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Autore: lete89    19/07/2011    1 recensioni
David si schiarisce la gola, cercando di guadagnare qualche minuto prima di dire qualcosa che, lo sente, manderà su tutte le furie la collega. –Non avevano detto che era stato un incidente?- si arrischia a chiedere, prima di svoltare sicuro verso sinistra ed immettersi nella Brodway.
-Una fuga di gas, per la precisione- lo corregge Connie, sfogliando tutte le teorie elaborate in quegli anni di indagini non autorizzate.
-E tu non ci credi?- domanda, prima di dirigere la macchina nel parcheggio del luminoso New Scotland Yard .
Connie si limita a stiracchiare un sorriso, scuotendo la testa e accarezzando la mano del collega sul freno a mano. –Lascia stare- borbotta, per poi scendere veloce dalla macchina.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Peter Minus, Severus Piton, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Lì per lì le era sembrata una buona idea

 

 

 

Lì per lì le era sembrata una buona idea. Già.

Se non avesse ricavato informazioni utili, avrebbe almeno fatto una buona azione, no?

In fondo, una sola era, effettivamente, la prova che aveva. E quindi era da lì che dovevano partire le indagini, giusto?

Eppure, in quel momento, Connie pensa che quella non sia stata in effetti una buona idea.

-Sì?- ripete la donna, sorridendo incoraggiante all’agente che, in abiti civili, cerca di trovare una posizione comoda su quella sedia troppo imbottita.

Connie si schiarisce la voce, imbarazzata di fronte a quello sguardo limpido e, in qualche modo, perso.

-Signora Minus, sono Constance White… si ricorda?- ripete per la centesima volta in quell’ora.

La donna annuisce con impeto, stringendo ulteriormente le mani ossute attorno al polso della ragazza, ormai cianotico.

Connie sorride intenerita dalla voglia di chiacchierare dalla donna. Non deve ricevere molte visite. La stanza della casa di riposo è abbastanza accogliente, con la coperta di un rilassante blu oltremare e le pareti di un delicato color pesca. La televisione, costantemente accesa, emana una luce azzurrina sul mobiletto di legno chiaro dove è appoggiata. Vicino alla porta d’entrata, invece, è appesa una cornice, unico oggetto dall’aspetto di valore nella piccola stanza.

-Vorrei farle qualche domanda su suo figlio, Peter…- azzarda, parlando lentamente e alzando il tono di voce perché l’interlocutrice, sorda dall’orecchio sinistro, come recita la cartella medica appesa al letto, possa capire bene.

–Oh, il mio Peter- chioccia la donna, con gli occhietti azzurri brillanti di emozione.

-E’ proprio un bravo ragazzo, sa- continua, sistemandosi meglio sul bordo del letto e accomodandosi lo scialle di lana sulle spalle strette. –Adesso è a scuola, ma quest’estate tornerà a casa a passare le vacanze- continua, lasciando la stretta dal polso della ragazza che, lesta, ritira con un sospiro la mano.

L’anziana donna infila a fatica le pantofole e, una volta impadronitasi del cigolante girello affianco al letto, muove qualche passo incerto verso il comodino. Connie si alza in piedi di scatto, preoccupata per l’ondeggiare instabile della schiena della donna.

Più agilmente del previsto, però, la signora Minus afferra quello che sembra un vecchio album di foto dal cassetto, tornando affianco all’ospite con un sorriso sdentato ma smagliante.

-Sa, all’inizio ero molto preoccupata per lui- le confessa, cercando di riprendere fiato per la fatica che quella semplice operazione le ha portato. –Peter è molto timido, fatica a inserirsi in un gruppo. Però l’estate del primo anno mi ha detto di aver trovato un mucchio di amici davvero speciali- confessa, accarezzando con tenerezza la copertina del consunto album di foto.

-Che scuola frequentav… frequenta, suo figlio?- si corregge Connie, visibilmente in difficoltà nel parlare al presente di un ragazzo morto ormai da undici anni.

La signora Minus estrae dalla tasca un paio di cioccolatini, offrendogliene raggiante uno. –Hogwarts, naturalmente- risponde poi, con la bocca impiastricciata di cioccolato.

Connie aggrotta perplessa la fronte, per poi estrarre prontamente dalla tasca la solita agendina. Ogwatz? appunta, diligentemente, aggiungendo un punto di domanda come promemoria della ricerca che dovrà fare su quell’istituto che, sinceramente, non ha mai sentito.

