Salve
gente. Sono “tornata” e mi scuso per la lunga
assenza, ma con la seconda
sessione d’esami concentrarsi su altro è stato
davvero impossibile.
Ringrazio chi continua comunque a seguire la storia. :)
A voi, un bacio, Panda.
16.
~
And are we out of sight or will our world come tumbling down?
Il
nostro segreto è al sicuro stanotte?
E noi siamo fuori dalla visuale o il nostro mondo
andrà in rovina?~
Quando uscimmo
dalla mia camera, prendemmo percorsi
diversi. Tremavo al pensiero di andare a pranzo e vedere Ian, lo
stesso Ian
che diceva di amarmi e che mi aveva ripetutamente sfiorata nei minuti
precedenti, toccare, sorridere o baciare mia cugina. Il solo pensiero
mi
dilaniava il petto in due. Ma… in fondo, ero stata io a
volerlo, no?
Mi passai una mano fra i capelli, cercando di darmi un contegno mentre
schiacciavo il tasto dell’ascensore.
Ian aveva preso le scale e saremmo entrati in momenti diversi, da porte
diverse. Mi sentii perfida, infima, meschina. Una persona che non
poteva fare
nulla alla luce del sole, che doveva giurare amore di nascosto, e
vivere di
baci rubati al tempo.
Mi morsi il labbro inferiore e mi appoggiai ad una delle pareti,
abbassando lo
sguardo. Le porte si aprirono al piano successivo e fui lieta di
incontrare il
viso di Shelly.
Sorrisi. «Ehi, Shelly.»
«Helen! Dove sei finita questa mattina?» chiese
abbracciandomi.
Deglutii a fatica. «Ecco… ero in piscina, poi sono
corsa a fare i bagagli.»
risposi abbozzando un sorriso.
«Tua cugina è fuori di testa. Non capisce cosa ti
prende. Cosa c’è che non va?»
Mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Ero stanca
di sentire
persone che mi chiedevano perennemente se ci fosse qualcosa che non
andava.
«E’ tutto okay, Shelly. Sono adulta,
oramai.» risposi sorridendole.
«Ma sei comunque la più piccola del gruppo.
È spontaneo preoccuparsi per te.»
Feci una smorfia, prima di abboccare un sorriso.
«Già.»
«Oggi pomeriggio vieni in spiaggia, no? E’
l’ultimo giorno… dato che domani
sera si parte e dobbiamo essere all’aeroporto nel
pomeriggio.»
Shelly era da sempre quella logorroica nel gruppo e spesso, quando
parlavo con
lei, non prestavo attenzione ad ogni parola… come in quel
momento. La lasciai
parlare e sentii a malapena cosa avesse da dire su Jared, quanto fosse
meraviglioso e di quanto lei lo amasse. Avrei potuto concentrarmi sulle
sue
parole per non pensare ad altro, ma era del tutto impossibile
poiché il tema
principale era l’amore. Perciò pensai di distrarmi
pensando all’oceano, ai
delfini… immersa nei miei pensieri non mi accorsi di essere
già arrivata in
sala pranzo. Il cuore parve perdere un battito.
Ian era seduto di fianco ad Abby, lo sguardo fisso nella mia direzione.
Aveva i
gomiti poggiati sulla tavola, le mani sulla tovaglia. Lei aveva un
braccio
intrecciato al suo e giocava con le sue mani inerti. Parlava con
Anthony che le
sedeva di fronte e cercò di attirare l’attenzione
di Ian senza riuscirci. Mentre
ci avvicinavamo al tavolo, lei seguii lo sguardo impassibile di Ian,
incontrando così il mio.
Sorrise, confusa. «Helen! Finalmente!»
esclamò.
Cercai di abbozzare un sorriso, sperando che la mia espressione non
apparisse
una smorfia. «Ciao.» dissi.
«Anthony mi raccontava della piscina.» disse con
divertimento poggiando le
tempia sulla spalla di Ian. Nei suoi occhi mi parve
d’intravedere uno spruzzo
di malizia e sfida.
No, mi dissi, no,
impossibile.
Il mio cuore singhiozzò.
«Oh.» riuscii solamente a dire, lì,
immobile, mentre Shelly prendeva posto
accanto ad Anthony e Jared, che baciò sulla labbra.
«Dai, vieni a sederti qui, vicino a me.» disse
battendo sulla sedia.
