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Autore: loonaty    20/07/2011    2 recensioni
Com'è fuggire da ciò che più si ama?
Com'è avere tutto e subito dopo ritrovarsi con nulla fra le dita?
Un chakra dalla potenza sconfinata, inferiore solo a quello della volpe.
Un carattere combattivo e ribelle.
Un'indole autodistruttiva.
Un membro in più nel clan Uchiha.
Cosa si prova ad essere un mostro?
Non ci si aspetta che qualcuno capisca.
Non ci si aspetta che qualcuno compatisca.
Perché niente di ciò è davvero rilevante.
Kioko è Kioko, e questo, che voi lo vogliate o no, non cambierà.
"Queste rose.
Sono come me. Lentamente sfioriscono, i loro bei petali hanno ingannato per tutta l’estate gli ingenui che nel coglierle si erano feriti con le spine. Quando però avranno perso ogni petalo le persone temeranno quei rovi spinosi, si terranno alla larga. Così era successo con lei." (capitolo 12 "Queste rose")
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Obito Uchiha, Rin, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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38 – DI AMORI MALATI E MASCHERE INFAMI

 
 
-AKITO!- 
-E’ andato di là!-
-FERMALO!-
Accidenti a lei, accidenti a lei e accidenti a lei. Anubi. Di nuovo. Stavolta però non aveva fatto nulla di male. Sì, era solamente inciampato. Inciampato nel suo lato di corridoio. Il suo lato di corridoio. Solo a lui la cosa risultava immensamente ridicola? Si sbatté una mano in faccia mentre, nascosto dietro il trono tentava di non farsi vedere da quella pervertita dai capelli sbiaditi e dai suoi fedeli. Sì, perché anche nelle guardie, all’insaputa di Kioko, si erano formati diversi  gruppi capitanati da persone diverse che, nell’ombra, erano le più forti. Anubi e i suoi erano i più numerosi. Poi c’erano Mytho ed altri tre tizi di cui si scordava sempre il nome. Erano forti, molto. Erano pericolosi, aveva messo in guardia da loro più volte la sua signora, ma a lei bastava seguissero i suoi ordini. Se un giorno o l’altro si fossero ribellati non le importava. Si sarebbe limitata ad ucciderli, non aspettava altro.  Vi erano almeno un altro centinaio di fazioni di cui adesso non ricordava i componenti. Eppure sembrava che a quella donna spietata tutto ciò non importasse. Era rimasta chiusa nelle sue stanze tutto il giorno ed anche adesso era lì. La porta socchiusa, non un suono. Non era qualcosa di normale, di umano. Certe volte, quando la guardava negli occhi, oltre al solito ribrezzo e disprezzo provava un intenso senso di pietà. Certe volte si chiedeva cosa può ridurre in quello stato un essere umano. Cosa può trasformarlo a tal punto. Tra tutti era l’unico a conoscenza del fatto che lei fosse la scomparsa Hayabusa Gin. La donna del demone falco. Sapeva che era un Uchiha, che il suo clan era stato sterminato dal suo stesso fratello. Però, quel mostro, quella creatura, quel serpente, camaleonte, rapace, divoratrice di uomini, ragazza! Non sembrava esserne toccata. Come se quella fosse stata una cosa inevitabile. Scrollava le spalle. Ringhiava. Si aggiustava i capelli. Uccideva. Tutto nella norma. Quando però qualcuno accennava al campanellino che aveva alla caviglia e che ne aveva passate tante senza però (stranamente) smettere mai di suonare … Rimaneva in silenzio. Fissava con quei suoi occhi neri come pozzi di petrolio, profondi,  da cui pareva non poter più uscire. Si alzava e si allontanava quasi senza respirare. Se poi si commetteva l’errore di rivolgerle la parola prima che scomparisse da qualche parte allora scrollava le spalle, ringhiava, si aggiustava i capelli ed uccideva. Stavolta però tutto insieme.
Di conseguenza.
Cosapuò rendere una ragazza un mostro?
 
