恋人はちょっとバカだよ。
Koibito ha chotto baka da yo.
Capitolo 2
実は君を知ってる
Jitsu ha kimi wo shitteru (In realtà, ti conosco)
La
sveglia stava suonando. Se ne rendeva conto perfettamente, mentre cercava di
ricordare il motivo per cui avrebbe dovuto darle retta. Allungò stancamente un
braccio, tastando alla cieca il comodino e quando percepì la forma dell’oggetto
sotto la sua mano, premette il pulsante in cima.
Ancora
cinque minuti.
Si
rigirò sotto le coperte, affondando un lato del viso nel cuscino e beandosi
della sensazione di torpore in cui la mente galleggiava durante il dormiveglia.
I pensieri non prendevano una forma definita, mescolandosi ai ricordi ancora
freschi dell’ultimo sogno, in una sorta di continuazione con la realtà;
ricordava un ragazzo alto e moro, con gli occhiali forse, e una sensazione di
calore all’altezza del cuore. Le stringeva una mano e le mostrava qualcosa
davanti a loro, ridendo.
La
sua mente ripassò quelle immagini tre, quattro, cinque volte, finché il trillo
acuto della sveglia non tornò a rompere il silenzio e i ricordi del sogno
svanirono come una bolla di sapone.
Spegnendo
definitivamente il diabolico oggetto, Haruko si tirò
a sedere sul futon*, slanciando all’indietro le braccia per stirare i muscoli e
riattivare la circolazione. Che lo volesse o no, la giornata doveva iniziare e
in fretta anche.
Scostò
le coperte scalciando con le gambe e si mise in piedi subito dopo, guardandosi
brevemente attorno; non c’era molto da osservare nel suo appartamento,
costituito da due stanze, separate da degli shoji*:
nella prima, cui si accedeva dall’ingresso, c’era il mobile della cucina, il
televisore in un angolo e al centro un piccolo kotatsu*,
dato il periodo dell’anno. Nella seconda, un poco più piccola, si trovavano una
scrivania e il futon, con altri shoji che
nascondevano un armadio a muro. L’unica altra stanza presente era il piccolo
bagno. Fu proprio verso quello che Haruko si diresse,
per poi uscirne pochi minuti dopo con il viso lavato e la sola biancheria
addosso; tornò nella camera da letto e prese i vestiti posati sulla sedia della
scrivania, un paio di jeans pesanti e un maglione con scollo a barca.
Percependo un movimento con la coda dell’occhio lanciò uno sguardo verso il kotatsu, attraverso gli shoji
aperti, e un paio di zampe arancioni fecero la loro comparsa da sotto la
coperta; furono seguite subito dopo dal muso tigrato di un grosso gatto
dall’aria assonnata, che spalancò le fauci in un silenzioso sbadiglio.
L’animale si stirò la schiena e poi zampettò in direzione del frigorifero,
emettendo un sonoro miagolio chiaramente indirizzato alla padrona.
Haruko terminò di vestirsi e controllò che nella sua borsa
ci fosse tutto il necessario per la giornata, poi si diresse verso la cucina
dove accese il bollitore dell’acqua; mentre questa scaldava aprì il frigo e
prelevò una bustina di cibo per gatti, che scartò e svuotò nella ciotola lì
accanto. Il micio attese pazientemente la fine del procedimento, per poi
fiondarsi senza remore sulla sua meritata colazione.
Nel
frattempo l’acqua iniziò a bollire e la ragazza la versò nella tazza che aveva
appena preparato con la bustina di tè verde; lasciò tutto in infusione per
qualche minuto, mentre sceglieva dalla dispensa una merendina poco sana ma
molto gustosa con la quale darsi una bella botta di zuccheri.
Mangiò
la colazione guardando distrattamente il notiziario del mattino, poi posò tutto
nel lavandino e controllando l’ora sul suo orologio da polso recuperò la borsa
dalla scrivania. Si accucciò sul gradino dell’ingresso, per indossare le
scarpe, mentre il gatto le si strofinava contro la schiena; indossò il cappotto
ed tirò fuori le chiavi dalla borsa.
-Ittekimasu*-
disse rivolta al micio arancione che la guardava socchiudendo lentamente gli
occhi.
Haruko sorrise e uscì di casa.
