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Autore: pony    24/07/2011    5 recensioni
Lily Evans voleva solo far sparire quel sorrisetto idiota dalla faccia della sorella. Era stata avventata, ok, ma ora era nei pasticci.
James Potter era il suo ragazzo.
O almeno così aveva detto ai genitori.
Aveva iniziato un gioco insieme a Potter. Un gioco da cui non sarebbe stato facile uscirne.
Ma siamo sicuri che quel gioco sarebbe rimasto tale e non si sarebbe trasformato in qualcos'altro?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Severus Piton era seduto di fronte alla finestra di casa sua. Era lì che passava gran parte delle sue vacanze, immerso in qualche strana e oscura lettura, evitando la luce del sole come la evita un vampiro.
Chiuso in casa da quando era tornato da scuola, ormai, la pelle del ragazzo aveva assunto un colorito malaticcio e giallognolo, mentre capelli unticci gli ricadevano sul volto, quasi tentasse di nascondere la sua espressione a qualcuno, sebbene fosse solo in casa.

Annoiato voltò una pagina del suo libro, continuando a leggere.

Si sentiva sempre sollevato quando i genitori uscivano di casa, la solitudine non lo disturbava affatto. Il padre passava le sue giornate vagabondando qua e là, fra un bar e l'altro, criticando e maltrattando sua madre, che non faceva assolutamente niente per difendersi.
 Tobias Piton era solo un Babbano. Per quale motivo la donna non si difendeva, mostrando la sua superiorità di Strega?

La Magia è potere.

Sua madre, però, aveva dimenticato da tempo la sua superiorità, costretta in quella vita in cui non poteva sentirsi felice e Severus aveva ben presto deciso che non avrebbe commesso lo stesso errore: lui era un Mago e mai e poi mai si sarebbe andato a confondere con degli insulsi Babbani che niente avevano a che fare con il suo mondo.
Sospirò, pensieroso e malinconico, mentre il suo sguardo si perdeva ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra.

Non riusciva proprio a concentrarsi quel giorno, infatti, come spesso accadeva quando rimaneva solo, ed era solo per la maggior parte del suo tempo, i pensieri vagarono lontani e finirono inevitabilmente a posarsi su quella che un tempo era stata la sua migliore amica.
Lily Evans. L'unico raggio di sole in quella vita destinata alle tenebre, l'ultimo fragile legame che gli aveva impedito di cadere nell'abisso.
Ma quel legame s'era spezzato, la sua stella si era spenta per sempre e non sarebbe tornata.

Quanto stupido era stato a lasciare che quell'idiota di James Potter riuscisse ad allontanarlo da lei. L'aveva lasciato vincere!! Di certo era stato tutto premeditato, tutto organizzato per separarli, perchè a Potter era sempre piaciuta Lily e temeva l'amicizia che c'era fra di loro.

Eppure non è Potter che l'ha chiamata sudicia Mezzosangue, sei stato tu...

Di certo Severus non l'avrebbe fatto se Potter non gli avesse fatto quello stupido scherzo umiliandolo davanti a tutti, umiliandolo davanti a LEI.

Non è la pubblica umiliazione che vi ha separati. Certo, lo scherzo di Potter è imperdonabile, ma lei era intervenuta per difenderti perchè ti voleva bene e tu l'hai trattata in quel modo...

Ma... ma era furioso! Non ragionava. Non voleva ferirla, per nessuna ragione al mondo avrebbe volute farle del male... Quelle parole gli erano sfuggite, solo sfuggite, nemmeno sapeva come era potuto succedere.

Quali parole, Severus?

Non le avrebbe mai più ripetute. Lo avevano allontanato da lei, l'unica che l'avesse sempre apprezzato per quello che era.

Quali parole, Severus?

Aveva solo commesso un errore. Non pensava veramente ciò che aveva detto. Era imbarazzato, arrabbiato... Non voleva che lei lo vedesse in quelle condizioni! Avrebbe voluto essere lui, per una volta, ad aiutarla...

Quali parole, Severus?

Schifosa Mezzosangue.

Tu sai perchè ti sono sfuggite, vero? Le hai detto quelle cose perchè è quello che è. Una sudicia Mezzosangue, parte di quella feccia che vuoi eliminare dall'umanità...

Eliminare lei? No! Lei era... diversa.

Che cos'ha di diverso? E' figlia di Babbani, ha sottratto la sua Magia a qualcuno! Lei non è come te... Non è mai stata come te. Dovresti eliminarla, dai tuoi pensieri e dal mondo. Quella ragazza è niente, è solo una sporca Mezzosangue, nient'altro che questo... Per lei non dovresti provare altro che disgusto!

Avrebbe dovuto, certo. Ma non era certo quello il genere di sentimenti che provava e non poteva più negarlo a sè stesso.

Lui l'amava.

Aveva appena finito di formulare questo pensiero, quando guardando dalla finestra ciò che vide lo lasciò letteralmente senza fiato.
Illuminata dal sole, con i capelli rossi come il fuoco appena scompigliati dalla brezza mattutina, pareva una ninfa dei boschi.
Lily, la sua Lily, stava a pochi metri da lui, di fronte a casa sua.
Non dava segno di volersi fermare, ma il fatto che fosse lì poteva significare solo una cosa: c'era speranza.
Mollò il libro a terra e corse fuori per raggiungerla.





Remus Lupin viveva in un piccolo paesino Babbano a sud dell'Hampshire, insieme al padre. Nessuno sapeva che i due Lupin fossero Maghi e men che mai erano a conoscenza della sua condizione di Lupo Mannaro.
Verrebbe da pensare che due come loro fossero completamente fuori posto, in un luogo del genere, ma il signor Lupin per nessuna ragione al mondo avrebbe lasciato quel villaggio immerso nei boschi, dove aveva conosciuto Ariel, la madre di Remus.

