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Autore: emmevic    18/07/2011    7 recensioni
Cit/: Alla bambina dai capelli rosa piacevano molte cose, dalle caramelle gommose alle cicche al gusto di fragola, dai vestitini color avorio alle gonnelline rosso fuoco, dai giocattoli per le bambine agli accessori più da signorina. Lei non faceva preferenze, le bastava avere qualcosa tra le mani con cui dar sfogo alla sua fantasia o con cui colorare i suoi sogni ed era contenta. Le bastava poco.
Queste cose Sasuke le aveva apprese osservando con attenzione, tutti i pomeriggi, quella bambina che giocava nel cortile sul quale si affacciava la sua piccola finestrella.
Quel cortile e quella bambina gli sembravano quasi appartenenti ad un altro mondo.
Ad ogni modo questa storia era iniziata tutta per pura noia, infatti Sasuke aveva cominciato a spiarla con il puro intento di passare del tempo; perché non aveva nient'altro da fare.
D'altronde cos'altro avrebbe potuto fare?

[ Alternative Universe ]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Come un fiore'
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A Panda chan

La bambina dai capelli rosa

Alla bambina dai capelli rosa piacevano molte cose, dalle caramelle gommose alle cicche al gusto di fragola, dai vestitini color avorio alle gonnelline rosso fuoco, dai giocattoli per le bambine agli accessori più da signorina. Non faceva preferenze, le bastava avere qualcosa tra le mani con cui dar sfogo alla propria fantasia o con cui colorare i suoi sogni ed era contenta.
Le bastava poco.
Queste cose Sasuke le aveva apprese osservando con attenzione, tutti i pomeriggi, quella bambina che giocava nel cortile sul quale si affacciava la sua piccola finestrella. Quel cortile e quella bambina gli sembrava quasi che appartenessero ad un altro mondo.
Questa storia, poi, era iniziata tutta per pura noia, dal momento che Sasuke aveva cominciato a spiarla con il puro intento di passare del tempo, non avendo nient'altro da fare. D'altronde cos'altro avrebbe potuto fare?
E dopo ore, giorni, mesi, questa nuova attività aveva preso una piega differente, era divenuta un qualcosa di diverso da un semplice passatempo, era divenuta una routine, qualcosa da dover fare a tutti i costi, qualcosa che si era scavata nel suo piccolo petto un posticino preciso.
Così dal primo giorno in cui aveva puntato fuori il proprio sguardo, Sasuke aveva preso l'abitudine di accostarsi alla finestra con fare indifferente per osservare la bambina che tanto serenamente continuava a giocare nel cortile di casa.
Si chiedeva come facesse ad essere così spensierata, soprattutto per questo la studiava con fare indagatore.
Ma un giorno questa nuova quotidianità si spezzò e il bambino, spinto dal desiderio di sapere, di conoscere, si decise a scendere in strada per raggiungere quel cortile.
Voleva osservare più da vicino la strana creatura dai capelli rosa e finalmente scoprire il segreto della sua felicità. A conti fatti voleva indoviare solo un particolare: cosa quella bimba ci trovasse di tanto divertente nella vita.
Perché a lui la vita non piaceva più da tempo, da quando i suoi genitori e il suo adorato fratello l'avevano abbandonato, lasciato solo a causa della dannata guerra. Perché nemmeno sua mamma era stata risparmiata da quell'orribile mostro che aveva distrutto migliaia famiglie.
E ora per questo lui era costretto a condividere i propri spazi, la propria stanza, i propri ricordi con gli altri; perché nell'orfanotrofio non avrebbe potuto esserci intimità, perché nell'orfanotrofio l'unica parola importante era comunità. In altre parole si era dovuto adattare.
