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Autore: Hi Ban    23/07/2011    7 recensioni
Ora stava... ridacchiando?
Sakura si voltò verso Itachi, trovandolo intento a fissarla in attesa di una risposta.
Lei gli avrebbe volentieri risposto che, piuttosto che restare in quella stanza sola con Sasuke, sarebbe andata lei di corsa a prendere le medicine, magari saltellando anche su una gamba sola o, in alternativa, camminando sulle mani.
Ma Itachi le aveva proprio chiesto di stare con il suo tenero fratellino che – che Dio ce ne scampi – sembrava in procinto di alzarsi dal letto per rotolarsi sul pavimento.
«Farò il più in fretta possibile, dovrai solo tenerlo d’occhio e tentare di non farlo alzare dal letto» le assicurò.
Oh, certo, semplice, come domare un giaguaro; facile, comodo e fattibilissimo.
Piuttosto, doveva evitare che si buttasse dalla finestra.
«Confabu… late pure contro di me! Palla di fuoco suprema! Pufffff» e si mise a ridacchiare di nuovo, non aiutando minimamente Sakura ad accettare la proposta di Itachi.

[Auguri, Sas'ke!;D]
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Elogio al pomodoro





Era inverno inoltrato ormai e le foglie secche giacevano morte ai piedi degli alberi. Faceva freddo e, istintivamente, la ragazzina dai capelli rosa si sfregò le mani per infondersi un po’ di calore.
Sakura camminava a passo veloce per il viale che conduceva al quartiere Uchiha, mentre l’indecisione e l’insicurezza iniziavano a prendere possesso di lei.
Si guardò intorno spaesata, chiedendosi se non fosse il caso di tornarsene a casa.
No, doveva andare, non aveva nessun motivo per fare marcia indietro e tornare sui suoi passi, per poi passare il resto della giornata a chiedersi perché aveva, stupidamente, lasciato perdere.
Erano già alcuni giorni che Sasuke non veniva in accademia e, a quanto pareva, era ammalato. O, perlomeno, così aveva riferito Ino, ma come faceva ad esserne sicura lei? Le aveva detto di essere andata a trovarlo a casa sua, ospitata dalla gentile Mikoto-san per un intero pomeriggio in cui aveva tenuto compagnia all’Uchiha.
Sakura non aveva voluto crederci, anche se il tarlo del dubbio si era insinuato in lei e non poteva non darvi retta.
Alla fine, dopo molto tentennamenti e dopo le continue ripetizioni di Ino riguardanti il suo breve soggiorno a casa dell’Uchiha, si era decisa e andare a trovarlo era stata decretata come la soluzione migliore.
Tentò di scacciare quei ripensamenti dell’ultimo minuto dicendosi che, in fondo, altro non stava facendo che andare a trovare un suo compagno per vedere come stava.
Erano ben quattro giorni che si assentava, in un certo senso una visita era d’obbligo.
In più, ammesso e non concesso che Ino fosse realmente andata a trovarlo qualche giorno prima, lei di certo non voleva essere da meno. Poteva anche essere che la Yamanaka si fosse inventata tutto solo per destare la sua invidia – e non sarebbe stata la prima volta: a sua discolpa, in amore tutto è lecito, anche ingannare un’amica a quanto pareva. Non poteva saperlo e comunque andare sarebbe stata una buona mossa in entrambi i casi.
Se Ino era davvero andata voleva dire che non le lasciava l’esclusiva e, se non era andata, tutto di guadagnato per lei.
A grandi linee si era fatta spiegare da sua madre come raggiungere la casa del ragazzino, affermando che voleva andare a controllare come stava, in semplice veste di compagna d’accademia.
Sua madre aveva sorriso enigmatica, ma non si era profusa in ulteriori domande in merito; le aveva spiegato la via e le aveva raccomandato di coprirsi bene per il freddo.
Nonostante le sue indicazioni, però, Sakura non la trovò subito; possibile che in quel quartiere fossero quasi tutte uguali?
Fortunatamente per lei, riconobbe il grande albero di ciliegio a cui aveva fatto riferimento la madre; era davvero grande, non aveva esagerato e si trovava dietro la casa. Ergo, davanti a lei si trovava la casa di Sasuke.
Era davvero maestosa, simbolo della rinomata grandezza della casata; come poteva una semplice struttura mettere soggezione? Eppure era quello che provava Sakura in quel momento, mentre l’idea di andarsene tornava a fare capolino nella sua mente.
Era come se lei si trovasse fuori posto lì, cosa c’era venuta a fare? Sì, Sasuke era un suo compagno, ma lei non aveva mai compiuto un gesto simile per nessun altro membro della classe; Sasuke, inoltre, si era dimostrato poco interessato alle sue attenzioni e non glielo aveva fatto intuire con molto tatto.
Sentì le guance tingersi di rosso per l’imbarazzo al pensiero dell’ultimo commento rivoltole dal ragazzino: gli aveva solo chiesto se poteva pranzare con lui, ma il secondogenito Uchiha l’aveva, con la sua solita mancanza di garbo, scacciata via.
Era stato talmente duro nei suoi confronti che nemmeno Ino aveva avuto il coraggio di infierire su di lei. Effettivamente, anche lui doveva essersene accorto, perché all’uscita dall’accademia aveva fatto quello che doveva essere un cenno di saluto.
O forse gli era venuto un crampo al collo.
Con la testa rivolta verso l’alto ad osservare la casa, Sakura fece un passo indietro, conscia che la reazione di Sasuke non sarebbe stata delle migliori.
Cosa le era saltato in mente? Pensava che per un po’ di febbre che aveva l’Uchiha quella volta non l’avrebbe scacciata, seccato dalla sua presenza?
In verità, nemmeno lei sapeva perché fosse così tanto annoiato dalla sua presenza, ma si consolava pensando al fatto che Sasuke non concedeva particolari attenzioni a nessuno. A Naruto, forse, ma principalmente per mandarlo a quel paese dopo i suoi numerosi tentativi di infastidirlo.
