CAPITOLO 7
Madama Chips
controllò uno studente alla volta e potè
constatare come tutti stessero bene.
Nessuno aveva risentito del miscuglio di erbe creato da Neville
Paciock. Il
profumo di violette, pur facendo svenire l’intera classe, non
li aveva
intossicati. Naturalmente anche Sirius era stato visitato e anche lui
non aveva
subito conseguenze se non la sfuriata dell’infermiera.
“Che pozione ha
fatto preparare ai ragazzi?” gli chiese la donna.
“Nessuna in
particolare. Dovevano semplicemente inventare”.
“Che bella
idea!”
disse sarcastica lei “Non le è venuto in mente che
così facendo la situazione
le sarebbe potuta sfuggire di mano? Che qualche studente avrebbe potuto
inventare una pozione di cui lei
non
conosceva l’esistenza?”.
“No, non mi è
venuto in mente” rispose Sirius a denti stretti.
“Bhè, doveva
venirle in mente invece!”.
“Basta, Poppy!”
urlò lui pentendosi immediatamente di aver perso la calma.
Allungò le mani
come per creare una distanza tra se stesso e l’infermiera,
respirò a fondo e
continuò: “So di aver sbagliato, so di non
conoscere tutte le pozioni del
mondo, di non sapere insegnare, ma sto tentando di fare del mio
meglio”.
“Faccia quello che
desidera ma non mi riempia l’infermeria di studenti e anche
lei la smetta di
venire in veste di malato. E’ già la seconda volta
in due settimane che lei è
quà”.
Sirius sollevò le
braccia al cielo. “Non potevo prevedere l’attacco
delle blatte, né tantomeno la
pozione alla fragranza di violette”.
“Non si atteggi a
vittima e pensi piuttosto che anche questa volta le è andata
bene”.
“E di questo la
ringrazio” disse lui facendosi serio.
Lei lo guardò
perplessa. “Ed anche questa volta non è me che
deve ringraziare”.
“Già”
continuò
Sirius seccato “I giovani Piton-Queen. I quali non svenendo
hanno chiamato il
loro paparino in soccorso”.
“Esattamente. Non
so di preciso come, né perché l’odore
di violette non abbia avuto su di loro
l’effetto che ha avuto su tutti gli altri
…”
“Forse perché
non
sono normali?” domandò provocatoriamente il
professore.
“Non lo dica
neanche per scherzo. Forse i due ragazzi hanno delle qualità
e caratteristiche
un po’ fuori dal comune, ma restano due ragazzi come tutti
gli altri, né più né
meno di Potter e di qualunque altro”.
“Sì,
certo”
concluse Sirius infastidito dalla posizione di difesa a oltranza che
Madama
Chips aveva preso nei confronti dei gemelli “Allora, la
lascio al suo lavoro”.
“La ringrazio, e si
ricordi di fare bene il suo” lo imbeccò nuovamente
la donna che non aveva
alcuna intenzione di abbassare la guardia.
Lei si ricordava
ancora di quando il giovane Black era stato studente: sempre in cerca
di guai,
possibilmente da combinare in compagnia, un po’ scavezzacollo
ma leale e
sincero con chi gli dimostrava fiducia e amicizia.
Un tipo coraggioso,
cresciuto troppo in fretta in una famiglia che non lo faceva sentire
amato,
incastrato da uno dei suoi migliori amici, e costretto a vivere
rinchiuso ad
Azkaban fino alla definitiva liberazione e reintegrazione pubblica.
Quel ragazzo adesso
poteva trovare una nuova dimensione di vita, affrontando i suoi limiti
e
superandoli. Non c’era più la giustificazione
dell’età, né trappole nascoste.
Tutto era fatto alla luce del sole. Era un professore, e se voleva
essere un
buon professore doveva ricordarsi di come era stato da ragazzo ma con
la consapevolezza di dover agire da adulto ora.
Perché per la sua
adolescenza non si poteva far più nulla, ma per quella degli
studenti si poteva
ancora lottare e lui avrebbe dovuto schierarsi dalla parte giusta.
Ancora una
volta la più difficile, ma sempre la più giusta.
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Nel frattempo
Severus e i suoi figli erano andati a parlare con Silente. I ragazzi
avevano
raccontato al preside per filo e per segno come si erano svolti i fatti
in
aula, compresa naturalmente la comparsa di Lady Queen.
Il dono della
preveggenza di Thomas poteva anche divenire un peso, una
responsabilità troppo
grande. Bisognava perciò istruire a dovere il ragazzo. Il
dono di Lily invece
era piuttosto difficile da comprendere. Conoscere il passato attraverso
chi il
passato lo aveva vissuto. Cosa significava? Dove era il dono? Tutti
potevano
conoscere il passato di una persona se questa glielo raccontava.