Mentre pensava a tali cose Sasuke aveva già attraversato la strada e nel momento stesso in cui si era reso conto che i suoi piedi l'avevano condotto proprio in quel cortile, i suoi occhi si puntarono avidi sulla figura che gli si trovava innanzi.
In quel momento l'unica cosa che gli passò nella mente fu sapere finalmente cosa quella bambina ci trovasse di bello nel vivere.
«Ciao, chi sei?»
La voce della bimba dai capelli rosa riscosse improvvisa i pensieri di Sasuke, pareva che lei si aspettasse una risposta da parte sua, una risposta che però tardava ad arrivare. L'altro taceva infatti, osservandola.
«Io mi chiamo Sakura, Sakura Haruno.»
Il sorriso che comparve sulle labbra della bambina mentre pronunciava tali parole riscaldò in maniera del tutta anomala, come non succedeva da tempo, il cuore di Sasuke, l'aveva addirittura momentaneamente paralizzato.
Ma non per questo il bambino si decise a parlare, rimase infatti completamente immobile davanti all'espressione allegra di Sakura, la quale, davanti al suo silenzio, non si scoraggiò, anzi, a dirla tutta, parve allargare maggiormente il sorriso.
Dovevano piacerle le sfide.
«Se ti va, puoi giocare con me.»
Accogliendo l'esplicita richiesta, Sasuke si sedette affianco alla bambina, non si accostò però ai giochi che, molteplici, la circondavano. D'altronde era lì per un altro motivo, certamente non per giocare. Così, tutto d'un tratto, osservandola e studiandola più da vicino, il bambino si accorse per la prima volta del paio di occhi verdi che ornavano il viso di Sakura.
Erano grandi, profondi, espressivi e soprattutto verdissimi, di quel verde che ti fa pensare ai prati e alla primavera, constatò accigliato.
E a lui la primavera era sempre piaciuta, gli ricordava i bei tempi, quando, spensierato, correva per i prati e i campi assieme al suo fratellone senza alcuna preoccupazione, senza il terrore che qualche bomba potesse cadere dal cielo o che qualche colpo, scappato ad un inesperto soldato, lo colpisse.
Comprese quindi con stupore che quegli occhi gli piacevano, li adorava addirittura.
«Perché sei triste?»
Quando le parole pronunciate da Sakura vennero codificate dal cervello di Sasuke, l'unica cosa che il bambino poté fare fu alzare un sopracciglio con fare interrogativo, come poteva quella bimbetta comprenderlo in maniera tanto chiara dopo così poco tempo?
«Non sono triste.»
Nonostante le parole, la bambina sembrò poco convinta, con sguardo dubbioso squadrò infatti la minuta figura di Sasuke quasi a fissare nella propria memoria ogni minimo particolare.
«Allora perché non sorridi?»
La domanda lecita di Sakura prese in contropiede Sasuke, giusto: perché non sorrideva?
Al pensiero del motivo per cui le sue labbra non si tiravano in un sincero sorriso da tempo, il cuore del bambino perse dolorosamente un battito.
Lui non rideva più da quando aveva visto per l'ultima volta il volto dei propri familiari, da quando era rimasto solo come pochi altri, solo in mezzo ad una massa urlante e recalcitrante di bambini nella sua stessa situazione.
Girando repentinamente la testa di lato con fare vagamente stizzito Sasuke nascose gli occhi leggermente lucidi; non poteva farsi vedere da qualcuno in quello stato.
«Sai, la mia mamma dice sempre che è buona educazione rispondere alle persone.»
Pur continuando a tenere la testa di lato il bambino gettò un veloce sguardo sulla fanciulla dai capelli rosa, il tono che aveva usato non sapeva nè di rimprovero nè di delusione, era una semplice constatazione e ciò lo stupì.
A molti non piaceva il suo modo di fare.
«Anche la mia mamma lo diceva sempre.»
«Perché, adesso non te lo dice più?»
