Serie TV > La signora del West
Segui la storia  |       
Autore: Lady Snape    20/07/2011    2 recensioni
Preston A. Lodge III, il banchiere, il direttore dell'albergo di Colorado Springs, ricco, bello, raffinato... eppure qualcosa non quadra a dovere. Dopo la bancarotta del 1873, bisogna riprendere in mano la situazione, far ripartire gli affari e, possibilmente, liberarsi dai debiti. Ma come? A voi la possibilità di scoprirlo leggendo questa Fanfiction!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sono passati mesi dall’ultimo aggiornamento, ma ormai sono più propensa a scrivere quando ho tempo, ispirazione e voglia di farlo.

Ringrazio minouche86: l’aggiornamento è un po’ in ritardo, ma ora puoi rifarti con questo fatidico giorno per Eva e Preston!

E ManuBach96: anime gemelle? Mmm, al momento no, per niente, diciamo che al massimo si sopportano, ma chi può dire come evolverà la situazione? Io un po’ lo so, dai, ma chissà poi cosa mi dirà la testa quando scriverò!

 

Vi lascio alla lettura di questo capitolo. Buon divertimento!

 

 

6 capitolo – NOZZE DI PRIMAVERA

 

                Era una splendida mattina di maggio. Il sole era alto nel cielo già da qualche ora. Quella mattina Eva aveva aperto uno dei bauli che da Boston l’avevano raggiunta. Si trattava di un dono di sua zia, un dono che avrebbe tanto preferito non ricevere. Nel baule c’era un abito da sposa di una raffinatezza e di un’eleganza tutta particolare: era stato fatto arrivare direttamente dalla Francia e l’aveva raggiunta dopo un viaggio in piroscafo e in treno. Il velo era uno dei vezzi più appariscenti. Decisamente non lo avrebbe indossato, almeno questo fu il suo primo pensiero, ma quando vide la scollatura che quel vestito da sposa proponeva, beh, forse era il caso di utilizzarlo, quantomeno per coprire quanto più possibile le spalle. Non l’aveva mai provato prima, ma sapeva che era stato fatto modificare dalla sua sarta di Boston, che ormai conosceva a menadito le misure del suo corpo. Sarebbe stata una giornata difficile quella, ma aveva deciso di farsi aiutare dall’unica donna con cui aveva avuto un minimo di contatto da quando era giunta a Colorado Springs, Dorothy Jennings.

                Qualche ora prima la fatidica cerimonia, la giornalista si presentò all’hotel, accompagnata dalla fidata Michaela. La ragione era semplicissima. Dorothy non si era minimamente fidata delle parole di Preston, capace ormai di leggere nei suoi comportamenti ogni minimo segnale di bugie che, di tanto in tanto, le rifilava. Non era bravissimo nel mentire o nel fare il duro, ma ogni tanto ci provava. La giornalista non era più granché impressionabile, quindi riusciva a sciogliere i suoi dubbi sui comportamenti dell’uomo abbastanza velocemente, risparmiandosi i danni che ne sarebbero derivati. Confidando i suoi timori al Dr. Mike, poi, erano giunte alla conclusione che ci fosse sotto qualcosa: Preston non aveva mai fatto cenno di essere fidanzato con una donna così conosciuta e di certo lo avrebbe palesato se si fosse trattata della cosa più normale al mondo, come i ragionamenti della donna dai capelli rossi avevano più volte dimostrato. L’unica soluzione era parlare direttamente con Eva, riuscire a scoprire la verità prima che il matrimonio venisse celebrato. Per un attimo si erano sentite delle ficcanaso, ma, se dietro questa storia ci fosse stata una costrizione di qualche tipo, bisognava evitare che la ragazza compisse un azzardo del genere.

È con queste intenzioni che bussarono alla porta della stanza di Eva. Quando entrarono trovarono la ragazza intenta a pettinare i suoi lunghi capelli neri, attendendo che Dorothy giungesse ad aiutarla per quella che sarebbe stata la sua acconciatura da sposa.

< Salve, Dr. Mike. > salutò Eva, con un forte sospetto nel cuore: strano che Dorothy si fosse portata dietro quella che aveva capito essere la sua migliore amica. Aveva sentito molte voci su di loro e il Dr. Mike era stata protagonista di molte strane avventure, non ultima quella di correre a cavallo in una gara vestita da uomo o di indagare con la sua amica nelle vicende altrui. Loren era stato la fonte primaria del pettegolezzo, dato che aveva una voglia matta di parlare e poca gente che lo stava a sentire.

< E’ pronta per questo grande giorno? > chiese Michaela, sforzandosi di essere più naturale possibile, ma non riuscendole perfettamente: il suo viso toglieva ogni dubbio.

< Credo di essere agitata quanto chiunque altro in un giorno del genere. È pur sempre un evento che cambia la vita per sempre! > esclamò la ragazza, mentre il suo cuore perse un battito per la durezza di queste parole: in questo momento tutto le sembrava sbagliato e aveva tanta voglia di tornarsene a Boston. Subito dopo, però, pensò a quello che sarebbe successo se fosse tornata indietro sui suoi passi e riprese coraggio. Fece un respiro profondo molto sospetto.