Quando
uscì dai tornelli della Yamanote, a Yoyogi, Haruko si rese conto di essere in anticipo, così si lasciò
trasportare dalle scale mobili, cedendo il passaggio a chi andava di fretta. Fu
così che notò appeso al muro un cartellone pubblicitario; sulla sua superficie
troneggiavano cinque ragazzi in bianco e nero ben vestiti, i volti seri e
concentrati, mentre in basso, in un angolo, spiccava la scritta bianca “We can make it!”
con il punto esclamativo decorato a bandiera italiana.*
Gli
occhi di Haruko si soffermarono sul volto in alto a
sinistra: Matsumoto la fissava con sguardo truce e
affascinante. Era veramente bello, ma lei non poté fare a meno di sorridere
ripensando agli incontri avuti con lui solo due giorni prima. Erano state
particolarmente divertenti le sue espressioni quando si era reso conto di non
essere stato riconosciuto.
Ok,
la prima volta non era stato così. Quella sera, nel bar di Yoshida,
aveva capito subito chi era, non appena aveva sollevato il viso dopo averlo
accidentalmente annaffiato di acqua; sul momento erano stati entrambi troppo
presi dall’incidente, ma dopo le risposte stizzite di lui le era venuto quasi
spontaneo fingere di non avere idea di chi fosse. Era una sorta di ripicca,
senza contare che dentro di lei aveva prevalso l’istinto di non mostrarsi come
una fan sfegatata e senza ritegno: una specie di giuramento che aveva fatto a
sé stessa, nel remoto caso in cui le fosse capitato di incontrare un
personaggio famoso. Ovviamente non aveva mai preso seriamente in considerazione
l’ipotesi e forse fingere di non conoscerlo del tutto era stato eccessivo, dato
che aveva anche ammesso di seguire il suo dorama. Ma
l’espressione basita del ragazzo era stata tremendamente appagante!
Il
giorno dopo al parco di Ueno però non lo aveva fatto
apposta. Prima di tutto non avrebbe mai pensato di rivederlo lì e così presto,
e soprattutto, con il cappello e gli occhiali da vista, aveva davvero dovuto
impiegare un po’ di tempo per rendersi conto che era lui.
Haruko sorrise di nuovo ripensando come Matsumoto
era parso rassegnato dall’evento e per poco non rischiò di fare un volo in
avanti, accorgendosi all’ultimo secondo che la rampa della scala mobile era
finita. Si guardò attorno per vedere se qualcuno aveva notato la sua gaffe, ma tutti andavano per la loro
strada, facendosi gli affari propri.
Lanciando
un’ultima occhiata al cartellone pubblicitario si appuntò mentalmente di
controllare l’uscita prevista per il nuovo singolo degli Arashi. Probabilmente
non gli sarebbe mai più capitato di incontrare Matsumoto
Jun in carne ed ossa, quindi tanto valeva tornare
alle sue attività di fangirl e smettere di pensarci.
Entrando
nel camerino Jun fu travolto da urla entusiaste,
provenienti dall’individuo molto rumoroso seduto a un angolo del tavolo posizionato
al centro della stanza: Masaki stava rannicchiato
sulla sedia, brandendo in mano un oggetto giallo che Matsumoto
riconobbe come il NintendoDS di Ninomiya,
il quale era seduto accanto al compagno, palesemente in ansia per come
quest’ultimo agitava la sua console portatile.
-Smettila di essere così agitato, non te lo
mangio mica- esclamò Aiba, gli occhi che luccicavano mentre si concentrava nel
gioco.
Nino
sfoggiò un’espressione molto scettica, non perdendosi nemmeno un movimento
dell’amico.
Vedendo
Jun, Sakurai gli indicò la
sedia libera vicino a lui e la lattina posata sul tavolo, in attesa di essere
bevuta.
-Hai finito tutte le foto per la tua parte?-
chiese Sho, posando la rivista che stava leggendo.
-Si, fra poco me ne vado- rispose Matsumoto staccando la linguetta metallica- Mi dispiace non
poter pranzare con voi.
-Vorrà dire che domani, dopo le riprese, il
pranzo lo offri tu!- propose Ohno sorridendo, seduto
poco lontano sul divano.
Jun si mise a ridere- D’accordo, passerò al konbini* a prendere un paio di bentou*
pronti.
Masaki sollevò la testa dal videogioco- Eeeeeh?
Vuoi rifilarci dei tristi bentou del konbini? Come sei crudele Matsu-jun!