Fece un altro passo indietro, questa volta ben intenta a voltarsi e tornare a casa, magari anche correndo; se si allontanava, anche l’eccessiva vergogna per essere incautamente andata davvero a casa dell’Uchiha sarebbe scemata a poco a poco.
«Ciao» disse una voce alla sue spalle che lei non riconobbe.
Sakura sussultò e si voltò di scatto, rischiando simultaneamente di inciampare nei suoi stessi piedi.
Si ritrovò davanti un ragazzo dall’aria vagamente familiare, decisamente più alto di lei, tant’è che dovette leggermente alzare la testa per vederlo.
Aveva un volto davvero bello, si ritrovò a commentare mentalmente Sakura, che in quel momento sfoggiava un’espressione non proprio intelligente: bocca aperta e occhi spalancati.
La metteva un po’ in soggezione, in verità, come la grande casa imponente ora alle sue spalle.
Non che avesse una particolare espressione in volto, anzi. I suoi tratti erano gentili, ma piuttosto marcati per la sua età – quanti anni poteva avere? Forse quattro o massimo cinque più di lei, dedusse.
C’era curiosità nei suoi occhi, che mostravano anche una certa stanchezza. Le occhiaie pronunciate confermavano quella possibilità.
Quegli stessi occhi, comunque, erano ciò che l’aveva colpita maggiormente; due pozze nere e dal taglio fine che le ricordavano tremendamente qualcosa. O qualcuno.
I capelli erano raccolti in una coda bassa, ma riuscì comunque a sovrapporre al suo volto quello di un’altra persona e ciò che ottenne fu una chiara esposizione dei fatti.
Quello doveva essere il fratello di Sasuke, comprese, e subito si ricordò delle volte in cui lo aveva visto davanti all’accademia. Probabilmente andava a prendere il fratello.
«C-ciao» rispose, non potendo abbandonare quella sensazione di soggezione che le incuteva.
Probabilmente era solo a causa della sua timidezza che interpretava così la situazione, ma quel ragazzo aveva comunque qualcosa che la intimoriva. Non nel senso che la spaventava, però: più che altro la faceva sentire fuoriposto.
Come la casa.
Come Sasuke.
Probabilmente tutto ciò che aveva a che fare con gli Uchiha era destinato ad essere mirato solo da lontano da lei, si disse, mentre continuava ad osservare il ragazzo.
Lui, dal canto suo, vedendo che la bambina non accennava a dire nulla, inarcò un sopracciglio.
«Come mai sei qui?» le chiese sempre con gentilezza.
Itachi notò anche che sembrava abbastanza incerta; perché faceva sempre quell’effetto alle persone? A quanto pareva, anche a coloro che non lo conoscevano.
Incuteva timore, ma non capiva nemmeno lui perché. Forse erano i capelli troppo lunghi a dare di lui un’immagine così sconveniente?
«Io…» Sakura esitò, non sapendo cosa rispondere.
Cosa poteva dirgli, in effetti? Che era venuta a trovare Sasuke, anche se il suddetto sicuramente non avrebbe apprezzato la sua visita, visto e considerato che non tollerava la sua presenza nemmeno quando stava bene?
Da malato, conoscendo un minimo il suo carattere, sarebbe sicuramente stato intrattabile.
«Sei venuta a trovare Sasuke?» le chiese, togliendola dall’impiccio di dare quella risposta.
Sakura accennò un sorriso timido, chiedendosi se fosse una buona cosa restare ancora lì o se fosse più conveniente aggirarlo e darsela a gambe.
Il ragazzo sollevo leggermente gli angoli della bocca in quello che doveva essere un sorriso; l’Haruno sospirò impercettibilmente, felice che non l’avesse scacciata pure lui e che pertanto non ritenesse il suo volersi accertare delle condizioni del fratello una cosa negativa.
Era più carino quando sorrideva, considerò distrattamente Sakura, ma Sasuke lo era anche con quel perenne broncio.
«Vieni allora, ti accompagno da lui» e cos dicendo le fece cenno di incamminarsi con lui.
Solo in quel momento Sakura si rese conto che recava in mano due buste; probabilmente era andato a fare la spesa.
«Tu sei il fratello di Sasuke, vero? Itachi» chiese e non era nemmeno sicura che il nome fosse quello, lo aveva sentito nominare qualche volta dai genitori, ma non aveva prestato grande attenzione.
Intanto, con lui affianco, attraversava l’immenso giardino.
La ragazzina dovette ammettere che era bellissimo anche se la maggior parte delle piante era succube del freddo e del gelo. Se era così bello in quella rigida stagione, in primavera sarebbe sicuramente dovuto essere splendido e pieno di vita e colori.
Lui annuì in risposta alla sua domanda e si voltò verso di lei, trovandola intenta ad osservare ciò che si trovava intorno a lei.
«Sei la prima compagna di Sasuke che lo viene a trovare» la informò, facendola sussultare.
«A-ah sì?»
Ino le aveva mentito allora! C’era da aspettarselo in fondo, si parlava pur sempre della stessa ragazzina che ogni giorno se ne inventava una nuova solo per farla diventare gelosa.
E lei ci era cascata come un pollo.
Lui assentì con un cenno del capo e non poté non sorridere alla sua espressione sorpresa; che ragazzina interessante.
«Tu devi essere Sakura Haruno, comunque» commentò ad un tratto, sorprendendo la ragazzina, che sgranò gli occhi verdi, ora pieni di curiosità.
Come faceva a sapere il suo nome, poi?
Scartò a malincuore la possibilità che fosse stato Sasuke a parlare di lei, anche se l’avrebbe lusingata più di quanto fosse lecito.
Lui parve leggerle nel pensiero, chiarendo le sue perplessità.
«Le nostre madri si conoscono» la informò con calma e non poté non sorridere all’espressione ancora più sorpresa e confusa di Sakura.
