Titolo:
La danza delle lame
sanguinarie
Titolo del Capitolo: Si sta come, in un mazzo, le carte, i cuori.
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Un po’
tutti (Troppi per essere scritti)
Genere: Sentimentale, introspettivo, guerra
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if, OOC
Conteggio Parole: 2287
Note: 1. Pur troppo non è betata
2.
Dedico questo
capitolo solo ed esclusivamente a Piccolalettrice, perché si
ricordava di
questa ff, mentre io stessa l’avevo rimossa.
3.
Phobos e Deimos
non amano Clarisse (E neanche Percy). E se lei vi sembra troppo
sdolcinata con
Chris, leggetevi il quarto libro, lei è esattamente.
Buona
lettura
“Non
esistono grandi guerre, la guerra non fa grande
nessuno”
[Anonimo]
La
caccia alla
bandiera elettrizzava totalmente Sherman, significava poter attaccare e
ferire
con tanto di giustificazione. Non stava nelle pelle. Sentiva tutti i
brividi
lungo la schiena. L’adrenalina era alle stelle. Poi la cosa che
gli dava
maggiore soddisfazione era che la cabina
21(La
cabina di Eris) era
finita con i figli di Atena
che con i figli di Ares, sfortunatamente la 17 invece era con loro.
Quindi
Sherman non riusciva a fare a meno a pensare che si sarebbe potuto
scontrare
contro Sire, peccato che Clarisse gli avesse affibbiato di tenere
d’occhio una
novella figlia di Nike(della
cabina 11) di
quattordici anni appena che si
chiamava Victoria. “Cosa dobbiamo fare qui?” chiese, per
l’ennesima volta
Vicky, mentre erano acquattati dietro un cespuglio per sorveglia e
Sherman già
odiava dover sorvegliare e non combattere direttamente, la presenza di
quella
figlia di Vittoria non poteva che
rendere la cosa peggiore. Era vero che Ares e Nike erano buoni compagni
di
guerra, visto che la titanide era sempre compagna di lotta del dio
della
guerra, ma lui come figlio di Ares non riusciva a sopportare i figli di
Nike, e
neanche quelli di Atena o di qualunque altra casa che non fosse la sua
o quella
di Eris, particolarmente la leader Amy Shine, la ragazza
dell’infermeria, e
quell’irritante appena poco
più che
bambina. Sherman non rispose. La ragazzina risistemò meglio la
zazzera castana
che si ritrovava per capelli e pose nuovamente la domanda, “Per
la seicentesima
volta, facciamo un appostamento” biascicò irritato
Sherman. Erano rimasti
ancora acquattati dietro le sterpaglie, quando Vicky aveva cominciato a
parlare
di quanto fosse noioso stare lì e di quando volesse combattere e
Sherman non
poteva sentirla ulteriormente, perché altrimenti avrebbe violato
gli ordini di
Clarisse e si sarebbe lanciato con furia cieca nella lotta, quindi alla
fine
aveva sibilato acido: “Per l’Averno, la bocca non la chiudi
mai?”, la ragazzina
si mostrò offesa, facendo anche tremare il labbro inferiore
della bocca.
Chris
Rodriguez
passava di là, assieme a Katie Gardner che con la spada tesa si
guardava
circospetta. “Adesso …” urlò Sherma e Vicky
scattò insieme a lui contro i due,
ovviamente Sherman non si fece problemi ad attaccare il figlio di
Hermes e a
fargli male, incurante di quanto Clarisse ne avrebbe fatto a lui, Victoria cominciò a duellare con la
figlia di
Demetra, perse anche se questa non era una grande combattente, Vicky
era ancora
alla prime armi come guerriera, cosa che la demoralizzò
eccessivamente. Katie
si lanciò su Sherman, che la mandò atterra con una
semplice gomitata, perché
per Sherman contava solo fare male a Chirs. Viky aveva aiutato Katie a
rialzarsi ed aveva commentato con lei l’eccessiva violenza di
quel figlio di
Ares, tant’è che alla fine l’avevano dovuto fermare
entrambe, guadagnandoci una
un epistassi e l’altra un occhio nero.