-Sono d’accordo!- intervenne Nino- Come
minimo devi portarci in un bel locale!
Matsumoto scosse la testa- Non ci penso proprio a spendere
troppi soldi per voi- ma subito dopo sfoggiò un enorme sorriso, mentre anche
gli altri ridevano.
-Ehi un momento!- esclamò Aiba, sventolando
il Nintendo per attirare l’attenzione- Lo so io dove possiamo andare. Al locale
di Yoshicoso-san.
-Yoshida-san- lo
corresse subito Jun- E comunque, assolutamente no-
come per sottolineare la sua affermazione, incrociò le braccia al petto.
-Non sarebbe una cattiva idea- commentò Sho, come se non avesse nemmeno sentito l’obbiezione
dell’altro- Ma sbaglio o è a Ikebukuro? Le riprese di
domani sono a Odaiba, è troppo lontano da raggiungere
nella pausa pranzo.
-Allora andiamo per il tuo compleanno-
propose Ninomiya, estraendo il cellulare dalla tasca
per controllare il calendario- La sera del 25 siamo tutti liberi.
-Ehi, aspettate un attimo- intervenne Jun- Ho appena detto di no.
Gli
altri lo ignorarono completamente e lui si appoggiò allo schienale della sedia,
sconsolato. Sapeva che prima o poi si sarebbe pentito di aver raccontato di
quel locale ai ragazzi; non che non volesse passare una serata con loro, ma
fino a quel momento il bar di Yoshida era stato un
posto solo suo, in cui rintanarsi nei momenti in cui aveva bisogno di
allontanarsi dal mondo. Aveva paura che venisse come “profanato”. E poi,
involontariamente, il pensiero indugiò anche su quella ragazza, Suzuki, e Jun provo l’irragionevole desiderio che i sui compagni di
band non la conoscessero.
-Allora siamo d’accordo, per le 8 davanti al
bar. Ehi Matsu-jun, hai capito?- Aiba gli sventolò
una mano davanti alla faccia.
Il
ragazzo si alzò dalla sedia sospirando- Si, si, ho capito. Scusatemi ragazzi,
ora devo proprio andare.
Gli
altri annuirono e anche Sho si alzò dalla sedia,
accompagnando l’amico alla porta.
-Non ti preoccupare- gli disse posandogli
una mano sulla spalla- Dopo giovedì sera, ci dimenticheremo dell’esistenza del
bar di Yoshida.
Jun non poté fare a meno di sorridere- Grazie.
-Buone riprese del drama!-
gridarono in coro gli altri tre.
***Ci scusiamo di nuovo per il poco
preavviso che le abbiamo dato. Di seguito ci sono le indicazioni per
raggiungere il luogo della riprese.***
Haruko rilesse un’altra volta le informazioni contenute
nell’e-mail, mentre il treno della metropolitana sfrecciava sulle rotaie.
Era
stata una fortuna che l’avessero chiamata proprio durante la pausa di metà
mattina e che avesse dimenticato il cellulare nella tasca dei pantaloni, invece
di lasciarlo nell’armadietto, insieme alla borsa. Era un rappresentante di un’agenzia
di reclutamento di comparse per i drama, alla quale
si era iscritta nella speranza di racimolare qualche soldo in più, e quella
mattina l’avevano chiamata per un ruolo dell’ultimo momento.
Nonostante
il poco preavviso era riuscita ad organizzarsi, dato che il pomeriggio era
quasi sempre libera e la sua presenza era richiesta per le quindici. Non
avevano neppure avuto il tempo di dirle il titolo della produzione, le avevano
solo inviato un’e-mail con le indicazioni sul luogo dove avrebbe trovato la
troupe televisiva.
Quando
uscì dalla metropolitana di Roppongi* seguì la via principale che si trovò di
fronte, per poi svoltare al primo incrocio; subito si rese conto di trovarsi su
un set: una vasta zona era stata delimitata da numerose transenne, attorno alle
quali si accalcavano molte persone, per lo più ragazze giovani, curiose di
sbirciare qualche attore; oltre le transenne fremeva l’attività, con assistenti
di produzione che correvano da una parte all’altra e cameraman che
posizionavano le cineprese.