Sua madre conosceva quella di Sasuke e non le diceva nulla?, pensò allibita, appuntandosi mentalmente di chiedere alla madre qualcosa a riguardo. Ogni poco aiutava in quella battaglia, che lei doveva assolutamente vincere.
E non si trattava di rivalità verso Ino, Sakura voleva raggiungere e attirare l’attenzione di Sasuke per sé, non per una sciocca rivalità tra amiche-nemiche. Poi, in mezzo a tutto, ci stava anche quella, ma veniva decisamente dopo.
«Per di qua» così dicendo le fece segno verso la parte di legno rialzata.
Appena entrò, Sakura constatò con uno stupore malcelato che quella era davvero una gran bella casa. Perfettamente in linea con ciò che ci si aspettava dopo aver visto l’esterno.
«Solo un attimo» le disse prima di sparire in quella che Sakura dedusse essere la cucina.
Lei assentì piano e attese dove lui l’aveva lasciata, ovvero nel corridoio ai piedi della rampa di scale che portava al piano superiore.
Dovette lottare contro la curiosità di avventurarsi per quelle stanze, ma tenne a mente gli insegnamenti di sua madre riguardo l’educazione e il rispetto per gli altri.
Poi lei era lì per Sasuke, non per visitare casa sua, che notò essere parecchio silenziosa.
Sobbalzò quando si ritrovò Itachi di fianco, non avendolo sentito avvicinarsi. Accennò un sorriso di scuse e la invitò a salire le scale.
Il lungo corridoio in cui giungeva la scala conteneva molte porte, ma l’Uchiha si diresse a passo sicuro verso l’ultima al fondo, sulla destra.
Bussò leggermente e attese, ma non giunse nessuna risposta.
Sakura, sempre più fremente, gli lanciò un’occhiata dubbiosa. Ingoiò a vuoto, pensando alla reazioni di Sasuke quando l’avrebbe vista, rendendosi conto che ora non poteva più dare adito a possibili ripensamenti. Tornare indietro sarebbe stato da vigliacchi e sarebbe stato anche piuttosto scortese – sempre secondo le norme educative inculcategli giustamente dalla madre – rispetto all’accoglienza da parte del primogenito Uchiha.
«Sasuke?» chiese esitante Itachi, dopo aver bussato un’altra volta.
Fosse stata lei, si disse Sakura, avrebbe già sfondato la porta allarmata e preoccupata; il volto dell’Uchiha, però, trasudava una pacata calma che le fece intuire che non era necessario agitarsi.
«Sasuke, sono Itachi, sono tornat–» la frase fu bruscamente interrotta a metà dall’aprirsi della porta dall’interno.
Sakura si spostò appena in tempo per evitare che le rompesse il naso, vista la forza con cui fu spalancata. Anche Itachi fece qualche passo indietro, ma mantenne comunque una mano sulla porta, come a placare la forza che l’aveva aperta.
Lei finì per trovarsi dietro alla porta, da dove non riusciva a vedere nulla, escludendo lo sguardo criticò che Itachi assunse.
«Itachi» biascicò una voce che la ragazzina faticò a riconoscere, per poi restare vagamente perplessa quando si rese conto che a parlare doveva essere stato Sasuke.
Un Sasuke con il naso chiuso, probabilmente. E la gola dolorante. Magari pure mezzo assonnato e con più bacilli febbrili in corpo di quanti ne potesse umanamente contenere.
Era questa l’immagine del ragazzino che si dipinse nella sua mente al sentirlo parlare. Aggiungendo anche i capelli scarmigliati e il viso arrossato, ne veniva fuori un Sasuke malato che non aveva mai visto in vita sua.
«Sasuke, non dovevi restare a letto? Perché la finestra è aperta?» chiese Itachi con una nota di rimprovero nella voce, mentre veniva leggermente spinto indietro da qualcosa.
Sakura dedusse che Sasuke doveva essersi lasciato cadere addosso al fratello, anche perché subito dopo il maggiore tra i due Uchiha portò le braccia avanti, presumibilmente per sorreggerlo.
«Nii-san» la voce era un sussurrò stentato, sembrava facesse fatica anche a dire una singola sillaba «mi scoppia la testa.»
Da dove si trovava continuava a non vedere nulla, se non una parte del profilo di Itachi; mosse un braccio, probabilmente per andare a posare la mano sulla testa di Sasuke.
«Ti si è alzata la febbre» asserì, mentre Sasuke mormorava qualcosa che la ragazza non riuscì a capire. Poi vide Itachi afferrarlo di peso e portarlo dentro alla sua stanza; titubante, Sakura mosse qualche passo giusto per arrivare davanti alla porta, ma non entrò.
Le era sembrato di compiere già un gesto troppo azzardato, non avrebbe osato di più.
Dando una generale occhiata alla stanza, si rese conto che sarebbe bastato osservare quella per capire che Ino non era venuta nemmeno per sbaglio a far visita a Sasuke; ogni cosa, lì dentro, elargiva bacilli; il pavimento disseminato di fazzoletti ne erano il maggior contenitore.
Itachi depositò il fratellino sul suo letto e chiuse immediatamente la finestra, nonostante le proteste di Sasuke: «Fa caldo!»
L’Haruno sgranò gli occhi, colpita; quello che aveva davanti, accucciato sul suo letto in posizione fetale, non assomigliava minimamente al Sasuke Uchiha che vedeva ogni giorno a scuola.
Sembrava più… vulnerabile. E piccolo.
Mai si sarebbe immaginata di vederlo un giorno in condizioni tali da portarlo a protestare con un tono tanto indignato e lamentoso.
«È solo perché hai la febbre alta, fuori fa freddo e ci saranno massimo cinque gradi» gli fece presente, anche se lui non sembrava ascoltare una parola.
Aveva il viso rosso e stanco, proprio come se lo era immaginato; anche gli occhi erano lucidi e rossi e li vide bene quando lui li puntò su di lei.