“Questo è sabotaggio!” urlò Sherman,
prima che una dolente Katie l’aveva
avvolto in sterpaglie che lo aveva immobilizzato, “Si lo
è” aveva urlato la
figlia di Demetra, con le mani sul naso per cercare di fermare
l’epistassi,
Vicky che si massaggiava l’occhio dolente e Chirs a terra che
tentava di
rialzarsi percosso e ferito. “Violento il tipo” aveva
esclamato la figlia di
Nike, guardando il ragazzo avvolto nell’erba.
*
La
caccia alla
bandiera, era stata vinta dai figli di Ares. Clarisse non era una
grande
stratega, ma essere in squadra con i figli di Nike e di Enio
l’aveva portata a
vincere. Lei si era occupata di Percy, John Warlike si era affrontato
con
Annabeth, suo grande sogno, mentre Amy si era avvicinata alla bandiera
e
l’aveva presa, con la sfacciata fortuna che sua madre la dea
della Vittoria le
aveva donato. E così Clarisse era stata ancora una volta eletta
come la miglior
combattente del campo mezzosangue, Percy Jackson aveva deciso di non
rimembrare
al mondo che lui era effettivamente il miglior spadaccino da secoli, perché non gli dispiaceva vedere Clarisse
d’umore ottima, cosa che non capitava spesso dalla dipartita di
Silena, purché
non cominciasse a vantarsi eccessivamente, cosa che infatti non accade,
ma
sarebbe accaduta se Chris non fosse finito in
infermeria con gravi contusioni, per colpa di Sherman, che
sarebbe stato
certamente picchiato poi dalla sorellastra, ma che era stato colto da
un
eritema che si era espanso per tutto il corpo, causato da un prolungato
contatto con una pianta di cui era allergico.
Vicky
era andato a
trovarlo per sapere come stava, con due suoi cugini, Nasilje una ragazza robusta per metà croata,
figlia
di Bia, ed Eustaquio, un catalano figlio di Cratos. Bia e Cratos erano
da
sempre assieme a Nike ed altri malevoli spiriti i compagni di Ares in
guerra.
“Come stai Sherman?” chiese Vicky, il ragazzo decise di
ignorare
deliberatamente la domanda, preferendo continuare a fare ciò che
stava facendo,
grattarsi l’eritema, che si stava espandendo sul suo corpo con
macchie
rossastre, “Credo di no, Vic.”bisbigliò Nasilje,
prima di andare via assieme a Eustaquio
perché avevano preso l’incarico di arrostire il maiale,
pattuito per la festa.
Victoria era rimasta con Sherman, per assicurarsi che stesse bene. Il
ragazzo,
anche in termini poco carini, l’aveva invitata più volte
ad andare a cambiarsi,
magari per la classica festa con maiale arrostito che si faceva per
celebrare
la vittoria ottenuta nella caccia alla bandiera. “No, mi sento in
colpa, se
fossi stata più brava, quella figlia di Demetra non ti avrebbe
reso un involtino
primavera” aveva detto la figlia di Nike, sedendosi sul borde del
letto, gli
sorrise dolce, “Dovresti sentirti in colpa per essere andata
contro di me”
ringhiò quello per sua risposta, Vicky decise di non fargli
notare che lui le
aveva fatto un occhio nero ed aveva quasi uccido Chris Rodriguez, ma
solo perché
non stava bene; Sorrise di nuovo. Sherman la guardò in malo
modo, se lo sentiva
che di quella ragazza non si sarebbe liberato facilmente, si era girato
dall’altro lato senza smettere di grattarsi, guardando Clarisse
che a qualche
letto più in là, in modo impacciato, cercava di
somministrare dell’ambrosia
mielosa al suo ragazzo con delle cucchiaiate.
