al mare?-
Come c’era riuscita quella donna?
Dov’era?
-Solo un attimo- Riuscì a dire tentando di non balbettare né di sembrare troppo entusiasta come era.
Si passò una mano tra i capelli.
Attraversò gli scaffali cercandola a destra e a manca.
-Sakura!- La chiamò rimanendo sconvolto dal tono acuto che aveva preso la sua voce. Inciampò in uno sgabello.
-Porca … -
-Io te lo dico sempre di rimetterlo a posto.-
Un paio di caviglie sottili si portarono davanti alla sua visuale. Almeno, presumeva fossero caviglie, data la visuale appannata.
Aveva perso gli occhiali porca miseria!
Si rimise in piedi. Le lenti si materializzarono davanti ai suoi occhi. Le mani della ragazza gli sfiorarono le orecchie aggiustando le stanghe della montatura. Il suo volto era assolutamente troppo vicino, diede un calcio allo sgabello facendo un passo indietro. Questo mancò la nicchia della parete per qualche centimetro. Sbuffò irritato. Come faceva quella ragazzina a centrarla sempre?
Riportò il suo sguardo su di lei. Si era cambiata.
Prendisole bianco e cappellino di paglia, su una spalla una borsa da mare.
Inarcò un sopracciglio.
-Non oserete lasciarmi qui spero!- disse irritata sollevando il nasino pallido.
-Mi sarebbe piaciuto. Ma mio fratello ti vuole-
Le fece un gesto con un braccio a lasciarle il passo verso l’ingresso con un lieve inchino.
-Prego, prima le noiose lagne inutili-
-Demone- Sibilò lei raggiungendo la porta ciabattando nelle sue infradito di gomma. Itachi le sorrise.
-E’ un bugiardo.- Commentò.
-Lo so- Ghignò lei.
Sasuke, subito dietro, arricciò il naso. –Vogliamo andare o no?-
Ringhiò contrariato.
-Certo,certo … -
-Sakura! Ti abbasso lo stipendio!-
-Ehi!-
-Calmi voi due … -
-Ma lo senti cosa dice?-
-Smettila di lagnarti … -
-Itachiiiii digli qualcosa!-
-Non farla piangere otouto!-
-Già, Sakura, il mare non ha bisogno di altro sale-
-Itachi!-
Le loro voci andarono perdendosi in lontananza coperte dal fragore delle onde.
Furono due settimane indimenticabili.
Che divennero mesi.
E poi anni.
I due fratelli divennero addirittura inseparabili, mentre una giovane commessa dai capelli rosa divenne un punto fisso nella libreria “Read Between the Lines” e non solo.
 
 
FINE
(?)
-Sakura! Dannazione dove sono quei libri?!-
-Io che ne so? Dove li hai lasciati!-
-Potresti evitare di ficcare il naso nel mio computer?-
-E questo ora che c’entra? Non cercavi i libri?-
BOOM!
-Sakuraaaaaa!!!-
-Cos’ è stato quel rumore … ?-
-Non fare la finta innocente! Perché continua a precipitare questo scaffale?-
-Sasuke … Non ti fa bene agitarti … Dovresti bere meno caffè … -
-…-
-Ti ricordi il pugno del primo gior…?-
-Sì-
-Ecco-
-…-
-Sasuke … sei arrabbiato?-
-…-
-I-Itachi … Perché mi guarda così?-
-Starà pensando a qualcosa di perverso … -
-ITACHI!-
 
Ecco, stavo dicendo …
FINE????
   
 
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