-Oh, eccolo qui, il mio piccolo!- trilla allegra la donna, indicando una vecchia foto dove, un bambino pallido e smunto, di circa cinque anni, fissa con infantile curiosità la macchina fotografica. –Ha proprio dei bellissimi occhi- interviene Connie, avvicinandosi un po’ alla fotografia per osservare il volto sorridente del piccolo.

-Oh, li ha presi da mio marito- sorride l’anziana, accarezzando con l’indice nodoso i tratti delicati del piccolo. –Era proprio un bell’uomo, sa. Gentile, dolce… e non mi ha mai fatto pesare di essere di un mondo diverso dal suo- insiste, con una nota di malinconia e amore nella voce.

Connie annuisce falsamente comprensiva, appuntando diligentemente sull’agenda: padre altro mondo. Straniero?

Dopo una lunga rassegna di vecchie foto –il primo giorno dell’asilo, le vacanze in Scozia a trovare zia Charlotte-, l’anziana sobbalza stupita.

-… e questa qui, invece, è una foto di lui a scuola, scattata con i suoi amici quando… oh! Che peccato!- si lamenta sottovoce.

Connie si sporge maggiormente verso la pagina, osservando la foto dai bordi sfilacciati.

E’ un paesaggio. Sullo sfondo si vede chiaramente un lago, abbastanza grande, poi un albero dall’aria minacciosa e poi prati e foreste.

Curiosa una foto del genere in un album di famiglia.

-Ogni tanto mi fanno di questi scherzetti!- ridacchia la donna, iniziando a scuotere con piccoli colpetti l’album. –Ehi, voi! Avanti, venite fuori! Ho qui un’amica che vuole conoscervi!- urla verso il paesaggio.

Connie spalanca gli occhi, indecisa se chiamare subito un’infermiera o aspettare che la crisi passi da sola.

-Che dispettosi…- si lamenta poco dopo la donna, arricciando le labbra raggrinzite in una smorfia per poi voltarsi con aria complice verso l’ospite. –Fortuna che ho un’altra foto, così li può vedere!- le dice sottovoce, con aria complice.

Connie sorride intenerita dalla malattia della donna, osservando con curiosità le altre foto nella pagina seguente.

-Sa, quest’altra gliel’ho scattata io un’estate che Peter me li aveva portati tutti a casa per farmeli conoscere!- l’informa sorridente fermandosi a un certo punto a una pagina.

-Ecco, questo qui è il mio Peter!- le annuncia, indicando in una foto un ragazzone di circa diciassette anni che sorride divertito. Connie si morde un labbro. Sì, adesso lo riconosce. E’ lo stesso ragazzo che ha visto nel ritratto messo in mostra come ricordo il giorno del funerale. Certo, quando è stata scattata quella fotografia, non immaginava di finire morto carbonizzato qualche anno dopo.

-Quello al suo fianco è invece Remus, Remus Lupin- ricorda la donna, segnando un ragazzo allampanato e dall’aria malaticcia.

Connie storce la bocca, appuntando anche quel nome sull’agendina. -E questa ragazza?- domanda poi, indicando con la punta dell’indice una giovane dall’aria gentile seduta su una sedia.

-Lily Evans- annuisce la signora Minus, scostando la mano per rendere più visibile l’altra metà della foto. –Oh, era proprio una bella ragazza, non trova?- le domanda, scuotendo tristemente la testa.

-Era?- puntualizza Connie titubante. Beh, Lily in fondo era un nome comune, poteva essere una coincidenza. Segna anche quel nome sull’agenda con vicina una piccola croce, simbolo di morte.

-Oh sì, povera cara- continua l’anziana, umettandosi le labbra secche. –E’ morta l’estate dopo questa foto. Lei e suo marito, questo qui- conclude lasciando all’ospite tutto l’album perché potesse osservare bene la foto.

Connie, all’improvviso, impallidisce.

-Qu-questo?- balbetta, isterica, acutizzando la voce e indicando concitata un ragazzo che, scherzoso, sta stritolando in un giocoso abbraccio il collo dell’amico.

-Oh, no! L’altro! James Potter- la corregge con pazienza la donna, indicando a sua volta il ragazzo con gli occhiali stretto dall’altro.

Connie, improvvisamente sudata, afferra tremante l’agenda, appuntando con forza quell’ulteriore notizia. No, non può essere una coincidenza. Quelle parole… Lily e James, Sirius! Come hai potuto?

