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Autore: Iridia    19/07/2011    3 recensioni
Alhira, sedici anni, nessun passato. Solo un vecchio istinto la guida attraverso il mondo, soltanto dolci occhi ambrati vede nel suo riflesso, nessuna traccia di una vita dimenticata.
Non poteva infliggere dolore. Un essere talmente perfetto, talmente angelico, non poteva sapere come far del male. Quelle iridi di miele, dolci e spaventate, quelle gote pallide che sbocciavano in un rossore lieve come fiori di pesco in primavera. Quelle labbra piene, color ciliegia, quelle che non vedevano un vero sorriso da troppo tempo. Quei capelli mai al loro posto, le mani delicate, quel corpo agile.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Potere della Luce Pt.1




-Come posso aiutarvi?- chiese cordiale una donnina dai capelli grigio scuro, ricci e raccolti con una vistosa molletta dietro il capo. La frangetta, riccia e ribelle anch'essa, era corta abbastanza da lasciarle visibile un'ampia fronte solcata da qualche ruga. Un paio di occhietti grigi e vispi fissava Alhira, mentre le labbra si erano arricciate in attesa di ricevere una risposta. Portava noiosi abiti color sabbia, un paio di occhialetti tondi e dalla montatura dorata le stavano sul naso sottile ed aquilino e tutta la sua figura esile si reggeva su un paio di scarpette a punta color fango.
-Stavo cercando questo volume.- disse la ragazza porgendole un pezzetto di pergamena con sopra scritto il titolo ed una firma ricca di ghirigori.
La bibliotecaria si aggiustò gli occhiali, e quando vide la firma, non si sa come, arricciò ancor di più le labbra. Squadrò Alhira e non fece nient'altro, se non sparire tra gli scaffali a cercare il tomo con l'energia di un tornado. Camminava spedita, sapeva dove andare, le sue scarpette producevano un fastidioso ticchettio sul pavimento di legno scuro.
-Prego, buona lettura.- le disse porgendole un grosso tomo dalla copertina grigia. Non attese nemmeno una risposta o un cenno; tornò alla scrivania lasciando la ragazza sola con il suo libro di storia.
Alhira trovò un tavolo completamente vuoto e posto proprio davanti all'enorme finestra che dava sulla città, e poi sul mare. Poggiò il pesante tomo sul legno scuro come il pavimento; quella forse era l'unica zona del palazzo dove non era il bianco a regnare. Si sedette ed iniziò a sfogliarlo, guardava i titoli, ogni tanto qualche parola le suonava familiare, qualcosa le tornava in mente. Ferah.
Gli occhi iniziarono a leggere, ma il suo cervello creava altre immagini, quello che leggeva era solo una briciola della scena che visualizzò. Si lasciò trasportare, e presto il tempo perse di ogni significato.

-Dai! Corri!-
-Aspettami Fer! Non sono veloce come te!-
Una bambina dai capelli lunghi e dorati correva tra gli arbusti ricchi di fiori mentre un ragazzino, poco più alto di lei, la seguiva cercando di stare al suo passo.
-Fer rallenta! Non ce la faccio più!- ma la bambina non gli diede ascolto e continuò verso la sua meta. Poco dopo si fermò davanti ad una caverna. L'entrata era particolarmente regolare, un arco perfetto creato con pietre squadrate poste le une sopra le altre, come se fosse un muro costruito dagli umani. Innumerevoli specie di piante rampicanti si avvinghiavano alle rocce e l'erba si arrestava a qualche braccio dall'entrata lasciando scoperta la terra.
-Finalmente.- mormorò il ragazzino senza nemmeno guardare dove era giunto. -Che cosa … Oh. -
-Vieni.- disse Ferah avanzando.
-Non penso sia una buona idea, non sai nemmeno cosa ci sia là dentro … -
-Che c'è hai paura? Sei grande e grosso e hai paura?-
-Non ho paura! E' che non voglio correre rischi inutili.-
-Del, guarda.- ed indicò la terra polverosa davanti all'entrata. -Nessuna traccia. Nulla.-
-Non penso ci assicuri che non sbucherà nulla dalle profondità di quel buco.-
-Io vado, se vuoi, vieni con me, altrimenti rimani qui. Scegli tu.- Ferah non attese un secondo in più e si addentrò nell'oscurità. Quando non riuscì più a vedere nulla mormorò poche parole ed un globo luminoso apparve sulla sua mano rischiarando le pareti. La caverna proseguiva senza mai curvare o senza dividersi in altri piccoli cunicoli.
-Fer, torna qui! E' pericoloso!- ma lei non gli rispose.
L'aria si faceva sempre più fredda e il corridoio si restringeva poco a poco, finché Ferah non dovette piegarsi per passare.
-Fer!- la voce di Del era troppo lontana ormai perché potesse giungere alla ragazzina.
Continuò a camminare, spinta dalla curiosità e dall'emozione indescrivibile che provava nell'essere l'esploratrice di quel luogo misterioso. Il cuore le batteva forte, e le sue orecchie erano attente ad ogni rumore, ma presto si rese conto che gli unici suoni che riempivano la caverna erano il suo respiro ed i suoi passi, oltre alle sporadiche urla di Del.
All'inizio le parve solo un miraggio, un inganno della sua mente, ma quando quel piccolo bagliore azzurro divenne ben visibile, si arrestò un attimo e lanciò un altro globo luminoso davanti a sé. Illuminò leggermente le pareti e poi scomparve nell'oscurità come inghiottito dal buio.
Ferah allora proseguì, non più tanto sicura che quella fosse una buona idea. Il cunicolo era talmente stretto da graffiarle le spalle.
Un passo, e le pareti rocciose che la stringevano scomparvero, o meglio, si allargarono di colpo. La ragazzina era avvolta dal buio, il globo non illuminava nient'altro che non fosse il suo volto. Attese. Il bagliore azzurro sembrava provenire da un cristallo. La luce non era uniforme e si muoveva.
Strinse i denti, combatté la paura e con cautela si avvicinò. Quello che vide fu una pietra grezza e trasparente che conteneva migliaia di piccoli filamenti luminosi che si muovevano lentamente avvolgendosi gli uni agli altri. Non sapeva se essa era sospesa nel nulla, il buio era avvolgente ed inghiottiva ogni minima luce.
Sapeva che non era prudente, sapeva che era un rischio, che poteva nascondere chissà quale stregoneria, ma Ferah allungò una mano e con la punta di un dito toccò la fredda pietra.
Freddo. Sentì migliaia di aghi penetrarle nella carne, mentre una luce bianca la sommergeva, bloccandole il respiro, togliendole aria, fermandole il cuore. Ferah spalancò gli occhi pieni di paura ed urlò. La terra iniziò a tremare, e poco dopo non sentì più nulla sotto i suoi piedi, tutto quello che provò fu dolore. Le sue piccole mani erano appoggiate sul cuore, in cerca di un battito ormai silenzioso. I suoi muscoli erano tesi in uno spasmo e gli occhi colmi di lacrime. Il ghiaccio le scorreva nelle vene, le vene di un corpo morto. La testa divenne leggera ed il mondo attorno a lei iniziò a roteare vorticosamente. I timpani parvero scoppiare, perse il controllo delle sue membra; non le sentiva più. L'aria era scomparsa, non riempiva i polmoni da troppo tempo, gli aghi nella carne non facevano più male, il freddo era solo una piacevole sensazione che andò svanendo.
Ferah morì avvolta dalla luce, cullata dal freddo, sola.