Haruko notò poco lontano una fila ordinata di persone, che
una dopo l’altra oltrepassavano le transenne, dopo essere state approvate da
una ragazza armata di una penna e un portadocumenti. Haruko
si mise in fila e quando giunse il tuo turno quella che probabilmente era
un’assistente di produzione le chiese il nome. Impiegò un paio di secondi a
scorrere la lista, poi trovato il nominativo lo spuntò e le indicò il punto da
raggiungere, dove altre persone si erano riunite, in attesa.
Senza
una parola raggiunse il gruppo e prese a guardarsi attorno incuriosita.
Quella
era solo la terza volta che la chiamavano per un lavoro simile e le precedenti
erano state tutte delle produzioni abbastanza piccole, mentre quella aveva
l’aria di essere importante; sicuramente c’era qualche famoso idol come attore principale.
-Un po’ nervosa?
Haruko si voltò verso la voce che aveva parlato, trovandosi
faccia a faccia con una ragazza appena più alta di lei, dai capelli corti e lo
sguardo attento.
-Come?- chiese, convinta di non aver capito
bene.
La
ragazza sorrise- Mi chiedevo se tu fossi nervosa come me, sai è la prima volta
che faccio la comparsa.
Haruko scosse la testa- Io ho già provato, è semplice. Per
lo più passeggi o fingi di fare qualcosa di poca importanza.
L’altra
annuì- Capisco. Comunque piacere, mi chiamo Yayoi.
-Haruko, piacere-
rispose sorridendo e chinando un poco la testa.
-Sembra stiano facendo molta pubblicità per
questo drama- continuò Yayoi
imperterrita- Il protagonista è un idol famoso, basta
vedere la quantità di ragazzine accorse per sbirciare le riprese.
“Sono
tutti idol famosi acclamati dalle ragazzine…” pensò Haruko mentre impostava la modalità silenziosa del
cellulare e la ragazza continuava a parlare “e il successo del drama raramente è dovuto alle doti recitative..”.
Yayoi fu sul punto di dirle il titolo della serie
televisive, quando un uomo pelato con la maglietta dello staff prese ad urlare
dei nomi da una lista. Riconoscendo il suo cognome, Haruko
seguì il resto delle istruzioni che ordivano alla persone nominate di andare a
sistemarsi in una determinata zona del set; un altro paio di addetti fecero
strada e Yayoi la salutò, facendole un gesto per
farle capire di incontrarsi finito il lavoro.
-Siete liberi per circa 15 minuti…- spiegò
uno degli addetti al gruppo di persone di fronte a lui- Quando sentirete
l’avviso all’altoparlante, dovrete tornare tutti in questo punto. Dopo il “ciack” di inizio ripresa dovrete
semplicemente prendere a camminare in quella direzione, nel modo più naturale
possibile..
La
spiegazione proseguì con altre istruzioni che Haruko
conosceva già, così si allontanò dal gruppo per curiosare in giro.
Non
andava a Roppongi molto spesso ed era ironico che le venisse voglia di
gironzolare proprio in quel momento, dato anche il fatto che non poteva
allontanarsi più di tanto. Guardò nella direzione indicata dall’addetto come
quella verso la quale avrebbero dovuto camminare e proprio davanti a lei si
innalzava un altissimo edificio: dalle numerose insegne all’ingresso capì che
ospitava ristoranti di lusso, dislocati su vari piani.
Iniziò
a camminare all’indietro, per avere una visuale migliore, pensando come non
avrebbe mai potuto permettersi una cena in uno di quei locali, quando urtò
qualcosa alle sue spalle.
-Mi scusi!- esclamò voltandosi, pensando di
trovarsi davanti un addetto della produzione, ma l’individuo che la fissava non
aveva la maglietta dello staff.
-Di nuovo tu…- borbottò Matsumoto
lasciando scivolare a terra il borsone che faceva parte del suo costume di
scena- Cosa ci fai qui?
Haruko sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di
metabolizzare il più velocemente possibile la situazione: quindi il drama per cui l’avevamo chiamata per fare la comparsa era
Bambino! e l’idol poco dotato acclamato dalle
ragazzine era…Jun.
-Mi vuoi rispondere?- insisté il ragazzo,
che iniziava a sentirsi ignorato.
-Sono qui per fare la comparsa, mi hanno
chiamata stamattina- rispose alla fine lei.
Matsumoto la osservò, arricciando le labbra in un modo che Haruko trovò decisamente troppo sexy.
-Ti chiami “Haruko”…-
disse lui- “Haru”…si, in effetti sei molto
appiccicosa!- concluse con un sorriso ironico.