Ariel e John si erano conosciuti circa 20 anni prima.
L'uomo a mala pena ricordava la motivazione che l'aveva spinto in quel minuscolo villaggio, quel giorno di settembre, ma non aveva importanza. Forse era solo il richiamo del destino che l'aveva condotto fino a lì.
Passeggiava, incerto e a disagio, per una minuscola stradina -la via principale del villaggio- quando la sua attenzione venne catturata dalla figura di una ragazza meravigliosa, che stava poco lontana da lui. Aveva i lunghi capelli castani intrecciati, la pelle arrossata a causa del caldo e due meravigliosi occhi ambrati che sembravano brillare di luce propria.

Bisogna dire che John Lupin non era mai stato un grande latin lover. Quando si avvicinava a una ragazza che gli piaceva si innervosiva e cominciava a balbettare frasi sconnesse e a dire cose che non c'entravano assolutamente niente con la conversazione che stavano avendo, lasciando la sua "preda" perplessa e con un profondo desiderio di darsi alla fuga.
Per sua fortuna la sua goffaggine fu trovata da Ariel assolutamente adorabile, così cominciarono a frequentarsi.
Lei era una Babbana, perciò all'inizio la loro relazione aveva avuto non poche difficoltà. In un primo momento lui non voleva rivelarle la sua natura, troppo timoroso di perderla per esporsi in quel modo e la loro storia era andata avanti cosi per un anno senza troppi problemi, mentre John aveva quasi dimenticato cosa fosse la magia. Quasi.

Era il giorno prima del matrimonio quando lei scoprì i suoi poteri.
Povera Ariel, che trauma vedere il futuro marito che faceva allegramente levitare in aria le scarpe, mentre una mano invisibile lo aiutava a vestirsi. Lei se n'era andata correndo dalla stanza e lui aveva creduto di averla persa per sempre, convinto che lei lo credesse un mostro.
Il mattino seguente John si era presentato all'altare, con la stessa allegria che si ha a un funerale, senza trovare il coraggio di dire ai conoscenti che il matrimonio era annullato. Non parlarne lasciava intatta quell'ultima sottile illusione che le cose non fossero cambiate, anche se nel profondo del cuore aveva la certezza che non fosse cosi.
Ariel, però, aveva sempre avuto il potere di sorprenderlo. Come se niente fosse accaduto il giorno precedente, lei si presentò alle sue nozze vestita come un angelo, i fiori nei capelli e un magnifico sorriso sul volto. Lui non poteva fare a meno di fissarla estasiato, senza sbattere nemmeno le palpebre per paura che fosse tutto un sogno. Giunta al suo fianco lei l'aveva guardato con un mezzo sorriso:

"Non mentirmi mai più" aveva detto e tutto sembrava essersi risolto per il meglio.

Circa un anno dopo era nato Remus. Un bimbo magnifico, in salute, sempre sorridente e solare. La gioia della sua mamma e del suo papà.
Un finale degno delle migliori fiabe. Peccato che fosse soltanto un magnifico inizio destinato a non continuare.

"Papà!!" chiamò Remus, sbadigliando "Papà, alzati! Devi andare a lavoro!"

Il ragazzo quella mattina si era alzato di buon ora. Voleva preparare la colazione, per potersi mettere a studiare al più presto. Sapeva, infatti, che nel giro di un mese al massimo, i suoi tre amici, James, Sirius e Peter, pazzi da legare, sarebbero venuti a prelevarlo -che lui lo volesse o meno, ovviamente- e lo avrebbero trascinato da qualche parte, sostenendo che senza di loro non sarebbero state vere vacanze.

Per quanto fingesse di lamentarsi, Lupin era ben felice di seguirli nelle loro spericolate avventure, che gli permettevano di dimenticare tutti i suoi problemi, ma allo stesso tempo non voleva rimanere indietro con lo studio.
Albus Silente gli aveva concesso di frequentare la sua scuola, quando nessuno l'avrebbe fatto, perciò Remus aveva giurato a sè stesso che sarebbe stato uno studente modello.
Ovviamente quella promessa personale non era stata mantenuta quasi per niente.
Insomma, lui era un Malandrino, parte di quel gruppo che la McGrannitt definiva il suo incubo, nonchè la disgrazia peggiore che Hogwarts avrebbe mai conosciuto, e in quanto Malandrino si cacciava in guai continui praticamente per definizione, ma comunque era sempre riuscito ad eccellere in tutte le materie, anche se questo significava a volte dover passare le sue notti insonni a studiare.

Remus si vestì in fretta e scese le scale.

Aveva una strana sensazione: spiacevole, quasi inquetante. Non era in grado di definire cosa ci fosse che non andava, ma per quanto fosse irrazionale non riusciva a calmarsi.
Era lo stesso senso di oppressione che provava nei giorni che precedevano la Luna Piena, quando sentiva la presenza bestiale e malefica del lupo risvegliarsi lentamente.
I suoi mostri di infanzia non erano mai stati sotto il letto. Remus, il mostro lo aveva nascosto nel cuore.

Non era per quello, tuttavia, che si sentiva irrequieto. La Luna Piena c'era stata solo un paio di giorni prima, l'angoscia per quel mese era passata.
Con le mani che quasi gli tremavano per l'agitazione si recò a bussare alla porta del padre, per controllare che stesse bene. Dopotutto quando l'aveva chiamato poco prima, lui non aveva risposto.

"Papà?" chiamò di nuovo, ma invano.

"Papà sei sveglio?"

