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Autore: Hikari93    25/07/2011    3 recensioni
[Dedicata a SoraRoxas, per il suo diciottesimo compleanno]
E' stato da poco il compleanno del piccolo Sasuke, senza dubbio uno dei compleanni più tristi della sua vita, perchè il suo nii-san è stato poco presente. Inutile dire, che il piccolo prova ancora dei risentimenti. Cosa farà Itachi per farsi perdonare?
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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[4202  parole, tutte, ma proprio tutte dedicate a SoraRoxas, che oggi compie diciotto anni.
 
Sai, tesorA, questa è la prima fic che mi ha tenuta al pc per due giorni, bloccando tutte le altre mie storie,

è banale,lunga e tremendamente noiosa, ma spero ti piaccia!
 
Ti voglio un mondo di bene!
 
AUGURONI!]

      

 
 
 
 
 

Perché si sa, sono i pirati che nascondono i tesori




 
 
 
 
 
 

-Dimmi Shisui, mi aiuteresti?-
Il ragazzo arricciò il naso e aggrottò le sopracciglia, fissando Itachi con curiosità.
-A fare cosa?-
-Un gioco.-
-Ehi Itachi, non pensavo che anche tu fossi capace di divertirti ogni tanto!- rise allegramente Shisui, scompigliando i capelli del cugino -Pensi sempre allo studio, come se nella tua vita non ci fosse spazio per altro. Italiano, matematica, storia, geog…-
-E’ per Sasuke.-
-Ah. Questo spiega parecchie cose. Quel nanetto è l’unico capace di distrarti un po’. E sia. Hai il mio sostegno.-
 
 
 
 
 

Sasuke si annoiava. Era seduto compostamente su una sedia più alta di lui, con la sola compagnia di un televisore. Che poi avessero almeno trasmesso qualcosa di buono! L’unico suo svago era il far dondolare le gambe sotto al tavolo, tanto per movimentare quella giornata che non sarebbe potuta iniziare in un modo peggiore. Anzi, per essere più precisi, erano giorni che le cose non andavano per il verso giusto, ore su ore che il piccolo Uchiha non faceva altro che essere solo, perché sembrava che tutti, in quella dannata casa, avessero di meglio da fare, piuttosto che trascorrere qualche minuto con lui. Quello che più di tutti lo aveva deluso era stato suo fratello Itachi, la persona che riteneva più importante di tutto – anche delle macchine telecomandate di ultima generazione –, un punto fisso da non perdere mai di vista, come un faro in mezzo al mare. Non si sarebbe mai aspettato un comportamento del genere da uno come lui: da tutti, ma non da Itachi.
Era il 25 Luglio e il caldo si faceva sentire, si attaccava alla pelle e impasticciava i capelli. Solo due giorni prima era stato il suo compleanno e il suo fratellone adorato non gli aveva fatto nemmeno un regalo.
 
“Mi sarebbero andati bene anche i gormiti, pure se non mi piacciono! Anche se mi avesse portato al parco giochi non mi sarei lamentato, anzi, avrei preferito passare la giornata in sua compagnia piuttosto che ricevere un giocattolo che, probabilmente, avrei rotto in meno di dieci giorni. Ma niente. Si è limitato a farmi gli auguri e a cantarmi la canzoncina al momento della torta, come hanno fatto tutti. E’ per questo che deciso che non gli parlerò più!”, pensò imbronciato, allungandosi sul tavolo e stringendo gli occhi in due fessure quando lesse il nome del cartoon successivo che quel programma per bambini gli avrebbe propinato.
 
Agguantò il telecomando e pigiò il tasto rosso, quello per spegnere il suo compagno di noia di quei giorni troppo caldi per trascorrerli a giocare a pallone con Naruto. Si diresse fuori, combattuto tra la voglia di non vedere nessuno e il desiderio che il suo nii-san fosse fuori ad aspettarlo a braccia aperte, per scusarsi magari. In quel caso, forse, avrebbe anche potuto perdonarlo.
 
