Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene. “E
allora? Cosa vedi?”. Ricordo
molto poco di quella sera da quel momento in poi, so solo che
appoggiai delicatamente le mie labbra sulle sue e poi più
nulla. Buio. I
miei ricordi ricominciano nel momento in cui fui nella mia stanza,
nel mio letto. Dopo ciò che avevo visto non riuscivo a
prendere
sonno, e come avrei potuto? Alla
fine mi alzai e uscii di nuovo cercando di non fare il minimo rumore.
Non sapevo perché lo stavo facendo, ma improvvisamente
sentii una
grande freddezza invadere il mio corpo, i miei sentimenti erano
spariti, dentro di me c'era solo curiosità di vedere come
era morta,
non avvertivo nemmeno un po' di dolore, come se i miei sentimenti si
fossero perduti per sempre. Si
era suicidata. Vidi il suo corpo senza vita nell'erba del giardino
trafitto da un coltello. Chissà
dove l'aveva preso... La
sollevai e la trasportai in un luogo più nascosto, dove la
abbandonai, presi il coltello e lo pulii come potevo. Improvvisamente
mi resi conti di ciò che stava accadendo: fino a quel
momento mi ero
comportato come se tutto non fosse reale, come se fosse stato un
sogno nel quale non avevo possibilità di scegliere cosa fare. Any
era morta per colpa di L. Io
ero il successore numero uno, ma dopo ciò che era accaduto
non
volevo più esserlo. Perché solo una copia?
Perché non potevo
essere l'originale? Perché dovevo avere l'ossessione di
assomigliargli? No, non potevo andare avanti in quel modo, vivendo
nell'odio di una persona che avrei dovuto imitare per tutta la mia
vita restante. Quindi
non l'aveva uccisa lui...? Eppure tutti dicevano il contrario nella
casa! Potevo fidarmi davvero del diario? Mi fermai qualche secondo.
Certo che potevo, in fin dei conti quando era stato scritto per B era
già tutto finito, era stato arrestato. Che motivo aveva di
mentire
così? Quasi
senza ragionare mi avvicinai al cancello dell'istituto. Mi voltai, lo
guardai per l'ultima volta con uno sguardo quasi affettuoso. In fin
dei conti era stato la mia casa... Riuscii
a scavalcare quella barriera senza troppe difficoltà e
presto fui
fuori. Era
strana la sensazione di sapere di essere all'esterno: a volte ero
uscito, ma mai da solo. Senza
più voltarmi mi incamminai verso il nulla. Non avevo la
più pallida
idea di dove stessi andando, ma sapevo che dovevo allontanarmi e in
fretta. Non
avevo quasi nulla con me, se non uno zaino con dei quaderni su cui
scrivere, delle penne, dei vestiti di ricambio e un po' di denaro, ma
non sarebbe stato abbastanza per sopravvivere se non avessi trovato
un modo per guadagnarne altro. Passai
la notte all'aperto, non avendo dei luoghi dove andare e il giorno
dopo ripresi il mio cammino. Avrei
potuto guadagnare il sostentamento in vari modi, dato che alla The
Wammy's House mi avevano insegnato anche delle discipline inusuali che
avrei potuto sfruttare... No, in fin dei conti chi avrebbe mai
assunto un ragazzino di 15 anni? Almeno, non in Inghilterra. Decisi
di trovarmi un rifugio. Passeggiavo tranquillamente per le strade di
Winchester come un normalissimo ragazzo che non ha nulla da temere. Conoscevo
una casa cadente in pezzi, totalmente abbandonata nella periferia e
mi ci sistemai dentro. Era una delle case più malandate che
avessi
mai visto, ma in fin dei conti c'era l'essenziale. Ricordo
che lì mi sentii a mio agio: potevo tornare a essere me
stesso,
potevo far rinascere Beyond. Nei
giorni successivi cessai definitivamente di essere L: ricominciai a
sistemarmi i capelli, a vestirmi normalmente... ma non riuscii a
perdere l'abitudine di mangiare marmellata. All'inizio
vivevo grazie a ciò che avevo portato con me, senza altro.
Sistemai
il mio rifugio meglio che potevo, per renderlo accogliente. Forse
solo per noia cominciai a leggere i giornali abbandonati al parco,
giusto per sapere cosa accadeva nel mondo e mi ricordo che un giorno
rimasi molto colpito dal titolo in prima pagina: “Uccisa
ragazza
all'interno dell'orfanotrofio The Wammy's House, pare che l'assassino
sia uno studente.”. Studente?
Any si era suicidata... Improvvisamente ricordai con terrore che quel
coltello che lei aveva usato era stato toccato da me e inoltre
assomigliava molto al mio... L'avevo uccisa io? Poteva essere
possibile una cosa simile? Certo che no, non le avevo fatto nulla! Lessi
l'articolo: diceva che sia l'oggetto che il cadavere erano stati
analizzato ed erano state trovate le mie impronte. Dannazione!