Il letto della camera era intatto, segno evidente che nessuno vi aveva dormito. Le finestre erano chiuse, così come le tende. Nell'aria aleggiava un odore di chiuso e di polvere, come se la stanza fosse inutilizzata da mesi.
Remus sentì un campanello d'allarme risuonare nel suo cervello, mentre finalmente capiva che la sua inquietudine era tutt'altro che infondata.

"Papà?" provò ancora, mentre giungeva nel salottino. Stava per dirigersi verso la cucina quando sentì un gemito provenire da dietro il divano.

 John Lupin giaceva a terra nel suo stesso vomito. La barba incolta, spettinato e malconcio, con i vestiti sporchi ed in disordine, pareva un barbone che aveva passato la maggior parte della sua vita in strada, fra i riufiuti.

"Ti sei ubriacato di nuovo..." sussurrò stancamente Remus, mentre si chinava a terra per aiutarlo ad alzarsi.

"Forza papà, andiamo a farci una doccia, dai..."

Il giovane sussurrò un incantesimo con cui si aiutò a traspostarlo nel bagno. Lo infilò sotto la doccia e poi accese l'acqua.
Sotto lo scroscio d'acqua fredda John sembrò riprendersi, abbassò lo sguardo, colmo di vergogna, aprì la bocca per dire qualcosa ma gli mancarono le parole, così la richiuse, evitando lo sguardo ammonitore del figlio.

"Non dovresti ridurti cosi" disse Remus, con voce ferma, mentre iniziava a torgliergli i vestiti.

"Mi dis.. mi dispiace Remus..." biascicò John, senza riuscire ad articolare bene le parole "Mi dispiace. Mi dispiace!" ormai piangeva senza ritegno, aggrappandosi alle spalle del figlio, che impassibile continuava a spogliarlo.

"Non ti devi scusare con me, non è a me che stai facendo del male. Ora, guardami papà... ti ho detto guardami!"

Il signor Lupin alzò lentamente lo sguardo. Alla vista di quegli occhi arrossati e sofferenti, Remus si sentì stringere il cuore, ma il suo volto non tradì alcuna emozione.

"Finisci di farti la doccia. Cerca di riprenderti. Io vado a preparare un pò di caffè" disse, poi lo osservò ancora qualche secondo, cercando di capire se l'uomo era in grado di reggersi in piedi, ma lui lo allontanò, tornando finalmente padrone di sè tanto quanto bastava per non barcollare.

"Va bene figliolo... io... finisco di fare la doccia, si."

Remus fece un breve cenno con il capo, poi si voltò e uscì, chiudendosi la porta alle spalle, per dirigersi in cucina.
Respirò profondamente cercando di calmarsi: doveva stare calmo.
Doveva controllare la situazione.
Avrebbe dovuto, ma era difficile. Tremedamente difficile e lui era solo un ragazzo di 17 anni.
Era giusto che una persona come Remus dovesse portarsi dietro un simile fardello? Era giusto che la sua gioventù, la sua vita, fossero rovinate da un mago senza scrupoli e da un padre che non riusciva a vincere il senso di colpa?

No, non lo era. Non lo era affatto.

Si sedette su di una seggiolina di legno, prendendosi la testa fra le mani. Il tremore era aumentato visibilmente, il respiro affannato e spezzato, il cuore che gli batteva nel petto pareva sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
Doveva calmarsi.
Doveva controllare la situazione.
Era forte, Lupin. La vita l'aveva temprato più di quanto fosse necessario.

"Preparo il caffè" sussurrò, parlando a sè stesso. "Mi calmo e preparo un maledettissimo caffè"

Ma quando entrò nella credenza e non ne trovò neppure una goccia, perse momentaneamente il lume della ragione.
Gridò, frustrato e arrabbiato, mentre prendeva a calci il muro, come impazzito.
Gridava contro il mondo. Così crudele e senza pietà.
Gridava contro suo padre. Che non trovava la forza di andare avanti.
Ma soprattutto gridava contro sè stesso e contro quel mostro che albergava nel suo cuore. Un mostro che lo faceva sentire indesiderato e pericoloso.
Ci volle qualche minuto prima che tornasse in sè.

Remus Lupin era un Lupo Mannaro da quando aveva cinque anni. Ricordava appena sua madre, Ariel, morta 12 anni prima nel tentativo di salvargli la vita.
John non era di certo l'unico a sentirsi corrodere dal senso di colpa.

"Papà!" urlò al padre che ancora stava sotto la doccia "Papà!! Esco a comprare il caffè!"

Non aspettò la risposta e uscì, diretto ad un'alimentari poco lontana.

"Ciao Betty" disse Remus entrando nell'alimentari, facendo tintinnare la porta mentre entrava. Betty era la proprietaria dell'alimentari e lo conosceva da quando era ancora in fasce.

"Remus! Sono cosi contenta di vederti! Non sapevo che tu fossi già tornato da scuola. Tuo padre come sta?"

"Bene" rispose il ragazzo sbrigativo "abbiamo solo bisogno di un pò di caffè per fare colazione. Non ne abbiamo neppure una gocciolina"

La donna lo osservò con un sorriso malinconico, lo sguardo acceso di una comprensione che Remus avrebbe preferito evitare, mentre prendeva una busta di caffè in polvere e lo porgeva al giovane.

"Hai bisogno di altro?" chiese Betty con dolcezza.

Lupin scosse la testa, mentre porgeva alla donna un paio di monete, poi si voltò per andarsene più in fretta che poteva. Voleva evitare domande scomode e discussioni che non era pronto ad affrontare, ma soprattutto voleva tornare da suo padre per controllare che si fosse ripreso.
Aveva già raggiunto la porta quando cambiò improvvisamente idea.