Oh.
Ora si era accorto della sua presenza, fino a quel momento aveva osservato la scena in disparte, in silenzio e fuori dal suo campo visivo.
Sasuke sbatté più volte le palpebre, come per mettere a fuoco qualcosa.
Probabilmente per mettere a fuoco lei.
«Cosa ci fa lei… qui?» chiese rivolto ad Itachi, con quel cipiglio scocciato che agli occhi di Sakura lo fece sembrare il Sasuke di tutti i giorni.
Il che era sia un bene che un male, perché se da un lato lo riconosceva nonostante le guance eccessivamente rosse rispetto al suo solito pallore e il temperamento un po’ più bizzoso, dall’altro doveva ammettere che nemmeno qualche malanno riusciva a renderlo meno schivo nei suoi confronti.
Meno affabile nei confronti di chiunque, suvvia. Sasuke, per quanto si potesse tentare di vedere le cose sotto diversi punti di vista, era allergico alla vita sociale e agli individui che gli stavano intorno.
Visto in quello stato, però, non fece lo stesso effetto su Sakura, che lo scusava in parte per l’influenza.
«È venuta a farti visita, otouto, vedi di essere gentile» lo rimbeccò suo fratello, invitando poi Sakura ad entrare nella stanza.
Sasuke sbuffò e puntò lo sguardo verso il soffitto, in una perfetta imitazione di un bambino capriccioso che Sakura faticava seriamente ad attribuire all’Uchiha. Possibile che un po’ di febbre e qualche acciacco influenzale lo riducessero in quello stato di infantilismo di ritorno?
«Quando ha la febbre tende a perdere la parte intelligente di sé» disse a mo’ di scusa Itachi, avvicinandosi al fratello, che nel frattempo aveva continuato ad esaminare il soffitto con una rabbia più che palese.
Sakura accennò un sorriso e balbettò qualcosa come un «non importa».
L’Haruno poté notare come in presenza l’uno dell’altro, i due fratelli cambiassero completamente; quel qualcosa in Itachi che metteva in soggezione sembrava eclissarsi completamente quando aveva a che fare con Sasuke, mentre quest’ultimo diventava meno scorbutico se c’era Itachi.
«Niiii-san, la testa!» si lagnò poi, lasciando ancora più basita Sakura.
Itachi poggiò una mano sulla fronte del fratello; decretò che era il caso di andare a prendere qualche medicina.
«Vado a prenderla di sotto, torno subito» e sparì dietro la porta.
Rimasero solo Sasuke e Sakura e il primo dei due era ben intenzionato a non dare minimamente retta alla ragazzina.
«Cosa ci fai qui?» le chiese ad un tratto, voltandosi verso di lei.
Sakura rimase spiazzata; non glielo aveva detto prima Itachi?
«Sono venuta a vedere come stavi…» pigolò, non avendo il coraggio di alzare la testa verso il ragazzino.
«Male, ora puoi andare» borbottò, scalciando al fondo del letto le coperte che Itachi gli aveva messo poco prima.
Ignorando il suo commento poco simpatico, si avvicinò a lui, un po’ incerta.
«Non dovresti stare senza coperte, prendi freddo» così dicendo, gli rimise le coperte addosso, dando ascolto alla parte di lei che si improvvisava infermiera per i casi psicologicamente patologici e ignorando quella che le diceva di lasciar perdere, così da evitare qualche rispostaccia da Sasuke.
Pessima risposta che arrivò senza troppi complimenti.
«Mettitele tu le coperte, io sto bene» ribatté stizzito, togliendosi la coperta e il lenzuolo.
«Prima hai detto che stavi male» gli fece presente, mentre a prendere possesso di lei era la parte irritata dal suo comportamento.
C’era sempre, quella piccola parte, anche quando lui le rispondeva male, ma sia per la timidezza, sia per ciò che provava verso di lui, non l’aveva mai minimamente considerata.
In quel momento, però, vuoi perché erano solo loro e non c’erano altri ragazzini, vuoi perché quel Sasuke capriccioso o non completamente in sé la infastidiva, la fece emergere più del solito.
«Solo perché non ti voglio qui.»
«Beh, ci sono e ci resto, mettiti le coperte!» esordì in un acuto non da lei.
E gli mise le coperte.
Lui le tolse.
Lei le rimise.
Lui le ritolse.
«Di sotto non– che state facendo?» la voce incuriosita di Itachi mise fine al loro tira e molla per le coperte. Sakura abbassò lo sguardo imbarazzata, chiedendosi che diavolo le fosse preso e abbozzando qualche scusa balbettata. Sasuke, invece, con stizza, ricacciò le coperte al fondo.
«Ha cercato di baciarmi, nii-san, è una maniaca» disse con un tono indignato l’Uchiha, facendo letteralmente cadere la mascella di Sakura.
Chi diavolo era quel moccioso? Che fine aveva fatto il suo Sasuke-kun, quello serio, posato, calmo e, soprattutto, non idiota?!
In quel momento la sua maturità era pari a quella di Naruto, cosa di cui, certamente, non si poteva andare fieri. Come poteva davvero aver detto una cosa del genere?
L’Haruno fece passare lo sguardo da Itachi a Sasuke e da Sasuke a Itachi, la bocca rigorosamente spalancata in una smorfia inorridita e sconvolta, cercando di articolare qualche spiegazione a sua discolpa.
Quello non poteva minimente essere Sasuke Uchiha. Perlomeno non quello che andava in accademia tutti i giorni e parlava quel tanto che bastava per rispondere al sensei. Se poi in quella casa c’erano due Sasuke, uno stupido e l’altro normale, era un problema loro, Sakura era venuta per trovare quello sano di mente.
«I-io… non…» cosa poteva dire?
«Lo so, Sakura» le disse bonariamente Itachi, sospirando poi stancamente.