Del venne investito da un'onda di luce che lo scaraventò fuori dalla caverna nella quale si era addentrato per cercare Ferah.
-Fer!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. In tutta la sua breve vita, sette anni, non si era mai sentito così. Prese a correre nell'oscurità, si inoltrò nella grotta mentre le pareti cominciavano a brillare di un bagliore azzurro. Corse a perdifiato, cadde e si rialzò senza badare alle ginocchia sbucciate, urlò quel nome finché la voce non se ne andò. Si graffiò le spalle, le braccia, le mani. Corse verso di lei, verso l'urlo che aveva preceduto l'onda, verso il fondo della caverna.
-Fer! Dove sei?- gridò disperatamente. Nessuna risposta. -Fer! Rispondimi, ti prego!-
Il cunicolo stretto sbucò in una grande sala circolare illuminata da innumerevoli rami di luce che avvolgevano il soffitto alto e ricco di gemme. La terra non era più terra, erano piastrelle dagli intricati motivi, ed al centro, su un piedistallo di roccia grigia, vi era una pietra che emanava luce. Gli occhi di Del caddero sul corpo della ragazzina, disteso a terra, con le mani poste sul cuore. Si avvicinò e si chinò su di lei. Occhi di ghiaccio lo fissavano spalancati e terrorizzati.
-Oddio, Fer.- tentò di scuoterla. La prese per le spalle e la mosse in attesa di un risveglio. -Fer … -
-Fer … - Grosse lacrime calde caddero sui vestiti di Ferah.
Del mise la propria mano sotto quelle ghiacchiate della ragazzina in cerca di un battito, di un respiro. Il corpo rimase immobile, gli occhi di ghiaccio fissi su un punto inesistente.
-Ferah.- mugolò.
Il ragazzino allora la abbracciò e la tenne stretta a sé, come un vero fratello avrebbe fatto.
Rimase sdraiato accanto alla sorella, tenendo il suo corpo privo di vita vicino a lui, vicino al suo cuore.

Secondi, minuti, ore, o forse giorni. Il corpo di Ferah iniziò a brillare. Del non la lasciò. La luce proveniente dalla pelle della ragazzina pulsò qualche volta e per un attimo si spense.
Del non se ne rese quasi conto. Un'onda di energia lo spinse via facendolo sbattere contro una parete della sala.
Stordito si rialzò. Corse di nuovo verso sua sorella e quando la toccò, un'altra onda lo scaraventò lontano dal corpo. Piangendo riprovò, e questa volta la luce lo investì e lo spinse via talmente violentemente da farlo arrivare davanti all'entrata della grotta.
Del venne ritrovato ricoperto di sangue, le braccia graffiate, le gambe piene di tagli, il volto tumefatto. L'energia che lo aveva spinto l'aveva colpito con troppa potenza.
Per fortuna riuscì a sopravvivere, e dopo un mese aveva ripreso a stare in piedi.
Dopo aver raccontato tutto l'accaduto, un gruppo di anziani si diresse in cerca di tale grotta, ma quando la trovarono, la sala era scomparsa; il cunicolo si chiudeva su una parete di roccia scura.
Si pensò quindi di incolpare della scomparsa di Ferah una bestia misteriosa; nessuno credeva a Del ed alla storia della caverna. Non avevano prove, dopotutto.

Il cadavere della ragazza rimase immutato nella camera, pallido, freddo. Da quando Del era stato scaraventato via, le luci avevano iniziato a cambiare. Piccoli filamenti azzurri iniziarono ad allungarsi dalla pietra fino a Ferah. Crescevano velocemente, come radici sottili, e circondavano la figura distesa sul pavimento. Iniziarono a penetrarle sotto la pelle, nei muscoli, nelle vene. Il corpicino divenne presto luminescente, gli occhi si colorarono di un blu talmente intenso da sembrare pietre preziose. I capelli si allungarono, le gambe si fecero più forti, le braccia si irrobustirono. Il corpo cambiava lentamente, poco a poco si trasformava. Eppure, il viso da bambina rimase, Ferah cambiava dentro, ma fuori era sempre la stessa ragazzina pallida. I filamenti iniziarono a ricoprire l'intero pavimento della sala, per poi colorare anche il soffitto e fondersi con le altre luci.
Il tempo passava, il corpo si conservava, le luci si moltiplicavano.

Ogni anno, Del lasciava davanti alla caverna un mazzo di fiori rosa in ricordo della sorella. I genitori lo lasciavano fare, e lui aveva resistito a chi gli diceva che tutto l'accaduto fosse solo un sogno fatto dopo che la bestia lo aveva attaccato. Nessuno aveva mai sentito parlare di qualche pietra magica, o aveva trovato qualcosa dentro alla grotta. Pochi si erano avventurati dentro il cunicolo, ma nessuno trovò mai la sala. Dicevano che la galleria finiva davanti ad un muro di roccia scura, nessun'altra uscita, nessun tunnel, nulla.
Del non era più entrato. Ne era terrorizzato. Aveva paura di ciò che avrebbe potuto trovare; se fosse arrivato alla sala avrebbe trovato il corpo di sua sorella, se si fosse trovato davanti al muro di roccia avrebbe avuto la conferma che erano stati attaccati davvero da un animale. Nessuna delle due strade era meglio del non sapere.
Per il suo tredicesimo compleanno, Del lasciò come al solito i fiori davanti alla grotta. Qualcosa, però, non era come tutti gli altri anni; l'erba, di un verde acceso, ora cresceva anche all'interno della galleria, e le piante in fiore ricoprivano le pareti.
Per un attimo, vide un guizzo di luce azzurra passare sui petali bianchi di un fiore cresciuto sulla soglia dell'entrata.
Lasciò il mazzetto rosa a terra e tornò al villaggio, confuso e spaventato. Era solo uno scherzo della sua mente, non poteva essere vero, si disse.