Mentre Akito si perdeva nei meandri dei suoi pensieri, alla sua destra apparve un volto tondeggiante e grazioso. Il naso alla francese, limpidi occhi color ciliegia che si intravedevano sotto una frangetta gonfia schiacciata in alto da un casco nero e lucido. Le labbra piccole e a cuore si stiravano in un sorriso malizioso mostrando i denti perfetti. La sua mano si stringeva. L’occhio color stagno di Akito ci mise appena un secondo per registrare il pugno che stava per colpirlo. Prima di ritrovarsi a fluttuare per aria con un non tanto inspiegabile male alla mandibola.
-Ma che cazz … -
La botta la prese in pieno facendola traballare indietro mentre le braccia pallide si stringevano sul petto del suo braccio destro bloccandone il volo. Nella sala si fece silenzio. La porta si era aperta. Ne era emersa una figura slanciata e muscolosa dai capelli lunghi del colore della pece. La pelle che risplendeva di luna, il solito vestito blu stracciato sopra le ginocchia con il provocante scollo a V non più incrostato di sangue ed interiora. Le piume che la circondavano erano sparite lasciando solo due squarci bianchi sulla schiena, a mostrare le scapole sporgenti. La donna era impassibile mentre rimetteva in piedi il suo sottoposto con aria stupefatta e si guardava attorno affondando i denti nel labbro inferiore. Anubi nascose il pugno dietro la schiena. Chikao si tirò il suo mantello davanti al volto bisbigliando un “io non ci sono”. Tutte le altre guardie tornarono ai loro posti il più discretamente possibile, nascondendo carte, sigarette ed altri materiali inopportuni. Akito, con ancora gli artigli della donna affondati nelle spalle sbiancò assomigliando ad un cencio usato. I capelli rossi e la barba accennata che spiccavano mentre il sangue defluiva. Sentì Kioko sospirare mentre la presa si alleggeriva per poi aumentare. –So che non dovrei uccidervi tutti – Disse e le parole incerte, tremanti di rabbia, rimbombarono nel corridoio buio. –Io lo so … - Un paio di gocce di sangue stillarono dalla pelle dell’uomo macchiando la maglia che indossava. Akito si lasciò sfuggire un gemito mentre Anubi tentava di mantenere un portamento dignitoso. –Però voglio comunque che mi diate … -gli artigli entrarono completamente lacerando i muscoli, il suo braccio destro butto fuori tutta l’aria che aveva in corpo. – … Un motivo per non farlo!- Ringhiò per poi strappare via la mano ed osservare il sangue scorrere sulla pelle candida e pulita. Akito cadde a terra con un colpo di tosse premendosi una mano sulla spalla mentre il pavimento già lurido si sporcava del suo sangue.  Kioko. Che persona adorabile.
La donna si guardò attorno impassibile. Quando il gatto non c’è i topi ballano eh? Avete scelto il gatto sbagliato. Si portò la mano alla bocca per leccarne il sangue quando alla sua mente si affacciò il ricordo di ciò che aveva visto allo specchio il giorno prima. La vista dei suoi stessi occhi e delle sue labbra. Allontanò la mano pulendola sull’abito. L’odore di marciume che permeava in quel luogo. Il nauseabondo odore di decomposizione che le impediva di pensare razionalmente. Solo la morte. Doveva essere il suo pensiero fisso altrimenti sarebbe morta lei stessa. Ci volle poco.
Il viso infantile di Chiako che pure pareva così adulto riapparve da dietro a quella guerrigliera che detestava (lei detestava tutti) e non poté impedirsi di pensare a suo fratello. Suo fratello che l’aveva trovata semi incosciente ed in punto di morte in riva al torrente, con gli occhi gonfi e la sua katana stretta convulsamente tra le mani e puntata al collo senza però avere il coraggio o la forza di scegliere l’oblio. Si era fermato a fissarla dalla alto ed aveva alzato gli occhi al cielo per poi indurire lo sguardo ed avvicinarsi a lei sciogliendo con fatica la presa rigida con cui teneva l’arma. L’aveva trascinata lontana dall’acqua gelida e la si era seduto accanto con le gambe premute contro il petto e cinte dalle braccia. Lo sguardo perso. Sconfitto.  Lei sapeva che lui era assolutamente certo che lei fosse svenuta. Che non lo stesse guardando quando cominciò a mordersi il labbro inferiore a sangue. Fu questo, e solo questo a darle la forza di reagire. La rabbia, il dolore, il sangue con cui si era macchiato, il peccato che lo aveva marchiato. Che li aveva marchiati entrambi. Aveva voltato la testa verso di lui biascicando un fievole “dammi le bende”. Lui si era teso portando una mano ai kunai e asciugandosi velocemente il mento con l’altra. Poi aveva abbassato gli occhi sulla sorella che era stato incapace di uccidere. La sorella che lo aveva fatto soffrire. Si era sollevata su un gomito con una smorfia e gli aveva circondato le spalle son un braccio, forte anche nella morte. Lui era rigido e non si lasciava andare al pianto come avrebbe fatto in passato. Come tante volte aveva fatto. Sentì la punta dell’arma andare a toccare la carne viva sul suo ventre,  a riaprire la ferita già presente, ma lo strinse solo di più a se, infischiandosene di tutto ciò che era successo. Sapeva che lui non avrebbe pianto. Perché forse era più forte di lei o, invece, era lei quelle più forte, e le toccava piangere per tutti e due.
Poi era finito. Le aveva lasciato le bende e, diligente come al solito, le aveva spiegato con aria distaccata e professionale come doveva fare a rimettersi in sesto. Nel mentre lei lo fissava assente. Come se la sua anima fosse morta. Quando con un sospiro lui si era voltato per allontanarsi gli aveva sussurrato un
–Sasuke?-
Il ragazzo aveva avuto un mancamento –Tu come lo sa … -Aveva cominciato ricomponendosi subito dopo (lei era la sorella maggiore e, chissà come, sapeva sempre tutto) e riprendendo la sua strada. – Morto – aveva risposto.
-Bugiardo – Aveva soffiato lei a fior di labbra mentre lo vedeva sparire stavolta probabilmente per sempre. –Bugiardo!- Aveva urlato al nulla attorno a lei. - … Io non ho mentito … Io sono tornata!-
Io sono tornata.
Io sono tornata.
Davvero.
Io sono tornata.
Però era troppo tardi.
Alla fine, era stata lasciata sola.
 
