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Autore: _Any    24/07/2011    7 recensioni
Quando mi trovavo alla The Wammy's House giravano strane leggende e tutte quante avevano come protagonista uno di noi, un assassino per l'appunto. Uno di noi che gli altri temevano, uno di quelli che nessuno avrebbe mai voluto incontrare sul proprio cammino. Persino il suo aspetto era spaventoso. Occhi rosso sangue, capaci di infondere il terrore con un solo sguardo. Malvagio, malvagio tanto da uccidere anche una ragazzina.
Devo ammettere che anche io, che mi reputo una persona alquanto razionale e non troppo timorosa, ho creduto a quelle leggende e mi sono permesso di giudicare quella persona in maniera perfida e meschina. Nessuno conosceva il suo nome, per noi era solo una lettera: B.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, L, Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


E allora? Cosa vedi?”.

Ricordo molto poco di quella sera da quel momento in poi, so solo che appoggiai delicatamente le mie labbra sulle sue e poi più nulla.

Buio.

I miei ricordi ricominciano nel momento in cui fui nella mia stanza, nel mio letto. Dopo ciò che avevo visto non riuscivo a prendere sonno, e come avrei potuto?

Alla fine mi alzai e uscii di nuovo cercando di non fare il minimo rumore. Non sapevo perché lo stavo facendo, ma improvvisamente sentii una grande freddezza invadere il mio corpo, i miei sentimenti erano spariti, dentro di me c'era solo curiosità di vedere come era morta, non avvertivo nemmeno un po' di dolore, come se i miei sentimenti si fossero perduti per sempre.

Si era suicidata. Vidi il suo corpo senza vita nell'erba del giardino trafitto da un coltello.

Chissà dove l'aveva preso...

La sollevai e la trasportai in un luogo più nascosto, dove la abbandonai, presi il coltello e lo pulii come potevo.

Improvvisamente mi resi conti di ciò che stava accadendo: fino a quel momento mi ero comportato come se tutto non fosse reale, come se fosse stato un sogno nel quale non avevo possibilità di scegliere cosa fare.

Any era morta per colpa di L.

Io ero il successore numero uno, ma dopo ciò che era accaduto non volevo più esserlo. Perché solo una copia? Perché non potevo essere l'originale? Perché dovevo avere l'ossessione di assomigliargli? No, non potevo andare avanti in quel modo, vivendo nell'odio di una persona che avrei dovuto imitare per tutta la mia vita restante.


Quindi non l'aveva uccisa lui...? Eppure tutti dicevano il contrario nella casa! Potevo fidarmi davvero del diario? Mi fermai qualche secondo. Certo che potevo, in fin dei conti quando era stato scritto per B era già tutto finito, era stato arrestato. Che motivo aveva di mentire così?


Quasi senza ragionare mi avvicinai al cancello dell'istituto. Mi voltai, lo guardai per l'ultima volta con uno sguardo quasi affettuoso. In fin dei conti era stato la mia casa...

Riuscii a scavalcare quella barriera senza troppe difficoltà e presto fui fuori.

Era strana la sensazione di sapere di essere all'esterno: a volte ero uscito, ma mai da solo.

Senza più voltarmi mi incamminai verso il nulla. Non avevo la più pallida idea di dove stessi andando, ma sapevo che dovevo allontanarmi e in fretta.

Non avevo quasi nulla con me, se non uno zaino con dei quaderni su cui scrivere, delle penne, dei vestiti di ricambio e un po' di denaro, ma non sarebbe stato abbastanza per sopravvivere se non avessi trovato un modo per guadagnarne altro.

Passai la notte all'aperto, non avendo dei luoghi dove andare e il giorno dopo ripresi il mio cammino.

Avrei potuto guadagnare il sostentamento in vari modi, dato che alla The Wammy's House mi avevano insegnato anche delle discipline inusuali che avrei potuto sfruttare... No, in fin dei conti chi avrebbe mai assunto un ragazzino di 15 anni? Almeno, non in Inghilterra.

Decisi di trovarmi un rifugio. Passeggiavo tranquillamente per le strade di Winchester come un normalissimo ragazzo che non ha nulla da temere.

Conoscevo una casa cadente in pezzi, totalmente abbandonata nella periferia e mi ci sistemai dentro. Era una delle case più malandate che avessi mai visto, ma in fin dei conti c'era l'essenziale.

Ricordo che lì mi sentii a mio agio: potevo tornare a essere me stesso, potevo far rinascere Beyond.

Nei giorni successivi cessai definitivamente di essere L: ricominciai a sistemarmi i capelli, a vestirmi normalmente... ma non riuscii a perdere l'abitudine di mangiare marmellata.

All'inizio vivevo grazie a ciò che avevo portato con me, senza altro. Sistemai il mio rifugio meglio che potevo, per renderlo accogliente.