Sei, dieci, o cento anni; il tempo non contava. Il corpo di Ferah giacque tra le luci per il tempo dovuto.
Dalla pietra trasparente, un tentacolo luminoso si innalzò verso l'alto, divenne sempre più grande ed iniziò a pulsare. Il ritmo era regolare, era il suono di un cuore. Erano battiti calmi, ovattati.
Il tentacolo si piegò lentamente finché la sua punta non fu sopra il corpo di Ferah.
Si bloccò per un attimo, le pupille si rovesciarono.
Il tentacolo allora penetrò nel suo petto come un fiume, la invase, riempì ogni parte di lei. Presto Ferah prese un colorito più roseo, la sua pelle si fece calda.
Mancava solo un suono, mancava il suo cuore.
Un solo, forte, battito rimbombò nelle sue orecchie, e poi, tutto fu luce.

Azzurro. Calore. Erba. Fiori.
Dolore. Vita.
L'aria entrava regolarmente nei suoi polmoni, era fresca, profumata. Il sangue circolava nelle sue vene, il mondo non girava più vorticosamente attorno a lei.
Ferah si mosse, i muscoli le risposero pronti, come se si fosse allenata per una vita. Si levò a sedere e si guardò attorno. La caverna alle sue spalle appariva buia come quando vi era entrata, ma ora piante di ogni genere crescevano rigogliose davanti ad essa. Cercò di mettersi in piedi, ma quando appoggiò una mano a terra, trovò uno strano mazzetto di fiori rosa.
"A Ferah. Del." era scritto su un pezzetto di stoffa attaccato ad uno stelo con un nastrino rosso.
-Del!- urlò. Improvvisamente ricordò tutto, e con grande felicità si alzò. Era viva. Del doveva essere lì da qualche parte, l'aveva aspettata all'entrata della grotta.
-Del, dove sei?- Cominciò a cercare il fratello, ma non ottenne risposta. Forse era tornato a casa, pensò.
Corse; era più veloce del solito. Sfrecciava agile tra gli arbusti, che ricordava stranamente più bassi, superò il ruscello a grandi balzi, e finalmente si trovò davanti all'entrata del villaggio. Era più grigio di come lo aveva sempre visto, tutti sembravano più stanchi, le case più rovinate, gli alberi più grossi. Entrò in cerca di Del.
La casa in cui abitava era vuota, tutti gli oggetti che vi erano dentro avevano cambiato posizione, i suoi genitori erano via, probabilmente. La sua cameretta era stata riempita come se fosse un magazzino, libri, attrezzi, sacche, e piccoli oggetti erano disposti caoticamente gli uni sugli altri. Perché? Era forse uno scherzo di Del? Se così era, non lo trovava per niente divertente.
Uscì, forse suo fratello era nel loro nascondiglio segreto; nella casetta vicino al campo di fragole.

Del passava gran parte del suo tempo nel nascondiglio, le ricordava Ferah, ma non si sentiva triste, era felice di rimanere tra quelle quattro pareti di legno malconcio.
Un rumore di erba calpestata lo riscosse dai pensieri. Chi poteva essere? Nessuno si avvicinava mai alla casetta … forse un animale.
I passi si i passi si fecero sempre più vicini e veloci, e Del si ritrovò ad aver paura. Si alzò di scatto ed attese, più lontano possibile dalla porta. Con un colpo seccò essa si spalancò. Una vocina tremendamente familiare urlò il suo nome.
-Del!- disse la piccola entrando. -Eccot …-
Cosa gli era successo? Era … cresciuto. I capelli che teneva lunghi ora erano corti e più scuri, il suo viso si era allungato, era alto. Alto quasi un braccio più di lei. Era magro, portava una tunica nera da mago.
-Tu … tu non sei Del.- Il ragazzo non rispose.
Una bambina di sette anni era entrata di colpo, ma quella non era una bambina qualunque, quella era sua sorella. La sorella che aveva visto morta sul pavimento della caverna sei anni fa. Colei in onore della quale portava i fiori alla caverna, come aveva appena fatto.
Ferah lo fissava con grandi, smarriti, occhi blu oceano.
Il ragazzo non li ricordava così, eppure era lei. Sembrava diversa, ma allo stesso tempo era uguale a come l'aveva lasciata.
-Sei Del, vero?- disse spaventata.
-Tu...-
Ferah cominciò ad avanzare lentamente verso di lui.
-Stammi lontano. Tu sei morta.- Disse Del, mentre un brivido lo percorreva da capo a piedi. Possibile che la sua mente potesse essere così potente? Quella bambina non esisteva nella realtà, non poteva, erano passati sei anni e non era cresciuta neanche di un millimetro, i lineamenti erano sempre quelli.
-Io … cosa? Io sono viva Del! Come posso essere morta?-
-Vattene.- disse il ragazzo alzando la voce. -Ho visto il tuo cadavere. Non respiravi, il tuo cuore non batteva.-
-Cosa? Ma non ricordi? Mi stavi aspettando fuori dalla caverna! Non volevi entrare, e poi … sei sparito e mi hai lasciato un mazzo di fiori.-
-Io ti ho vista. Nella camera.-
-Del, sei diverso. Sei … grande.-
-Fer- pronunciare quel nome fu come ricevere una pugnalata al cuore. -Ferah, tu sei morta sei anni fa. Tu non sei reale. Vattene!-
La ragazzina rimase immobile mentre il suo cuore perdeva un battito.
-Del ma che stai dicendo? Che scherzo è questo?-
-Vattene!-
-No!- gli corse incontro, gli saltò addosso e gli avvolse le braccia attorno al collo piangendo. -Del smettila, ho paura.-
D'istinto, il ragazzo la prese in braccio e la strinse forte a sé.
Non sapeva cosa fare, cosa provare. Non distingueva più la realtà dai sogni. Eppure il suo corpicino era tra le sue braccia, i suoi morbidi capelli dorati che arrivavano fino alle ginocchia erano gli stessi, forse più lunghi, e la sua voce era rimasta invariata.
Calde lacrime iniziarono a scendere dagli occhi di Del.
-Quanti anni hai, Fer?-
-Sette.-