Orochimaru, l’alba, suo fratello, Obito, Rin, il maestro, Kakashi. Kakashi. C’era un motivo per cui si impediva di ripensare a lui maledizione! Se ci pensava le veniva da piangere e se i suoi la vedevano piangere …
Si diresse con passo sostenuto verso il trono.
-Anubi, occupatene tu di Akito- Disse raccogliendo il plico di fogli che il giorno prima le era stato lasciato da quello psicopatico (sei l’ultima persona che potrebbe dare dello psicopatico a qualcuno) Che l’aveva baciata. (poverino, mi dispiace immensamente per lui)lei non aveva mai nemmeno baciato Kakashi …
Ma porca puttana!
Affondò gli artigli nel metallo con un ringhio soffocato.
Avresti voluto baciare Kakashi?
Sì! Sì lo ammetto! Sai, l’unica persona che ho mai baciato in tutta la mia vita è stato Orochimaru, vogliamo fare un paragone eh?EH?
Stai tornando isterica come al solito
Ahahah , non sono isterica. E poi perché sto parlando con te. Zitto e muto.
Sai che se perdi il controllo non mi puoi tenere zitto.
Attivo il simbolo maledetto.
Fai quello che ti pare, consuma chakra inutilmente, dai!
Con un moto di stizza aprì il fascicolo poggiandolo con le ginocchia e cominciando a leggere i vari numeri.
AMBU,AMBU,AMBU, Tattatà, un altro AMBU … Se non mi dicono i nomi come cazzo faccio a sapere chi devo ammazzare?
Ti sei scordata che gli AMBU hanno un numero?
Grazie al cazzo, mica ce l’hanno scritto addosso il numero! Ma di che villaggio ...
Guardò la “copertina” lasciando però un dito in mezzo.  – Il villaggio della foglia?!- Sibilò. Tutti si voltarono verso di lei. La falchessa li fulminò con lo sguardo. Prima delle missioni quella donna pareva incendiarsi e diventava alquanto suscettibile, delle volte parlava persino da sola. Era buffa … E letale.
Il villaggio della foglia, ah! Perfetto!
-Non ci vado- Esordì saltando giù dal trono ed affondando i piedi nella carne putrida. La guardò schifata.
Chikao la osservò. Era davvero diversa prima delle missioni. Erano gli unici momenti in cui permetteva loro di portare via i cadaveri. Glielo ordinava quasi. Sembrava risvegliarsi. Tutti però sapevano la repulsione che aveva nei confronti del villaggio della foglia. Nessuno osava mai chiederle un incarico situato in quel luogo. Ne avrebbero viste delle belle.
Proprio in quel momento il portone si spalancò e Kioko si scroccò le nocche pronta ad uccidere con la sua solita grazia felina.
L’uomo del giorno prima con le stesse guardie del corpo fece la sua entrata trionfale, il mento alto e il passo lento. Non era vestito a modo come il giorno prima. Indossava una tuta da combattimento nera su cui i capelli ricadevano mossi in una coda bassa.
I suoi occhi azzurro indaco le sorrisero, cosa che non fecero le sue labbra con il visibile segno di un paio di canini inciso a sangue.
Ghignò.
Saltò giù elegantemente da quell’ammasso di carne putrida ed informe, con un volteggio toccò terra sulle punte dei piedi. Rimase immobile, aspettando che fosse lui ad avanzare.
Si fronteggiarono da lontano.
L’uomo fece un passo avanti e si coprì il naso con il solito fazzoletto. Akito, con Anubi attaccata alla spalla che provvedeva ad una fasciatura d’emergenza, si ricordò quando quell’odore dava la nausea anche a lui. Di come non riusciva a dormire e di come i molteplici insetti che si arrampicavano su per i pantaloni e svolazzavano sul viso gli provocassero un disgusto palpabile. Ebbe un improvviso moto di compassione nei confronti di quel bellimbusto di certo non abituato a quel genere di cose che per loro era ormai la normalità.
Kioko dal canto suo rimase immobile. Un movimento della testa fece ondeggiare la folta chioma inchiostrata.
-Io non parteciperò alla missione- Esordì lanciando, nel liquame che ricopriva il pavimento, il plico di fogli.
L’ira si formò negli occhi leggeri di quell’uomo.
-No?-
-No-
-Dayo , Eiji-
L’ordine arrivo solo dopo alle sue orecchie. Dopo che qualcuno l’emme immobilizzata alle spalle.
Dopo che un paio di Katane le si posizionarono ai lati del collo.
Dopo.
-Mytho … - Ringhiò lei a bassa voce.
Akito scattò in avanti per colpire sul volto quell’uomo albino dai lineamenti principeschi che immobilizzava la sua signora. Una delle guardie del corpo del damerino gli scagliò contro un fendente. Si abbassò appena in tempo per evitarlo. Anubi urlò. Un colpo di ascia bloccò la lama che calava nuovamente sul collo del rosso pronta a porre fine alla sua vita. Anubi contrastava la forza bruta di quel gigante con una mano sola ed un sorriso negli occhi rossi.
Kioko rimase immobile. Poteva liberarsi di Mytho spalancando le ali. Però quell’uomo aveva una decina di anelli avvelenati, lunghi ed affilati, premuti a contatto con la sua pelle nuda. Se si fosse mossa l’avrebbe graffiata. Calcolò le possibilità di prendere in tempo un antidoto. Fissò l’uomo davanti a se che si avvicinava tranquillo. L’enorme guardia del corpo alla sua sinistra la cui lama le graffiava il collo.
Poche, pochissime possibilità.
-Questo si chiama ammutinamento, sai?- Sibilò in direzione di quello che fino a poco prima era il suo sottoposto.
Questi rise deliziato. –Mia cara Kioko- Sentì i muscoli della regina tendersi sotto la pressione dei suoi artigli di ferro.
-Non chiamarmi per nome lurido bastardo!- Una mano prepotente le sollevò il mento costringendola a puntare i suoi occhi di bestia in quelli innocenti e calcolatori allo stesso tempo dell’uomo che aveva davanti.
-Kioko … - Mormorò scostandole una ciocca di capelli dal volto pulito e pallido come la luna. Una smorfia sulla bocca piena, a mostrare i canini affilati pronti a mordere e a strappare.
Le sue sentinelle sapevano di non dover intervenire. Se l’avessero fatto l’avrebbero uccisa sul colpo, accadeva spesso, doveva ammetterlo. Mai così però. Solitamente lei aveva sempre una via di fuga, si lasciava convincere per gioco, per divertirsi. Solo che ora …
-Significa ragazza raffinata. Colei che porta rispetto e che rispetta le regole- Continuò quello.  –E’ il nome di una Geisha, sulle spalle di una dea.- 
Gli sputò in faccia. –Togli quella mano prima che te la stacchi!-
-Come siamo permalose … - Lo schiaffo le face voltare il capo di lato lasciandola basita. Sia Chikao che Akito sentirono il mondo crollare loro addosso. La frase “non si picchiano le donne2 non valeva per Kioko. Non valeva per la regina delle tenebre, ma quel gesto simbolico e lo sguardo di dolore e impotenza della sovrana perfetta che entrambi odiavano fece loro salire il sangue alla testa.
-Ti diverti a fare il gradasso ora che non può divorarti le interiore, eh?!- Quel paladino guercio e con i capelli rossi sgusciò tra le guardie, dribblando un’Anubi intenta ad opporre resistenza, con la spensieratezza di una bambina delle elementari, ad un gigante, e colpì con le mani giunte la spina dorsale di quel damerino. Colpì forte con l’intenzione di spezzarla, di ridurla in poltiglia. L’uomo si voltò sorpreso e il colpo gli giunse allo stomaco quasi trapassandolo, sputò sangue ma si riprese immediatamente.  Diede un pugno nello stomaco ad Akito. Questi sentì il suo corpo lacerarsi nonostante il tocco fosse stato leggero. Juken. Il pugno gentile. Non era possibile. Era una tecnica Hyuga! Quell’uomo però non possedeva il byakugan …
Kioko spalancò gli occhi esterrefatta. Perché la difendevano? Perché lottavano per lei?
Lei li avrebbe lasciati morire …
-Chikao!- Il grido strozzato di Anubi le fece girare ancora una volta il capo. Impotente. Si sentiva impotente come una bambina. Lei che era il mostro, lei che era la regina dei mercenari con una taglia sulla testa al limite del possibile.
Guardò il bambino venire sollevato dall’energumeno. L’uomo dai capelli neri davanti a lei sorrideva.
-Avanti Eiji, mostra alla signorina cosa succede quando si disubbidisce … -
Negli occhi della donna si scrisse velato terrore a caratteri adamantini. Chikao se la cavava da solo. A lei non importava. A lei non importava , a lei non importava.
-Fermo!- Trillò Anubi facendo roteare la sciabola. Contro lo spadaccino che bloccò l’attacco saltando sulla lama. La rosa bestemmiò. Eiji strinse la presa attorno al braccio di Chikao. La lama gli accarezzò il ventre.
-Razza di idioti – Sbottò il ragazzino.
Gocce di sangue stillarono dalla pelle dell’uomo. Un’enorme numero di tagli si disegnò sulla sua pelle in una griglia perfetta. Lo lasciò andare. Chikao saltò sol ferro dell’ascia inclinandola in modo che si piantasse a terra. La guardia cadde. Anubi  saltò in avanti colpendo con un calcio l’energumeno già sconfitto. Il ragazzino ritirò i fili di chakra che si espandevano dalle sue dita.
Kioko, suo malgrado, tirò un sospiro di sollievo.
La tua idea di non affezionarti a nessuno è stato un completo buco nell’acqua.
Non è vero
Negare sempre non è la soluzione Kioko
Chiuse gli occhi. C’era un modo per mettere fine a tutto questo. Molto semplice.
-Accetto … - Bisbigliò.
-Cosa?- diverse paia d’occhi l’osservarono sconvolti.
-Ho detto che accetto, marmaglia! Piantatela di fare i poppanti! Mytho, stronzo! Lasciami!-
Uno schiocco dell’indice e del pollice di quel damerino Hyuga  e la presa sul suo corpo si sciolse.
Kioko fece scrocchiare le ossa e fulminò il moro.
Poi si voltò verso il sottoposto traditore. I riccioli candidi ad incorniciare un volto da favola, di quelli circondati da cuoricini che si trovano nei libri per bambine. Un sorriso dannatamente irritante, la blusa candida che riluceva nel nero di quel luogo, gli anelli argentei, quelle armi a parodia dei suoi artigli, tintinnarono. Era così perfetto che gli avrebbe dato un calcio e gettato tra il sangue e la carne morta. Solo per vederlo come chiunque. Un lurido insetto ai suoi comandi.
-Con te facciamo i conti dopo- Sussurrò, quel tono decisamente inumano e folle che incrinò il sorriso glicemico del traditore. Si voltò sbuffando.
-Anubi, Akito, Chikao, Kaito, Frey, venite con me. - I presenti ed un paio di sentinelle le si fecero appresso con sguardo serio e composto.
Il moro la guardò soddisfatto mentre le sue guardie del corpo lo affiancavano nuovamente, Eiji visibilmente provato. Chikao gli fece una linguaccia rimanendo sconvolto poi dalla mano affusolata che gli accarezzò i capelli. Kioko gli era accanto, non lo guardava, gli diede un buffetto sulla guancia e si trattenne dal ridere quando lui se la strofinò schifato, non tanto per il sangue sulle sue dita,ma per il gesto affettuoso.
-Andiamo.- Proclamò austera. Come al solito. I suoi sottoposti non poterono che scambiarsi occhiate sospette e spaventate allo stesso tempo.
 