"Senti Betty..." iniziò guardandosi intorno per accertarsi che non ci fosse nessuno "Volevo chiederti una cosa."

Lei annuì e attese che lui continuasse.

"Mio padre, quando... beh quando io non ci sono... Sono a scuola insomma... Lui... Lui si ubriaca spesso?"

Betty fece un lungo sospiro prima di rispondere.

Tutti in paese sapevano che John Lupin non si era mai ripreso dal trauma della scomparsa della moglie, morta in circostanze misteriose per salvare il figlio di soli 5 anni, che era rimasto a sua volta gravemente ferito.
In realtà le circostanze erano misteriose solo agli abitanti del paesino, sia John che Remus erano ben consapevoli di cosa fosse accaduto quella notte.
Fernir Grayback adorava i piccoli villaggi come quello dove vivevano i Lupin, dove la gente era più impressionabile, più facile da manipolare. Lui arrivava, convinceva tutti che qualche oscura maledizione si era abbattuta sul villaggio, scatenando il panico.
Il panico, lo adorava. Rendeva il sangue così dolce e succoso, oltre che la caccia tremendamente divertente.
Quante risate si faceva a vedere gli stupidi tentativi dei Babbani di tenere lontano il pericolo: sciocchi rituali, parodie di incantesimi, poco credibili pietruzze che stringevano al petto come se fossero amuleti. Tutte sciocchezze.
Quella volta però le cose non erano andate come sperava. Non solo non era riuscito a scatenare il consueto panico nel paesino, ma anzi era stato catturato e rinchiuso per tutta la notte in cui c'era stata la Luna Piena, in catene, senza riuscire ad ottenere il sangue che bramava.
Era stato uno stupido. Tutto si sarebbe aspettato tranne che trovare un mago in un luogo dimenticato da Dio come quello, ed era stato proprio quel Mago, John Lupin a rinchiuderlo.
Ma avrebbe pagato caro il suo affronto.
Gli aveva detto di andarsene, di non farsi più vedere e Grayback gli fece credere di aver ottenuto ciò che voleva.
Aspettò un anno prima di tornare al villaggio. Attese la Luna di Piena appostato dietro la casa di Lupin, deciso a ridurre a brandelli quel bel figlioletto a cui John teneva tanto. Già sentiva il sapore di quella giovane carne giù per la gola, già sentiva risuonare nelle orecchie le sue urle straziate di fanciullo.
Ma ancora una volta il piano non andò come aveva sperato.
Attirò il piccolo fuori e si avventò su di lui pronto a sbranarlo, ma Ariel si mise in mezzo.
Come poteva una giovane donna, anche piuttosto mingherlina, avere la meglio su un Lupo Mannaro, senza avere nemmeno la facoltà di utilizzare la Magia?
Ariel non era una Strega è vero, ma era una madre.
Una madre disperata.
Lottò con tutta sè stessa per quella giovane creatura che aveva messo al mondo. Lottò con la forza della disperazione, con la forza dell'amore sconfinato che provava per Remus.
Lo strappò dalle sue fauci, riuscendo a salvarlo, ma morì nel tentativo. Quando John arrivò per lei era troppo tardi e il bimbo era stato morso e cosi condannato a portare un fardello che gli sarebbe pesato per tutta la vita.

"Ragazzo, devi stare tranquillo." rispose Betty a Remus dopo qualche secondo "Tuo padre a volte si ubriaca, è vero, però... beh... non cosi spesso, quando tu non ci sei."

Il ragazzo rimase in silenzio, soppesando le parole.

"Quindi.. quando io sono a casa... si ubriaca... si ubriaca..."

"Più frequentemente, si." concluse per lui la donna.

"Ah" fu la risposta del giovane Lupin, mentre un barlume di comprensione gli attraversava la mente.

"Questo non significa che si ubriachi per colpa tua, Remus. Probabilmente quando tu non ci sei sa che beh... non... non lo so! Lui... Lui sa di essere da solo e che nessuno può aiutarlo se sta veramente male." disse frettolosamente Betty, comprendendo che le proprie parole avevano ferito Remus più di quanta fosse sua intenzione.

Lei voleva solo tranquillizzarlo, fargli capire che non sarebbe accaduto niente di male a suo padre quando lui era lontano.

"Non ti preoccupare Betty. Grazie per la risposta" il ragazzo sorrise, salutandola con un cenno della mano, poi uscì.

Remus ormai sapeva cosa fare. Il padre non sarebbe mai potuto andare avanti finchè fosse stato costretto a sentire le sue trasformazioni durante la luna piena chiuso giù in cantina, non sarebbe mai potuto andare avanti finchè lui fosse rimasto lì a ricordargli continuamente con la sua presenza quella che John riteneva essere una sua colpa imperdonabile.
Quando rientrò in casa il Signor Lupin era in cucina, si era ripulito e si era ripreso dalla sbornia, ma aveva sempre quell'aria sconfitta di chi ha perso tutto. Eppure l'uomo non aveva perso tutto, suo figlio era ancora lì. Peccato che fosse troppo preso dal senso di colpa per accorgersene.
Remus porse al padre il caffè appena comprato, senza una parola e lui, altrettanto silenzioso, iniziò a prepararlo.

"Esci oggi, papà?" si decise infine a chiedere il ragazzo.

"Si devo andare ad aiutare Dave a riparare il tetto del granaio. Sarà una questione di qualche ora non di più." rispose lui, senza guardarlo. Dopo un attimo di pausa continuò "Senti Remus, io..."

"Ti ho già detto che non devi scusarti di niente, davvero" lo interruppe il figlio e lui annuì.