-Aspetta qui. Non muoverti, non dire nulla. Va bene?-
-Sì- fece Ferah sedendosi sul letto di suo fratello.
Del chiuse la porta ed andò ad aprire ai genitori. Sua madre lavorava in una bottega di un ricco signore, mentre suo padre faceva il contadino lavorando in terreni altrui. Tutti i giorni rientravano a casa stanchi e sfiniti, ma quel giorno la loro casetta era diversa, c'era qualcosa nell'aria, nell'espressione del figlio. Non avevano molto denaro; i sacrifici per crescere Del erano sempre di più, ogni anno. Per mandarlo a studiare magia avevano dovuto vendere gran parte degli oggetti preziosi che possedevano.
Ferah sentì Del parlare con suo padre e poi con sua madre. Non riusciva a distinguere le parole, parlavano a voce bassa. Poco dopo la porta si aprì lentamente.
Erano diversi. I capelli di suo padre erano bianchi, numerose rughe solcavano il suo volto, una lunga cicatrice percorreva la sua fronte fino all'occhio destro. Sua madre era terribilmente magra, i capelli si erano accorciati, gli occhi erano circondati da grandi occhiaie.
La donna si portò le mani al viso e spalancò gli occhi. Il padre rimase immobile a fissare la creatura seduta sul letto.
Ferah li guardò preoccupata. Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Quanto avrebbe voluto abbracciarli forte … ma si fidava di Del, così rimase ferma ed attese.
-No.- disse la madre con un filo di voce.
-La voglio fuori di qui. Ora!- tuonò suo padre mentre Ferah iniziava a piangere.
-Mamma, papà. Sono io! Sono Fer!-
-Non ci credevo neppure io! Aspettate…- cercò di dire Del.
-Fuori!-
Ferah si alzò. -Papà!-
-Del hai visto i suoi occhi? Nessun essere umano ha quegli occhi! Ferah aveva gli occhi grigi. Ora mandala via di qui!-
-No! E' lei, lo giuro.-
-Del! Fai come ti ho detto!- urlò, rosso dalla rabbia.
Ferah corse verso la madre e le prese le mani.
-Mamma, sono io. Non ti ricordi?- la donna scoppiò in lacrime e con una mano tremante le accarezzò i capelli. Ferah sorrise.
-Non ricorda nulla, è come se non fossero mai passati questi sei anni.-
-Del, portala via!- urlò il padre avvicinandosi minacciosamente.
-No! Non vedi? E' tua figlia dannazione!-
-Mia figlia è scomparsa, ora avrebbe la tua età ed ha gli occhi grigi. Guardala! Non esiste in natura quel colore!-
L'uomo pieno di rabbia prese un braccio della ragazzina e la allontanò dalla madre.
-No!- gridarono Ferah e Del all'unisono.
Con forza bruta il padre di Ferah la trascinò vicino alla porta mentre Del tentava inutilmente di fermarlo.
-E se fosse lei?- gli urlò il ragazzo. L'uomo si bloccò e squadrò la bambina in lacrime davanti a sè. Era uguale a Ferah, tranne per gli occhi. Il blu era così intenso da sembrare quasi luminescente.
-Papà … - disse Ferah con la voce rotta dai singhiozzi.
-Dove l'hai trovata?- chiese l'uomo.
-Lei ha trovato me, è venuta a cercarmi nel nostro vecchio nascondiglio segreto.-
Poco a poco la rabbia del padre sembrò svanire, e la presa sul braccio della figlia si allentò.
-Chiedile qualcosa che può sapere solo lei, se non ti fidi.-
Ma prima che potesse rispondere, l'uomo si staccò dalla ragazzina lanciando un urlo di dolore. Laddove era posta prima la sua robusta mano, ora la pelle di Ferah brillava d'azzurro.
-Mostro! Tu non sei mia figlia!- urlò tenendosi la mano dal palmo annerito. Del non disse nulla e fissò la scena a bocca aperta. La madre corse verso il marito per verificare la gravità del danno.
-Io … io non volevo, davvero!-
-Esci da qui! Vattene!- l'uomo stava usando tutto il fiato in corpo per urlare a quella piccola creatura in lacrime di fronte a lui. La prese per i capelli e la trascinò fuori dalla casetta. Ferah cadde in ginocchio, la vista appannata dalle lacrime. Quello che lei cominciava a non considerar più suo padre ritornò dentro chiudendosi la porta alle spalle con violenza. Urla, grida, voci le une sulle altre. Il cielo aveva preso una sfumatura sempre più scura, fino a diventare quasi nero. Luci calde provenivano dalle finestre delle abitazioni, e qualcuno si era affacciato alla porta per vedere cosa stava accadendo. Ferah si alzò, iniziò a correre verso l'uscita del villaggio, e senza badare a chi la guardava sconvolto, a chi le urlava di fermarsi, raggiunse presto il sentiero che si inoltrava nella foresta.

Camminò finche le gambe non smisero di reggerla, non sapeva verso dove, né cosa cercare, doveva solo andarsene dal villaggio. Quando la fame si fece sentire si accontentò dei frutti che in quel periodo crescevano numerosi sulle fronde verdeggianti degli alberi. Dormiva dove capitava, zone riparate da arbusti o alberi.
Il sentiero si esaurì presto, così Ferah vagava sola nella foresta senza alcun punto di riferimento.
Era la decima, o forse nona notte, quando un rumore lontano di foglie calpestate la svegliò. Ferah aguzzò la vista. All'improvviso fu giorno, eppure il cielo era ancora grigio e la luna piena brillava al posto del sole. Da quando poteva veder nell'oscurità?
Un ringhio la riscosse dai pensieri. I passi si avvicinavano, silenziosi, le venivano incontro celandosi nell'ombra. Un ringhio più vicino la fece rabbrividire. Lei rimase immobile, pronta all'attacco. Silenzio.
La bestia le saltò addosso con le fauci spalancate; un enorme lupo dalle zampe ricoperte da squame e provviste di lungi artigli, sulla sua schiena una fila di lunghi aculei e in bocca canini affilati come quelli di una vipera risplendevano argentei alla luce lunare. Ferah scattò veloce, evitando di finire sotto la presa dell'animale. Agile si rialzò, e con un balzo gli fu alle spalle. Senza paura, afferrò un aculeo alla base e ruotò il polso. Non pensava di possedere tutta quella forza; l'aculeo si spezzò facendo guaire per un secondo il mostro. La bestia si riversò su di lei, ma con sua sorpresa, sotto le sue possenti zampe non vi era la bambina. Ferah, che al momento era riuscita a scivolargli sotto, piantò l'aculeo nel ventre dell'animale. Nello stesso istante una luce esplose dalla mano della ragazzina. Il lupo venne scaraventato contro un tronco e si accasciò morto su se stesso.
Da allora Ferah aveva tentato di controllare i propri poteri; si allenava, cercava di capire cosa era cambiato in lei. Da quando combattere animali feroci era una delle sue abilità?
Dopo giorni e giorni di vagabondaggio, Ferah giunse alle porte di un'enorme città. Tutto era fatto di uno strano cristallo dalle sfumature rosee; riuscì a capire che gli abitanti lo chiamavano "Elora".
Davanti ad una gigantesca piazza lastricata di bianco, troneggiava una torre di Elora alta circa centocinquanta braccia. Dietro ad essa il lastricato continuava fino al mare e si immergeva nelle sue profondità.
Ferah si offrì come aiutante in molte botteghe, ma nessuno voleva una bambina di sette anni, così le diedero un lavoretto nei pressi delle cave di estrazione dei cristalli. Le sue mansioni cambiavano di giorno in giorno; qualche volta doveva aiutare a trasportare grandi carichi, altre doveva pulire, riempire secchi.
La notte dormiva assieme ad altri ragazzini che lavoravano assieme a lei. Erano soprattutto orfani, figli di poveri che per poter mangiare dovevano sgobbare come animali da mattina a sera.
Inoltre, non erano tutti umani quelli che lavoravano alla cava, anzi, la maggior parte degli operai erano sirenidi. Gli scontri tra le due razze erano all'ordine del giorno, vi era sempre un motivo per iniziare un litigio.
Gli anni passarono, Ferah cresceva, e gli scontri si facevano sempre più violenti. Sette anni dopo il suo arrivo, Ferah viveva ancora con gli stessi compagni nella casa abbandonata vicino alla scogliera. Aveva stretto un forte rapporto di amicizia anche con diverse sirenidi, le avevano insegnato a nuotare più velocemente, le avevano mostrato il loro mondo sottomarino. Andare sott'acqua senza dover prendere fiato ogni minuto era una sensazione indescrivibile; la magia la dotava di un paio di branchie temporanee che le spuntavano poco prima delle orecchie, poco sotto le tempie. Era Aiwa, una sirenide di sedici anni, molto dotata nel campo della magia, che le praticava gli incantesimi. Strinsero amicizia, e presto il loro rapporto divenne un forte legame. Ogni mattina Aiwa aspettava Ferah, ormai quattordicenne, seduta sulla scogliera, per insegnarle piccoli incantesimi per controllare l'acqua. Intanto Ferah le mostrava i poteri che cercava di tenere sotto controllo da anni. Non le era più capitato di doverli usare, così doveva tenersi allenata per non lasciare che prendessero il sopravvento.