«Otouto, rimettiti le coperte o la febbre salirà ancora» e provvide lui stesso a calcargliele bene fin sotto al mento e, con grande sdegno da parte di Sakura, l’Uchiha non oppose ulteriori resistenze.
«Dicevo, sotto non ci sono più pastiglie, pensavo ci avesse pensato la mamma, ma dovrò andare a comprarle io» e scoccò uno sguardo a Sasuke.
«Compra un cervello anche a leiiii» e cacciò una mano fuori dalle coperte per indicare con superiorità Sakura.
«Otouto…» lo riprese Itachi, ma lui prese a brontolare qualcosa, voltandosi dall’altra parte.
E stava ancora continuando a blaterare da solo. Forse fu quella la cosa che fece illuminare Sakura e la sconvolse allo stesso tempo.
«Ma sta… ma sta… Sasuke sta… delirando!»
Quella era una spiegazione palese, tanto che si diede mentalmente della scema per non esserci arrivata prima. Cos’altro avrebbe potuto spiegare il comportamento infantile e capriccioso di Sasuke? E l’estrema loquacità, soprattutto.
In effetti sembrava più sotto l’effetto di qualche sostanza allucinogena a lunga durata, ma era meglio non fare osservazioni indiscrete.
Itachi annuì a la stanchezza che aveva letto nei suoi occhi appena lo aveva visto si fece più accentuata. Doveva essere davvero difficile vivere sotto lo stesso tetto con Sasuke quando prendeva la febbre.
«Non è la prima volta che fa così, ma non pensavo che sarebbe successo anche oggi… Deve essere stato perché gli si è alzata la febbre» commentò, avallando la teoria di Sakura.
Non era la prima volta che Sasuke dava di matto, straparlava e dava fondo a quella stupidità che quando era sano non mostrava minimamente?
Beh, questo dimostrava che era un ragazzino normale, ma che mostrava la sua puerilità solo quando le difese immunitarie erano praticamente inesistenti.
Sakura faticò ad immaginarsi un Sasuke esaltato a quella maniera che andava in giro per la classe; un Naruto moro e con gli occhi neri.
Rabbrividì.
Per evitare che un giorno quella visione prendesse realmente forma dinnanzi ai suoi occhi si sarebbe battuta lei stessa per tenere le difese immunitarie di Sasuke alte, anche se avesse dovuto imbottirlo di farmaci a tradimento, nascondendoli nel bento.
«Per far scendere la febbre devo prendere le medicine, ma non credo che sia il caso di lasciarlo solo» disse con un tono di voce eloquente.
Lo sguardo di entrambi si spostò su Sasuke che ora… che ora stava canticchiando allegramente un motivetto funebre.
«Ti posso chiedere di stare con lui fino a che non torno?» chiese, usando un tono di voce che sembrava quasi… implorante.
«Ma vostra madre? Non c’è Mikoto-san?» tentò, anche se come domanda era decisamente stupida.
Se la madre ci fosse stata di certo non sarebbe andata a chiedere a lei di tenere compagnia al fratello mentre uccideva tranquillamente la sua dignità davanti a Sakura.
«I miei genitori sono in missione, a prendermi cura di Sasuke ci sono io.»
Bene. Quella era davvero una gran bella cosa.
Quanti disastri poteva fare un ragazzino con la febbre da solo?
No, domanda sbagliata.
Quante catastrofi mondiali poteva far capitare Sasuke Uchiha con la febbre e in stato di delirio avanzato?
Tante. Troppe. Era un pericolo pubblico.
«Niiiii-iiissan!»
Ora stava… ridacchiando?
Sakura si voltò verso Itachi, trovandolo intento a fissarla in attesa di una risposta.
Lei gli avrebbe volentieri risposto che, piuttosto che restare in quella stanza sola con Sasuke, sarebbe andata lei di corsa a prendere le medicine, magari saltellando anche su una gamba sola o, in alternativa, camminando sulle mani.
Ma Itachi le aveva proprio chiesto di stare con il suo tenero fratellino che – che Dio ce ne scampi – sembrava in procinto di alzarsi dal letto per rotolarsi sul pavimento.
«Farò il più in fretta possibile, dovrai solo tenerlo d’occhio e tentare di non farlo alzare dal letto» le assicurò. Oh, certo, semplice, come domare un giaguaro; facile, comodo e fattibilissimo. Piuttosto, doveva evitare che si buttasse dalla finestra.
«Confabu… late pure contro di me! Palla di fuoco suprema! Pufffff» e si mise a ridacchiare di nuovo, non aiutando minimamente Sakura ad accettare la proposta di Itachi.
Sakura si morse il labbro inferiore, indecisa sul da farsi, non sapendo nemmeno quali sarebbero state le conseguenze di ciascuna delle due decisioni.
Poi guardò di nuovo Sasuke e decise.
«Va bene… farò quel che posso!»
Quello era un ottimo modo per aiutare Sasuke; magari lui non voleva il suo aiuto, ma lei avrebbe evitato che si scaraventasse giù dalla finestra in un attimo di follia delirante. Chissà che, ad un certo punto, non gli passasse per la testa di avere delle ali a forma di mani e che potesse volare.
Itachi rispose con un debole sorriso a quell’ultimo sprazzo di entusiasmo.
«Farò in fretta» e con quella rassicurazione – a cui Sakura si aggrappò disperatamente – uscì dalla porta. L’Haruno rimase per un po’ ferma al centro della stanza, non sapendo cosa fare. Poteva starsene ferma e immobile, sperando che, oltre a parlare a vanvera e a muoversi come un’anguilla, Sasuke non facesse nulla di così catastrofico prima del ritorno di Itachi.
Poteva quasi funzionare…
«Portami dell’acqua» le disse ad un tratto brusco, mandando a farsi benedire il suo perfetto piano campato in aria.
«Eh?»
«Voglio dell’acqua. Portamela» ripeté come se fosse ovvio.