Deglutii rumorosamente mentre Ian si mosse sul posto.
Sorrisi flebilmente ed annuii col capo. Aggirai il tavolo, guardando il
pavimento rivestito di moquette rossa , e mi accomodai accanto ad Abby,
ancora
stretta ad Ian.
Avrei voluto alzarmi di scatto, urlare e scaraventare il mio piatto
contro il
muro, ma non potevo farlo. Strinsi i piedi attorno alle gambhe del
tavolo.
«Oggi è l’ultima sera. Dobbiamo fare
qualcosa di memorabile.» disse Anthony con
gli occhi che gli brillavano per l’eccitazione.
«Entro i limiti imposti dalla legge.» aggiunse Ryan
alzando un sopracciglio.
Anthony lo guardò prima di sbuffare. «Come sei
noioso.»
«Responsabile.»
Sorrisi e scossi il capo.
«Ti diverti con loro.» mi mormorò mia
cugina.
Non mi voltai a guardarla, cercai di tenere Ian lontano dal mio campo
visivo.
Così, fissai il cestino del pane. «Mi diverto con
tutti.»
«Con me no.»
«Andiamo, non essere ridicola.»
Per alcuni secondi, rimase immobile. Sospirò, poi si
voltò. Non parlammo per il
resto del pranzo.
«E’ la nostra ultima notte, ragazze.
Dev’essere memorabile.»
Io e Shelly ci guardammo, mentre Anthony si portava il bicchiere di Jin
Tonica
alle labbra, svuotando il bicchiere.
«Ora mi fai paura.»
Lui si avvicinò e sorrise maliziosamente. «Dai,
Helen. So che sei d’accordo con
me.», attirò l’attenzione di un
cameriere ed ordinò una tequila.
Alzai un sopracciglio. «Forse è meglio se non la
bevi. Anzi, questo è un
ordine.»
Eravamo in un locale in riva al mare, ci eravamo già stati
lì… quella sera in
cui Ian mi trovò sulla battigia.
«Che ne dite di un menage a troìs?»
chiese alzando ritmicamente le
sopracciglia.
Shelly sospirò e si poggiò allo schienale della
sedia, incrociando le braccia.
Io scossi il capo. «Taci, Anthony.»
«Siete senza spirito d’iniziativa,
ragazze.»
«Sei ubriaco.» sbottò Shelly dandogli un
pizzicotto sul braccio.
«Ora sto sanguinando.» ironizzò guardo
la parte di pelle colpita.
«Basta, è ingestibile.», Shelly
scattò in piedi. «Stacci dietro tu, io non ne
posso più. Vado a cercare gli altri.»
sputò allontanandosi.
Sospirai e mi passai una mano sul viso. Eravamo usciti da circa
un’ora ed
Anthony era già ubriaco. Gli altri ragazzi, inclusa Abby,
erano andati a
prendere da bere al bancone per poi fare un salto in riva al mare. Io
Avevo
convinto Anthony e rimanere, lì, con me, desiderosa di stare
il più lontana
possibile da mia cugina e Ian, il cui pensiero mi causava una
sistematica fitta
di dolore.
Forse, non era stata una buona idea.
In quel momento arrivò la tequila per Anthony.
«Sì, tequila, tu sei il mio unico
amore.» sorrise afferrando il bicchiere, ma
glielo tolsi di mano e rimase con l’arto a
mezz’aria. Si voltò a guardarmi,
fulminandomi.
«Dammela.» sibilò.
«No.»
Ridusse gli occhi a due fessure. «Helen, dammi quel
bicchiere. Ora.»
«Ho detto di no.» risposi con voce dura.
Allorché lui si alzò e si sporse verso me,
cercando di togliermi il bicchiere
di mano. Mi opposi, allontanandomi e alzandomi appena sulle gambe.
Persi
l’equilibrio esattamente come Anthony e la tequila mi
finì sul vestito rosso
che indossavo.
C’immobilizzammo e rimanemmo entrambi a guardarla grossa
macchina bagnata sul
mio vestito senza spalline. Sentii l’irritazione montare, la
rabbia ribollirmi
nelle vene.
«Sei un idiota!» esclamai spintonandolo tanto da
farlo ricadere sulla sedia.
«Mi dispiace!» rispose lui guardandomi negli occhi,
sinceramente pentito.