Gli occhi di Sasuke si richiusero un attimo al ricordo di Mikoto, nel tentativo di placare il dolore che l'aveva travolto.
Non aveva affatto voglia di autocommiserarsi.
«Quella ora è la mia casa.»
Con un ampio gesto della mano Sasuke indicò la palazzina decadente e sbiadita che stava al di là della strada, non avendo la voglia di spiegare la storia, indicarle l'orfanotrofio fu quindi più che sufficiente per mettere le cose in chiaro.
«Ma quella è la casa dei bimbi soli, vuol dire che...»
Improvvisamente il sorriso che aveva continuato a persistere sulle labbra di Sakura si affievolì fino a scomparire del tutto, era stata colpita nel segno.
«Mi spiace. Se vuoi però ti posso prestare la mia mamma, così ne avrai una anche tu!»
Il repentino cambiamento d'umore della bambina lasciò Sasuke leggermente confuso, Sakura aveva infatti ripreso l'iniziale entusiasmo e ora un sorriso rassicurante le lambiva nuovamente le labbra.
Il bambino la guardò stralunato.
«A me non serve una nuova mamma.»
«E allora perché non giochi assieme a me e stai qui fermo a guardarmi in modo così triste?»
Il tono di Sakura si era fatto via via più fievole, forse aveva compreso l'inadeguatezza della propria domanda.
Questa volta però fu il suo momento di stupirsi quando gli occhi di Sasuke, decisi, si puntarono nei suoi.
«Cos'è che ti fa sorridere?»
Tipico di Sasuke rispondere ad una domanda con un'altra domanda.
A seguito di tali parole il viso di Sakura si contrasse in una smorfia di concentrazione, poi improvvisamente si distese.
Forse finalmente Sasuke avrebbe scoperto il segreto della sua felicità.
«Sorrido perché mi vogliono bene!»
Gli si impastò la bocca. Lui non si aspettava quella risposta, non che sapesse cosa rispondere, ma quella non era di certo la risposta che si aspettava.
Sasuke, sconsolato, abbassò lo sguardo. In quel momento gli sembrava molto più interessante osservare i ciottoli del cortile sotto di lui.
Sakura si accorse troppo tardi dell'errore commesso, come riparare ora?
«Sai, anche se ci siamo appena conosciuti, io ti voglio bene lo stesso.»
La schiettezza con cui la mente della bambina aveva formulato tale pensiero e, allo stesso modo, la sua lingua l'aveva pronunciato, era sorprendente.
Anche Sasuke dopo quelle parole la guardò attonito.
Almeno ora il suo sguardo lo rivolgeva a lei, e non ai sassi del cortile, constatò soddisfatta Sakura.
Inaspettatamente però quell'attimo quasi magico si ruppe, quando la campanella dell'orfanotrofio prese a suonare: era l'ora della merenda e tutti i bambini erano chiamati a raccolta.
Prima di andare Sasuke lanciò un ultimo sguardo alla bambina e con tono che avrebbe voluto essere indifferente, ma che non lo fu, pronunciò poche parole.
«Il mio nome è Sasuke Uchiha.»
Dopo di ciò attraversò la strada senza più voltarsi ed entrò in fretta nell'edificio giallo sbiadito con un'espressione indecifrabile, probabilmente irrilevante agli occhi degli altri, ma piena di significato per lui.
Quello che appariva sul suo volto era infatti un abbozzo di sorriso.
Intanto Sakura osservava in silenzio la figura di Sasuke allontanarsi fino a scomparire nel grande palazzo decadente con il solo intento di tenere nella mente, stretto come un tesoro, il nome del bambino dagli occhi carbone.
La sicurezza che l'indomani l'avrebbe rivisto, così come il giorno dopo e il giorno dopo ancora, le scaldò il cuore.
Perché lei era l'unica ad aver fatto breccia nella sua dura scorza, ne era sicura, ed era fermamente convinta che l'indomani l'avrebbe rivisto e chissà, forse avrebbe anche giocato con lei.


   
 
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