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Autore: Pipa_bella    23/07/2011    1 recensioni
La mia prima fanfic su Harry Potter. La paura di crescere, la voglia di farlo, l'amore, l'amicizia, la morte, non sono più quei concetti astratti e semplificati dell'infanzia. E i Malandrini lo sanno. Il primo capitolo è una specie di introduzione, è dal secondo che si cominciano a delineare i caratteri dei personaggi, quindi... Non demordete!
Ambientata durante l'ultimo anno ad Hogwarts del quartetto.
E' una storia di cui non sono particolarmente convinta, anche se per la prima volta in assoluto so esattamente cosa succederà e come andrà a finire! Una recensioncina non mi dispiacerebbe ;-)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Prima di proseguire con la lettura, alcuni avvertimenti. Cerco di essere sempre il più accurata possibile nella riproduzione di Hogwarts e del mondo magico in generale, ma non sono certa che non mi sfugga nulla. In questo capitolo ho inventato un personaggio, quello del professor Asellus, perchè ignoro chi fosse l'insegnante di Difesa contro le Arti Oscure ai tempi dei nostri Malandrini. Spero mi perdoniate. Quello che state per leggere è una sorta di capitolo di passaggio, e finora è quello che mi soddisfa di meno, anche se sono particolarmente orgogliosa del dialogo finale (leggere per sapere!). Come sempre, ringrazio chiunque voglia lasciare una recensione (anche negativa, tutto serve a migliorare.) Un abbraccio. 
Elisa




Quando James trovò la forza per aprire gli occhi, quella mattina, non poté non lanciare un’occhiata dardeggiante a Remus, già in piedi e intento a vestirsi piuttosto rumorosamente. Sapeva benissimo che più avrebbe posticipato il momento di posare i piedi giù dal letto, più sarebbe stata dura. Ma aveva un disperato bisogno di altri cinque minuti di sonno.
“Luna, dannazione, puoi contenere la tua energia mattutina? Giuro che ti faccio ingoiare la tua spilla da prefetto.”
Remus sorrise appena, annodandosi frettolosamente la cravatta al collo e cavandone un qualcosa di simile ad un cappio.
“Spicciati, Ramoso. Le lamentele ti faranno solo perdere tempo.”
Remus volò giù dalle scale di corsa, urlando agli amici ancora semiaddormentati un “Ci vediamo in classe!” poco convinto. Non era poi tanto sicuro che li avrebbe visti a Difesa contro le Arti Oscure, considerando le loro attuali condizioni.
Dal canto suo, James lottava per non crollare di nuovo nel letto appena abbandonato, cercando contemporaneamente di svegliare Peter ed estorcere novità a Sirius, che, incurante dell’ora tarda, era ancora beatamente disteso nell’ampio letto a baldacchino e non accennava a volersi alzare.
“Così uscirai con la Kenstone, Felpato?”
Sirius gli strizzò l’occhio e fece per alzarsi, stiracchiando i muscoli intorpiditi dalle poche ore di sonno.
“Forse, Felpato, forse. Diamo tempo al tempo.”
Peter, che nel frattempo aveva aperto gli occhi e realizzato quanto fossero in ritardo, seguiva la conversazione con educato interesse.
“Anthea Kenstone del settimo anno? Quella con le lentiggini?” Guardò Sirius in attesa di risposta, e sorrise quando questo gli rivolse un cenno affermativo.
“Non mi stupisce, lei è proprio il tuo tipo.”
“Cosa intendi dire, Coda?” chiese James, leggermente perplesso dall’audacia dell’amico. Era raro che Peter facesse una considerazione di quel tipo, e su Sirius poi, che non si lasciava facilmente inquadrare da chicchessia. Certo, Peter era un amico, uno dei loro migliori amici, ma che ritenesse di conoscere Sirius tanto profondamente da poter dare una valutazione spassionata sul tipo di ragazza che più gli sarebbe stata congeniale era piuttosto inusuale.
“Niente”, si affrettò a rispondere. “Solo che è molto bella, e… Sveglia, anche. Dicono che sia stata l’unica ad ottenere il G.U.F.O. in Trasfigurazione con la Mc.Granitt, due anni fa.”
Sirius gli lanciò una lunga occhiata, prima di scoppiare a ridere. Il suono era così simile al latrato di un cane che James si stupì, come sempre, di non ritrovarselo di fronte in forma del grosso animale nero di cui, una volta al mese, prendeva le sembianze.
