Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
Segui la storia  |       
Autore: Klood    19/07/2011    2 recensioni
Lo stravagante e squinternato cast de "Il Signore degli Anelli" si trova di nuovo in Nuova Zelanda per una reunion in cui ciascuno farà i conti con sette anni di lontananza...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Elijah Wood, Orlando Bloom, Viggo Mortensen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ringrazio la mia fedelissima lettrice Niniel82, che come al solito non manca di recensirmi e darmi le sue opinioni... e anche chi mi legge in silenzio, mi aggiunge nelle storie preferite, seguite, ecc. Spero che la storia vi stia appassionando e vi incuriosisca man mano che segue il suo percorso... e come al solito per qualsiasi tipo di critica (positiva e soprattutto negativa) sono a disposizione. Infondo noi scrittori (se così mi posso definire, anche se dubito) siamo anche curiosi di sapere che ne pensa chi legge, cosa sia meglio cambiare e cosa definire maggiormente.
Bene, dopo questo mezzo sproloquio vi lascio al capitolo, sperando che lo apprezziate... Buona lettura!

Capitolo 10

“Io non ho parole” iniziai, con le mani salde sul volante mentre entravamo in autostrada. “Si può sapere che ti sta succedendo? Passi l’altra mattina; sappiamo che non sei il santo che tutti proclamano. Ma la reazione di stasera proprio non la capisco. Per una cazzata, poi!” continuai, distogliendo lo sguardo per un attimo dalla strada, rivolgendolo nella sua direzione. “E dire che in 18 mesi tu e lui ve ne siete dette di ben peggio…” constatai, e stavo per riprendere a parlare quando fu lui ad interrompermi.
“Se volevo qualcuno che mi rompesse le palle dicendomi cosa fare e non fare, me ne restavo a LA.”
“Il fatto che tu sia qui, non significa che puoi fare quel cazzo che ti pare, eh? Se pesti una merda, se fai una cazzata, vale tanto come se la facessi in America, o a Londra.” fu la mia osservazione.
“Ma non sono cazzi tuoi quello che faccio o non faccio, non sei mia madre, né tantomeno mia sorella o la mia manager. Quindi, ripeto, fatti i cazzi tuoi!” mi rispose, asciutto, stringendo il pugno che pareva piuttosto gonfio. Pensai che doveva fargli piuttosto male, e così anche lo zigomo destro, visto che ogni tanto, quando lo muoveva, faceva una lieve smorfia di dolore. Rimasi in silenzio per un po’, finché non vidi un cartello che indicava una stazione di servizio ad un centinaio di metri da noi.
“Mi prendo un caffé, tu vuoi qualcosa?” gli chiesi, mentre imboccavamo la corsia di destra e mettevo la freccia per entrare nella stazione di servizio.
“Un caffé anche per me… amaro” fu la sua risposta, mentre guardava fuori dal finestrino con la fronte appoggiata al vetro.
Ci misi una ventina di minuti per quei due caffé: sembrava che tutta Auckland avesse deciso di mettersi in viaggio verso sud. In più, quando chiesi al cameriere alcuni cubetti di ghiaccio, mi ci volle tutta la pazienza che in quel momento non avevo; il tipo al bancone, che avrà avuto sì e no 30 anni, continuava a chiedermi perché mi servissero dei cubetti di ghiaccio, se si era fatto male qualcuno… alla fine capì che avrei potuto sbranarlo se non si fosse mosso, così oltre ai due bicchieri con il caffé, mi consegnò anche un bicchiere con i cubetti di ghiaccio.
Una volta uscita dall’edificio, porsi i due caffé ad Orlando, dirigendomi poi verso il baule, dove recuperai un foulard di seta bianco di Hermes in cui misi alcuni dei cubetti di ghiaccio, un completo gessato blu, una camicia color panna e un paio di decoltè di vernice gialla, che coordinai con un foulard dello stesso colore e la borsa.