 
Si accamparono in una nuvola boschiva poco fuori Konoha. Sotto una pioggia di aghi di pino che pungevano gli arti nudi della donna stesa su di essi accanto ad una fiammella azzurrina che crepitava in silenzio, quasi bagnata da un ordine ignoto, per non attirare l’attenzione dei nemici.
Anubi Era addormentata contro il tronco dell’albero. Chiako con la testa posata sul suo grembo respirava lentamente. Una mano della donna affondata tra i capelli castani.
Kioko sollevò la testa. Vedeva l’ombra di Akito spostarsi di ramo in ramo mentre controllava che nessuno si avvicinasse. Eccellente. Avrebbe chiesto alla rosa di controllargli la spalla più tardi … E il petto dove lo aveva colpito quel bastardo, lo vedeva spesso piegarsi senza fiato. Prese appunti mentali dimenticandosi anche di chiedere a se stessa perché si preoccupava. Abbassò lo sguardo sulla caviglia destra, nuda. Non poteva permettersi di farsi sentire in missione, aveva preferito lasciare nel suo “covo” quel campanellino dannato che tanto le riportava alla mente.
Stiracchiò le gambe, lunghe e pallide con i muscoli ben visibili in rilievo, il flebile ricordo di quelle di un tempo. Aveva gambe da donna prima, ora erano da assassina.
Era un’assassina. Ecco perché odiava le missioni. L’aria pulita, il silenzio, la natura e il nulla tutt’attorno che compensavano il respiro e il sangue versato. La facevano tornare …
Umana? Kioko, non illuderti, non hai mai smesso di esserlo.
Nessuno ti ha interpellato.
Non ho bisogno che tu mi chieda per parlarti. Anche io faccio parte dei ricordi.
Cosa vorresti dire?
Bhè, un tempo chiedevi prima di sfruttarmi senza pietà. Il fatto che,se me ne andassi, tu moriresti ed io ne uscirei gravemente debilitato non vuol dire che non lo possa fare.
Tu non te ne vai, non puoi.
Oh, scommettiamo?
La ragazza ci pensò un secondo prima di scuotere il capo in segno di diniego, senza che nessuno la vedesse.
Non voleva,poteva, rischiare. Non era nel suo stile, lei era una codarda.
Brava bambina. Tenere alla propria vita non è da codardi.
Sbuffò.
Seguiamo gli insegnamenti di un pennuto fuggitivo! Dai! Ma ti senti quando parli? Ah, scusa, quando starnazzi ….
Non mi cambiano la vita i tuoi insulti.
Presuntuoso, lo sentì sbuffare sdegnato. Certo che gli cambiavano la vita. Pennuto spennacchiato … Quella voce roca nelle sua testa (oddio, detto così sembrava davvero pazza) era l’unica che non l’avesse mai abbandonata. Viveva con il costante presentimento di dover perdere tutto e sprofondare nelle tenebre. Si strinse in un abbraccio tremante appoggiando la fronte sulle ginocchia. Poteva perdere tutto, nonostante ciò non riusciva a smettere di … di …
Hayabusa, se provi di nuovo a completare le frasi che lascio in sospeso di spenno.
Non ne avevo intenzione.