-E cosa sa dirmi di quest’ultimo?- si sforza di chiedere, sperando che la donna non si accorga del tremore della voce.

-Un ragazzo simpatico, sempre pronto a scherzare. Un po’ troppo scanzonato, secondo me ma, cosa vuole, i giovani…- le racconta la donna, ridacchiando allegra. Connie, sulle spine, sottolinea gli ultimi nomi sentiti, in ansia.

-Si ricorda come si chiama?- trova il coraggio di chiedere, alla fine.

-Peter me ne parlava sempre, sa. Ne facevano di tutti i colori loro quattro! Lui era… sì, ne sono sicura. Sirius Black-.

Centro.

Connie spalanca gli occhi soddisfatta.

Allora non era solo una sua impressione!

Non poteva essere una coincidenza, lo sapeva!

Il volto del ricercato e il ragazzo che ricordava litigare per strada quel due novembre erano la stessa persona!

Black!

Scrive quel nome sull’agenda con foga, cerchiandolo diverse volte e mettendo molteplici punti esclamativi.

-La ringrazio signora Minus, davvero. Mi è stata di grandissimo aiuto- la saluta Connie, alzandosi dalla sedia e notando solo in quel momento, gli occhi acquosi e persi dell’anziana.

-Lei chi è?- le domanda, con un sorriso fiducioso e tenero.

Connie inghiotte a fatica, rimettendosi la giacca. –Sono… sono una vecchia amica di Peter- mente alla fine, avvicinandosi all’anziana e respirando il dolce profumo di menta che emana.

-Oh, il mio Peter! E’ proprio un bravo ragazzo, sa. Adesso è a scuola, ma quest’estate tornerà a casa a passare le vacanze- le ripete, notando solo in quel momento di avere il vecchio album di fotografie sulle ginocchia.

-Vuole vederlo?- le domanda, iniziando a sfogliare a ritroso le foto, fino a tornare al paesaggio soleggiato.

Connie le bacia la fronte, sorridendole poi con tenerezza. –La prossima volta- le promette, allontanandosi prima di essere trattenuta dalla donna che la fissa dispiaciuta.

Poco prima di uscire, però, si blocca al suono della sua voce. –Oh, eccovi qui!- le sente dire, rivolta alla foto di prima. –Si può sapere dove vi eravate cacciati? La signorina di prima voleva tanto vedervi! Mascalzoni! Avrà pensato che sono una vecchia rimbambita!- scherza.

Connie scuote la testa, soffermando un attimo lo sguardo sulla cornice vicino all’uscita.

Ordine di Merlino, prima classe. In memoria dell’eroico Peter Minus1 legge, perplessa. Non aveva mai sentito parlare di quel riconoscimento prima d’ora. Per precauzione, appunta anche quello sull’agendina, per poi uscire elettrizzata dalla struttura.

Finalmente!

Finalmente dopo anni di ricerche ha una traccia!

Finalmente ha trovato un collegamento fra quel Black e il povero Peter Minus!

Sapeva di non esserselo sognato! Lei… si blocca all’improvviso, fissando sorpresa l’uomo che, tranquillo, la fissa appoggiato alla propria autovettura.

-Che ci fai tu qui?- lo aggredisce, appena raggiunta la macchina.

David Canter si toglie gli occhiali, ridacchiando dell’irruenza della giovane partner. –Sono di pattuglia- mente, alzando le spalle e aumentando esponenzialmente la rabbia della collega.

-Eugene. E’ stato lui, vero? Ti ha detto di seguirmi!- lo accusa, accigliata, per poi voltargli le spalle e incamminarsi a passo di marcia lungo la strada.

-Per la cronaca, secondo il mio rapporto tu sei stata tutto il giorno a casa di Chester, a giocare con tua nipote!- le urla dietro David, aspettando.

Connie si blocca in mezzo alla strada, brontola qualcosa di poco carino e torna a passo spedito dal collega.

-Perché?- si limita a domandargli, imbronciata.

Dave ridacchia soddisfatto, senza notare quanto questo gesto abbia abbassato l’aggressività dell’agente. –Beh, fra partner ci si aiuta, no?- le risponde con leggerezza, appoggiandosi meglio alla macchina e adocchiando la famosa agenda stretta fra le mani della ragazza.

-Che vuoi in cambio?- sbuffa Connie, squadrando la figura atletica del ragazzo e maledicendosi perché, lo sente, è arrossita.