Sakura, per amor di pace, decise di non ribattere e si limitò ad annuire, anche se lui non poté vederla, intento com’era ad esaminare la sua mano.
Si avviò mogia e rassegnata verso la porta, non vedendo l’ora di rivedere il volto di Itachi.
Era arrivata a neanche metà corridoio, quando sentì qualche rumore sommesso venire dalla stanza di Sasuke e, insospettita, corse a controllare.
«Che stai facendo?» chiese stralunata, con una punta di stizza nella voce.
Sasuke la stava prendendo in giro e anche piuttosto palesemente.
L’aveva forse presa per una scema?
«Già qui? Vai a prendere l’acqua» sbottò, tornando a girarsi verso la finestra a cui era tranquillamente affacciato.
«Chiudi la finestra e tornatene a letto!» strillò nel tono più autoritario che riuscì a tirare fuori.
Andò personalmente lei a chiudere la finestra, rischiando quasi di beccarsela in faccia quando Sasuke la riaprì tre secondi dopo.
«Non fai altro che farti alzare la febbre!»
«Sei noiosa, smettila di dirmi cosa fare, non sei nessuno per farlo» la snobbò, rabbuiandosi e andandosi a sedere sul letto a gambe incrociate.
Sakura, benché sapesse che a farlo parlare era principalmente la febbre, non poté non rimanerci un po’ male, sia per ciò che le aveva detto sia per come.
Noiosa? Lei aveva solo tentato di non farlo ammalare ulteriormente, nulla di più.
Abbassò lo sguardo e si risentì un po’ per l’espressione imbronciata che assunse; lei non voleva farlo arrabbiare, quello no.
Alzò la testa giusto per vedere Sasuke scoccarle un’occhiata, per poi tornare ad osservare il pavimento con aria irata.
«Vuoi… vuoi ancora l’acqua?» chiese, nel tentativo di rabbonirlo un po’.
«No» sbottò brusco, facendo sussultare Sakura.
Perfetto, ora l’avrebbe odiata ancora più di prima.
Chinò la testa e sentì la lacrime salirle agli occhi; si sforzò di non versarle, ricordandosi ciò che le diceva sempre Ino, ovvero che non doveva piangere. Era brutto per una ragazzina piangere.
«C’è una cosa che vorrei, però» borbottò in tono sfacciato, completamente intento a fissare la porta.
Sasuke sembrava… in imbarazzo?
Sakura scosse impercettibilmente la testa per il continuo cambio d’umore del ragazzino, che non pensava potesse essere tanto lunatico.
A quella possibilità, comunque, si rallegrò e si disse pronta a soddisfare ogni sua richiesta per rimediare a ciò che aveva fatto prima.
Che poi, in verità, lei non aveva fatto proprio nulla, l’unico problema era la psicosi delirante di Sasuke, che di quel passo avrebbe reso instabile anche Sakura.
«Cosa?»
Era pronta a qualsiasi tipo di richiesta, dalla più stupida, alla più ambigua – non sapeva se avrebbe retto se le avesse chiesto di accompagnarlo in bagno e, viste le condizioni mentali in cui versava, era il caso di aspettarsi anche quello.
«Pomodori.»
«Eh?»
Ok, forse tutto tutto no, ma aveva tentato di ampliare i suoi orizzonti.
Le aveva davvero chiesto dei pomodori?
«Pomodori» ripeté, questa volta più seccato.
Annuì poco convinta e si diresse verso la porta, intenta ad andare a cercare un pomodoro nella dispensa della loro cucina. Sì, quella era una cosa forse non troppo educata; frugare in casa altrui non lo era di certo, ma a mali estremi, estremi rimedi. E poi era un questione di emergenza.
«Dove stai andando?»
«A prenderti un pomodoro?» chiese incerta, iniziando a non capirci più granché.
«In cucina non ce ne sono» la avvertì subito, con una nota di ovvietà nella voce.
Come diavolo faceva a saperlo, lei, che non c’erano pomodori nella sua dispensa? Non viveva di certo nel suo frigorifero.
«Che vuol dire che non ce ne sono?»
«Se ce ne fossero stati me lo sarei andato a prendere io» disse con superiorità.
«E dove te lo dovrei prendere io un pomodoro, scusa?» chiese allucinata da quella che ora, a conti fatti, era una richiesta senza senso.
«Non è un mio problema. Portami un pomodoro.»
Probabilmente non doveva avere chiara la situazione e neanche la stagione in cui si trovavano. Erano in pieno gennaio, inverno inoltrato e con massimo cinque gradi, dove poteva trovarlo lei un pomodoro? Non sapeva se ci fosse qualche fruttivendolo aperto la domenica pomeriggio e, anche se ci fosse stato, dubitava di poter trovare un pomodoro.
«Sasuke-kun, è inverno, dove lo prendo un pomodoro?»
«Va’ da un fruttivendolo.»
«È domenica pomeriggio» gli fece presente, ma lui non parve essere molto intenzionato ad ascoltarla.
«Se non puoi portarmi dei pomodori qui non servi a niente, puoi andartene.»
Sakura non fece in tempo neanche ad aprire bocca per fargli presente che, a quel punto della situazione, non si trovava di certo lì di sua spontanea volontà, che Sasuke si prese la testa con una mano, mormorando qualche lamento.
Gli si avvicinò preoccupata, trovandolo con gli occhi chiusi, la testa china e un’espressione dolorante.
Il volto, se possibile, era ancora più rosso di quanto non lo fosse già stato prima, quando era appena arrivata.
«Senti, perché non ti rimetti a letto e riposi? Io vedrò di trovare un… pomodoro» propose, certa che una promessa del genere difficilmente sarebbe riuscita a mantenerla.
«Sei noiosaaaa» si lamentò, continuando a tenere gli occhi chiusi e dondolando leggermente la testa.
Oddio, no.