«Oh, Dio!», allargai le braccia e mi allontanai. Mi
voltai, prima di sparire
dalla folla. «vado in bagno e giuro, giuro su tutto
l’amore del mondo, che se
non ti trovo qui al mio ritorno con un bicchiere d’acqua
invece che di
qualsiasi alcolico, ti faccio diventare sterile.» sibilai.
Non mosse un muscolo. Si limitò a fissarmi, prima che mi
girassi per andare in
bagno. Tagliai per la pista da ballo, dando di tanto in tanto spallate
perché
nessuno era disposto a spostarsi.
Una volta arrivata alla toilette femminile presi della carta e cercai
di lavar
via un po’ di tequila aiutandomi con un po’
d’acqua, ma il risultato, come era
prevedibile, non fu dei migliori.
Poggia le mani sul lavandino e chiudi gli occhi, respirando a fondo.
Questa è l’ultima sera,
Helen, non
facevo che ripetermi. L’ultima sera.
Sì, dopo tutto sarebbe tornato alla normalità.
Oh, ma chi volevo prendere in
giro.
Consapevole di aver lasciato Anthony ubriaco al tavolo, da solo, scossi
il capo
e riavviandomi e capelli uscii dalla toilette e mi diressi verso il
tavolo,
tagliando ancora per la pista da ballo. Una volta arrivata
all’angolo, quello
dov’era il nostro tavolo pensai di aver sbagliato,
perché non vidi Anthony da
nessuna parte, Poi capii che, semplicemente, non c’era.
M’irrigidii. «Oh, oh.» mormorai a me
stessa, mentre spalancavo gli occhi e mi
guardavo intorno.
In quel momento, sì, peggio non poteva andare. Ovviamente,
mi sbagliavo.
Mezz’ora più tardi mi ritrovai a cercare Anthony
accompagnata da
Ryan.
Stavamo cercando sulla spiaggia, un luogo che m’incuteva
terrore, perché
ossessionata dalla vista di Ian stretto a mia cugina, una scena vista
troppe
volte e troppo crudele alla luce dei recenti avvenimenti. Ogni sagoma
avvolta
dall’oscurità era un sussulto.
«E’ come un bambino.»
«L’hai capito solo adesso?» sbuffai
incrociando le braccia al petto.
«Ha anche il cellulare staccato.»
«Potrebbe essersi appartato con qualche ragazza.»
«Perché, una ragazza si sarebbe appartata con un
ragazzo che puzza d’alcool? Di
solito è il contrario.»
«Mai dire mai. Sai, magari lei si è innamorata
guardandolo negli occhi.»
Ryan si voltò a guardarmi. «Ed io sono Nicole
Kidman, Helen.»
Roteai gli occhi. «Era un’ipotesi, Ryan.»
«Cosa farai dopo?» chiese lui voltandosi a
guardarmi, con espressione seria.
«Lo prenderò a pugni, credo… o almeno
ci proverò.»
«Non mi riferivo ad Anthony, Helen.»
«Oh.» chinai
appena il capo. «Ancora
non lo so. E’ tutto così difficile. Ma di una cosa
sono certa, Ryan, rinunciare
a lui sarebbe come smettere di respirare ed ho passato troppo tempo in
apnea.»
Nelle due ore successive alla ricerca del ragazzo perduto, si unirono
anche
Jared e Shelly, che aveva rinunciato ai suoi momenti di
tranquillità.
Cercammo un ovunque, in spiaggia, nel villaggio, nei locali, ma non
v’era
traccia di Anthony da nessuna parte. Stanchi e preoccupati, nel cuore
della
notte, tornammo in albergo sperando che fosse lì, in teoria
avrebbe dovuto, più
o meno, aver smaltito la sbornia.
Di tanto in tanto si intravedevano coppiette che tornavano in stanza,
tenendosi
per mano, e dovetti lottare contro me stessa per non piegarmi in due
dall’invidia.
«Hai provato a chiamare Abby?» mi chiese Shelly in
uno sbuffo.
Mi morsi l’interno della guancia. «Ha il cellulare
staccato.»
«Ian?»
Mi voltai a guardare un punto indefinito della siepe che circondava una
piscina, come se cercassi lì una risposta, ma qualcosa
attirò la mia
attenzione. Tre figure erano sedute sul bordo della piscina ed
affinando lo
sguardo, riuscii a vedere.
Sgranai gli occhi e mi pietrificai, tanto che Shelly mi
chiamò più volte, ma mi
voltai verso di lei solo quando mi scosse.