Hai solo troppo amore Kioko. Nonostante la gente ti ferisca non riesci a non voler bene, come Uchiha fai schifo, devo ammetterlo, sei forse l’unica che conosco che non sa fare terapia di auto convincimento.
Spiegati. Fece rabbiosa.
Solitamente uno se comincia a comportarsi in una determinata maniera alla fine comincia per credere in quello che fa.
Nonostante tu sia un soggetto misantropo invece … Dentro di te non cederai mai alle tenebre.
 
Sorrise amaramente. L’ho già fatto purtroppo. Già fatto.
Una mano le si posò su di una spalla. Si voltò di scatto ringhiando ed il suo “assalitore” cadde a terra terrorizzato.
-Ah! Tu … - Disse tornando a voltarsi una volta che ebbe identificato il damerino. Sbuffò. Sentiva il respiro accelerato dell’uomo e … La irritava.
-Che vuoi?-
-Fa freddo.- Disse a mo di spiegazione, una coperta le scivolò sulle spalle. Si voltò a fissare quegli occhi chiarissimi.
-Che vuoi?- sussurrò di nuovo mentre questi le si sedeva accanto, stavolta le sue parole avevano un significato diverso.
-Vendetta-
-Contro chi?-
-Il villaggio della foglia –
-Perché?-
Un ghigno forse troppo espanso, troppo … Anormale.
-Perché sono stato ripudiato dal mio clan-
-Perché?-
E’ un interrogatorio forse? Non ascoltava nemmeno Kioko, le risposte sussurratele all’orecchio. Delicate, smorzate dalla notte e dal battito animale di cuori.
-Sono un ibrido-
-Spiegati-
-Mezzo uomo … Mezzo demone. –
I suoi occhi si sollevarono, il movimento repentino, la paura nello sguardo nero. Vulnerabile Kioko, la tua anima è vulnerabile. Era ovvio. Il falco non poteva certo essere l’unico demone minore. I loro occhi si incontrarono. La baciò, di nuovo, con foga. Rimase immobile la falchessa, un guscio dentro il quale il demone scalpitava impotente. La lingua le raspava il palato, le accarezzava i canini affilati. Lei non si muoveva. Posò le mani sulle sue spalle pronta a spingerlo via. Non si allontanò … Non … Non …
 
-Un’imboscata!- Akito gridò.
 
L’uomo si stacca, le sfugge, sorride, le accarezza i capelli.
Che diavolo fai? Uchiha! Sveglia!
 