Durante l'inverno del suo quindicesimo anno, gli scontri tra le due razze degenerarono in una vera e propria guerra tra terra e mare. Il primo attacco arrivò dal mare dopo che dopo il crollo di un enorme masso nella cava aveva provocato la morte di tre giovani sirenidi; un'onda d'acqua si abbatté sulla città provocando numerose vittime, tra le quali comparivano anche alcuni inviati di Quareon, il Grande Re dei Territori. Quareon, un uomo carismatico ed ambizioso aveva conquistato tutti i Territori trent'anni fa, aiutando il padre caduto in battaglia, l'ultima prima del trionfo. Il suo enorme palazzo era posto nei Territori d'Occidente nella mastodontica città di Draelia, ma utilizzava i suoi cavalieri più valorosi per tener sotto controllo ogni città del continente.
Quando il Grande Re venne a sapere della perdita di Lareon, il cavaliere di Asidi, mandò un esercito di guerrieri e maghi pronti a contrastare l'attacco delle sirenidi.
Ferah, che assisteva quotidianamente a come gli umani trattavano l'altra razza, si mise dalla parte delle sirenidi, pronta a difendere Aiwa ed il suo popolo. La città in risposta al primo attacco, distrusse le abitazioni sottomarine con enormi catapulte che potevano scagliare enormi massi a quasi mezzo miglio di distanza, se aiutate dalla magia. L'esercito di Quareon arrivò e lo scontro si fece più vivo che mai. I guerrieri attaccarono all'alba di una fredda giornata nuvolosa, ma ancora nessuno era giunto nei pressi della scogliera.
Ferah e gli altri ragazzi si rifugiarono nella casetta nascosta tra alberi e scogli, sperando che nessuno li trovasse. Aiwa le aveva promesso di allontanarsi dalla costa per qualche mese, in modo da stare al sicuro finché la situazione non si sarebbe placata. Verso il quarto giorno di battaglia una decina di uomini si avvicinarono pericolosamente al loro nascondiglio. Anche l'uomo da cui prendevano ordini alla cava stava combattendo con gli umani. Ferah era terrorizzata; se avesse detto a qualcuno della sua amicizia con le sirenidi, l'avrebbero considerata un nemico.
Non le rimaneva che sperare.

Era notte fonda, il cibo scarseggiava, e nella casa i sei ragazzi si alternavano per far la guardia mentre gli altri dormivano. Durante il turno di riposo di Ferah, due ragazzi se ne stavano silenziosi vicino alle finestre, le orecchie tese e gli occhi fissi nel buio, stanchi dal freddo e dall'oscurità. Le foglie si mossero, e tre ombre avanzarono verso la casetta. Mentre i ragazzi tentavano di svegliare tutti, la porta si spalancò ed entrò un'enorme figura dall'armatura lucente. Ferah scattò in piedi, pronta ad attaccare.
-L'abbiamo trovata!- urlò l'uomo. A quelle parole, altri due uomini entrarono sguainando lunghe spade.
-Loro non c'entrano!- disse la ragazza. I tre risero e l'afferrarono, scaraventandola fuori.
-Avanti, fammi divertire, là fuori non c'è nulla da fare!- fece lui alzando la spada
-Lasciateli stare!- ma la spada aveva già iniziato a scendere verso di lei. Ferah rotolò su un fianco, si rialzò con un salto e si concentrò. Un lampo. L'uomo si ritrovo a qualche braccio da lei, supino, a terra. Mentre tentava di rimettersi in piedi, la ragazza corse nella casa. Nefral, il ragazzo più grande, stava trattenendo gli energumeni con un debole incantesimo, mentre gli altri tentavano di scappare dalle finestre. La barriera creata dal ragazzo si infranse dopo pochi secondi e la spada del guerriero cadde sul suo collo. Nefral urlò prima di accasciarsi contro una parete. Una risata riempì la stanza per un momento, mentre il guerriero dava un calcio al corpo privo di vita.
-Bastardo!- Ferah gli si avventò addosso scaraventandolo a terra. Con un piede fece scivolare lontano la spada del suo nemico, le mani si posizionarono sul collo e strinsero sempre più forte. L'uomo si dimenava, sconcertato dalla potenza di una ragazzina. Le sue mani non le facevano nulla, i pugni che pian piano si indebolivano non li sentiva nemmeno, tutto quello che Ferah voleva era sentire che la morte lo avvolgeva, lo portava via da quel mondo.
Le sue dita divennero luminose, ed il corpo che teneva a terra smise di contorcersi.
Mancava l'ultimo uomo; stava ancora rincorrendo gli altri quattro ragazzi. Ferah lo raggiunse e, prima che lui se ne potesse accorgere, venne gettato in acqua da un tentacolo di luce azzurra.
I quattro ragazzi rimasero a guardarla mentre calde lacrime solcavano il suo volto. Non disse nulla, si voltò e tornò da Nefral.
Il primo uomo si era rimesso in sesto ed ora la stava cercando nella casa. Non le importava, lo toccò per un attimo e la luce fece il resto.
La ragazza rimase in silenzio, in ginocchio davanti all'amico.