Imprecai e ringhiai, prima di dirigermi a passo pesante verso la
piscina,
scavalcando la siepe e graffiandomi le gambe.
«Cosa diavolo ti dice il cervello?» ringhiai con il
sangue che mi ribolliva
nella vene.
Le tre figure saltarono e contemporaneamente si voltarono, guardandomi
in modo
confuso.
«Hai idea di quanto ero in pensiero? Quanto ti abbiamo
cercato? Eh? Hai idea di
quanto io voglia strangolarti in questo momento?» urlai
dandogli una spintone
sulla spalla, tanto che, per non cadere in piscina, dovette reggersi ad
Ian.
«Helen, calmati per favore.» mi sussurrò
Ryan afferrandomi per un braccio.
«No che non mi calmo!» esclamai guardandolo.
«Sono ore che lo cerco! Gli avevo
chiesto di restare al tavolo mentre io pulivo il disastro che ha
combinato sul
mio vestito! E lui che fa? Se ne va e nessuno di loro è
rintracciabile sul
cellulare!» gridai fuori di me guardando Anthony.
«Oh, non capivo nulla!» si giustificò
lui.
«Mi sembra che ora non sia così.»
sibilai e, presa dalla rabbia, non notai che
Ian ed Abby si erano alzati dal bordo della piscina.
«Tesoro, calmati.» mi ammonii mia cugina
poggiandomi una mano sulla schiena.
«Non toccarmi!» esclamai.
«Ma cosa ti prende?»
«Cosa mi prende? Ho vagato in cerca di questo idiota per ore!
Preoccupata! E
nessuno qui mi ha avvisata!»
«Rettifico,» disse Shelly, «Abbiamo
vagato.»
«Mi dispiace, ragazzi…sul serio, Helen, non ho
pensato…»
Scossi il capo e sospirai, passandomi una mano fra i capelli.
«Me ne vado a
dormire. Buona notte.» e mi allontanai, contenta che quella
vacanza fosse
finita.
Un’ora dopo mi ritrovai stesa sul letto in posizione supina,
le dita incrociate
sul ventre. Ero stanca, avevo sonno, ma non riuscivo a dormire.
Avevo ignorato l’sms di Abby che mi chiedeva se era tutto
okay e se ero ancora
sveglia. La ignorai quando venne a bussare, ignorai anche Ryan. Avevo
solo voglia
di starmene distesa sul letto e rimuginare su un domani che appariva
una grande
incognita, un gigantesco buco nero. Ma, ora, ero stanca di starmene
lì, così mi
misi e sedere e dopo essermi guardata intorno, mi alzai, indossai un
paio di
calzoncini e afferrai una giacca di cotone che misi sopra la canotta.
Uscii lasciando il cellulare in camera e cominciai a vagare per
l’albergo,
prima di uscire e dirigermi verso la piscina. Tutte le luci erano
spente
eccetto quelle all’interno della vasca ed il loro bagliore
gettava fasci di
luce sulle sedie ed i muri, mentre le increspature dell’acqua
danzavano
rendendo tutto estremamente suggestivo. Camminai lungo il bordo della
piscina
per interminabili minuti, poi mi sedetti immergendo i piedi
nell’acqua,
muovendoli, facendola increspare ancor di più.
Rimasi lì, non so per quanto tempo, stretta nel mio golfino
di cotone, con la
mente immersa in quella piscina, desiderosa di non pensare al domani,
perché il
non sapere che cosa ne sarebbe stato di me, di Abby… di Ian,
mi angosciava, mi
faceva tremare e stringere lo stomaco in una morsa.
«Fa freddo qui.»
Sobbalzai e di scatto mi voltai guardando la figura alle mie spalle.
«Mi hai spaventata.» soffiai senza riuscire a
voltarmi, allontanare il mio
sguardo dall’oceano dei suoi occhi.
«Perdonami. Non era mia intenzione.»
mormorò con voce calda e roca, accennando
un lieve sorriso.
Sorrisi e mi voltai, chinando appena il capo.
«Perché sei qui?»
«Perché ci sei tu.»
Il mio cuore perse un battito.
«Come facevi a sapere che ero qui?»
«Ti ho vista dalla finestra accanto alla tua
stanza.»
Oramai era in piedi accanto a me, alzi il capo per guardarlo in volto.
«Sei stato in camera mia?»