Perché
l'avevo spostata? Perché avevo toccato quello stupido
coltello? Non
ero stato io! Si era suicidata, perché non gli è
nemmeno passato
per la testa a quel branco di idioti degli agenti?! No,
non potevo stare ancora a Winchester, dovevo andarmene, ma non avevo
denaro con me, come potevo cavarmela? Cominciai
ad avere timore di essere riconosciuto, a volte mi camuffavo come
potevo per evitare questo e per essere libero di uscire. Eh, no,
Beyond non era così timoroso: non avrebbe rinunciato a
vivere solo
perché era accusato di un crimine non commesso.
Esploravo
la città entrando in negozi e locali, giusto per vedere le
persone,
mi affascinava vedere il loro comportamento, il loro approcciarsi ad
altri, erano come pedine di un gioco che compivano il loro dovere di
vivere... Le
mie visite erano molto gradite in un luogo che conobbi poco dopo: un
hotel internazionale. Semplicemente mi adoravano perché
conoscevo
molte lingue straniere e molte culture, soprattutto ero affascinato
da quella Giapponese. Cominciai
a guadagnare un po' di denaro facendo l'interprete per i clienti e
così potevo anche conoscere altre persone decisamente
interessanti.
Avevo studiato le culture straniere, ma mai potuto osservarle da
vicino. Rimasi incantato dall'eleganza dei Francesi, dal lusso degli
abiti tradizionali Spagnoli, dalla curiosità quasi invadente
dei
Cinesi, dalla cordialità degli Italiani... ma quelli che mi
influenzarono di più furono di sicuro degli Americani. Un
giorno che mi trovavo lì intravidi in lontananza due uomini
che
parlavano tra di loro molto interessanti almeno nell'aspetto. Uno era
alto e grosso, pieno di tatuaggi sulle braccia e un sigaro in bocca,
l'altro era magro, sembrava quasi tremare dalla paura. Una coppia
molto inusuale. Mi
avvicinai. Loro non si accorsero di me e io ascoltai i loro discorsi
interessato. “S-se
facessi così potrei morire, lo sai, vero?”
“Capirai! Non sarà
il massimo della sicurezza come piano ma non possiamo permettere che
quei bastardi ci rubino il monopolio: siamo noi che comandiamo,
è
questo che devono capire!” “Ma... se
morissi...” “Se muori
tu, muore anche il loro capo. Poi, senti, hai giurato come tutti gli
altri che non ti saresti fatto simili problemi legati solo al tuo
egoismo: è meglio usare una vita o perdere l'intera
organizzazione?”. Cominciavo
a capire: si doveva trattare di mafia. Guardai sulla testa di
entrambi per vedere la durata vitale. Tanto valeva porre fine a
quell'inutile discussione e inoltre non ne potevo davvero
più di
sapere di essere l'unico a conoscenza delle mie capacità:
“Non ti
preoccupare Kal, hai da vivere ancora cinquant'anni.” dissi
all'improvviso. Finalmente mi videro, l'uomo spaurito mi
guardò con
aria interrogativa. “Ci conosciamo? E poi che ne sai tu di
quanto
mi resta da vivere?” chiese con cautela.
“È la prima volta che
ci vediamo, non ci conosciamo. Mi chiamo Beyond Birthday.”.
L'altro
uomo intervenne: “Ehi! È il ragazzino ricercato
per aver ammazzato
la sua compagna all'orfanotrofio o sbaglio?”. Sospirai.
“Tutte
sciocchezze, non l'ho nemmeno toccata: si è trattato solo di
suicidio e...” l'uomo di nome Kal Snyder mi interruppe di
nuovo:
“Non hai ancora risposto all'altra domanda: come fai a sapere
quanto vivrò ancora e come fai a sapere il mio nome se non
ci
conosciamo?”. Sorrisi soddisfatto del fatto di averlo mandato
in
confusione. Mi tolsi il cappello che avevo indossato quella mattina
per coprire i miei occhi e mostrai il loro colore.
“Perché io
posso vedere il nome di tutti gli esseri umani e vedere quanto resta
loro da vivere.”. Kal mostrò di credermi, lo
capivo dal suo
sguardo, ma l'altro scoppiò a ridere: “Credi di
farti credere
utilizzando delle lentine rosse? Se credessimo a tutto ciò
che
dicono i ragazzini non saremmo mai arrivati dove siamo! Dico bene,
Jack?” “Ah... sì...” rispose
l'altro non troppo convinto.