David piega la testa di lato, accennando all’agendina con un movimento brusco del mento. –Voglio partecipare-.

-No-.

-Connie…-

-Senti Dave, grazie, davvero, lo apprezzo ma… non so neanch’io a cosa vado incontro. Forse sarà solo un buco nell’acqua- ammette a malincuore, riponendo con velocità la preziosa agenda nella tasca della giacca.

-Stai indagando sulla Strage?- le chiede, improvvisamente serio.

-Strage? Perché dovrei? E’ stata solo una fuga di gas, no? Cosa c’è da indagare?- ironizza la ragazza, alzando gli occhi al cielo.

David indurisce lo sguardo. –Per il rapporto, non per te-.

-Sono solo una ragazzina che non accetta la morte del padre…- canticchia Connie, ripetendo le parole che lo psicologo da cui era stata in cura dopo l’esplosione diceva spesso a sua madre.

-Raccontami quello che sai e poi deciderò- le dice schietto il collega, per poi voltarsi fulmineo verso di lei e afferrale con entrambe le mani le spalle. A quella distanza, Connie sente l’odore di tabacco delle sigarette che il collega fuma sempre durante gli appostamenti.

-Connie, puoi fidarti di me-.

Le sue difese sono definitivamente crollate.

Davanti a una coppa esagerata di gelato, comodamente seduti a un angolo di un piccolo bar di periferia, Connie White e David Canter si fissano, emozionati.

-Che… che cosa sai?- gli domanda la ragazza, iniziando a intingere il cucchiaino nel dolce.

-Che non hai mai creduto alla versione ufficiale della polizia, che non hai mai smesso di cercare indizi e informazioni e che, in questi giorni, è successo qualcosa che ha dato una svolta alle indagini- sintetizza David, ingoiando con poca grazia una cucchiaiata di gelato e rabbrividendo per il freddo.

Connie sospira, iniziando a sfogliare l’agenda sul tavolo.

-E’ successo tutto il due novembre del 1981. Io e papà stavamo andando al Bermondsey Market2, alla ricerca di qualche moneta per ampliare la sua collezione- inizia a raccontare, accarezzandosi automaticamente la mano che, ricorda, il padre le stringeva in quella luminosa mattina.

-Avevamo appena imboccato Tooley Street quando un ragazzo mi spintonò di lato, facendomi quasi cadere- continua, abbassando la voce e socchiudendo gli occhi, mentre le immagini del volto rabbioso di Sirius Black le riaffiorano alla mente.

-Papà mi afferrò al volo, stringendomi forte, ma con lo sguardo fisso dall’altra parte della strada-. Si schiarisce la voce, mangia un paio di cucchiaini di gelato. Non fatica molto a collegare la figura di spalle che, terrorizzata, corre sull’altro marciapiede e il povero Peter Minus visto prima nelle foto della madre.

-Papà si alzò insospettito, muovendo i baffi in quel modo buffo, come faceva sempre quando pensava…- ridacchia, ricordando quell’ondeggiare lento e ipnotico dei baffi inglesi del padre.

-Sai, lui si vantava sempre di capire se qualcuno stava per fare una sciocchezza dallo sguardo. Diceva di vedere un lampo di follia negli occhi dei sospettati che arrestava, prima che rispondessero al fuoco o cercassero di scappare. Per questo, diceva, era un bravo poliziotto- sorride, ricordando il discorso che diceva con tono solenne a lei o a suo fratello per prevenire le loro marachelle.

-Si è alzato e mi ha detto di allontanarmi il più velocemente possibile, di correre senza voltarmi- ripete, ricordando il tono serio e la faccia corrucciata del padre mentre la sua mano si separava da quella della figlia e andava a scostare il soprabito per togliere la sicura alla pistola e lasciando l’arma in vista.

-Naturalmente gli ho chiesto perché, che cosa stesse succedendo… poi mi sono voltata e ho visto due ragazzi litigare in mezzo alla folla a qualche metro da noi. Un paio di curiosi si erano fermati ad ascoltare che cosa si stavano dicendo, altri li scostavano incuranti. Fra i brusii generali si sentiva singhiozzare “Lily e James, Sirius! Come hai potuto!”3 -.

Connie ripensò velocemente ai volti sorridenti della ragazza e del ragazzo in quella foto, ricollegando immediatamente l’informazione della loro morte a quella frase. Lo segna con urgenza vicino agli ultimi appunti, sotto lo sguardo professionale del collega.