Era come intorpidita, aveva sonno. Terribilmente sonno e tutt’attorno a lei il mondo girava. Cosa le aveva fatto? Cosa era successo?
Le bruciava la mano. Abbassò lo sguardo, lì dove c’era, poco prima, il leggero contatto tra lei e quell’uomo, ora rimaneva l’impronta di una puntura. Veleno.
Veleno di scorpione.
Era lei l’obbiettivo fin dall’inizio. Li aveva guidati tutti sul tragitto di un gruppo di ANBU. Perfetto. Erano nella merda.
-Stronzo … - Mormorò con tutta la forza che trovò.
Pensa che prima ci stavi attaccata a questo stronzo …
-Konoha sarà ben felice di riappropriarsi della sua arma numero uno, ed io sarò il migliore dei mercenari in piazza, non mi sentirò più dire :  La regina è Kioko … Vero Hayabusa Gin?-
Come lo sapeva?
-Fottuto bastardo!-
-Se hai il fiato per imprecare dacci una mano!- Kaito. Irresponsabile. La sollevò di peso ignorando le sue proteste. I ciuffi  azzurri della sua frangia le solleticavano il viso.
Non ci vedeva più, il mondo era al rovescio … Da quando?
Sentiva il fuoco prendere possesso del suo corpo.
-A-Anubi … - Era l’unico ninja medico che facesse parte della sua guardia, sentiva il vento venirle in contro. C’erano maschere bianche ovunque. Sentiva l’aria delle lame che li prendevano di mira scorrerle accanto alle orecchie fischiando.
-Non pensavo che ti avrei salvata,My Lady, sinceramente, avrei giurato che sarei stato io stesso ad ucciderti … Volevo ammutinarmi. Però Mytho mi ha battuto sul tempo.
Simpatico schietto ragazzo. A me non me ne importa un fico di come la tua vita sia stata votata alla carità, sono moribonda con due litri di veleno in corpo, capiscimi, non è il momento per le confessioni lacrimevoli …
-Portami da Anubi!- Disse più ad alta voce.
Lui scosse la testa.
E allora potevi lasciarmi morire! Idiota! Sai quanto scorre in fretta il veleno di un demone scorpione?
Io no, quanto?
Tanto!
-Mytho è l’esperto di veleni.- Disse continuando a destreggiarsi nell’attacco.
Le sfuggì uno sbuffo. Ah sì, portami dal traditore! Sarà felice si salvarmi la vita!
Ma per favore …
Kaito era stato previdente. Era un calcolatore nato, sapeva come andavano quelle cose e dietro le lenti spesse dei suoi occhiali scuri aveva seguito ogni spostamento del  cerusico suo compagno ed era certo di sapere dove si trovava. Non erano molti gli ANBU, probabilmente passavano di lì per caso.
Di certo Mytho avrebbe salvato la regina. Dopotutto era lui, con il suo amore malato, a mettere su tutta quella messa in scena. Come uno sano di mente potesse trovare attraente quel rapace, poi, non era affar suo. Si sarebbe congratulato con l’uomo scorpione per  essere riuscito a baciarla senza vomitare. Forse solo lui e pochi altri, che l’avevano vista ingurgitare carne marcia ed uccidere con una luce di follia negli occhi, potevano desistere dal gettarsi addosso a quella donna. Perché tutti gli uomini che la vedevano finivano per desiderarla. Sorrise, caustico, peccato che finissero uccisi al primo segno di apprezzamento.
Un tizio mascherato gli si fece addosso poco prima che riuscisse a raggiungere il nascondiglio del bianco.  Ci volle poco. Schiuse appena le labbra ed un suono leggiadro li avvolse come una bolla. L’uomo rimase pietrificato. Gli sfilò la maschera posandola sul volto di lei. Akito gli aveva detto tutto. Se quelli del villaggio avessero visto la regina, il falco d’argento, non avrebbero avuto vita facile. Osservò il suo braccio. Era gonfio, fino alla spalla. Da sotto le unghie una leggera striscia di sangue cominciava a colarle lungo il polso. Non dava segni di vita, il suo respiro bollente gli ustionava la pelle, lo sentiva, come un ramo di rose sulla pelle.
Arrivò davanti a quel buco nella roccia. Una grotta. Gli parve di sentire un sospiro esasperato provenire dalla donna, ma non ne fu sicuro.
La lasciò cadere sul terreno con poca grazia. Un tonfo attutito. Una parola, un insulto soffocato. Sorrise, fortuna che stava male.
Si avvicinò all’ANBU ancora paralizzato e la osservò. Capelli color delle viole. Un visetto da angelo. Sorrise. Che peccato farla fuori. Allungò una mano portandola contro il suo petto. Aprì la bocca, pronto per cantare la sua morte.
-Fermo!- La voce rauca della donna che rimbombava sulla pietra amplificata dalla maschera che portava. Kioko si sollevò su un gomito.
-Non ucciderla- ordinò allungando la mano buona e mostrando gli artigli affilati.
Kaito sbuffò.
-Non posso fare quello che voglio nemmeno se stai per morire? Questa è una congiura!-
Il dito puntato verso di lui divenne uno solo, il medio.
Ghignò.
-Ok,ok-
-Kaito-
-My Lady, non vorrai anche costringermi a non ammaccarla troppo mentre la sposto!-
Poteva intuire l’espressione sadica della falchessa dietro la maschera. Sadica e stremata.
-Stavo giusto … Per dirti … Usa meno dolcezza … Possibile … -
L’uomo rise gettando di lato, ben nascosta tra i cespugli, quella ragazza paralizzata, un ambu senza maschera. Particolarmente inutile.
 
Kioko sentì gli occhi bruciarle e non era il veleno.
Yugao …
Esatto …
Era la sua squadra, la sua vecchia squadra, quegli AMBU … La sua squadra …
Meno Rin.
Meno Kakashi.
 
-My Lady … - Il ragazzo dai capelli azzurri si inchinò divertito. Poi la fissò un secondo sollevandole la maschera sui capelli. La fissò sbalordito. –Mytho cazzo! Esci fuori! E’ più grave di ciò che sembrasse!-
L’uomo dai lineamenti principeschi saltò fuori dalle tenebre, così, vestito di bianco, risaltava come una colomba.
-Che succede?- Domandò sospettoso il traditore per poi fare tanto d’occhi quando riconobbe la figura accasciata a terra. Kaito accennò ad un sorriso sarcastico e preoccupato allo stesso tempo. –La filosofia del “se non può essere mia non sarà di nessun altro” non funziona caro il mio codardo. –
Il principe storse la bocca e si inginocchiò davanti a lei per poi rimanere sbalordito. –M-Ma che le ha dato?-
-Doveva ucciderla no? Penso sia uscita di testa … -
-M-ma … Piange?!?-
Kioko era scossa dai singhiozzi. Il braccio rosso e gonfio pulsava dolorosamente, aveva la nausea, le girava la testa, aveva il volto di Kakashi impresso nelle retine e quello di Rin. Obito la fissava dall’alto.
“Non li hai protetti! DANNATA! HAI LASCIATO CHE MORISSERO!”
-N-No, i-io non volevo … I- io non … - Qualcosa le punse l’interno del gomito. Cacciò un urlo. Non le piacevano gli aghi, li detestava.
Sentì la maschera calarle nuovamente davanti al viso. Aveva caldo. Aveva fottutamente caldo. E sete. All’improvviso brividi di freddo la scossero. Afferrò la cosa più vicina a lei. Una mano. La strinse con tutta se stessa. Avvertì Kaito mugolare di dolore. Mytho al suo fianco stava parlando con qualcuno. Poi tutto si spense.
E si riaccese fin più troppo nitido di prima.
 