Stava iniziando a comportarsi come quando c’era Itachi poco prima e no, quella non era una situazione che poteva gestire. Era sconvolgente vedere Sasuke che si comportava come un marmocchio e forse lo era di più visto e considerato che lei era abituata a vedere un altro Sasuke, uno ben diverso e più maturo.
Vedendo che si era calmato, prima, fra sé e sé aveva tirato un sospiro di sollievo, ma a quanto pareva aveva cantato vittoria troppo presto.
Inoltre, il fatto che avesse ripreso a delirare a quella maniera significava che la febbre si era alzata e quella non era una cosa che andava bene.
Se la febbre si alzava lui delirava di più, se lui delirava di più la febbre si alzava e…
Doveva diavolo era Itachi? era andato a Suna a prendere quelle benedette medicine?
«Perché non mi porti un pomodoro?» chiese come se quella fosse la più grande ingiustizia del mondo.
Era evidente che quando era malato l’asse delle priorità di Sasuke si spostava decisamente e in maniera piuttosto irragionevole.
«Non vuoi qualcos’altro? Qualsiasi cosa» lo implorò quasi, disperata.
«Qualsiasi cosa?» chiese e Sakura intravide un barlume di speranza.
Annuì freneticamente e quasi sorrise per la felicità di essersi tolta dai piedi quel benedetto ortaggio. O frutto. O verdura.
Il dubbio esistenziale riguardante la vera natura dei pomodori, per quanto fosse importante, passò in secondo piano.
«Pomodori» rispose dopo un po’, lapidario.
«Perché vuoi così tanto i pomodori?» chiese veramente curiosa ed esasperata.
Si disse che se proprio doveva avere a che fare con un Sasuke delirante che richiedeva pomodori in inverno, contro ogni logica, tanto valeva sfruttare la situazione e sapere perché ci teneva tanto ad averli.
Lui non la degnò minimamente di una risposta, ma avrebbe dovuto aspettarselo; Sasuke restava sempre Sasuke anche quando era malato, se mai aggiungeva qualche piccolo difetto comportamentale alla lista, ma quelli che già c’erano rimanevano.
«Hai i capelli rosa» la informò, prendendo una ciocca tra le dite e facendola sobbalzare sorpresa.
Sakura arrossì, benché fosse conscia che quel gesto non aveva nulla di razionale e Sasuke lo aveva fatto solo perché era completamente partito per la tangenziale.
Se quella situazione non prendeva una piega migliore, probabilmente si sarebbero pure sbiaditi e sarebbero diventati bianchi prima del tempo.
Sasuke continuava ad osservarli con attenzione e ciò mise ancora più in soggezione Sakura. Non era mai stata tanto a contatto con l’Uchiha e la prima volta che lo incontrava fuori dall’accademia le toccava gestirselo da delirante malato con qualche complesso relativo all’egoismo soppresso.
«S-senti, Sasuke-kun, hai la febbre alta, dovresti–» venne interrotta da un pensieroso Sasuke, che probabilmente non la stava nemmeno ascoltando.
«Assomiglia…» iniziò serio, la fronte corrugata l’espressione di chi sta pensando intensamente a qualcosa. Assomiglio a cosa?, pensò, nemmeno lei sicura se volesse realmente saperlo oppure no.
In fondo stava delirando, ciò che diceva era dettato solo dalla febbre.
«Sembri… sì, assomigli proprio ad un pomodoro sbiadito» asserì, fiero della sua conclusione.
Sakura non ebbe il coraggio di ribattere, la sua mascella aveva già incontrato il pavimento.
Cos’era quello? Era da interpretare come un complimento? Come un insulto?
Si chiese anche perché ogni volta che era pronta a sentirsi dire tutto, ma proprio di tutto, Sasuke se ne usciva con qualcosa che non rientrava nel suo tutto e che aveva a che fare con i pomodori.
Perché cavolo poi gli piacevano tanto quei beneamati pomodori?
Poi l’espressione di Sasuke ritornò crucciata e pensierosa; la faccia, per caso, guardata bene bene, poteva sembrargli una carota fuori stagione?
No, quella situazione doveva finire, si disse Sakura, che sapeva che se la febbre fosse aumentata ancora la questione sarebbe diventata ingestibile e, a quanto pareva, Itachi era del tutto intenzionato a fabbricarle di mano sua, quelle medicine.
In più non voleva sulla coscienza Sasuke; già non sapeva più con che faccia l’avrebbe guardato dopo quella giornata, perché trovandosi davanti ad un Sasuke sano e imperturbabile come al solito, messo a confronto con quello che le stava davanti ora, sarebbe stato traumatico. Renderlo ancora più malato e febbricitante era fuori discussione.
«Davvero, Sasuke-kun, devi metterti–»
Sasuke non era intenzionato a lasciarle finire nemmeno mezza frase.
«Non sei un vero pomodoro, ma vai bene lo stesso.»
«Vado bene per cosa?» chiese insospettita.
«Per essere il mio pomodoro» ribatté con semplicità.
Forse, analizzando la frase e la situazione anni dopo, Sasuke avrebbe potuto cogliere altri significati rispetto a quello che aveva dato lui, ma a sua discolpa c’erano la febbre e l’innocenza infantile di un ragazzino di otto anni.
E Sakura sapeva che l’essere definita il proprio pomodoro non era più romantico dell’essere definita un pomodoro ogm, ma la febbre lo aveva fatto parlare più di quanto fosse necessario.
Però arrossi lo stesso. E contro ogni logica si sentì lusingata e, perché no, felice.
La ragazzina rimase ancora più spiazzata, quando Sasuke l’attirò a sé e se la strinse contro esattamente come un peluche, in un abbraccio che Sakura aveva sognato tante volte di ricevere da lui, ma mai in circostanze singolari come quella. La trascinò con sé lungo distesa sul letto e li rimasero fermi abbracciati; o meglio, lui abbracciava lei, che se ne stava immobile e potenzialmente sconvolta.