“Me ne starei sulle mie per un po’, per poi proporgli un accordo. Gli chiederei di poter dormire con lui in cambio del mio perdono.”, sorrise all’idea, quindi saltellò felice verso la porta già aperta, per permettere a quel po’ di vento che soffiava di entrare anche tra le quattro mura di casa Uchiha.
 
Si affacciò con timore oltre l’uscio, sperando di avvistare la figura di Itachi stesa a terra con un filo d’erba in bocca, come lo aveva scorto la volta precedente. Le labbra gli si incurvarono all’ingiù quando nel suo campo visivo entrarono soltanto gli alberi e qualche fiore coltivato dalla mamma. Il bambino fu speranzoso e continuò ad osservarsi intorno, ma del ricercato non c’era nemmeno l’ombra. Stava per rientrare, ma una voce lo fece fermare all’improvviso, un piede sospeso a mezz’aria.
-Sasuke! Che ci fai qui fuori? C’è un caldo infernale!-
-Ciao Shisui.- salutò con poco garbo, mettendo in mostra un muso lungo. Riteneva suo cugino colpevole tanto quanto suo fratello, forse ancora di più. Infatti, Itachi era stato poco presente al suo compleanno perché doveva dare assolutamente delle ripetizioni a Shisui. Ma era proprio necessario? E, soprattutto, proprio in quel giorno? Sasuke non se lo spiegava, anche perché era estate e l’apertura delle scuola era ancora lontana.
 
“Credimi Sasuke, è un caso disperato, non possiamo rimandare!”
 
Le parole di Itachi gli ritornarono in mente, con tanto di tono supplichevole che il più grande aveva usato, come se avesse parlato con uno stupido che non sarebbe stato in grado di capire. Solo il ricordo lo fece inacidire dieci volte di più, e la voglia di mandare via Shisui con scortesia si faceva sentire sempre con più forza. Ma resistette, ripensando alle solite raccomandazioni della mamma, che gli ricordavano di dover fare il bravo “con chi è più grande”.
-Ti serve qualcosa Shisui?- domandò, stringendo pugni e tentando ci controllare il tono di voce.
-In realtà cercavo Itachi… l’hai visto?-
-No.- rispose secco il bambino.
-Sai dove posso trovarlo?-
-Lo sto cercando anch’io, ma pensavo fosse qui fuori.- il piccolo alzò gli occhi scuri verso il cugino che, nel frattempo, aveva portato una mano al mento e, chiusi gli occhi, sembrava assorto in chissà quale riflessione. Sasuke smise quasi di respirare, timoroso di poter disturbare la rara attività pensatrice di Shisui. A un tratto, questi sbatté il pugno chiuso sul palmo dell’altra mano e un sorriso largo partì da un orecchio, fino a raggiungere l’altra estremità del viso.
-Facciamo così: io vado a cercarlo nei dintorni, mentre tu guarderai in casa. Chissà, magari in camera sua… hai già provato lì?-
Il ragazzino scosse la testa, mentre le dita cominciarono a torturarsi quasi da sole. Quando faceva così c’era qualcosa che aveva vergogna di dire, qualcosa che riguardava strettamente lui e il suo nii-san. Gonfiò le guance, imbronciato ancora di più, poi sputò tutto fuori.
-Anche se lo trovi tu, portalo qui. E’ il mio nii-san e deve stare anche un po’ con me.-
Dopodichè corse via, leggermente rosso in viso.
Shisui ridacchiò.
“E una è fatta. Ora posso tornare da Itachi.”
 