Forse solo per noia cominciai a leggere i giornali abbandonati al parco, giusto per sapere cosa accadeva nel mondo e mi ricordo che un giorno rimasi molto colpito dal titolo in prima pagina: “Uccisa ragazza all'interno dell'orfanotrofio The Wammy's House, pare che l'assassino sia uno studente.”.

Studente? Any si era suicidata... Improvvisamente ricordai con terrore che quel coltello che lei aveva usato era stato toccato da me e inoltre assomigliava molto al mio... L'avevo uccisa io? Poteva essere possibile una cosa simile? Certo che no, non le avevo fatto nulla!

Lessi l'articolo: diceva che sia l'oggetto che il cadavere erano stati analizzato ed erano state trovate le mie impronte. Dannazione! Perché l'avevo spostata? Perché avevo toccato quello stupido coltello? Non ero stato io! Si era suicidata, perché non gli è nemmeno passato per la testa a quel branco di idioti degli agenti?!

No, non potevo stare ancora a Winchester, dovevo andarmene, ma non avevo denaro con me, come potevo cavarmela?

Cominciai ad avere timore di essere riconosciuto, a volte mi camuffavo come potevo per evitare questo e per essere libero di uscire. Eh, no, Beyond non era così timoroso: non avrebbe rinunciato a vivere solo perché era accusato di un crimine non commesso.

Esploravo la città entrando in negozi e locali, giusto per vedere le persone, mi affascinava vedere il loro comportamento, il loro approcciarsi ad altri, erano come pedine di un gioco che compivano il loro dovere di vivere...

Le mie visite erano molto gradite in un luogo che conobbi poco dopo: un hotel internazionale. Semplicemente mi adoravano perché conoscevo molte lingue straniere e molte culture, soprattutto ero affascinato da quella Giapponese.

Cominciai a guadagnare un po' di denaro facendo l'interprete per i clienti e così potevo anche conoscere altre persone decisamente interessanti. Avevo studiato le culture straniere, ma mai potuto osservarle da vicino. Rimasi incantato dall'eleganza dei Francesi, dal lusso degli abiti tradizionali Spagnoli, dalla curiosità quasi invadente dei Cinesi, dalla cordialità degli Italiani... ma quelli che mi influenzarono di più furono di sicuro degli Americani.

Un giorno che mi trovavo lì intravidi in lontananza due uomini che parlavano tra di loro molto interessanti almeno nell'aspetto. Uno era alto e grosso, pieno di tatuaggi sulle braccia e un sigaro in bocca, l'altro era magro, sembrava quasi tremare dalla paura. Una coppia molto inusuale.

Mi avvicinai. Loro non si accorsero di me e io ascoltai i loro discorsi interessato.

S-se facessi così potrei morire, lo sai, vero?” “Capirai! Non sarà il massimo della sicurezza come piano ma non possiamo permettere che quei bastardi ci rubino il monopolio: siamo noi che comandiamo, è questo che devono capire!” “Ma... se morissi...” “Se muori tu, muore anche il loro capo. Poi, senti, hai giurato come tutti gli altri che non ti saresti fatto simili problemi legati solo al tuo egoismo: è meglio usare una vita o perdere l'intera organizzazione?”.

Cominciavo a capire: si doveva trattare di mafia. Guardai sulla testa di entrambi per vedere la durata vitale. Tanto valeva porre fine a quell'inutile discussione e inoltre non ne potevo davvero più di sapere di essere l'unico a conoscenza delle mie capacità: “Non ti preoccupare Kal, hai da vivere ancora cinquant'anni.” dissi all'improvviso. Finalmente mi videro, l'uomo spaurito mi guardò con aria interrogativa. “Ci conosciamo? E poi che ne sai tu di quanto mi resta da vivere?” chiese con cautela. “È la prima volta che ci vediamo, non ci conosciamo. Mi chiamo Beyond Birthday.”. L'altro uomo intervenne: “Ehi! È il ragazzino ricercato per aver ammazzato la sua compagna all'orfanotrofio o sbaglio?”. Sospirai. “Tutte sciocchezze, non l'ho nemmeno toccata: si è trattato solo di suicidio e...” l'uomo di nome Kal Snyder mi interruppe di nuovo: “Non hai ancora risposto all'altra domanda: come fai a sapere quanto vivrò ancora e come fai a sapere il mio nome se non ci conosciamo?”. Sorrisi soddisfatto del fatto di averlo mandato in confusione. Mi tolsi il cappello che avevo indossato quella mattina per coprire i miei occhi e mostrai il loro colore. “Perché io posso vedere il nome di tutti gli esseri umani e vedere quanto resta loro da vivere.”. Kal mostrò di credermi, lo capivo dal suo sguardo, ma l'altro scoppiò a ridere: “Credi di farti credere utilizzando delle lentine rosse? Se credessimo a tutto ciò che dicono i ragazzini non saremmo mai arrivati dove siamo! Dico bene, Jack?” “Ah... sì...” rispose l'altro non troppo convinto. “Come vuoi, Dwhite Godon.”. Dwhite impallidì. “Come sai il mio vero nome? Nessuno lo sa!” “L'ho detto...” mi indicai l'occhio destro col dito, sorridendo, ma con un sorriso quasi malvagio. Mi allontanai lasciandoli soli, non mi sarei più intromesso, mi dissi, ma già il giorno dopo dovetti infrangere quella promessa, perché furono loro stessi a venire da me. Mi dissero che ero una risorsa da sfruttare e che in fin dei conti a Winchester non avevo nulla a trattenermi, mi offrirono di partire con loro per Los Angeles.