“Ti piace, Coda? Guarda che in tal caso”, proseguì cercando di trattenersi ma riuscendo solo a mascherare la risata incipiente con qualche colpo di tosse “la lascio a te. Per me non è un problema, davvero.”
Anche James, chinato ad allacciarsi una scarpa, cercava di non dare a vedere la propria ilarità. Non aveva intenzione di ferire Peter, ma l’idea che potesse interessargli una ragazza era così buffa che riusciva a stento a considerarla. Peter, dei quattro amici, era decisamente il meno brillante, il meno attraente, il meno elegante. Persino Remus, con la sua aria gentile e gli occhi color miele, e nonostante il colorito perennemente pallido e le occhiaie livide, riscuoteva un certo successo tra la popolazione femminile. “Anche se si ostina a non accorgersene”, pensò tra sé. Peter Minus, d’altro canto,  non aveva mai manifestato interesse per una ragazza, né aveva mai accennato all’ipotesi di uscire con qualcuna.
“No! Voglio dire, Felpato, non è che mi piace, è che… una a posto, tutto qui!” Il ragazzo, rosso in viso, si affrettò a ribattere, mentre Sirius continuava a sogghignare.
“Andiamo, stavo scherzando! E poi, mi spieghi dove pensi di andare conciato a quel modo?” Sirius fece un cenno verso il suo mantello, che pendeva da tutte le parti, e la cravatta, annodata con malagrazia. Con un breve gesto della bacchetta sistemò entrambi gli indumenti dell’amico e si diresse alla porta del dormitorio.
“Quanto manca alla prossima luna piena? Non vedo l’ora di avere un paio di giorni di vacanza.”
“Se Remus potesse sentirti ti crucerebbe.”
James si affrettò a seguire Remus per le scale, con Peter che gli trotterellava dietro come un cagnolino fedele. Solo dieci minuti di ritardo, stavano migliorando.
La lezione di Difesa non fu delle migliori: il professor Asellus Black, lontano parente di Sirius, tolse loro quindici punti per il ritardo, e altri quindici perché James aveva dimenticato la cravatta. Inoltre, nessuno dei tre era riuscito ad ottenere più di “scarso” nel tema di quaranta centimetri sulle Maledizioni Senza Perdono, il che valse loro una buona decina di minuti di tiritera sul senso di responsabilità e sul valore dell’impegno scolastico. Cominciavano a non poterne più ancora prima di pranzo.
Quando il professor Black smise di blaterare insensatezze sulla loro riprovevole condotta e ordinò alla classe di leggere il capitolo sei del manuale, James si rivolse in un sussurro a Sirius, che gli sedeva accanto.
“Lily Evans mi sta guardando da un po’, credo che stavolta accetterà di uscire con me.”
“Se glie lo chiedi inginocchiato sui carboni ardenti e con una bacchetta puntata alla testa, probabilmente.”
“Si, beh, pensa alla tua ragazza, Felpato. Non ti degna di uno sguardo.”
Sirius fece un ghigno beffardo in direzione dell’amico, ma non poté evitare di sbirciare Anthea, ostinatamente china sul suo manuale.
“E’ questione di tempo, Ramoso.” Una bella gomitata a Remus costrinse anche quest’ultimo a voltarsi verso i due amici sghignazzanti.
“Ehi, Rem, Ramoso sostiene che Anthea Kenstone non uscirebbe con me. Scommettiamo dieci galeoni che io e lei saremo una coppia fissa prima che questo idiota”- e indicò James che lo guardava con aria torva  – “sia riuscito ad ottenere un appuntamento con la Evans?”
Remus sorrise di sghimbescio prima di tornare ad appuntarsi qualcosa su una pagina di pergamena.
“Potresti anche non vincere, Sir.”
Sia Sirius che James guardarono l’amico sbalorditi. Sapevano che Remus conosceva Lily, - erano entrambi prefetti, entrambi ottimi studenti, e avevano interessi comuni – ma non avrebbero mai sospettato che quei due fossero amici al punto di confidarsi l’un l’altro su questioni personali come le reciproche cotte.
“Ti ha detto qualcosa, Rem?” James era elettrizzato, si agitava sulla sedia come se l’avesse punto uno Knarl e sorrideva in un modo che Sirius classificò mentalmente come maniacale.
“Può darsi, Ramoso, può darsi.”