*
-Sono nata in primavera…- sottolineò Haruko
aggrottando le sopracciglia- E non sono venuta qui per te, è per lavoro!
-Non mi è mai capitato di incontrare
casualmente una persona così spesso come con te negli ultimi giorni.
-C’è sempre una prima volta.
-Sicura di non essere una mia fan?- domandò
il ragazzo con un ghigno.
Haruko finse di riflettere sulla domanda, poi incrociò le
braccia al petto- Sicura.
In
quel momento una voce amplificata da un megafono avvisò tutti che iniziavano le
riprese e Matsumoto si sistemò il borsone sulla
spalla.
-Devo andare. Spero di non rivederti- disse
con un mezzo sorriso, poi girò sui tacchi e si incamminò verso la troupe.
Haruko aprì la bocca per ribattere ma non fece in tempo a
dire nulla e si limitò ad osservare la schiena del ragazzo con sguardo truce.
“Che
individuo odioso”.
Yayoi chiuse il cellulare con uno scatto, subito dopo aver
finito di salvare in memoria il numero di telefono e l’indirizzo e-mail. Haruko aveva appena fatto lo stesso.
-Se ti va, un giorno possiamo andare a
pranzo insieme- propose la ragazza dai capelli corti.
Haruko annuì- Mi farebbe piacere.
-Ora devo andare al lavoro. Faccio la cuoca
in un ristorante qui vicino.
-Davvero?- chiese l’altra incuriosita.
-Si, cucina italiana- Yayoi
fece un sorriso- Forse dovrei fare io la protagonista di questo drama.
Anche
Haruko si mise a ridere poi, salutata la ragazza, si
decise a incamminarsi verso la metropolitana.
Attorno
a lei il set era quasi del tutto smontato, le transenne erano state tolte e le
persone normali stavano ricominciando a popolare la parte della strada bloccata
per le riprese. Anche gli addetti dello staff ormai si confondevano fra la
folla, portando via le attrezzature.
Anche
quel giorno il lavoro era stato semplice e aveva portato via poco tempo; Haruko camminava pensando, contenta, che sarebbe riuscita a
tornare a casa prima del previsto, quando una grossa goccia d’acqua la colpì
direttamente in fronte. Nel tempo che impiegò per rendersene conto, molte altre
gocce iniziarono a cadere sempre più fitte ed Haruko
aprì in fretta la sua borsa. Inutile. Come suo solito aveva dimenticato
l’ombrello pieghevole, che con ogni probabilità giaceva solitario davanti alla
porta d’ingresso, a casa.
Rassegnata
a bagnarsi completamente prima di arrivare alla metropolitana, decise almeno di
aumentare il passo, ma in quel momento una figura alta le si affiancò,
coprendola con un grande ombrello trasparente.
Haruko sollevò lo sguardo verso il volto del ragazzo,
nascosto da un paio di grossi occhiali da sole; la testa era completamente
coperta dal cappuccio grigio di una felpa, che spuntava da sotto il giubbotto.
-Cosa ci fai qui?- chiese lei.
Matsumoto fece spallucce- Ti ho vista senza ombrello, così…
-Devo andare alla metropolitana…
Il
ragazzo si guardò brevemente attorno, poi annuì- Posso accompagnarti.
Haruko lo scrutò per un istante e poi sorrise- Bene,
grazie.
Presero
a camminare verso la loro destinazione, poi la ragazza lanciò uno sguardo di
sbieco al suo accompagnatore.
-Non rischi di dare nell’occhio, con quegli
occhiali durante un acquazzone?
-La
gente ci fa meno caso di quel che si crede- rispose lui, sollevando leggermente
l’ombrello.
Haruko notò che nonostante camminassero così vicini, Matsumoto faceva molta attenzione affinché le loro braccia
non si scontrassero, come molto spesso avviene camminando sotto l’ombrello con
una persona. Era senza dubbio un gesto di cortesia, visto che in fondo non si
conoscevano per niente. Ma il pensiero suonò strano ad Haruko,
che per qualche ragione non sentiva affatto quel ragazzo come un estraneo;
probabilmente era dovuto al fatto che lo conosceva come personaggio famoso e
senza dubbio sapeva su di lui molte più cose di quante Jun
avrebbe potuto saperne di lei. Anzi, lui non sapeva proprio niente di lei.