«Avevo bisogno di vederti, Helen.» disse , e la sua
voce era denso miele.
«Davvero?»
Rise sommessamente. «E’ così difficile
da credere?» domando sedendosi accanto a
me, immergendo anche lui i piedi nell’acqua, dopo aver
arrotolato al ginocchio
i jeans.
Sorrisi e scossi il capo. «Non dovresti essere qui. Lo
sai.»
«Oh, hai ragione.» rispose.
Mi morsi il
labbro e mi voltai a guardarlo.
Trattenne un sorriso, poi si avvicinò a me, tanto che i
nostri fianchi, le
nostre spalle si toccarono, mi circondò il collo con un
braccio e mi attirò a
se, poggiando la guancia sulla mia testa.
«E’ qui che dovrei essere.»
«Fra sette ore abbiamo il volo, non credi sia meglio dormire
un po’, Helen?» mi
chiese Ian all’orecchio.
Sorrisi. «No, si sta così bene qui.» mi
lamentai.
Rise sommessamente. «Andiamo, Helen.»
«Per essere privata della tua compagnia?», alzai lo
sguardo sul suo viso. «Come
posso ardentemente desiderare di averti, di stringerti, amarti fino a
che
l’ultimo alito di vita abbandoni il mio corpo e, alla stesso
tempo, desiderare
che tu renda felice mia cugina? Come posso?»
«Qualunque decisione tu prenda, Helen… sappi che
non puoi farci nulla. Non
posso tornare da lei se amo te. Non posso farle vivere una menzogna.
Tra me ed
Abby è finita già da tempo, anche se lei non
vuole ammetterlo… e, forse, non è
mai iniziata. Ci sei sempre stata tu, anche quando per te non
c’ero io. La mia
felicità è incatenata alla tua, la tua alla mia.
Non puoi salvare tutti, non
puoi rendere tutti felici. Ci sarà qualcuno che
soffrirà e lo sai… ma, per
quanto egoista forse possa essere, non posso permettere che sia
tu.»
«Se solo l’avessi capito prima… se solo
avessi compreso ciò che in realtà provavo
quando dicesti di amarmi… sarebbe tutto diverso, ora. Oh, se solo potessi tornare
indietro.» mormorai con voce rotta.
«Ssst. Tranquilla.» sussurrò sulla pelle
della mia fronte. «Ora sono qui.
Nient’altro conta.»
Sorrisi e affondai il viso nel suo collo. «Come
fai?»
«Di cosa parli?»
«Farmi sentire… appagata…
completa.»
«Che buffo,» soffiò sulle mie labbra,
«stavo per chiederti la stessa cosa.»
Poco dopo lasciammo la piscina, l’aria fredda della notte e
ci dirigemmo verso
la mia camera, vicini, le mani che appena si sfioravano. Camminavamo in
silenzio, avevo paura persino di respirare, come se Abby, o qualcun
altro,
potesse avvertire la mia presenza, o il mio tradimento urlare.
Camminavamo con
i sensi di colpa a piegarci le spalle, dolorosi ed inevitabili. Eppure
continuavamo a camminare, a restare l’uno accanto
all’altra spinti legati da un
filo invisibile, da un desiderio di felicità e
l’illusione di un mondo primo di
dolore. Che fosse la scelta giusta, o la scelta sbagliata non ci era
dato di
sapere, ma prendere strade diverse avrebbe significato smettere di
respirare.
Aprii la porta ed entrammo nella stanza.
«Vieni qui.» disse Ian afferrandomi per una mano ed
attirandomi a sé. Mi
strinse con dolcezza, prima di ingabbiarmi il viso fra le mani.
Alzai una mano e gli sfiorai il profilo della mascella, prima di
premere il
palmo sulla guancia.
«Ti amo, Ian.» sussurrai senza smettere di
guardarlo negli occhi.
Sorrise e posò le sua labbra sulle mie,
s’incastrarono, si plasmarono ad esse.
M’inebriai del suo profumo, mi saziai delle sue labbra, mi
ubriacai della sua
dolcezza.
Poi qualcosa interruppe quel momento, un qualcosa tanto simile ed un
fulmine
che fende e squarcia il cielo notturno; un vaso di cristallo che cade
sul
pavimento, frantumandosi; un rumore ed un suono che mi perforarono i
timpani e
mi dilaniarono il petto.
Un forte bussare, una voce.
«Helen, aprimi. Sono Abby.»