“Come vuoi, Dwhite Godon.”. Dwhite
impallidì. “Come sai il mio
vero nome? Nessuno lo sa!” “L'ho
detto...” mi indicai l'occhio
destro col dito, sorridendo, ma con un sorriso quasi malvagio. Mi
allontanai lasciandoli soli, non mi sarei più intromesso, mi
dissi,
ma già il giorno dopo dovetti infrangere quella promessa,
perché
furono loro stessi a venire da me. Mi dissero che ero una risorsa da
sfruttare e che in fin dei conti a Winchester non avevo nulla a
trattenermi, mi offrirono di partire con loro per Los Angeles. Accettai,
che altro potevo fare? Era stata la prima e unica
possibilità che
avevo per allontanarmi da quel luogo così pericoloso.
Sì, stavo per
entrare in una organizzazione criminale, ma non importava. In fin dei
conti a cosa mi serviva rimanere lì? A cosa mi serviva quel
senso di
giustizia che pretendevano di insegnarmi per farmi essere come L? Per
colpa sua adesso ero anche considerato un criminale, un assassino, e
come potevo allora deludere le sue aspettative? Tornai
nella mia “casa” con questi pensieri e cominciai a
raccogliere
quelle poche cose che avevo per il viaggio, ma in effetti cosa avevo?
Quasi nulla. Qualche vestito, qualche quaderno su cui scrivere tra
cui uno nero che conservavo completamente vuoto: era il mio quaderno
preferito e volevo scriverci solo qualcosa di importante. Non avevo
nulla di utile in fin dei conti. Oramai
non mi aspettavo più nulla, avevo smesso di sperare di avere
una
vita migliore, dato che pareva che più sperassi peggio
andassero le
cose. Ora quel viaggio non mi sembrava più una nuova
possibilità,
ma quasi mi era indifferente: stavo per andare in California, ma in
fin dei conti era un posto come un altro, non aveva alcun significato
per me. Anzi, forse uno sì: era il posto dove fuggire. Forse
stare
lì era solo più pericoloso, ma almeno sarei morto
innocente. Mi
guardai a uno specchio rotto nel mio rifugio. Non c'era una durata
vitale sotto il mio nome anche se avrei voluto tanto conoscerla, un
po' per curiosità, un po' per consolazione. Strano che
proprio io
non potessi vederla, come se non fossi umano, e in effetti oramai
avevo davvero ben poco in comune con il resto degli uomini. Come
avrei potuto definirmi? Mi sentivo come un demone, capace di
prevedere la morte, capace di conoscere le informazioni più
personali delle persone con uno sguardo. Ma perché io?
Perché
questo potere lo avevo io e nessun altro essere umano nel mondo? Era
stato un semplice caso che io avessi questa capacità
così crudele? Richiusi
il mio zaino con tutto all'interno facendo ben attenzione a non
lasciare nulla fuori, poi mi stesi su quello che usavo come letto: un
giaciglio formato da pezzi di vecchi mobili dentro a dei sacchi di
tela che avevo trovato abbandonati al mercato vicino ad una
bancarella. Socchiusi
gli occhi e sospirai: “Se solo potessi vedere la morte del
mondo...”. Ma per vederla avrei avuto bisogno di conoscere
dove si
trova il volto del mondo, giusto? E allora, dov'è il volto
del
mondo? Forse ci siamo sopra, forse l'intero mondo è il suo
volto? Chiusi
gli occhi e mi lasciai andare al sonno, sentendo pian piano il mio
corpo rilassarsi, sentendo di stare bene. Almeno nel sonno potevo
essere sempre me stesso, o forse recitavo persino nei sogni? Forse
non avrei mai scoperto chi era il vero Beyond, forse avrei finto per
sempre senza rendermene conto, ma oramai non potevo più
tornare
indietro: stavo impazzendo, sentivo che la mia lucidità
cominciava a
vacillare di fronte a tutte quelle sfide e sentivo che continuando
così avrei ceduto. Prima
di addormentarmi formulai un ultimo pensiero: “No L, non
deluderò
le tue aspettative: se ciò servirà a dimostrarti
che sono al tuo
livello e non solo una copia sappi che sono disposto anche ad
uccidere”. _____________ Authoress'
words Buona
domenica! Per la prima volta da quando è iniziata la fan
fiction dovrò dire qualcosa di quasi utile e ciò
mi fa sentire importante: i nomi Dwhite Godon e Kal Snyder non sono
inventati da me, ma sono i veri nomi di Rodd Los e di Jack Neylon.
Ricordate chi sono? Il primo è il capo della mafia di Los
Angeles con la quale si allea Mello e il secondo è quello
che diventerà il proprietario del Death Note dopo lo scambio
con Sayu e per quel che riguarda i problemi di incongruenza temporale
non vi preoccupate, ho fatto i miei calcoli ed è
possibilissimo che si tratti di loro dato che quando B ha 15 anni loro
ne hanno rispettivamente 26 e 21 e quando si entra nella mafia di
solito lo si fa da giovanissimi quindi ci troviamo. Bene, non
aggiungo altro, alla prossima! Any