Quando l'alba iniziò a rischiarare il cielo, Ferah prese un coltellino da ciò che rimaneva della casa, una spada di uno degli uomini, e portò Nefral in braccio fuori dal luogo della sua morte. Si allontanò dalla scogliera finché non giunse davanti ad un enorme albero dal largo tronco chiaro. Posò il ragazzo sul terreno ghiacciato ed iniziò a scavare aiutandosi con la spada. Lavorò per ore, pianse in silenzio, scaricò un poco della propria rabbia contro la terra. Gli altri ragazzi la trovarono quando il sole pallido era alto in cielo, per quanto alto possa essere d'inverno.
Quando la buca fu abbastanza grande, vi adagiò Nefral, e con l'aiuto di un ragazzo poco più grande di lei, ricoprirono il corpo.
Saith, una ragazzina dai capelli rossicci, si avvicinò al tumulo di terra, vi poggiò una mano, e con la voce rotta dal pianto mormorò:
-Ti amo.-
Il dolore, l'irritazione, la rabbia che ribollivano nel cuore di Ferah erano inimmaginabili. Nefral aveva appena diciotto anni, era giovane, troppo per morire così.
Nefral se n'era andato per colpa sua, lei lo aveva ucciso, era lei che volevano, non lui.
Ferah prese il coltellino e con colpi decisi incise la corteccia dell'albero; "Nefral, morto per i propri compagni".
Era sera ormai, Saith era rimasta seduta sulla tomba a piangere, così Ferah le aveva dato il proprio mantello per coprirsi. Vederla così era la peggior tortura che potessero infliggerle.

Quella notte, un boato scosse la terra, fece tremare la torre, spaccò le pietre, fece crollare ciò che rimaneva della casetta. Dalla scogliera i ragazzi videro una fiammata salire ed allungarsi verso il cielo, mentre migliaia di persone gridavano disperate.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ferah si alzò e si diresse verso Asidi.
Sentiva la luce scorrerle nelle vene, il potere, ed anche se non fosse bastato, avrebbe fatto qualcosa. Ciò che si trovò davanti fu la distruzione. Fiamme ovunque, macerie, corpi ogni dove. Sangue macchiava il lastricato bianco, fuoco anneriva le strade. Ferah non poteva più contenere la sua rabbia; strinse i pugni ed una sensazione piacevole la pervase da capo a piedi.
Un lampo azzurro illuminò l'intera città, arrivando fino al mare, sui fondali. Un'onda d'aria si allargò attorno alla ragazza investendo ogni cosa, spegnendo i fuochi magici, buttando a terra i pochi rimasti, scuotendo gli alberi spogli e sollevando polvere bianca e rosea di cristallo. Tutto era immobile, solo il rumore delle onde aveva il coraggio di farsi sentire.
Ferah corse verso il mare arrestandosi di colpo con i palmi rivolti verso l'alto. Migliaia di fulmini crearono una parete di fronte a lei, sul limite tra terra e acqua. Poco a poco si fecero sempre più piccoli, finché non sparirono completamente.
-Ehi!- un gruppo di uomini le corse incontro, le armi sguainate ed i visi furiosi. Ferah rimase immobile finché non le furono ad un braccio di distanza, ed allora scoppiò un altro lampo che durò una decina di secondi. Nella luce più totale, la ragazza disarmava i guerrieri, li gettava a terra, li feriva con le sue mani.
Quando il lampo scomparve, sette corpi si trovavano ai suoi piedi. Erano tutti uomini di Quareon.
Una ad una, le porte delle case rimaste in piedi si aprirono, uomini e donne uscirono in strada per vedere cosa era successo. Davanti a loro videro una ragazza dagli occhi talmente blu da risplendere, attorno a lei vi erano sette corpi. I più si spaventarono; poteva essere una maga inviata dalle sirenidi.
-Possiamo porre fine a questa guerra.- disse lei a voce alta.
Un vociare confuso proveniva dalla folla che poco a poco si avvicinava sospettosa. Ad un tratto, Ferah vide che tutti stavano rivolgendo uno sguardo terrorizzato alle sue spalle. Un'enorme onda si stava muovendo verso la città. La ragazza non si mosse. Con un tonfo fragoroso, la massa d'acqua si bloccò laddove prima si erano generati i fulmini.
-Vi è una barriera. Nulla potrà passarvi attraverso se non chi l'ha creata. Aggirarla non serve, la magia non può nulla contro di essa.-
La folla rimase immobile davanti a lei, in silenzio.
-Dobbiamo fermare questa guerra! Nemmeno la volevamo, sono stati i lavoratori delle cave a scatenarla!- si fece avanti un uomo sulla trentina.
Ferah lo sapeva. Chi aveva voluto lo scontro era una minoranza della popolazione, e così è stato anche per le sirenidi. Ora però chi ci stava rimettendo erano giovani, donne, uomini, anziani che non avevano mai avuto a che fare con le cave.
-Possiamo fermare i nostri uomini, ma se le sirenidi non ci ascoltano?- fece una donna.
-Sarò io a parlare con loro. Andrò questa stessa notte.-
-Qual è il tuo nome ragazzina? Hai coraggio. Non puoi pretendere così tanta fiducia da noi, in fondo, quanti anni hai? Quindici? Non sappiamo abbastanza di te.-
-Il mio nome è Ferah. Ho lavorato per sette anni nelle cave. So come girano le cose, so chi è a capo di cosa, e, soprattutto, si fidano di me. Lasciatemi questa notte, tornerò domattina all'alba.-
Nessuno sembrò rispondere.
-Spargete la voce, fermate gli uomini di Quareon, e potremmo davvero porre fine a questa guerra.- -Sì- urlò lo stesso uomo di prima.
-Sì- urlarono all'unisono un piccolo gruppo di ragazzi.
-Sì!- urlò la folla.