Finirono di fare colazione in silenzio, poi John si alzò e prese gli attrezzi da lavoro:

"Allora vado. Non ci metterò molto... Ciao, Rem."

"Ciao. Ah, papà!" lo richiamò il giovane quando lui era già giunto alla porta.

"Si?"

"Ti voglio bene"

"Ti voglio bene anche io, figliolo"

John uscì con un sorriso, contento di quell'uscita del figlio, ma comunque perplesso.
Ancora non sapeva che non l'avrebbe più trovato a casa al suo rientro.




Sirius Black si stava annoiando.
Erano passati solo cinque giorni dalla partenza di James con la sua famiglia, e già il ragazzo si chiedeva come avrebbe potuto affrontare i restanti dieci.
Non che stesse con le mani in mano a lamentarsi, anzi.
Sirius era una persona molto attiva. Questo lo sapevano tutti.
E da Diagon Alley passavano un sacco di ragazze molto interessanti, fra turiste e compagne di scuola, che lui era ben felice di invitare a uscire e poi a fare un salto nella sua stanza al Paiolo Magico per mostrare loro la sua collezione di libri antichi.
Inutile dire che con la sua poco credibile scusa, il ragazzo avesse già beccato quattro schiaffi, insulti vari e solo un paio di successi.
Aveva fatto una scommessa con sè stesso: sarebbe stato un grande conquistatore anche da noioso bibliofilo!
Il problema era che senza James la scommessa non era altrettanto divertente e non aveva neppure Peter a sostenerlo e Remus a dargli dell'idiota, quindi il divertimento era praticamente pari a zero.

"Tieni Sir" disse Fortebraccio portando a Sirius il gelato alla nocciola che aveva ordinato "Niente
ragazze oggi?"

"Naaah" sospirò il bel Black stiracchiandosi, guardò distrattamente per strada dove due ragazze bionde, dall'aspetto sicuramente straniere, lo stavano guardando con vivo interesse, ma lui non ci fece troppo caso.

"Sai Florian" disse afferrando il cucchiaino e sventolandolo qua e là per enfatizzare il concetto

"Credo che ormai le ragazze non mi facciano più questo grande effetto."

Fortebraccio trattenne a stento un sorriso. A Sirius Black le ragazze non facevano più effetto. Se l'avesse detto a qualcuno l'avrebbero internato per gravi disturbi mentali.

"Si, ok. Magari mi piacere provarci per uscirci una sera... Mi piace invitarle nella mia stanza..."
"... a vedere i libri antichi." concluse per lui Florian, sempre più divertito.

"Si, ecco. I libri antichi. Ma a parte queste cose, basta. Non c'e altro.... cioè non ho mai provato quella sensazione... quel non so che.... capisci?"

"Certo che capisco. Le classiche farfalle nello stomaco, giusto?"

"Si! Si, proprio quelle. Non l'ho mai capita questa storia delle farfalle nello stomaco, Flo, te lo giuro. Mi ci sono anche impegnato, ma oh... niente. E come se non bastasse, c'è il colpo di fulmine. Anche quello mi è oscuro. Voglio dire, essere colpiti da un fulmine non è mica una cosa positiva! Ti elettrizzi tutto, nella maggior parte dei casi muori...Che diavolo di paragone è? E poi come dovrebbe funzionare la cosa, scusa? Tu guardi all'orizzonte e c'è lei..."

Si interruppe, senza fiato.

Proprio mentre stava iniziando la sua filippica anti-amore-a-prima-vista, ecco che una ragazza che Sirius non aveva mai visto apparve in fondo alla strada.

Sentì il cuore fermarsi per un secondo, prima di prendere a battere più forte che mai, come se fosse stato attraversato da una scarica elettrica e improvvisamente comprese.

Comprese cosa intendeva James quando diceva che si sentiva euforico e allo stesso tempo in punto di morte, quando vedeva la Evans.
Comprese che quelle maledette farfalle nello stomaco, non aspettano altro che tu la veda, per iniziare a volare tutte insieme, disordinate e fastidiose, facendoti sentire terribilmente nervoso e a disagio.
Comprese che quando il fulmine ti colpisce, forse non muori, ma per una frazione di secondo pensi che potresti anche farlo per poter ricevere un sorriso da parte della ragazza che ti ha fatto perdere la testa in quel modo.

"Sirius?" lo richiamo Fortebraccio, preoccupato per il silenzio troppo prolungato del ragazzo.

"Eh?"

"Stai bene?"

"No."

"Come sarebbe a dire no?"

"Cioè... sì!"

"Ma sì cosa?"

"Che ne so, me l'hai chiesto tu!"

Florian sospirò, cercando di capire che diamine fosse successo al bel Black. Un attimo prima faceva uno dei suoi soliti discorsi contro gli innamorati, un attimo dopo sembrava un deficiente a cui hanno fatto un incantesimo di Memoria mal riuscito.

"Sirius, ascoltami. Mi stavi parlando di come funzionano secondo te i colpi di fulmine, poi ti sei..."

"Ah i colpi di fulmine!" esclamò Black interrompendolo.

Ormai era chiaro. Era impazzito.

"Come funzionano i colpi di fulmine.... io non lo so come funzionano!!!" proseguì poi quasi allarmato.

Fortebraccio si lasciò cadere su una sedia, disperato.

"Lo so... le tue erano supposizioni..."

"Ahhhh... sì... ehm... qualche supposizione ce l'ho"

"E quali sarebbero?"