Lady Queen aveva
detto che niente era come sembrava, che i morti non tornavano indietro
neanche
nel mondo magico. Eppure le gemme erano rifiorite. Mancavano ancora
troppi
pezzi di puzzle e come Severus aveva fatto notare al preside, a tutto
questo si
aggiungeva il fatto che Thomas e Lily non erano svenuti inspirando
l’odore
delle violette e tanti studenti si erano domandati il perché.
Per il momento non
c’erano risposte ma solo domande. “In ogni caso,
arrivati a questo punto, visto
e considerato che non sappiamo praticamente niente sarebbe meglio che
voi due
ragazzi non parlaste dei vostri poteri con nessuno dei vostri
amici”.
“Dovremmo tenerci
tutto dentro?” domandò deluso e sconsolato Thomas
“Dovremmo fare come se niente
fosse accaduto?”.
“Credo sia meglio
anche per voi” rispose Silente.
Thomas non replicò
e Lily non obiettò. Sembrava quasi che la ragazza non fosse
neanche presente,
che fosse in un mondo tutto suo. Severus lo notò subito ma
non volle
evidenziare la situazione. Successivamente, in disparte, avrebbe
parlato alla
figlia.
“Adesso andate e
abbiate pazienza, tutto si sistemerà”.
Una volta che i
ragazzi furono usciti dall’ufficio Severus con uno sguardo
avvelenato ripetè in
faccia al preside: “Credo sia meglio anche per voi. Ma che
risposta gli hai
dato? Perché dovrebbe essere meglio per loro? Secondo te
è una risposta
soddisfacente? Per loro sarebbe meglio vivere con
tranquillità, senza avere
segreti, liberi di parlare, di raccontare. E invece dovranno stare
attenti ad
ogni parola che diranno”.
“Mi dispiace, ma i
tuoi figli non hanno questo lusso”.
“E perché?
Sono
solo dei ragazzi, Albus. Non ho permesso che lasciassero Prince Manor
per
arrivare ad Hogwarts e farli sentire inadeguati. Siamo maghi e abbiamo
poteri
magici, nessuno li deriderebbe se si venisse a conoscenza dei loro
doni”.
“Infatti non ho
detto questo” replicò il preside.
“E che cosa
intendevi allora? Perché proprio non ho capito” .
Silente era seduto
con le mani incrociate e con i gomiti poggiati sui braccioli.
“Sai bene anche
tu che a quell’età si può essere molto
cattivi e i tuoi figli, proprio perché
sono cresciuti sotto una campana di vetro, non sanno gestire il
confronto con i
compagni”.
“Non cambiare
discorso”.
“Il discorso è
sempre lo stesso, Severus. Due ragazzi con dei grandi poteri possono
essere
strumentalizzati dai loro coetanei più furbi e smaliziati. E
tu lo sai bene.
Per sentirsi importanti e parte di un gruppo si è disposti a
fare di tutto”.
Severus non
riusciva a credere alle sue orecchie. Eppure Silente conosceva i suoi
figli da
sempre e sapeva bene che il loro unico desiderio era stato sempre
quello di
vivere una vita normale.“I miei ragazzi non hanno sogni di
gloria” disse
facendo bene attenzione a distinguere tutte le parole.
Silente prese fiato
e molto cautamente rispose: “I Grifondoro hanno sempre sogni
di gloria, e
Thomas è sembrato alquanto deluso di dover nascondere il suo
dono”.
“Non è una
questione di potere, e che a lui non piace avere dei segreti. Non
è capace a
nasconderli. E la tua richiesta di silenzio potrebbe stressarlo
oltremodo,
influenzando anche la salute di Lily. Sai bene che lei si sente male
quando sta
male il fratello”.
“Non sempre” lo
corresse Silente “Se non erro si è sentita male
solo quando Thomas è entrato
nello stato di trance delle visioni”.
Severus fece mente
locale ma non sembrava particolarmente convinto di questa ipotesi:
“Lady Queen
non ha fatto riferimento a questo genere di legame. Forse sarebbe
meglio
prepararle la pozione di protezione che beveva prima del compimento
della
profezia”.
“La trovo
un’ottima
idea, Severus. E mi raccomando fa capire loro quanto sia importante
tenere il
segreto”.
“Come vuoi, Albus,
anche se in tutta sincerità io stesso non ne ho capito le
motivazioni”
sottolineò il professore di Difesa contro le arti oscure che
dentro di sé
maturava la convinzione che il vecchio preside gli stesse nascondendo
qualcosa.
Era stato troppo
vago, e contemporaneamente troppo sicuro della decisione presa, ma per
ora non
c’era modo di saperne di più. In un altro momento
avrebbero approfondito
l’argomento.