Era
quella la sensazione che dava conoscere un idol?
Sentire che l’unica cosa che avevano in comune era lui stesso?
-Quindi, quando non sei al bar di Yoshida-san, lavori come comparsa?
Haruko sbatté le palpebre e girò la testa verso sinistra
quando si accorse che Matsumoto aveva parlato.
Impiegò un paio di secondi a rielaborare la domanda.
-Quello della comparsa è un lavoro a tempo
perso e da Yoshida-san vado solo tre sere a
settimana. Il mio lavoro principale è in un asilo.
Matsumoto parve incuriosito- Sei laureata?
-Non proprio. Ho frequentato una scuola di
specializzazione per scienze dell’educazione e adesso lavoro nell’asilo di mia
sorella.
-Tua sorella ha un asilo???- chiese lui
alzando la voce.
Haruko si mise a ridere- Ma no, è solo la preside.
Jun aprì la bocca in un silenzioso “aaaah”.
-E’ la
madre di Mai-chan?- domandò poi.
La
ragazza annuì- Non pensavo ti ricordassi il nome di mia nipote.
-E’ difficile da dimenticare una bambina
così carina..molto diversa dalla zia.
Haruko spalancò gli occhi, pronta a ribattere a tono ma Matsumoto era già scoppiato in una limpida risata, che gli
stava illuminando il viso nonostante gli occhiali da sole ne nascondessero una
parte. Alla fine anche Haruko si mise a ridere.
-Sei arrivata- disse il ragazzo, fermandosi
davanti all’ingresso della metropolitana; al riparo sotto la tettoia, chiuse l’ombrello
trasparente.
-Ti ringrazio per il passaggio.
-E’ stato un piacere- rispose lui- E dimmi, quando
hai il prossimo turno al bar?
-Perché lo vuoi sapere?
Matsumoto scrollò le spalle e sorrise- Per evitarti o
magari proprio per trovarmi lì al momento giusto.
Haruko scrutò il ragazzo un istante. Se non fosse stato un
famosissimo idol osannato da centinaia di ragazzine
avrebbe detto che stava flirtando; ma non poteva essere, giusto?
Fece
qualche passo indietro, verso i tornelli della metropolitana.
-Non sono solita dire i miei orari di lavoro
agli sconosciuti- rispose sorridendo; se stava flirtando, tanto valeva stare al
gioco.
-Allora dimmi solo una cosa- Jun sollevò un poco gli occhiali da sole, in modo da
guardarla negli occhi- In realtà hai sempre saputo chi fossi, vero?
Haruko si mise a ridere -Dovrai tenerti il dubbio.
Fine
capitolo due
NOTE
*futon:
tipico
materasso giapponese, generalmente steso direttamente a terra o su tatami (tradizionale pavimentazione
giapponese)
*shoji: sono dei
divisori, che posso fungere anche da porte e finestre. Sono composti da legno o
bamboo, per l’intelaiatura, e da carta. Al giorno
d’oggi sono usati anche materiali plastici.
*kotatsu: basso tavolo
giapponese, fornito di coperta e dotato di un sistema di riscaldamento,
generalmente elettrico. http://www.unplggd.com/uimages/unplggd/101508Kotatsu-04.jpg
*ittekimasu: espressione che utilizza la persona che se ne và da un luogo, con il sottointeso di farci ritorno.
Letteralmente infatti significa “vado e torno”. La persona che resta risponde “itterasshai”.
*questa
è la foto cui mi riferisco
http://4.bp.blogspot.com/_B0kDzelDR14/SWNuYDrKLnI/AAAAAAAAErk/j_xwqFBLJ9s/s200/arashi_we_can_make_it_re.jpg
*konbini: piccoli supermercati aperti 24 ore su 24.
*bentou: pranzo monoporzione, preconfezionato. Può essere
preparato a casa (tipo pranzo al sacco, per intenderci XD) oppure acquistato
nei supermercati.
*Roppongi:
famoso quartiere di Tokyo, molto alla moda.
*il
nome di Haruko è scritto con i kanji
di HARU春 “primavera” e KO 子
“bambino, figlio” quindi il suo nome significa “figlia della primavera” ma in
giapponese esiste anche il verbo HARU貼る “appiccicare,
attaccare” ed ecco spiegata la battuta di Jun XD
Con questo mio
scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere delle persone citate, nè offenderle in
alcun modo