Dopo di chè tornai in macchina, porgendo ad Orlando il foulard bianco e il bicchiere con il ghiaccio. “Per lo zigomo il foulard e per la mano il bicchiere” gli spiegai sbrigativamente, prima di togliermi la maglia nera che indossavo, rimanendo per un attimo in reggiseno prima di infilarmi la camicia. Lo stesso feci con la gonna, mettendoci un po’ più tempo a causa della posizione non proprio comoda, poi infilai i pantaloni e le scarpe, gettando ciò che mi ero tolta sui sedili posteriori.
In quel momento mi voltai vero Orlando: mi guardava con gli occhi spalancati e il suo bicchiere con il liquido scuro a mezz’aria.
“Tutto okay?” gli chiesi, tranquilla. Infondo non era la prima volta che mi vedeva in intimo, e considerando il tipo di intimo che indossavo era come se fossi stata in costume.
Annuì, voltando la testa davanti a sé.
“Ma ti cambi sempre quando hai un uomo in macchina?” mi chiese con tono malizioso.
“Solo con quelli che ci provano con me e poi vanno a letto con la mia segretaria…” risposi, alzando un sopracciglio divertita.
Con la coda dell’occhio lo vidi sorridere appena.
“Me lo rinfaccerai a lungo?” mi chiese.
“Dipende…” risposi, sorridendo. “Scherzi a parte, devo essere ad una riunione in ufficio non appena arriviamo, quindi ho ottimizzato i tempi.”
“Pensavo avessi tre settimane di ferie…”
“Non potevo mancare” ammisi, guardando la strada. “Serve per parlare dei nuovi progetti, e il mio capo ha detto che nessuna assenza sarà giustificata. Solitamente quando dice così c’è qualcosa di grosso che bolle in pentola.”
Dal sedile accanto al mio non giunse risposta per parecchio tempo, finché mentre passavamo accanto alla cittadina di Hamilton, il mio compagno di viaggio riprese a parlare.
“Che è successo?” mi chiese, lasciandomi di stucco. Proprio non capivo a chi si stava riferendo… non mi sembrava nemmeno una domanda sensata.
“Che intendi?”
“Non eri così quando ti ho conosciuta, e forse è per questo che quel giorno non avevo capito che eri tu. Cosa ti ha portato a passare dalla ragazza entusiasta della vita e pure un po’ ingenua alla donna stacanovista, compita e rigida?”
“Potrei farti la stessa domanda, sai? Eri anche tu un entusiasta quando ci siamo conosciuti…” osservai, alzando un sopracciglio. “Forse era questa la ragione per cui piacevi a tutte le ragazze del set, o quasi. Avevi una luce negli occhi anche solo quando parlavi con qualcuno che incantava. Quando sei venuto qui l’ultima volta ho pensato che nonostante il successo e la fama, eri ancora lo stesso che era riuscito a far passare le vertigini a Dom, convincendolo a buttarsi dal Nevis jump” continuai. “E ora la sola idea di fare il vagabondo in giro per la nazione con Viggo & Co. ti fa venire il rigetto…”
“Il tempo passa, la vita continua e le cose cambiano.” rispose asciutto.
“Lo stesso per me” gli dissi, bevendo un sorso del mio caffé, ormai diventato freddo.
Per il resto del viaggio non parlammo moltissimo, commentando di tanto in tanto le canzoni che passavano alla radio; in realtà mi resi conto che entrambi stavamo cercando di interpretare la risposta che avevamo trovato adatta alla nostra situazione… o almeno fu quello che feci io per la buona parte delle ultime ore di viaggio, mentre Orlando si era addormentato, rannicchiato sul sedile e con la testa rivolta verso il finestrino.