"Dicevo io.. uhm..." Sirius sospirò profondamente, cercando di riprendersi. Maledetti sentimenti del cavolo, volevano fare sempre come desideravano senza chiedere il permesso. Perchè diavolo non era nato sociopatico? Sarebbe tanto voluto fuggire via anni luce da quel luogo così opprimente, ma ormai aveva iniziato un discorso a Florian e, se non voleva fare la figura di un deficiente ancora peggiore di quello che immaginava, doveva cercare di concluderlo.

"Dicevo tu guardi all'orizzionte e c'è lei..." ancora una volta si perse a guardarla, mentre lei osservava le vetrine dei negozi "lei che cammina verso di te. E' bellissima. O no, forse non lo è, ma non ha importanza, tu la vedi bellissima. Illuminata dalla luce del sole come se fosse stato il cielo a mandartela, mentre avanza, sembra che stia uscendo da una foschìa che piano piano si dirada, perchè ogni minuto, ogni secondo che passi a osservarla, lei diventa più nitida nella tua mente, più indelebile. E ti domandi com'è possibile. Com'è possibile che vederla camminare per strada possa farti quell'effetto? Com'è possibile che lo faccia proprio a te, che mai e poi mai avresti creduto nel colpo di fulmine, che prendi in giro gli innamorati perchè sono così sciocchi, così illusi. Eppure, nonostante tutte queste domande, nonostante tutti i princìpi che avevi fino a un attimo prima, ora che quel sogno cammina verso di te, capisci che non vuoi svegliarti."

Si interruppe, distogliendo lo sguardo, mentre Florian lo guardava stupito.

Forse il bel Black, ne sapeva più di quanto volesse far credere sull'argomento.

"Beh si... credo che sia una cosa del genere" disse continuando a fissarlo.

La ragazza nel frattempo era entrata nel negozio di animali. Sirius si alzò deciso e frettoloso.

Lui era Sirius Black il più grande Latin Lover che Hogwarts avesse conosciuto -o meglio questa era la sua criticabile opinione- , quindi non c'era nessuna ragazza al mondo che l'avrebbe intimorito.

Lasciò Florian lì come uno stoccafisso e si lanciò all'inseguimento.

"Salve. Volevo comprare un gatto" disse lei alla commessa, che la guardò sorridente.

"Che genere di gatto voleva?"

Lei si strinse nelle spalle, perplessa.

"Ehm... boh! Un gatto. Che generi di gatti esistono?"

La donna dietro al bancone sospirò, cercando di trattenere una risata.

"Se mi aspetta un secondo signorina le porto qui una cucciolata che ci hanno portato ieri. I gattini hanno solo quattro mesi."

"Oooh si. Grazie!"

Sirius entrò nel negozio cercando di fingere noncuranza, senza riuscirci troppo bene.

Innanzitutto quando arrivò ebbe qualche difficoltà ad aprire la porta: aveva perso momentaneamente la capacità di distinguere il significato di spingere e tirare. Quando finalmente capì che se avesse tirato ancora un pò quella povera porta, sarebbe riuscito ad aprirla solo perchè l'avrebbe scardinata, si decise a spingere.
Peccato però che lo fece con eccessiva veemenza, sbattendola violentemente al muro, facendo spaventare un uccello non bene identificato, chiuso in una gabbia, che iniziò a starnazzare fastidiosamente.
Dopo la sua entrata trionfale, degna del peggiore degli imbecilli, Sirius sperò di riuscire a tornare a comportarsi come al suo solito, ma invano.
Per quanto gli costasse un'enorme fatica ammetterlo, Black era nervoso come non era mai stato in vita sua.
Camminò su e giù per il locale fingendo di osservare i gufi, quando in realtà cercava di inquadrare meglio la ragazza.
Era molto carina. Alta, ma non troppo, piuttosto magra, con lunghi capelli castani che arrivavano fino alle spalle.
Alla fine il giovane si decise e si avvicinò.

"Ciao" disse sfoderando un dei più seducenti sorrisi che aveva in repertorio "Sei nuova di qui?"

Lei si voltò a guardarlo e gli sorrise cortesemente, ma non parve troppo impressionata da lui.

"Si, mi sono appena trasferita dal Canada." rispose, tornando poi a volgere lo sguardo al bancone.

Ok, si era voltata di nuovo. Fine della discussione.

Bel colpo, Black. Davvero.
Avete parlato per ben quattro secondi e tre quarti, praticamente puoi chiederle di sposarla.
Indeciso su cosa fare, Sirius osservò meglio lo zaino che lei aveva alle spalle, cercando qualche spunto di conversazione, ma non trovo niente di particolare. Dopo due minuti buoni che la fissava, quando la ragazza aveva iniziato a sentirsi piuttosto infastidita, Black finalmente notò qualcosa di interessante: c'era una piccola targetta attaccata da una parte, c'era scritto Stella e qualcos'altro, ma non riuscì a leggere il cognome.

"Stella giusto?" tentò di nuovo pergendole la mano "L'ho letto sullo zaino" disse poi quando lei gli rivolse uno sguardo interrogativo.

"Si, molto piacere. E tu sei?" rispose lei sorridendo.

Il ragazzo sentì il cuore esultare. Finalmente aveva attirato la sua attenzione.

"Sirius Black per servirla, Madame"

La sua galanteria non suscitò tuttavia l'effetto sperato, anzi. Lei infatti ritirò rapida la mano e incrociò le braccia al petto, apparentemente offesa.

Il cuore sprofondò di nuovo. Aveva attirato la sua attenzione un corno.

"Ehm... Che ho fatto?" chiese perplesso Sirius.

"Oh per piacere! Come se tu non lo sapessi!" rispose Stella e si voltò nuovamente, scocciata.

Mamma mia! Con una pazza isterica doveva averlo quel maledetto colpo di fulmine! Si era offesa solo perchè lui si era presentato.