                Era tutto pronto, tutto perfetto. Preston A. Lodge III era riuscito a far terminare e rifinire la costruzione della sua casa. Nonostante lo stallo finanziario in cui si era trovato, le nuove entrate giunte con Eva lo avevano aiutato. Su quella proprietà, su tutta la sua proprietà pendeva il contenzioso con Sully e il suo parco: sarebbe stata una lunga lotta, dato che le autorità avevano deciso di accogliere la richiesta del loro agente indiano e, quantomeno, avrebbero verificato la possibilità di istituirlo per davvero il dannato parco. Quanto sarebbe durata la sua vita in quella casa non poteva saperlo. Aveva arredato tutto con cura, si era occupato della scelta di ogni oggetto, come aveva fatto per il suo albergo, senza tralasciare niente.

In una delle stanze per gli ospiti aveva portato il suo smoking e si vestì guardandosi allo specchio. Annodò la cravatta con cura, sistemò i gemelli ai polsi e si risistemò i capelli. Non voleva per niente sfigurare, anzi, voleva ancora una volta dimostrare di essere diverso dagli altri, dagli abitanti di quella città. Guardò il lato positivo della faccenda, oltre al denaro che aveva salvato parte delle sue proprietà: forse avrebbe potuto avere una famiglia sua, competere anche da questo punto di vista, dimostrare di non essere da meno rispetto ai suoi fratelli e ai suoi diretti concorrenti a Colorado Springs. Anche Horace aveva portato a termine brillantemente un matrimonio e la relativa prole, nonostante poi tutto fosse finito miseramente, quindi non vedeva perché non poteva riuscirci anche lui, possibilmente senza divorzio finale. Scese le scale, arrivando in soggiorno, si guardò un attimo intorno: si sentiva soddisfatto di quello che era riuscito a fare e in cuor suo sperava che tutta quella cura e quell’eleganza facessero effetto su Eva. Poteva sembrare superficiale, e in parte si sentiva tale, ma in quel momento non aveva altri appigli, non aveva più nemmeno Andrew lì con lui, dato che dopo il matrimonio era tornato a Boston con Coleen; non che fossero veramente amici, ma era stata la persona più vicina ad esserlo.

                Eva sentiva l’ansia crescerle dentro. In un primo momento si era sentita sicura, capace di mantenere fede al suo impegno. Poi, mentre indossava il vestito bianco e mentre Dorothy le sistemava i capelli, qualcosa aveva iniziato a incrinarsi. Aveva sentito qualcosa pesarle sul cuore, quasi un macigno, probabilmente la sua coscienza, che protestava vivamente per il gesto che stava per compiere. Da un alto si sentiva una sciocca per timori che non le si addicevano, tanto si era vantata in passato di essere forte e determinata, per aver dimostrato a suo padre, alla sua famiglia e ai suoi conoscenti di essere in grado di fare qualunque cosa e di risolvere qualunque problema; dall’altro sentiva emergere tutta la sua fragilità e aveva bisogno di qualcuno con cui parlare altrimenti sarebbe esplosa. Le due donne che erano con lei nella stanza dell’hotel non erano le persone adatte a confessioni di quel tipo e non era il caso di spiattellare la sua storia e quella di Preston a una giornalista e a un medico, per quanto potessero giurare di non raccontare niente a nessuno: di certo avrebbero espresso un giudizio non richiesto.

Quando l’orologio suonò le cinque precise, l’ora della cerimonia, due lacrime scivolarono lente, non riuscendo più a trattenere la tensione del momento.

< E’ tutto a posto? > chiese il Dr. Mike, pensando quasi subito a un malore di qualche tipo, fosse anche dovuto all’ansia.

Eva riuscì solo a scuotere il capo per negare.

< Direi che c’è qualcosa che non va. > Dorothy attendeva un qualunque segnale per avvalorare la sua ipotesi e quelle lacrime sembravano quello giusto. Guardò Michaela e subito ci fu un segno d’intesa tra le due donne che, probabilmente, avevano gli stessi sospetti.

< Ascolta > iniziò il medico, essendo più abile nelle azioni diplomatiche < se c’è qualche motivo per cui non è il caso che tu sposi Preston, sei ancora in tempo per rifiutare. > le intenzioni delle due donne erano decisamente benevole, ma come spiegare loro che non aveva scelta, che era costretta a farlo o la sua vita e quella di altre persone sarebbe stata un disastro?

< E’ tutto a posto. > riuscì a dire a stento, risultando, di conseguenza, poco convincente.

                Era in ritardo. Preston era di sotto con il Reverendo in attesa che Eva scendesse dalla sua stanza. Sarebbe giunta da sola all’altare, così aveva deciso la ragazza.

< La sposa ritarda? > aveva chiesto il sacerdote, avvertendo il nervosismo dell’uomo che aveva iniziato a camminare avanti e indietro e a sospirare nervoso.