Erano le 9.00 quando uscii dall’autostrada per entrare nel traffico mattutino di Wellington: avevo mezz’ora per raggiungere l’ufficio e dovevo presentarmi alla riunione fresca e attiva, non di certo con la faccia di una che aveva passato la notte in macchina. Pregando la mia buona stella, mi infilai in un vicolo stretto, sfruttando i vantaggi che solo l’acquisto di una macchina come l’Aygo poteva darti. Negli ultimi tre anni con quella vettura avevo guadagnato una media di 7 minuti ogni mattina.
Quando ormai mancavano 5 minuti all’arrivo (e sarei stata di 10 in anticipo sull’orario della riunione), svegliai Orlando, scuotendolo appena: lui aprì gli occhi, borbottano qualcosa prima di sbadigliare sonoramente e guardarmi leggermente disorientato.
“Dove siamo?” mi chiese, mentre si sedeva meglio, guardandosi intorno.
“Wellington.” gli risposi. “Non riesco ad accompagnarti a casa, altrimenti arriverei in ufficio al tramonto. Se vuoi puoi dormire sul divano, nessuno ti disturberà e quando ho finito possiamo pranzare insieme.”
“Allora non ti sto così sul cazzo…” commentò.
“Il fatto che tu sia un coglione e debba imparare a comportarti come un adulto con le sue responsabilità, non presuppone che mi debba comportare come una stronza, né tanto meno significa che mi stai sul cazzo.”
“Te l’ha mai detto nessuno che sei acida come uno yogurt scaduto da mesi? Quant’è che non ti fai qualcuno? Cristo, una scopata ti farebbe più che bene…”
Lo fulminai con lo sguardo; se fossi stata di fronte a lui, e non alla guida, si sarebbe preso di sicuro un sonoro ceffone in pieno viso.
“Prima di tutto non sono cazzi tuoi, e secondo ringrazia che mi è stata insegnata l’educazione, e che nonostante tutto ti rispetto anche se sei un buzzurro cafone” gli risposi, mentre passavamo accanto al palazzo che ospitava il mio ufficio.
Senza aggiungere altro cominciai a guardarmi intorno alla ricerca di un parcheggio , che trovai non molto lontano dall’edificio. Non mi curai affatto di Orlando, comportandomi come se non esistesse mentre m i avviavo verso il mio ufficio con passo piuttosto spedito. Salii in ascensore, dove incontrai alcuni colleghi che dopo avermi salutato cordialmente, guardarono me ed il mio accompagnatore piuttosto incuriositi; se poi si aggiungeva l’espressione da generale della Gestapo sul mio volto e quella da cane bastonato di Orlando, il quadro era completo. Anche Janice si rese conto che non tirava una bell’aria, quando arrivammo in ufficio. Feci accomodare l’attore nel mio studio senza una parola e poi mi rivolsi alla mia segretaria.
“Lui resta nel mio ufficio, finché non torno dalla riunione. Che nessuno entri lì dentro. Se ha bisogno di qualcosa, occupatene tu, e se vuole farsi un’altra scopata, sappi che sei licenziata in tronco” snocciolai, recuperando caffé e muffin. “Ah! Per quando torno esigo trovare qui tagliolini all’uovo per due, salmone fresco e una confezione di panna da cucina, altrimenti vale il discorso di prima” conclusi, uscendo dalla porta di vetro. Ero decisamente sul piede di guerra, ed il mio umore non migliorò durante la riunione.
Hugh era piuttosto irritato. Quei pochi progetti per il riallestimento degli uffici che gli erano stati consegnati lo avevano deluso profondamente, e come se non bastasse la compagnia aveva perso uno dei suoi clienti più importanti, passando alla concorrenza, tutto a causa di un’equipe di pubblicitari che non era stata in grado di avere un’idea che fosse quantomeno originale. Così il capo aveva preso una decisione: entro tre settimane ciascuno di noi avrebbe dovuto presentare un progetto per i nuovi uffici. Il migliore avrebbe ricevuto una promozione, mentre al resto sarebbe stato dato un voto, da A a F: e coloro che avessero ricevuto un voto compreso tra D e F sarebbero stati licenziati in tronco, senza possibilità di appello. Giorno di consegna: 23 dicembre, ore 10.00.