Era in una caverna.
O-Oh! Che scoperta!
Perché la cosa era così esasperante?
Kioko? Ti sei ripresa? Stai bene?
Perché tu non c’eri mentre stavo male?
Il suo tono vagamente di accusa fece gongolare il falco. Lei lo sentì e gli mandò una scarica contrariata.
Scusa scusa! Comunque il veleno fa stare male anche me!
Non mi dire, stavi dando i numeri.
Silenzio.
Hayabusa?
Cip cip, mi senti bell’uccellino? Batti un colpo!
Kioko …
Alla buon’ora!
Credo che sia meglio … Che tu guardi davanti a te. Forse siamo morti …
Ma che cazzo dici? Ti si è fregato il cervello razza di nuvoletta argentata?
Sollevò lo sguardo su ciò che la circondava. Accanto a lei, inginocchiata sul pavimento, vi era Mytho, accasciato come un sacco vuoto. Uno squarcio sulla spalla, ma respirava ancora. Gli diede una botta leggera voltandolo a pancia in su. Non sarebbe sopravvissuto a lungo il traditore. Osservò la ferita che gli disegnava un macabro sorriso da una spalla all’altra. LE era stranamente familiare, ricordava quelle che lei stessa lasciva con il chidori, che lo avesse attaccato mentre era incosciente? Gli sfiorò la fronte gelata.
-La tua vita per la mia- Concluse lei, ancora irritata per l’ammutinamento, e poi, l’aveva sempre odiato, vivere nel sangue per anni ti rende abbastanza cinico verso chi non è nessuno per te.
-E’ stato uno scambio equo – Disse sorridendo dietro alla maschera. Poi affondò gli artigli nella sua gola. Non augurava a nessuno di morire per via di una ferita del chidori. O morivi sul colpo oppure pregavi qualcuno di ucciderti. La sofferenza della carne lacerata non la consigliava a nessuno.
C’era troppo rumore in quella caverna. Cosa intendeva il falco con “forse siamo morti”?
Vide Kaito volare contro la parete opposta.
Forse intendeva che gli AMBU gli accerchiavano? Ne aveva uccisi molti, cento in più, cento in meno, che differenza faceva?
No, il falco non si riferiva a questo. Si alzò in piedi scrutando il buio. Fuori era notte e nulla si vedeva se non ombre sfocate.
-Kaito!- Gridò, la voce distorta dalla maschera.
-MY LADY!-
L’urlo di Kaito, la sua voce! Aveva qualcosa che non andava! Kaito senza voce era essenzialmente inutile, si girò verso di lui.
-Kaito! Che ti è successo?!- Strillò. Sembrava gli avessero spezzato le corde vocali. Ricordava quel giorno, durante il crollo … Con Obito …
La sua voce aveva preso un tono simile per le troppe urla ed i sassi.
Ma lei non combatteva con la voce. Non gliene fregava niente che ora fosse decisamente più rauca di un tempo.
Non aveva capito che quella di Kaito era un’esclamazione di pericolo. Quando l’AMBU le si gettò addosso non fece in tempo a vederlo.
Capì subito cosa intendeva il falco. L’antidoto non doveva aver funzionato. Era morta, perché ciò che vedeva non aveva alcun senso. Su di lei. A premerle con forza un kunai contro la gola stava un ANBU sui ventisei anni.
Maschera bianca con disegni rossi.
Capelli:
Argentati.
Gli bloccò la mano con le sue ribaltando la posizione con un colpo d’ali. Gli assestò un paio di pugni sul volto. La maschera faceva spessore ma non le importava. Non ci vedeva, stava annegando nelle proprie lacrime dannazione! Non poteva nemmeno sfilarsi quella maschera. Perché l’avrebbe riconosciuta. Non sapeva nemmeno perché non volesse essere riconosciuta, un motivo da qualche parte doveva esserci, ma non riusciva a ricordarlo.
-My Lady!- Kaito comparve nello stesso istante in cui l’AMBU riuscì a sfuggirle e ad alzarsi in piedi in fretta guardandola dall’alto.
Come in una coreografia ripetuta cento e cent’altre volte lei gli sferrò un calcio al basso ventre, il piede nudo ora stretto tra le sue dita forti. Esitò un istante, prima di sollevarla e lanciarla di peso verso il suo sottoposto che la afferrò al volo. Capitombolarono entrambi a terra.
Lei si risollevò velocemente.
-Kaito, vattene- Sussurrò. I suoi occhi si tinsero di giallo. Ora vedeva. Sarebbe stato meglio non farlo.
Tutti questi anni …
Tutti questi anni dannato … Tutte queste lacrime per te! Per te che ora non mi puoi nemmeno vedere in volto! Mi disprezzeresti se sapessi chi … Cosa sono diventata.
Non posso farmi riconoscere.
Vaffanculo vita! E poi mi danno della misantropa e si chiedono perché! Ecco perché! Per queste cazzo di situazioni!
-My lady … Mi permetta di dissentire, non credo abbia riconosciuto il suo sfidante … - Era educato Kaito, forse troppo o la stava prendendo per il culo. –Lui è … -
-Kakashi dello sharingan? Il ninja copiatore del villaggio della foglia? Il figlio di Zanna Bianca?- Sorrise amaramente dietro la maschera.
-Ti trovo informata Regina- La sua voce. In un altro frangente sarebbe bastata a farla capitombolare. Ora non poteva permettersi certi lussi da ragazzina infatuata.
-Uh-Oh, sono famosa anche a Konoha con questo nome?- Si passò una mano fra i lunghi capelli. Era cambiata troppo perché potesse riconoscerla. – I miei sudditi sono arzilli!- Commentò piccata voltandosi verso Kaito ancora immobile.
-Levati dalle palle verme!- Sputò. Chissà se così la capiva. E poi dicevano che lei era cattiva!
Vide il ragazzo dai capelli azzurri alzarsi e correre verso l’uscita.
-Non andrà lontano- Commentò laconico l’Hatake. Kioko scrollò le spalle. Che le importava?
Corri più lontano che puoi Kaito.
Ancora una volta si ritrovò a lottare contro di lui. Di nuovo senza pietà. Solo che stavolta lui colpiva per uccidere. Non risparmiava alcun colpo e lei non poteva utilizzare il chakra del falco.
Non poteva utilizzare il segno.
Né il chidori né il chakra di fuoco. L’avrebbe riconosciuta in ogni caso.
Le restava lo sharingan.
Però se ne sarebbe reso conto.
Fu mentre la sua schiena affondava di due dita nella roccia che si rese conto di quanto fosse debole senza il demone e la sua eredità di Uchiha, senza il potere conferitole da Orochimaru …
Kakashi la fissava dall’alto in basso.
-Sembra che le voci che giravano su di te non fossero veritiere- Commentò infilando le mani in tasca ed osservandola dietro la maschera. Non stava abbassando la guardia e lo sapeva. Aveva pochi secondi per concentrarsi e recuperare qualche idea.
Certo! Akito!
Si allontanò dalla parete di un passo. Lasciò le braccia ciondoloni ai lati del corpo, la testa piegata di lato. Aveva funzionato con Akito, avrebbe funzionato anche con Kakashi. Il solo pensiero la travolse ancora una volta. Non riusciva a considerare reale ciò che vedeva. Non aveva alcun senso. Sapeva, poi, che anche l’Hokage aveva annunciato la scomparsa ufficiale del falco. Quindi lui doveva ritenerla morta. Un bel casino.
Però non resistette alla tentazione di parlargli, di sentire la sua voce ancora ed ancora.
-Che senso ha portare la maschera da ANBU quando tutti conoscono il tuo nome?- Fece ironica. Un passo di lato. Lui seguì il suo movimento.
-Non siamo qui per parlare di questo- Si sorprese che quel mostro desiderasse fare conversazione.
-Una Regola per caso?- Non poté fare a meno che irritarlo calcando su quella parola. Almeno, così credette, ma lui la ignorò.
-Diciamo così- Rispose. Stava tentando di capire dove voleva arrivare. Si spostò ancora di qualche passo in modo da avere l’uscita alle spalle. Se c’era una cosa che aveva imparato da Akito era l’arte della fuga. Ci aveva messo dodici giorni prima di ritrovarlo dopo averlo ferito. Era disteso a faccia in giù nei pressi di un corso d’acqua, le ferite infettate e purulente, visibilmente provato. Così aveva conosciuto Anubi. Perché non aveva mai imparato a curare nemmeno se stessa. Perché non l’aveva lasciato morire? Semplice, la solitudine era dannosa per chi sentiva il bisogno di odiare il mondo.
Quindi, fuga.
Non poteva combattere contro Kakashi, non in quel modo.
-Ora non farmi perdere tempo e arrenditi- Preparò i sigilli. Era chiaro che non si aspettava che lei accettasse la sua  spontanea volontà. Ci riprovava con il chidori. Questo era il secondo. Il primo aveva colpito Mytho, questo era l’ultimo, non era così stupido da rischiare la vita di nuovo.
Ok, era il momento. Scattò in avanti protendendo gli artigli affilati. Sentì il chakra sfrigolarle accanto ad un orecchio. Gli artigli mandarono in frantumi la maschera scoprendo lo sharingan e la mano dell’ANBU le attraversò il ventre. Il volto della donna distorto in una smorfia di dolore. Cadde al suolo agonizzante. Kakashi la fissò soddisfatto per un istante prima di scoprire l’inganno. Una nuvola di vapore bianco ed una roccia forata al centro apparve davanti a lui, ormai fuori dalla caverna, di spalle, la figura slanciata della donna che avrebbe dovuto uccidere.
-Dannazione!- Sputò tra i denti avviandosi di corsa verso di lei.
Kioko lo sentì avvicinarsi con un sorriso. Si sfilò la maschera lasciandola cadere a terra.
Si toglie la maschera? Anche se non capiva nemmeno perché ne indossasse una, cosa doveva nascondere?
Sollevò il volto al cielo.
Glielo diamo un indizio?
Cosa vuoi fare Kioko?
Una speranza … Piccola piccola.
Se anche te lo vietassi tu non mi daresti retta.
 