"No, mi dispiace ma non lo so."

"Dai le tue tattiche di addescamento sinceramente mi offendono un pò!"

E perchè mai? Per una volta che era gentile! Di solito se ne usciva con cavolate copiate dai baci perugina, oppure con frasi da grand'uomo d'altri tempi,tipo vieni con me se vuoi vivere... fanciulla ciò di cui hai bisogno, è un vero uomo... e cazzate del genere.

"Ah.. ehm... perchè?"

"Oh per piacere! Come se tu non lo sapessi!" ripetè lei ancora una volta, risentita.

Sirius stava cominciando a perdere la pazienza.

Non aveva fatto niente di male se non alzarsi dal letto quella mattina! Perchè non era rimasto a dormire?? Perchè???

"Senti non so cosa ho fatto di male, quindi se per favore vuoi dirmelo mi fai anche un piacere, altrimenti me ne vado! Non pensavo di disturbare tanto!"

La ragazza di voltò a guardarlo, stizzita.

"Oh andiamo... Leggi il mio nome, io mi chiamo Stella e tu, guarda un pò, ti chiami con il nome di una stella, Sirius. Ma per favore, dai! Nessuno chiamerebbe mai suo figlio in quel modo!"

Pensava che avesse mentito sul suo nome.

Nemmeno a quello credeva?

Sirius, caro, mi sa che come inizio non è dei migliori.

"Beh mia madre si. Ammetto che non mi abbia mai voluto troppo bene, ma comunque è una tradizione di famiglia, tutti ci chiamiamo con nomi di stelle o costellazioni."

"Se ti aspetti che ci creda sei fuori strada."

In effetti, non stava mentendo: Bellatrix, Regulus, Andromeda, Sirius... che i nomi dei suoi parenti fossero in linea con la tradizione, ra una vera fissazione per suo padre.

"Ok Stella, te lo spiego per l'ultima volta, non perchè stia tentando in qualche modo di addescarti come credi tu, ma solo perchè è incredibile che tu non voglia credere a come mi chiamo. Io mi chiamo Sirius. Tutti i famiglia abbiamo nomi di stelle o costellazioni. Forse non è il massimo dell'intelligenza ma è cosi, sono stato chiaro?"

Lei gli rivolse uno sguardo scettico.

"E sentiamo. Tuo padre per esempio come si chiama? Alfa centauri?"

Bel nome, davvero. Avrebbe chiamato così suo figlio, cosi avrebbe fatto almeno una cosa in linea con la sua famiglia. Alfa Centauri Black. Quando sarebbe arrivato a scuola l'avrebbe preso in giro perfino Gazza, ma era uno scotto che il bambino avrebbe pagato volentieri per portare un nome del genere.

"No. Orion"

Lei sbuffò di nuovo e borbottò ancora una volta un "Oh ma per favore"

Sirius stava per ribattere qualcosa di decisamente acido e scortese, quando per sua fortuna la commessa rientrò dal retro con uno scatolone contenente 5 gattini minuscoli, che miagolavano tirandosi sulle zampine sui bordi della scatola. Erano adorabili.
In particolare ce n'era uno, più vivace degli altri, che saltellava allegramente qua e là, che piaceva particolarmente alla ragazza. Era piccolo, rosso come il fuoco, con gli occhioni verdi e brillanti.
Appena i gattini videro Sirius si misero a soffiare spaventati, rizzando il pelo sul dorso.

"Sirius" disse la commessa "te l'ho detto un milione di volte. Mi fa piacere che tu mi venga a trovare però sai che effetto fai ai gatti..."

"Come l'ha chiamato?" domandò Stella con un filo di voce, sentendosi avvampare.

La donna la guardò perplessa.

"Sirius. Perchè? Non ti chiami più cosi?" scherzò lei, rivolgendosi al ragazzo.

"A quanto pare no" rispose lui guardando vittorioso Stella che nel frattempo aveva assunto l'aria di una che vorrebbe tanto avere una pala per sotterrarsi.
Che poi ripensandoci vittorioso, ma perchè? Finalmente lei credeva al suo nome, sai che conquista.

Un silenzio imbarazzato cadde nel locale, interrotto dal provvidenziale fracasso provocato dal gufo reale sul retro.

"Scusate, mi assento un secondo" disse la donna, ben felice di allontanarsi da quella strana situazione.

Rimasero senza parlare ancora qualche minuto, poi la ragazza cedette.

"Ok mi dispiace! Ho pensato che tu fossi il classico ragazzo che... beh vede la straniera... e pensa... non so di ingannarla... E ho pensato: se questo già mente sul nome, pensa per il resto." la voce si ridusse a un sussurro mentre lui continuava a guardarla in cagnesco "Scusa"

Maledizione a quegli occhi ambrati! Se fosse stata un'altra ragazza, l'avrebbe già mandata a quel paese da almeno tre ore. Ma come poteva andarsene ora che lei lo guardava così, con le gote arrossate per la vergogna, e quegli occhi... quegli occhi gli facevano perdere la testa...

Black sostenne ancora l'aria imbronciata per qualche secondo, poi scoppiò a ridere per l'assurda situazione.

"Tranquilla non preoccuparti, non è cosi grave." disse sorridendole. Esitò un secondo, poi si fece coraggio "Senti per farti perdonare magari stasera, potremmo vederci. Ti porto anche i documenti, te lo prometto..." disse Sirius tornato in modalità latin lover, posando il gomito sul bancone, proprio di fianco allo scatolone dei gattini.