Silente si alzò e
con finta noncuranza disse: “Naturalmente dovremmo avvertire
il corpo
insegnante di queste ultime novità”.
“Non ne vedo la
necessità, non sappiamo bene neanche cosa raccontar
loro”.
“E se durante una
lezione Thomas e Lily dovessero …”.
“Va bene, va
bene”
lo interruppe Severus “Va bene, come vuoi tu. Adesso posso
andare?” chiese
stancamente.
“Sì, certo.
Vai
pure. La riunione la faremmo dopo le lezioni, verso le tre”
puntualizzò il
preside sicuro di star facendo la cosa giusta. Tante volte aveva
vissuto il
dubbio delle proprie azioni ma non questa volta.
Era praticamente
certo di essere nel giusto, anche se doveva ancora consultare uno o due
libri e
ancora due persone per avere più chiaro il quadro della
situazione.
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Alle 13:00 come
sempre sulle tavole della Sala Grande non mancò il buon
cibo. Eppure diverse
persone lasciarono il loro piatto mezzo pieno.
“Pare che gli
studenti non abbiano appetito” fece notare Madama Sprite.
Nessuno però raccolse
lo spunto per parlare. Silente aveva altri pensieri per la testa,
Madama Chips
sapeva che tutti gli studenti erano in salute, Sirius non riteneva la
cosa
importante, Severus cercava di non fissare troppo i suoi figli ma seppe
riconoscere l’ansia di Thomas che a mala pena
mangiò un po’ di frutta, e la
preoccupazione di Lily che si riempì il piatto e
nervosamente diede un morso a
tutto senza in realtà mangiare niente.
I Tassi cercavano
di invogliare Thomas. “Dai, prova ad assaggiare questi
involtini. Non sai cosa
ti perdi, sono molto saporiti”.
Thomas però non
riusciva a pensare al cibo e il solo odore della carne e delle spezie
gli
faceva venire la nausea.
“Grazie, Susan, ma
proprio non ho fame”.
“Dovresti
sforzarti. Anche se a dir la verità stai diventando
piuttosto pallido” disse la
ragazza preoccupata.
Justin, seduto
accanto a Susan, si sporse per guardare in faccia il compagno e gli
domandò con
voce lagnosa: “Vuoi che chiamiamo il tuo paparino?”.
Thomas, però, non
colse l’ironia della domanda e rispose: “No, forse
non ce n’è bisogno”.
Justin fece una
faccia disgustata, si alzò e andò via senza
salutare.
“Ho detto qualcosa
di sbagliato?”.
“No, Thomas. Non
hai detto niente, è Justin che sta diventando paranoico.
E’ preoccupato perché
siamo ultimi nella classifica delle case”.
“Ma siamo appena a
Novembre, c’è ancora tutto
l’anno!”.
“Sì, glielo
dico anch’io
ma lui afferma che dovremmo impegnarci di più”
spiegò lei senza fare
riferimento ai dubbi che Justin aveva sulla lealtà del nuovo
compagno.
“Comunque sei
sicuro di non volere mangiare altro? Pranzare con due acini
d’uva e mezza mela
non ti darà molte sostanze. Madama Chips ha detto che
dobbiamo mangiare bene
oggi per riprenderci dallo svenimento collettivo. Dice che se non
fossimo stati
deboli non saremmo svenuti”.
“Che
sciocchezze!”
rispose Thomas. “Noi
mangiamo sempre in
modo corretto e sostanzioso e poi sono loro che controllano la nostra
dieta
alimentare”.
Susan lo appoggiò.
“Infatti secondo me era tutta una scusa perché
neanche loro sanno cosa sia
accaduto in realtà”.
Thomas fu colto
alla sprovvista: “Come non si sa? E’ stato
l’odore delle violette a farvi
svenire ”.
Lei lo guardò
dall’alto in basso e con aria da saputella mista ad un
sorriso da presa in giro
ripetè a memoria: “Primo fondamento
dell’arte pozionistica:
Ogni erba, fiore, pianta, radice ecc…
è unica
pertanto non si può riprodurre la sua fragranza se non
possedendo l’erba, il
fiore, la pianta, la radice ecc… in questione”.
“E questo chi te
l’
ha detto?” domandò incuriosito lui.
“Tuo padre, il
primo anno che ho studiato pozioni quando cercai di fabbricare il
profumo dei
ciclamini. Lui mi guardò e mi disse –Signorina
Bones, non ritenevo fosse
difficile da capire che per sentire l’odore dei ciclamini
bisognasse averne
qualcuno a portata di mano. Cosa
vorrebbe mischiare per riprodurne il profumo? Del rosmarino con delle
radici di
pino?- Io mi sentì morire”.
Thomas rise, era
proprio il genere di battute che faceva suo padre. Susan invece
restò seria.