“Non
sei obbligata a
farlo!” aveva detto Chris, mentre Clarisse cercava di dosare bene
l’ambrosia per
il fidanzato, “No, tranquillo. Non mi crea problemi” aveva detto lei prima di avvicinare al volto
del ragazzo un cucchiaio pieno
d’ambrosia, sorrise forzata, essere gentile non le veniva davvero
per niente
bene, ma per Chris era anche pronta a fustigare la sua essenza
violenta. Il
ragazzo prese l’ambrosia, regalando a Clarisse un sorriso che gli
fece
sciogliere il cuore, verso un altro po’ di ambrosia, che fece
ingurgitare al
fidanzato. “Sei stucchevole …” biascicò
Sherman sotto lo sguardo di disappunto della piccola Victoria, Clarisse
assottigliò lo sguardo, riducendo gli occhi in fessure, ma non
aveva espresso
commenti, “Penso di odiare seriamente Sherman”
bisbigliò Chris, Clarisse gli
sorrise, “Non oso immaginare che direbbero Deimos e Phobos se ti
vedessero ora”
aggiunse Sherman, per far arrabbiare maggiormente Clarisse,
perché quei due
avrebbero detto che in quella situazione era l’ideale,
perché Clarisse come
donna avrebbe dovuto servire ed aiutare il suo uomo, cosa che faceva
molto
infuriare la suddetta figlia di Ares, così rispose: “Non
oso immaginare cosa
direbbero di te, che ti sei lasciato attorcigliare come un involtino da
una
figlia di Demetra ”, Sherman infuriato si rigirò
dall’altro lato, ritrovando
Vicky che sorrideva sorniona.
*
Sire
non aveva preso
seriamente in considerazione uno dei gemelli Stoll finché quel
giorno durante
la caccia alla bandiera non l’aveva salvata da un gruppo di figli
d’Apollo che
dubitava avrebbero potuto farle del male.
Ma le era piaciuto quel Connor, occhi chiari, una zazzera
intesta ed
un’irresistibile sorriso malizioso. I figli di Ermes erano
maliziosi e burloni,
di certo non perfidi come i figli di Eris, ma un gemellaggio non le
sarebbe
dispiaciuto. Era nella sua stanza, che continuava a provarsi abiti
carini, di
un cachi pallido, mentre le sue compagne di stanza gli davano consigli
di tutti
i generi, particolarmente velenosi, come che ogni abito che indossasse
le
facesse sembrare il sedere grande come un cocomero,
cosa che faceva abbastanza infuriare la
figlia di Eris. “Ma perché ti metti così in tiro,
Sherman ha già una cotta per te”
esclamò una sua sorellastra, Sire la guardò dal riflesso
dello specchio,
“Sherman? Sherman Whintchester?” chiese sbigottita, Sherman aveva una cotta per lei? Non credo
poteva
esserci blasfemia maggiore, “Scherzate vero? Sherman e Mark non
pensano alle
ragazze!” urlò Sire, Sherman non poteva avere una cotta
per lei, non era nello
stile di Sherman, insomma la prima volta che l’aveva conosciuto
gli aveva quasi
spezzato il polso perché era entrata di nascosto nella casa dei
figli di Ares,
che poi l’aveva fatto solo per scappare a qualche inviperita
figlia di
Afrodite, dettasi Drew. Sherman
considerava le ragazze allo stesso modo dei ragazzi, non aveva mai
pensato alle
ragazze come effettivamente erano, l’unica differenza è
che le considerava
incapaci nella lotta, ad eccezione di Clarisse, e magari più
intelligenti,
anche se Sherman probabilmente non l’avrebbe mai ammesso, ma Sire
lo percepiva
quanto la considerava sveglia.
“O
miei dei, ma sei
cieca?” chiese sempre quella, “Quel ragazzo è pazzo
di te!” le disse sempre una
sua sorellastra, Sire continuò a guardarsi allo specchio, notando che effettivamente quell’abito
cachi
la rendeva una specie di insaccato, chiaramente così conciata
non sarebbe
piaciuta a Connor, perché l’unica cosa che gli importava
era apparire carina
davanti a quel figlio di Ermes, perché se Sherman
ipoteticamente, sempre
ipoteticamente, poteva essere interessato a lei, di certo lei non
lo era,
Sherman non gli diceva niente in quel senso, era un bel ragazzo ed era
suo
amico, punto. “Allora il punto è che a me non
piace lui” esclamò alla
fine, sfilandosi il vestito e cercandone un altro, alla fine
indossò un osceno
abito a palloncino di un verde smeraldo, che non la faceva sembrare un
salame
appeso. “Quindi ti interessa Stoll?” chiese la sorellastra
che aveva parlato
prima, Sire non rispose, continuando a rimirarsi allo specchio,
“Povero Connor,
aveva una faccia carina!” esclamò un’altra sua
sorella, precisando poi perché
aveva usato l’imperfetto, perché
dopo
che Sherman l’avrebbe scoperto, avrebbe probabilmente ridotto la
faccia di Connor
a qualcosa di inguardabile, visti i suoi ormai famosi attacchi di
violenza.