L'incantesimo lo sapeva a memoria, ma farlo su sé stessa era più difficile che su un altro individuo. Dopo qualche tentativo sentì la pelle del viso tirare, si toccò i lati del volto e sotto le sue dita sentì ruvide branchie, simili a quelle delle sirenidi.
Decise di scendere lungo la discesa lastricata di pietre bianche. L'acqua era fredda, gelata. Il fondale era illuminato da migliaia di luci magiche; provenivano dalle abitazioni, dalla piazza in subbuglio. Quando la ragazza fu vicina abbastanza, alzò le mani e si fermò di fronte alle guardie che restavano immobili davanti alla porta del villaggio sottomarino.
-Ferma!- urlarono.
-Sono Ferah, vengo in pace, non sono con l'esercito degli umani. Sono qui solo per parlare.- cercò di dire lei; non era ancora abituata alla strana sensazione che faceva venire parlar sott'acqua.
-Sono una conoscente di Aiwa, nonché sua stretta amica.-
-Entra Ferah. Disse una voce da dietro la porta. Era il Capo del villaggio. Le ante si dischiusero per quel poco che bastava a farla passare.
-Cosa ci fai qui? E' pericoloso.-
-Ho eretto una barriera.- il sirenide la guardò, forse sospettoso. -Chi ha voluto la guerra erano gli operai delle cave, tutto il resto di Asidi vuole finirla. La città è ridotta male, ho chiesto loro di fermare gli uomini che ha inviato Quareon per attaccarvi. Tutto quello che dovreste fare è annullare ogni tipo di offensiva verso Asidi.-
-Non ci fidiamo degli umani, ci sfruttano, ci ricattano, rovinano le nostre case, le nostre vite.-
-Dopo questa guerra saliranno persone più sagge al potere. Quareon è lontano da qui … Asidi merita la pace, merita un vero consiglio, persone sapienti che la dirigano.-
-Su questo hai ragione, Ferah, vedrò cosa posso fare.-
-Ho bisogno della vostra parola, ve ne prego.-
-Avete la mia parola; tenteremo di fermare chiunque dei nostri che voglia attaccarvi. Ma sappi, mia giovane umana, che non sarà facile. Quareon lo verrà a sapere.-
-Quareon ora è l'ultima delle nostre preoccupazioni, se la guerra continuasse, non rimarrebbe nulla né di Asidi, né del vostro villaggio, Cerelia.-
-Spero tu possa avere successo, Ferah.-
-Grazie.-