< Vado a vedere cosa è successo. > disse infine, dirigendosi all’interno.

Mentre saliva le scale verso la stanza di Eva, sentì l’ansia salire. Temeva che il matrimonio sarebbe definitivamente saltato.

                Bussò con decisione e il Dr. Mike aprì la porta. Dopo un momento di smarrimento nel trovarsi davanti una persona decisamente non prevista, chiese di vedere Eva.

< Non credo sia il momento. > disse Michaela fissandolo negli occhi, quasi a volergli comunicare che lo stato della ragazza non era dei migliori. Le lacrime che si erano affacciate timidamente erano diventate un vero pianto. Inutilmente sia lei che Dorothy avevano provato a consolarla, a tentare di capire bene quale fosse la ragione del matrimonio con Preston, ma non avevano avuto alcuna risposta.

< Voglio parlare con lei. > l’uomo fu deciso e spinse la porta che il medico si ostinava a tenere aperta solo per un quarto.

Quando entrò vide Eva piegata sul letto, la schiena scossa da singhiozzi e Dorothy che tentava di fare qualcosa per lei, ma sembrava che la ragazza non l’ascoltasse nemmeno. Michaela chiamò la giornalista, lasciando così i due da soli nella stanza.

Preston si avvicinò al letto e si sedette. Era imbarazzato all’inizio, ma si rese conto che era l’unica persona che poteva in qualche modo portare sollievo a quella povera ragazza, caduta in un tranello bello e buono.

< Non credo di capire bene come ti senti > esordì < ma, se sei decisa a fare questo passo, devi scendere con me in giardino. Se non vuoi più, non c’è bisogno di tutto questo: io non ti odierò di certo per questo, nonostante quello che potrebbe succedere. Se hai bisogno di altro tempo, abbiamo ancora qualche giorno. > aggiunse alla fine, ma non era molto convinto di prendere ancora tempo e non lo era nemmeno Eva.

< A cosa servirebbero due giorni in più? > chiese infatti, sollevando il volto. Nonostante gli occhi arrossati e il volto rigato era bella e di questo Preston se ne accorse, suo malgrado. Si accorse anche che provava una certa tenerezza per lei, per la sua sincerità, per la sua dolcezza, parata dietro una forza che non possedeva; non era certo una donna debole, ma un sacrificio del genere le pesava molto.

< Effettivamente a niente, ma devi deciderti. > rispose porgendole il suo fazzoletto. Eva raccolse l’offerta e si ritrovò a pensare che quell’uomo non era per niente come suo padre: era come se a volte si sforzasse di assomigliargli per non deluderlo, ma in realtà la pensasse in modo diametralmente opposto.

< Se sei preoccupata per i … doveri matrimoniali … non è necessario. > il sentiero che aveva imboccato era decisamente ripido, ma immaginava che il problema della fatidica prima notte di nozze avesse sfiorato la mente della scrittrice: da parte sua non gli importava, anzi, si sentiva a disagio a pensare di dover andare a letto con lei solo perché le convenzioni lo esigevano; non si conoscevano quasi per niente e non si sentiva in diritto di pretendere alcunché solo perché il Reverendo li avrebbe sposati.

< Vuoi dire che non …? > la ragazza non riuscì a finire la frase.

< Sì, non ce n’è bisogno. Magari un giorno succederà, ma non mi pare che abbiamo fretta per questo. > disse, arrossendo quasi.

Eva sentì che poteva fidarsi di lui. Non era certo solo quella la paura che aveva, ma questa rassicurazione le aveva fatto pensare che Preston non fosse per niente tirannico o che, comunque, la rispettasse in quanto persona e non la svalutasse perché era una donna: viveva in un paese che ospitava donne che avevano attività proprie, posti di rilievo nella comunità, era socio di una di esse, credeva nel lavoro delle altre, anche se erano in corso divergenze, quindi era decisamente differente dagli altri uomini.

< Allora, credo dovremmo scendere o il Reverendo deciderà di andar via. >

                Decisero di arrivare insieme all’altare, una sorta di dimostrazione della loro scelta autonoma e, per un verso, era la verità. Le parole dei Reverendo furono ascoltate di sfuggita, tanto i due erano impegnati a guardarsi negli occhi. Sembrava quasi volessero leggere nello sguardo dell’altro delle rassicurazioni e delle prospettive di vita insieme che sarebbero state più interessanti e serene di quello che era avvenuto nelle ultime settimane. Preston sperava di avere una compagna, un’amica con cui parlare finalmente, senza sentirsi incompreso ed Eva voleva essere sicura che lui fosse una persona di cui fidarsi ciecamente, dato che sarebbe stato la sua unica famiglia in quel luogo sperduto.

Tornarono alla realtà solo quando il banchiere dovette infilare la fede al dito della ragazza e il sacerdote gli diede il permesso di baciarla. Preston si avvicinò al viso di Eva e sussurrò, in modo quasi impercettibile “scusami” prima di posare con gentilezza le labbra sulle sue.

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La signora del West / Vai alla pagina dell'autore: Lady Snape