Sire trattenne commenti, decidendo di andare via, magari a parlare un
po’ con
Reece, perché era davvero l’unica persona con cui a volte
riusciva a
relazionarsi. Reece era fuori che “giocava” con Mark
a fare la lotta ed
usavano bastoni al posto delle spade e sembravano due bambini estasiati
da un
gioco stupido. “Wow” enunciò il figlio di Ares
aggrottando le sopraciglia, dopo
aver guardato l’abito di Sire, forse non troppo convinto del
verso emesso, Sire
gli regalò un gelido sguardo per intimargli di restare in
silenzio, “Devo
parlarti Reece!” proferì alla fine la ragazza,chiedendo al
fratellastro di
rientrare, quello annui, lanciò il bastone a Mark ed
entrò in casa.
*
Rebecca
si sedé sul
tavolo che avevano allestito all’interno della casa lei e il
fratellastro,
prese un foglio e cominciò a scarabocchiarci su. Di tanto in
tanto la penna
prendeva una strada per conto suo, più che altro dettata dal
subconscio di lei,
e scriveva un particolare nome maschile, che poi subito cancellava di
fretta. Mark.
O si quel Mark, Seller per precisare, il
figlio di Ares con un quoziente intellettivo inferiore alla temperatura
in Siberia,
ma le piaceva, be le piacevano tutti i figli di Ares e lui era
l’unico che
conoscesse e le desse confidenza. Le piacevano i figli di Ares
perché erano
violenti, feroci e selvaggi, nella vita e nella guerra, non che la cosa
la
sorprendesse tra Ares ed Enio c’era, come avrebbe detto Malcom
che era divenuto
di recente suo amico, chimica. Ed era dannatamente certa che
anche tra
lei e Mark c’era chimica, il problema era avvicinarsi da sola e
provargli a
parlare in modo serio, visto che era stata con lui tutto il giorno per
la
caccia alla bandiere ed assieme ai due Stoll non aveva fatto altro che
progettare qualche assurdo scherzetto da fare al capo della cabina di
Eris.
“Non
vai alla festa?”
le chiese John accarezzandole i capelli scuri, “Non penso.
Tu?” rispose di
malavoglia Becky, John sorrise poi rispose: “Certo, dopo aver
fronteggiato
Annabeth Chase ed aver pareggiato con lei, mi sento un Dio!” il
suo tono era
quasi esaltato, “Attento la vanità è da secoli il
difetto fatale di tutti i
semidei!” bisbigliò Becky, con un sorriso neutro. Chi sa
qual’era il loro
difetto fatale? Becky se lo chiedeva sempre, aveva cominciato a pensare
che
magari era l’eccessivo ardore in guerra o l’assoluta
convinzione di essere
sempre nel giusto, cosa molto probabile visto che erano figli della Dea
della
Guerra Giusta, sempre se la guerra poteva essere considerata giusta.
“Va a
metterti qualcosa di carino che andiamo a mangiare maiale arrostito,
siamo
parte della squadra vincente!” esclamò John arruffandole i
capelli, lei rise,
“Va bene!” enunciò sbuffante poi, accartocciando il
foglio con il nome di Mark,
si alzò dalla sedia e si diresse nella sua stanza, per trovare
qualcosa di
spartano da mettersi. Ci impiegò un po’ per vestirsi,
voleva qualcosa poco
vistoso, ma contemporaneamente voleva apparire agli occhi di Mark, ma
con i
suoi vestiti di certo non sarebbe stato affatto facile, aveva anche
ipotizzato
di chiamare Malcom e farsi prestare qualcosa dalle sue sorelle o farsi
cucire
qualcosa direttamente da lui, poi aveva trovato quel vestito grigio con
il
taglio impero e la gonna a mezza coscia, niente di troppo appariscente
ed aveva
indossato le scarpe da tennis bianco acido. “Andiamo?”
chiese John porgendoli il
gomito, la ragazza lo prese radiosa e si diressero insieme alla pianura
dove
sapevano ci sarebbe stata la festa e da dove già proveniva una
flagranza da
acquolina in bocca, maiale arrostito.
“Si
sta come,
d’autunno , sugli alberi, le foglie”
[G.Ungaretti]