James era deluso, ma non si aspettava che Remus aggiungesse altro. Era fatto così, non avrebbe tradito la fiducia di Lily.  Si rivolse allora a Sirius, ancora eccitato. “Accetto la scommessa, Felpato.” Sirius scoccò un sorriso sfavillante nella sua direzione, prima di tornare a dedicare la propria attenzione al libro posato sul tavolo. Era felice per l’amico, che della sua cotta per Lily Evans aveva ormai fatto un’ossessione, e non gli sarebbe dispiaciuto poi tanto perdere una scommessa, per una volta. Aveva abbastanza oro da riempire una camera blindata alla Gringott, e comunque se dieci galeoni erano il prezzo da pagare per la felicità del suo migliore amico avrebbe volentieri rinunciato al nuovo manico di scopa che meditava di comprare da mesi. Senza contare che Anthea Kenstone non gli piaceva più così tanto, da quando sembrava non voler avere nulla a che fare con lui.
La sbirciò di nuovo al di sopra del manuale. Leggeva senza sollevare lo sguardo, continuando a scostare una ciocca di riccioli dal volto coperto di lentiggini, appuntando di tanto in tanto qualche parola su un foglio di pergamena giallognola. Decise che non avrebbe distolto lo sguardo finché lei non si fosse decisa a guardarlo, e l’attesa durò parecchi minuti. Alla fine, però, lei gli lanciò una breve occhiata che lui intercettò, facendola arrossire violentemente. Stava per rivolgerle un cenno di saluto quando il professore dichiarò che la lezione era terminata, scatenando un caos di alunni che raccoglievano i propri libri e le proprie piume e chiacchieravano allegramente.
Si avvicinò pigramente alla ragazza, che era intenta a riporre meticolosamente pergamena e piuma all’interno di una borsa in cuoio, e si fermò all’altezza del suo banco.
“Dormito bene, Kenstone?” Aveva usato il tono speciale riservato alle occasioni particolari, quello basso e suadente che usava per chiacchierare con le ragazze che gli interessavano, ma lei non parve particolarmente colpita.
Divinamente, ma non grazie a te e al tuo amico.”
“Ti accompagno alla prossima lezione. Abbiamo Trasfigurazione, se non sbaglio.”
“No, prima c’è Divinazione con la Cooman. Quella donna è uno strazio, non fa che predire la mia morte da quando ho messo piede in questo castello.”
Sirius rise e fece per replicare, ma lei lo interruppe prima che potesse aprir bocca.
“Sembri un cane, quando ridi.”
Sirius, colto di sorpresa, reagì con un ghigno.
“E cosa ti fa pensare che io non lo sia?”
Anthea non lo degnò di risposta, considerando la replica di lui troppo sciocca perché le venisse concessa attenzione. Sirius non vi badò più di tanto. Aveva in mente qualcos’altro.
“Allora, ci esci con me, Anthea Kenstone? O devo supplicarti in ginocchio, e non escludo di essere disposto a farlo?”
“Ti dirò la verità, Black. Tu sei bello, molto bello. Ma sei anche un grandissimo idiota, fai battute pessime, e se è vero che hai un cervello, come alcuni sostengono,  ti posso garantire che la cosa non si nota affatto. Inoltre,” aggiunse, a mo’ di chiosa “la tua supponenza è forse superiore soltanto alla tua mancanza di modestia.”
“Quindi esci con me?”
“Fammi capire, quale parte del mio discorso non ti è chiara?”
“Sai, Kenstone,” cominciò Sirius, divertito, “non credo di voler uscire con te. Tu sei una che giudica troppo in fretta, che non si prende la briga di praticare un minimo di introspezione e pretende di conoscere le persone che ha davanti. Inoltre,” proseguì, in una riuscita imitazione del precedente tono di lei, “credo che il tuo senso dell’umorismo sia rimasto sepolto sotto una bella pila di pregiudizi. E ora, se non ti dispiace, ti auguro un buon pomeriggio.” Il ragazzo si profuse in un breve inchino prima di dirigersi da solo alla torre di Astronomia. Sperava vivamente che a James fosse andata meglio, perché non credeva che un altro rifiuto  avrebbe fatto bene all’umore generale del quartetto, quella sera.  E comunque non sembrava procedere male, osservò gettando una lunga occhiata all’amico che chiacchierava fitto con Lily.
Almeno uno dei due aveva avuto fortuna. 
  
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