Accettai, che altro potevo fare? Era stata la prima e unica possibilità che avevo per allontanarmi da quel luogo così pericoloso. Sì, stavo per entrare in una organizzazione criminale, ma non importava. In fin dei conti a cosa mi serviva rimanere lì? A cosa mi serviva quel senso di giustizia che pretendevano di insegnarmi per farmi essere come L? Per colpa sua adesso ero anche considerato un criminale, un assassino, e come potevo allora deludere le sue aspettative?

Tornai nella mia “casa” con questi pensieri e cominciai a raccogliere quelle poche cose che avevo per il viaggio, ma in effetti cosa avevo? Quasi nulla. Qualche vestito, qualche quaderno su cui scrivere tra cui uno nero che conservavo completamente vuoto: era il mio quaderno preferito e volevo scriverci solo qualcosa di importante. Non avevo nulla di utile in fin dei conti.

Oramai non mi aspettavo più nulla, avevo smesso di sperare di avere una vita migliore, dato che pareva che più sperassi peggio andassero le cose. Ora quel viaggio non mi sembrava più una nuova possibilità, ma quasi mi era indifferente: stavo per andare in California, ma in fin dei conti era un posto come un altro, non aveva alcun significato per me. Anzi, forse uno sì: era il posto dove fuggire. Forse stare lì era solo più pericoloso, ma almeno sarei morto innocente.

Mi guardai a uno specchio rotto nel mio rifugio. Non c'era una durata vitale sotto il mio nome anche se avrei voluto tanto conoscerla, un po' per curiosità, un po' per consolazione. Strano che proprio io non potessi vederla, come se non fossi umano, e in effetti oramai avevo davvero ben poco in comune con il resto degli uomini. Come avrei potuto definirmi? Mi sentivo come un demone, capace di prevedere la morte, capace di conoscere le informazioni più personali delle persone con uno sguardo. Ma perché io? Perché questo potere lo avevo io e nessun altro essere umano nel mondo? Era stato un semplice caso che io avessi questa capacità così crudele?

Richiusi il mio zaino con tutto all'interno facendo ben attenzione a non lasciare nulla fuori, poi mi stesi su quello che usavo come letto: un giaciglio formato da pezzi di vecchi mobili dentro a dei sacchi di tela che avevo trovato abbandonati al mercato vicino ad una bancarella.

Socchiusi gli occhi e sospirai: “Se solo potessi vedere la morte del mondo...”. Ma per vederla avrei avuto bisogno di conoscere dove si trova il volto del mondo, giusto? E allora, dov'è il volto del mondo? Forse ci siamo sopra, forse l'intero mondo è il suo volto?

Chiusi gli occhi e mi lasciai andare al sonno, sentendo pian piano il mio corpo rilassarsi, sentendo di stare bene. Almeno nel sonno potevo essere sempre me stesso, o forse recitavo persino nei sogni? Forse non avrei mai scoperto chi era il vero Beyond, forse avrei finto per sempre senza rendermene conto, ma oramai non potevo più tornare indietro: stavo impazzendo, sentivo che la mia lucidità cominciava a vacillare di fronte a tutte quelle sfide e sentivo che continuando così avrei ceduto.

Prima di addormentarmi formulai un ultimo pensiero: “No L, non deluderò le tue aspettative: se ciò servirà a dimostrarti che sono al tuo livello e non solo una copia sappi che sono disposto anche ad uccidere”.

_____________

Authoress' words

Buona domenica! Per la prima volta da quando è iniziata la fan fiction dovrò dire qualcosa di quasi utile e ciò mi fa sentire importante: i nomi Dwhite Godon e Kal Snyder non sono inventati da me, ma sono i veri nomi di Rodd Los e di Jack Neylon. Ricordate chi sono? Il primo è il capo della mafia di Los Angeles con la quale si allea Mello e il secondo è quello che diventerà il proprietario del Death Note dopo lo scambio con Sayu e per quel che riguarda i problemi di incongruenza temporale non vi preoccupate, ho fatto i miei calcoli ed è possibilissimo che si tratti di loro dato che quando B ha 15 anni loro ne hanno rispettivamente 26 e 21 e quando si entra nella mafia di solito lo si fa da giovanissimi quindi ci troviamo.

Bene, non aggiungo altro, alla prossima!

Any

   
 
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