-Papà mi ha detto di correre e poi si è allontanato verso i due, gridando “agente di Scotland Yard, fate passare!”-. Espira lentamente, ricordando l’impermeabile crema sparire fra i corpi della gente che affollava quella via.

-Mi sono messa a correre, Dave. Ho corso come mai in vita mia- sussurra, cercando di nascondere il tremore della voce con scarsi risultati.

-Poi ho sentito un’esplosione, un boato terribile. Quando ho aperto gli occhi ero per terra, coperta di polvere e sassolini. Quando mi sono voltata ho visto un’enorme voragine, corpi stesi a terra, sangue, detriti. In mezzo a quella desolazione, ricordo una figura, l’unica in piedi. Era uno dei ragazzi di prima e… rideva, oh Dave! Rideva, rideva come non ho mai sentito ridere nessuno!4 - confessò Connie, allungando le mani sul tavolo e afferrando con forza quelle forti del collega.

-Un attimo dopo era circondato. Non so da dove fossero arrivati, prima non c’erano e subito dopo erano lì! PUFF! Comparsi dal nulla!- gli dice, agitandosi sulla sedia e bloccando lo sguardo sugli occhi espressivi e tranquillizzanti del partner.

–Dovevano essere una ventina… gli hanno puntato addosso qualcosa, sembrava… non so, era come la canna di un fucile, ma più sottile! Ero ancora intontita dall’esplosione e comunque troppo lontana per vedere chiaramente. Alla fine gli sono saltati addosso, lo hanno immobilizzato5. In quel momento sono arrivati i primi soccorsi, ricordo le sirene delle ambulanze e gli infermieri avventarsi sui corpi alla ricerca di sopravvissuti-.

Dave mantiene lo sguardo fisso su quello della collega, per poi schiarirsi la voce. –Quegli uomini… indossavano una divisa? Avevano un qualche stemma di riconoscimento?- s’informa, ripassando mentalmente le divise e i simboli delle squadre speciali del Regno Unito.

Connie scuote lenta la testa. –Nulla. Avevano vestiti scuri e… sì, alcuni di loro indossavano un mantello mi sembra…-

David annuisce piano, schioccando la lingua. –Poi?-

La ragazza sbuffa, massaggiandosi con la mano libera la tempia.

-L’ospedale. Mamma mi raggiunse quasi subito, con Chaz in lacrime. I dottori le dissero che ero lontana dal centro dell’esplosione, per questo mi ero salvata però ero disorientata, stordita, parlavo in modo confuso…-

-PTSD- diagnostica lapidario David, accarezzandole con il pollice il dorso della mano.

Connie annuisce solamente, mordicchiandosi un labbro. –Già. Per più di tre mesi non ho ricordato nulla di quanto accaduto. Poi, poco alla volta, le immagini mi sono tornate alla mente…-

David stiracchia le labbra. –E allora?-

La ragazza sbuffa, voltando le pagine dell’agenda. –Allora l’ho detto a mamma e lei ha chiamato subito Eugene- ricorda, mentre l’immagine di quello che, oltre ad essere il più caro amico del padre, ne era stato per molti anni anche il partner.

-E lui?- s’informa prontamente il ragazzo, arricciando le labbra pensieroso.

-Ha chiesto a mamma se ne avevo parlato con qualcuno, poi mi ha raccomandato di fare attenzione. Ha detto che di lì a qualche giorno sarebbero venute delle unità delle squadre speciali a farmi delle domande e che dovevo dar loro i referti medici, far finta di non ricordare davvero nulla. E… di dimenticare tutto- conclude, con un filo di voce.

 

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Note:

 

1.    “Minus ricevette l'Ordine di Merlino, Prima Classe, alla memoria” da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

2.    Uno dei mercatini più veri e meno turistici di Londra, tra Abbey Square e Tower Bridge Road. Tooley Street è una strada vicina

3.    Ci hanno raccontato come Minus ha affrontato Black. Dicono che singhiozzava: 'Lily e James, Sirius! Come hai potuto!'” da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

4.    A volte me lo sogno ancora. Un cratere al centro della strada, così profondo che aveva distrutto la fognatura. Corpi dappertutto. Babbani che urlavano. E Black li in piedi che rideva davanti a ciò che era rimasto di Minus...” da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

5.    Black fu portato via da venti uomini della Pattuglia della Squadra Speciale Magica”; da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

   
 
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