Come gli aveva detto prima la commessa, Black sapeva bene di fare un bruttissimo effetto ai gatti. Forse percepivano l'anima canina che c'era in lui, forse fra Sirius e quegli animali c'era un odio reciproco che niente sarebbe riuscito a soffocare, o forse quel giorno il ragazzo era semplicemente destinato a fare una figura di merda, fatto sta il gattino rosso che tanto piaceva a Stella balzò fuori dalla scatola e si attaccò con gli artigli al braccio del povero Black.

"Toglilo!! Togliloooo!!" cominciò a sbraitare lui scuotendo il braccio nel tentativo di scrollarselo via.

La commessa nel frattempo era rientrata e tentava inutilmente di aiutare il giovane.

"Fermo Sirius!! Aspetta! Fermo! Fermo! Fermo!"

"Come diavolo faccio a stare fermooo! Questa bestiacca mi sta scannando il braccio!!"

"Fai piano Sirius. Non gli fare male!" esclamò Stella, mentre anche lei cercava di aiutarlo.

"Ma chi se ne frega di fare male al gattooo!!"

Alla fine, spazientito, afferrò l'animale per la collottola con una mano e lo scaraventò senza troppi complimenti contro il muro.

"Oh poverino ti sei fatto male!"

Stella sembrava sinceramente preoccupata. Forse in quella situazione del cavolo, poteva esserci almeno un lato positivo. Sirius mise su un'aria più addolorata del necessario, come un soldato in fin di vita che sta per fare l'ultima solenne dichiarazione della sua vita.
Ma era chiaro che aveva frainteso.
La ragazza, infatti, lo sorpassò senza nemmeno degnarlo di una sguardo e accorse a soccorrere il gattino che era stato appena lanciato.

"Il gatto." disse lui seccamente "Ti preoccupi se si è fatto male il gatto"

Lei nemmeno gli rispose e continuò ad accarezzare il gattino, premurosa.

"Oooh è una femminuccia." esclamò Stella entusiasta. "Una piccola principessina guerriera..."

"Una grande stronza, altro che principessina..." borbottò Black.

Non era possibile! Prima quella dannata porta che non si voleva aprire. Poi lei credeva che mentisse sul suo nome. E ora arrivava quella stramaledettissima gattina a sconvolgergli tutti i piani che stavano già andando abbastanza male senza il suo intervento!!

"Non offenderla, sai! Poverina, lei è una guerriera, si! Sì, una piccola guerriera" continuò lei rivolta alla gattina come se stesse parlando con un bimbo di pochi mesi, mentre quella cominciava a fare le fusa "Oooh ma non è adorabile?" chiese a Sirius.

"Stronza. Non mi vengono altri aggettivi quando guardo quella bestiaccia. Stronza."

"Com'è cattivo lui, non è vero tesoro?" continuò Stella ignorando i commenti del ragazzo
"Prendo questo!" disse poi rivolta alla commessa.

"Cosa??? Predi Psycostronza?" esclamò il giovane sempre più incredulo. "Ma... ma..."

" Non si chiama Psycostronza. La chiamerò... Anya. La mia piccola Anya."

Senza posare la gattina Stella pagò la commessa e uscì tutta contenta, lasciando Sirius a fissare nel vuoto. Quando sentì chiudersi la porta il ragazzo si ricosse e le corse incontro.

"Ehi! Ma allora per stasera?" le gridò dietro.

"Mi dispiace! Ho un impegno! Sarà per un'altra volta... Ciao!" gridò di rimando lei, allontanadosi.

Il giovane Black rimase immobile in mezzo alla strada, incerto se quello che gli era successo fosse soltanto un terribile incubo. Purtroppo però il dolore al braccio era fottutamente rale.
Tornò sui suoi passi diretto al Paiolo Magico, dove sperava che Tom l'avrebbe aiutato a medicarsi la ferita, mentre Florian Fortebraccio osservava la sua espressione allucinata da dietro il vetro del suo negozio, ridendo come non aveva mai fatto in vita sua.








Allora io ve lo giuro: avevo pubblicato già venerdì, ma non chiedetemi per quale assurdo motivo, quando sono andata a vedere se qualcuno mi aveva recensito il giorno dopo, il capitolo era sparito nel nulla O_O
Sono sempre sconvolta. O_O
Comunque se qualcuno per caso aveva recensito, mi dispiace veramente TANTISSIMO, ma la recensione è andata perduta nel cyberspazio (so per certo che il capitolo all'inizio c'era perchè una mia amica mi ha detto di aver commentato).
ehm... comunque.... torniamo a noi... ehm. Uffaaaaaa avevo fatto un discorsetto introduttivo bellissimo, dove vi ringraziavo per le recensioni, mi scusavo per non essermi presentata prima, ma avevo dimenticato di farlo... e ora... tutto scoparso ç__ç
Va beh facciamoci forza fanciulle e fanciulli!! La tecnologia non avrà a meglio su di me, ve lo garantiscoooo (N.d.Tutti: e chissenefrega!)
Uffi ç_ç.... va beh parliamo del capitolo.
So che in questo capitolo non sono presenti i nostri amati amori (James e Lily), ma pensavo fosse giusto iniziare a presentare gli altri coprotagonisti della storia.
Spero sinceramente che vi piaccia xD
Ahhhhhhh dimenticavo. L'intenzione sarebbe di pubblicare ogni venerdì sera, se efp non mi si ribella ancora, quindi in teoria, ci "vediamo" la prossima settimana xD. Spero che siate in molti!
E ultima ma non meno importante speranza xD xD, spero che vi siano arrivate le risposte alle recensioni. Se così non fosse segnalatemelo che vi rispondo di nuovo e vedo di dichiarare guerra al pc xD xD xD

A presto!!!
  
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