Quando Ferah risalì in superficie, l'aria fredda le bloccò il respiro. Completamente fradicia cercò di trovare riparo il prima possibile. Per fortuna, qualcuno la vide tornare, così le portarono alcune coperte prima che svenisse per il freddo.
-Ha accettato.- disse la ragazza tremante. -Ha dato la sua parola,ma ricordate, è nella nostra stessa situazione. Spargete l'informazione, cercate più persone possibili. Ora dovete andare, gli uomini di Quareon saranno già pronti ad una nuova giornata di battaglia. Vi raggiungerò il prima possibile.-
Si udì qualche mormorio ed una donna la accompagnò in un'abitazione dove all'interno bruciava un fuocherello. Ferah vi si inginocchiò accanto cercando di scaldarsi le mani che ormai non sentiva più.
-Ecco, questi vestiti sonno asciutti.- le disse la donna posandole vicino un mucchietto di abiti scuri.
-Grazie.- si cambiò più in fretta possibile e si legò i lunghi capelli in una coda alta. Prima di ritornare fuori, fece un profondo respiro e chiuse gli occhi.
Nefral. Doveva farlo per lui.
Corse fuori dove i primi guerrieri avevano capito che era presente una barriera tra il loro mondo e quello delle sirenidi. Avevano chiamato i due incantatori che erano arrivati con loro ma non avevano potuto nulla contro il muro di forza. Ferah raggiunse la torre, sola in mezzo all'enorme piazza. Con passo deciso si diresse verso gli uomini, vicino alla riva. Quando la videro, sguainarono le spade, ed uno di loro le urlò:
-Sei tu!-
-Questa guerra è finita. I vostri servigi non sono più richiesti.- disse lei cercando di assumere un tono autoritario.
Qualcuno di loro rise. -Cosa?- chiese uno divertito.
-La guerra è terminata.- Poco a poco, Ferah sentiva gli abitanti di Asidi venire avanti dalle strade, portando spade, archi, armi improvvisate. Uomini per primi, poi donne, giovani, studenti di magia, contadini, operai.
-Ragazzina, non crederai forse di poter fermarci tu?- disse ridendo ed avvicinandosi facendo roteare la spada tra le mani.
-Oh, io e l'intera città.-
-Vedremo …- e con uno scatto fece roteare la spada su Ferah, che con grazia, schivò il colpo. Non aspettò un solo secondo, e mentre schivava il secondo fendente, fece esplodere un tentacolo di luce dalla sua mano. Esso si avvolse attorno alla spada dell'uomo e gliela strappò di mano. Ferah la prese, non era così pesante come si aspettava.
Si avvicinò pericolosamente a lui e, con la spada puntata sul tozzo collo dell'uomo, chiese:
-Allora? La guerra è finita o no?-
-Stupida ragazzina.- rise.
-Come preferite.- e dal suo braccio sentì scorrere energia fino alla spada riempiendola di luce azzurra. Uno scoppio e l'uomo venne scaraventato contro la barriera.
Arrivarono altri guerrieri di Quareon e Ferah si trovò circondata, un altro gruppo aveva iniziato ad attaccare i cittadini. Gli incantatori si fecero avanti e, con difficili formule, crearono una sfera di energia attorno alla ragazza. Poco a poco, le pareti iniziarono a restringersi, riducendo l'aria. Ferah chiuse gli occhi. Migliaia di saette azzurrine iniziavano a riempire lo spazio rimanente, si moltiplicavano, creavano una luce intensa. Ferah sorrideva.
Quando l'energia degli incantatori cominciò a sfiorarle la pelle, come una bolla, scoppiò. Saette, energia, colpirono chiunque si trovasse attorno a lei, le pietre candide sotto i suoi piedi si creparono, vento forte iniziò a soffiare.
Uno dei due maghi, il più giovane, era steso a terra e con lo sguardo smarrito stava cercando di rimettersi in piedi. Ferah lo prese per la tunica sbattendolo contro la barriera tra terra e mare. Lo sollevò dal suolo e con gli occhi stretti a due fessure chiese:
-Da chi prendete ordini?-
-Quareon.- sibilò lui, senza fiato.
-Non fare il furbo con me, chi vi dà gli ordini qui?-
-Ashral.-
-Dov'è?- il mago non rispose. Ferah gli poggiò la lama della spada sulla giugulare e chiese, più lentamente:
-Dove si trova ora?-
-La… la t-torre.- un lampo esplose dalla sua mano e il ragazzo cadde a terra, privo di sensi.
Scavalcando i corpi dei guerrieri, ritornò laddove la folla combatteva. Qualcuno cercò di attaccarla, ma nessun colpo andò a segno, e Ferah si confuse tra la folla.
La torre, completamente fatta di Elora, riluceva al timido sole mattutino. Doveva andare da sola; non voleva portare qualcun altro in un edificio pieno di guardie.
Si fermò davanti al portone in metallo, pose una mano dove le due ante si univano ed un piccolo filo di luce s'intrufolò nella serratura. Decine, se non centinaia di scatti metallici risuonarono nel frastuono della battaglia. Con un cigolio, il portone si aprì quel poco per permetterle di entrare. Nella saletta prima delle scale due guardie la guardavano impugnando massicce asce, pronti ad attaccare. Ferah, senza muovere un muscolo, disse con voce ferma:
-Sono venuta per parlare con Ashral.-
Gli uomini fecero come se non avesse detto nulla. Si avvicinarono, le asce puntate in avanti. Ferah prese quindi la spada che ancora aveva con sé e, tenendola dalla parte delle lama, con molta attenzione, la porse ad una delle guardie.
-Tu sei la ragazzina che sta con il nemico, vero? Chissà perché non ti hanno ancora fatta fuori … - disse lui prendendole l'arma di mano.
-Io non voglio la guerra. Ecco con chi sto, con chi rifiuta gli scontri.-
-Vattene prima che tu faccia una brutta fine.-
-No.-
-Esci!-
-No!-
-Brutta insolente … - mentre uno dei due stava per attaccare, l'altro lo bloccò.
-Vuole parlare con Ashral, lui saprà che farne, giusto?-
Ferah pensava che le guardie venissero scelte con un poco più di intelligenza, ma quello con l'ascia ancora in aria si fermò e sorrise al compagno come se avesse avuto l'illuminazione del secolo. Sarebbe stato più facile del previsto arrivare da Ashral scortata da due guardie brillanti come loro.
Rimisero l'ascia dietro la schiena e con la delicatezza che solo un Golem avrebbe avuto, le legarono le mani e controllarono che non possedesse altre armi. Il primo la trascinava per una scalinata che saliva fino in cima alla torre, mentre il secondo li seguiva.
-Vedrai che faccia farà Ashral!- L'altro rise e Ferah non poté fare altro che sopportare loro e le loro acute battute su di lei fino in cima.
Quando giunsero davanti alla porta in legno massiccio che chiudeva la scala, le due guardie bussarono.
-Avanti.- fece una voce calda.
I due aprirono e Ferah si trovò in una lussuosa stanzetta dove il colore rosso prevaleva su ogni cosa. Pesanti tende di un rosso cupo pendevano dal soffitto, il tappeto di un color bordeaux ricopriva l'intero pavimento, cuscini e divanetti erano posti lungo tutto il perimetro circolare della camera. Una scrivania in legno scuro era posta davanti alla finestra che dava sul mare.
Un uomo piuttosto giovane dai capelli biondo platino e gli occhi azzurri se ne stava seduto consultando diverse cartine dei Territori d'Oriente. Quando levò lo sguardo su Ferah, si alzò e con un poco di preoccupazione, urlò:
-Siete impazziti?- la ragazza sorrise e le due guardie vennero colpite da un lampo che le fece accasciare a terra svenute.
-Salve.- disse Ferah tornando seria.
-Cosa vuoi?-
-Vedo che anche se siete un valoroso cavaliere di Quareon, le buone maniere mancano … In ogni caso, ciò che vengo a chiedervi, ciò che il popolo di Asidi e delle sirenidi chiede, è la pace. Ritirate i vostri uomini, lasciate la città.-
-Ho degli ordini che devo seguire, finché il popolo delle sirenidi non sarà distrutto, non potrò lasciare questo luogo.-
-Sono venuta fin qui per un motivo, avrei preferito che non tutto l'esercito dovesse morire affinché si ritiri. Ma a quanto pare ha a capo un uomo fedele al proprio sovrano, tanto da distruggere le vite dei sudditi.-
-Ho visto cosa puoi fare.-
-Sarebbe un motivo in più per non mettervi contro il popolo allora.- Ashral estrasse la sua lucente spada dal fodero e la tenne puntata verso terra.
-Davvero? Siete veramente disposto a sacrificare tutti gli uomini che avete?- disse la ragazza avvicinandosi.
-Per Quareon, questo ed altro.-
Ferah fece comparire un globo luminoso sulla propria mano.
-Solo questa piccola luce sarebbe in grado di atterrarvi, se non uccidervi. Siete ancora in tempo per ritirarvi.-
-Smettila!- Urlò togliendosi il mantello di velluto nero ed alzando la spada.
-Come preferite.- il globo cominciò a crescere sul palmo della sua mano.
Ashral partì all'attacco e prima che potesse avvicinarsi alla ragazzina, il globo esplose un una miriade di scintille azzurre spingendo l'uomo contro l'enorme finestra che immediatamente andò in frantumi.
Il cavaliere sembrò precipitare nel vuoto, ma con una mano, riuscì ad aggrapparsi al davanzale in Elora. La battaglia si era fermata per assistere alla scena. Ferah corse verso di lui.
-Ritiro gli uomini! Li manderò via da qui!- urlava disperato al vento.
-Ho la vostra parola, Ashral?-
-Certo, certo … Ora aiutami.- Ferah, seppur riluttante all'idea, offrì la propria mano all'uomo. Lui l'afferrò con forza, ed invece di issarsi sul davanzale, diede uno strattone che fece sbilanciare la ragazza. Ferah si ritrovò appesa al polso dell'uomo, ad un centinaio di braccia da terra.
-La tua parola, vero bastardo?- disse la ragazza prima che la sua mano diventasse luminosa e che Ashral lasciasse la presa. Entrambi caddero nel vuoto sotto gli occhi sconvolti della folla. Il suolo veniva loro incontro veloce e spietato. Ferah tese le mani verso terra e ne fece uscire lunghi tentacoli che penetrarono nella candida roccia come radici di un albero. Poco a poco si irrobustirono finché la sua caduta non venne rallentata.
Uno schiocco secco. Ashral cadde sulla pietra.
Avvolta dalla luce, la ragazzina atterrò, e con una capriola attutì il colpo.
Quando si rialzò in piedi, la folla scoppiò in un boato.







Salve, finalmente mi sono decisa a pubblicare, ero rimasta ferma proprio nel momento in cui la storia di Ferah iniziava... In ogni caso, scusate il papirone ç_ç Ho dovuto dividere la storia in due in quanto avevo raggiunto le 11 pagine e le 7.800 parole. Molte cose so che le avrei potute tagliare, ma mi piace tanto il personaggio di Ferah... E' così power *-*
I tempi della storia sono un continuo cambiamento, prima la narrazione va a rilento, poi accelera, si ferma e qualche volta salta anni. Lo so, scusate T.T
Volevo mandare un bacione a Lavender che mi sopporta, e volevo farle i complimenti per la sua meravigliosa ff, di cui vi lascio il link ^O^
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=760938
Ok, inizio a lavorare alla seconda parte... =) E spero tanto di non annoiarvi come probabilmente ho già fatto ù.ù Grazie ancora, se siete arrivati fin qui non posso fare altro che farvi un mastodontico busto in Elora in vostro onore LOL :D
   
 
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