“Allora non fu
così
divertente e francamente non lo è nemmeno adesso”.
“Scusa” fece
lui
cercando di controllarsi ma senza successo.
“Ti fa ridere che
tuo padre mi abbia umiliata davanti a tutti?”.
“Esagerata, è
solo
il suo modo per arrivare dritti al punto della questione”.
“Bhè, ci
è
arrivato! I Serpeverde mi prendettero in giro tutto
l’anno!”.
Lui non riuscì a
trattenere un’altra risata mentre Susan diventava rossa in
viso per la rabbia.
Allora Thomas cercò di giustificare se stesso e il padre.
“Scusami ancora, ma
sono sicuro che lui non voleva questo”.
“E allora cosa
voleva fare?”ribatté lei
puntandosi e
facendone una questione personale.
“Susan, smettila.
Lo vedi che i nostri compagni ci stanno fissando?”.
Lei si guardò
attorno, molti Tassirossi avevano smesso di mangiare e li stavano
osservando.
“E con ciò?
Non è
la prima volta che un Piton ride di me e adesso che ti conosco meglio,
sai cosa
penso? Che forse non sarà neanche l’ultima
perché tu sei tale e quale a tuo
padre”.
Thomas smise di
ridere, toccato nel vivo ma con molta calma e per sdrammatizzare
rispose: “Non
credo, visto che lui dice che somiglio di più a mia
madre”.
Susan fuori di sé
per non essere riuscita a mettere in difficoltà il figlio
del temibile
professor Piton decise di sferrare l’affondo.
“Tua madre?”
domandò ridendo amaramente “Avrei voluto proprio
conoscerla. Che genere di
donna poteva essere per stare con uno come tuo padre?”.
I Tassirossi
restarono ammutoliti, alcuni sussultarono. Nessuno di loro si sarebbe
aspettato
niente del genere da Susan, neanche Thomas che rimase come pietrificato
per
alcuni interminabili secondi.
La nausea si fece
più acuta, le labbra sbiancarono
e gli
occhi gli si riempirono di lacrime.
“Mi dispiace”
gli
disse la ragazza rendendosi conto di quanto aveva detto.
Lui non rispose
niente, non voleva muovere i muscoli della faccia perché
sapeva che
altrimenti le lacrime, in equilibrio tra
le ciglia, gli sarebbe scese sul volto.
“Mi dispiace”
gli
ripeté Susan.
Thomas si alzò e si
diresse verso il tavolo dei professori. Una volta giunto si
avvicinò a Silente
e gli chiese: “Potrei essere smistato un’altra
volta? Non credo che quella sia
la mia casa”.
“No, non è
possibile Thomas. Il capello parlante non sbaglia mai” fu la
risposta
prevedibile.
Thomas fece sospirò
e come batté le ciglia le lacrime gli caddero sulle guance
per finire poi sullo
stemma della tunica. Lui chinò la
faccia a terra e poi si rivolse a Severus: “Allora posso
tornare a casa?”.
Piton vide il viso
di suo figlio bagnato dalla tristezza, non voleva che soffrisse, ma non
poteva
proteggerlo per sempre. Doveva metterlo nella condizione di affrontare
tutto.
“Per Natale,
Thomas. Non prima” gli rispose con il cuore spezzato.
Thomas però non
provò né delusione né amarezza e con
mezzo sorriso, come a dirgli
che capiva ma che aveva comunque
bisogno di lui chiese ancora: “Allora posso venire nel tuo
ufficio?”.
Severus smise di
mangiare, si alzò , si avvicinò al figlio e
mettendogli una mano sulla spalla
si misero ad attraversare tutta
la Sala
Grande mentre i Tassirossi li guardavano
stupiti. Chi mai avrebbe potuto credere che Severus Piton fosse un
padre
amorevole?
Quando ebbero
attraversato già mezza sala anche gli altri studenti si
resero conto che Piton
stava accompagnando fuori il figlio in lacrime. Anche Lily li vide, e corse subito
dal fratello.
“Chi è stato?
Chi
ti ha fatto piangere?” chiese adirata.
“Lascia
perdere”
rispose lui mentre Severus cercava di calmare la figlia:
“Lily, calmati. Thomas
è solo molto stressato”.
“Io voglio sapere
chi è stato” disse lei con decisione stringendo i
pugni.
“Non mi ha ancora
spiegato niente” rispose il padre.
“Thomas, voglio
sapere chi è stato” ripeté lei.
Thomas
singhiozzando la invitò a seguirli, ma nella sua mente il
ricordo
delle parole di Susan era ancora fresco, e senza Legillimens, senza che
lui se
ne accorgesse e senza che lei facesse niente in particolare, Lily si
rese conto
di sapere già tutto.