In quel momento le mie tre settimane di ferie si erano volatilizzate: sapevo che nonostante fossi in giro per la nazione avrei dovuto organizzare il mio viaggio ad Abu Dhabi di fine dicembre, e in caso di emergenza dare disposizioni all’equipe che avevo scelto per la campagna Ivy, di cui ero supervisore. Ma di certo non erano cose impegnative. Questo progetto invece era una vera e propria missione: se non fossi stata in grado di trovare un’idea che potesse piacere al mio capo nessuna giustificazione mi avrebbe salvato dal licenziamento, e allo stesso momento non potevo permettere il fatto che le mie settimane di ferie venissero rovinate.
Così me ne tornai nel mio ufficio; lì trovai la spesa e Janice al telefono che comunicava la mia assenza a causa di una riunione al suo interlocutore dall’altro capo dell’apparecchio. Vedendomi, mi scribacchio Ivy su un foglietto, ma a gesti le feci capire di non voler parlare con loro; la vidi farsi interrogativa, ma evitai le sue domande con un sorriso appena accennato, prima di eclissarmi in ufficio dove, contro ogni mia aspettativa Orlando era sveglio.
“Riunione interessante?” mi chiese, sentendomi entrare.
“Da morire…” risposi, con una faccia piuttosto funerea. Notando la mia espressione, lo vidi guardarmi con un misto di stupore e curiosità.
“Senti, purtroppo ho avuto un’emergenza e almeno per i prossimi giorni è meglio che resti qui a Wellington, tanto il resto del gruppo sarà in città fra un paio di giorni” iniziai, mentre mi sedevo alla scrivania, accendendo il pc. “Ti posso prenotare un biglietto per il treno e ---”
Alzai lo sguardo verso di lui, e notai qualcosa del suoi occhi, una luce che non seppi interpretare; e probabilmente fu quella la ragione per cui un’ora dopo mi ritrovai nella sua cucina a preparare i famosi tagliolini al salmone, invece di essere nel mio ufficio (come avrei dovuto), piegata su quel dannato progetto per gli uffici.
Mentre la pasta si cuoceva, vidi Orlando spulciare le carte che mi ero portata dal lavoro: le studiava attentamente quasi come se fosse lui il pubblicitario, immagine che mi fece sorridere… e incredibilmente riuscì a farmi sorridere nuovamente quando mi rimproverò come nemmeno mia madre faceva più da anni, sul mio comportamento nei riguardi di Janice quella mattina. In un’altra situazione sarei stata anche capace di picchiarlo, ma mi rendevo conto di essere stata un po’ troppo dura con lei, quindi accettai quel lieve monito, che si concluse con un ennesimo sorriso da parte mia, quando Orlando mi confessò che c’era andato lui a fare la spesa.
Stavo caricando i piatti nella lavastoviglie, a pranzo ormai terminato, quando mi resi conto che quel ragazzo che si trovava in salotto sul divano era riuscito nell’impresa: mi aveva fatto dimenticare tutti i casini e i miei scazzi con poche parole. In quel momento realizzai che aveva ragione a dirmi che a trent’anni sembravo una di cinquanta frustata e con l’ossessione del lavoro; forse era giunta l’ora di fare una bella inversione a U in quella che era la strada della mia vita. Tornare ai miei trent’anni e godermi senza troppe paranoie ciò che mi veniva consesso; e fu in quel momento che le cose cominciarono a prendere una piega inaspettata. Avevo senza ombra di dubbio inconsapevolmente deciso di fare una manovra parecchio azzardata.

Vi aggiungo anche il link dell'outfit di Rachel durante la riunione in ufficio
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=32371022
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli / Vai alla pagina dell'autore: Klood