Non volle nemmeno chiedersi se fosse normale che, una volta decretata suo ortaggio/frutto/verdura la abbracciasse come un trofeo a lungo sofferto e finalmente ottenuto.
«Sasuke-kun…»
Lui non rispose e lei non ebbe cuore di muoversi. Era stritolata nell’abbraccio di Sasuke – un delirante e febbricitante Sasuke – che la credeva il suo pomodoro ogm di fiducia; c’era forse qualcosa che lei potesse fare?
«I pomodori sono buoni» disse d’un tratto.
«Cosa?» pigolò con la faccia schiacciata nella maglia del pigiama blu.
«Mi hai chiesto perché voglio i pomodori» le ricordò lui e Sakura rimase stupita che se lo ricordasse – piuttosto, fu sorpresa che l’avesse ascoltata quando parlava.
«Oh.»
«Sono rotondi e rossi. Rossi come lo sharingan» disse e sentì che la sua voce iniziava ad essere appesantita, come se facesse fatica a dire quelle poche frasi.
Si stava addormentando.
La stretta attorno a lei, però, rimase salda.
Lei, con le gambe penzoloni giù dal letto stava un po’ scomoda e, appropriandosi di un coraggio che non le apparteneva, spinse su le gambe, fino a trovarsi completamente sul letto.
Sakura si era aspettata che a quella sua mossa Sasuke l’avrebbe scacciata, rinsavito da quella botta di delirio, ma, al contrario, si spinse di lato, assecondando i suoi movimenti e continuando a tenerla stretta.
«Sono succosi e sanno di pomodoro» biascicò ancora.
Sakura fu scossa da una risatina; quel suo ultimo mezzo delirio era da imputare al fatto che era più addormentato che sveglio o sempre alla febbre?
Sentì il suo respiro farsi pesante e, dal momento che non disse più nulla, Sakura dedusse che, dopo quel tendenzioso elogio al pomodoro, si era finalmente messo a dormire.
Ed erano ancora abbracciati.
Sasuke emanava un calore pazzesco per via della febbre, ma quello non rappresentava minimamente un problema.
Si rese conto che anche lei era piuttosto stanca, era stata la giornata più faticosa della sua vita benché ad essere stata faticosa fosse stata solo un’ora o poco più. I suoi occhi si chiusero da soli, mentre lei si rendeva conto del fatto che una cosa del genere non se la sarebbe mai aspettata.
Sia un pomeriggio del genere, sia un Sasuke così sfacciatamente egoista, così poco Sasuke. Quel lato capriccioso del suo carattere era qualcosa che conosceva solo lei, aveva l’esclusiva in un certo senso.
Non le importava, però, essere arrivata più lontano di Ino, quella era una sua vittoria non relativa alla loro sciocca sfida.
Era una vittoria per se stessa.
Che poi il giorno dopo Sasuke avrebbe negato tutto, vuoi per imbarazzo, vuoi perché proprio non lo ricordava, era un’altra questione.
Ora c’erano solo lei e Sasuke. Sasuke e il suo pomodoro sbiadito.



Itachi salì i gradini delle scale con una fretta ben motivata; aveva lasciato un delirante Sasuke con Sakura e a prendere quelle medicine ci aveva messo più del previsto a causa di alcuni contrattempi per strada.
Aver incontrato Shisui quel giorno era stata una disgrazia in tutti i sensi; lo aveva trovato appeso ad un albero a testa in giù.
Aveva dovuto aiutarlo a scendere, sorbendosi anche il suo racconto sgangherato riguardo il salvataggio di un misterioso gatto che Itachi non aveva minimamente visto – «Ovvio, ora se n’è andato!» – che lo aveva portato a rimanere incastrato in quel groviglio di rami.
Non sentiva nessun rumore provenire dal piano di sopra e la cosa lo insospettì; si erano uccisi a scarpate l’un l’altro? Sakura aveva finito col buttarlo dalla finestra? Sasuke, in un raptus maniacale, l’aveva soffocata con il cuscino? Doveva rispondere di una morte innocente per aver lasciato il suo pazzo, incosciente e delirante fratello con una povera ragazzina a fare da infermiera? Si erano addormentati sul letto abbracciati?
Si erano addormentati sul letto abbracciati.
Questo fu ciò che vide Itachi quando varcò la soglia della porta della camera del fratello.
Sasuke che stringeva a sé Sakura, che se ne stava a sua volta rannicchiata contro di lui.
Sul volto di entrambi troneggiava un’espressione rilassata e serena.
Itachi nel vedere quella scena si rese conto che Sasuke non aveva bisogno delle medicine che aveva preso; aveva trovato la sua perfetta cura.



Ah, ah, sì, ‘sta cosa è proprio per il compleanno di Sasuke…
… che dopo questa può tranquillamente denunciarmi per diffamazione!xD Credo mi venga naturale smerdarlo alla grande, non che lo faccia apposta, assolutamente!
Boh, delirante fa ancora più paura del solito, ma la temeraria Sakura ha fatto lo stesso da infermiera!... Sì, anche lei mi denuncerà, anche per maltrattamento di minore, visto e considerato che qui hanno circa otto anni o qualche del genere!ò__o
La fine è stucchevole e diabetica, lo so, giuro che non so cosa mi sia preso, non lo farò mai più!*in ginocchio sui ceci* Anche per quello vorranno farmi causa quei due!xD Forse anche Itachi avrà qualcosa da ridire, giusto perché per la bellezza di dieci pagine e qualcosa gli ho reso il fratello ancora più psicopatico…
Boh, per il suo compleanno ci voleva qualcosa di demenziale e che spezzasse la monotonia… non è forse lui quello che sta’ seduto da tempo immemore senza muoversi? Gli sarà già venuto il culo quadrato, povero stellino… Aehm, basta, va!xD


Sì, avevo detto basta, ma ci tenevo a far notare come sono riuscita ad infilare Shisui anche qui, per la bellezza di due righe!**
  
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