Corse tra gli alberi fuggendo il suo tocco, poco prima che le fiamme lanciate la raggiungessero. Scomparve tra le fronde.
 
Kakashi  tentò di seguirla, ma un rumore simile ad uno strappo gli fece sollevare gli occhi. Il tetto di chiome smeraldine si squarciò. Una figura argentata più grande di un qualunque volatile prese il volo.
I suoi occhi si dilatarono mentre seguiva la parabola delle ali.
-Che sia … - Si disse di non farsi strane idee. Di non illudersi. Era stato terribile già perderla una volta, nonostante continuasse a ripetersi che la sua morte fosse stata un bene per tutti.
Si avviò nel sottobosco in quel silenzio innaturale. Erano le prime luci dell’alba e nell’aria aleggiava un odore frizzante di erba. Il silenzio abbracciava le piante, segno che il combattimento era finito.
Avrebbe riunito i suoi ANBU ed avrebbe cancellato l’iniziale missione per correre al villaggio per portare le cure necessarie ai feriti.
Ancora una volta il firmamento striato di rosa e azzurro ebbe il pieno controllo su di lui.
Si sfilò ciò che restava della maschera puntandovi il suo occhio nero e quello rosso. Abbassò il coprifronte su quest’ultimo.
Dopotutto non chiedeva tanto.
Solo che tornasse …
O semplicemente, che svanisse dai suoi ricordi.
 
   
 
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