-Itachi ci sei?-
Sasuke abbassò con lentezza esasperante la maniglia, come precauzione in caso che suo fratello dormisse. Quasi, quasi avrebbe voluto zittire anche il cigolio della porta. Si sporse in avanti, quasi timoroso di essere lì e, indubbiamente, si sentì triste quando vide soltanto le coperte blu con il simbolo di un ventaglio, senza la persona che, invece, avrebbe desiderato trovarci. Le iridi saettarono da una parte all’altra dell’intera stanza, scrutando tutti i punti, ma il risultato fu lo stesso. Sconfitto e abbattuto, vide solo all’ultimo momento qualcosa di bianco – vagamente somigliante a una lettera – spiccare sulla scrivania del fratello.
Sasuke era sempre stato sempre un tipo curioso e quella busta lì sopra era davvero invitante. Titubante solo all’inizio, acciuffò alla velocità della luce quel foglio e lo aprì. C’erano delle lettere sopra. Lui aveva sette anni e a Settembre avrebbe frequentato la seconda elementare, però sapeva leggere cose non troppo difficili. Soltanto alcune parole non gli riuscivano: quando avrebbe trovato Itachi, gli avrebbe chiesto di fare qualche lezione anche a lui, così non avrebbe pensato solo a Shisui e avrebbero potuto stare insieme.
Studiò le lettere e lesse a voce alta.
 
“Primo indizio: Topolino”
 
-Eh? Ma che cosa significa?- continuò a fissare le parole nere – che spiccavano sul foglio bianco – con intensità, sperando che, a furia di chiedere loro un aiuto silenzioso, queste avrebbero cambiato postazione, lasciando un altro messaggio, magari più chiaro. Si morse il labbro inferiore e si passò una mano tra i capelli, mentre quelle parole gli rimbombavano nella testa, come se volessero infrangere una barriera che non permetteva a Sasuke di capirne il significato.
Di lasciar stare non se ne parlava proprio. Chissà, magari aveva trovato una specie di mappa del tesoro, sarebbe diventato ricco e avrebbe comprato tutti i giocattoli che voleva – anche il robot che pubblicizzavano in televisione. Senza accorgersene, iniziò a camminare, diretto verso una direzione imprecisa. Rivedeva quel “topolino”, ma non capiva cosa dovesse realmente cercare.
Si riscosse quando sbatté contro suo padre.
-Stai attento.- gli disse questi, fermo.
-Papà, sai per caso dove posso trovare un topolino in casa?- chiese il bambino, senza neanche domandare scusa per la goffaggine di un attimo prima. Il capofamiglia inarcò un sopracciglio, infastidito dalla mancanza del suo secondogenito. Tuttavia, si rilassò quasi subito.
-Qui di certo non lo troverai mai, ma di solito in cantina…-
-Grazie!- scattò via alla velocità della luce, diretto nel luogo nominato dal padre. Scese le scali con foga, rischiando anche di cadere. Arrivato, accese la luce e si mise a cercare in giro.
Non seppe quanto tempo passò. Fatto stava che tra damigiane di vino e pezzi enormi di formaggio, un topolino non c’era. Si sedette a terra, sconsolato.
-Ma allora che devo cercare?- si domandò, stringendo più forte tra le dita il foglio con l’indizio, non strappandolo solo per poco.
-Sasuke Sali, su!- ordinò Fugaku, probabilmente preoccupato che la piccola peste di casa potesse mettere a sottoquadro tutto, rendendo vane le fatiche che lui stesso aveva dovuto sopportare per mettere ogni cosa nel giusto ordine.
-Uffa.- Sasuke sbuffò, risalendo. Gli occhi gli si appannarono, la vista fu offuscata da quel velo di lacrime che lo ricopriva. Sasuke Uchiha non era abituato a perdere e a non capire. Tirò su col naso un paio di volte, prima che un suono dalla cucina lo destasse. Quella che udiva era una voce curiosa, un tantino acuta, che emetteva strane risate.
 
“Ciao a tutti, sono Topolino!”, disse.
 
Solo così al ragazzino gli si illuminarono gli occhi dalla gioia. Zampettò verso la televisione e tastò il mobile su cui era poggiato, dato che non era sufficientemente alto. Si alzò sulle punte per arrivare anche più in fondo… e lo sentì sotto le dita.
-Evvai!- urlò.
Ripiegò il primo foglietto che aveva trovato e aprì il secondo, deciso che stavolta avrebbe subito ottenuto quanto doveva, senza perdersi in ulteriori contrattempi.
 
“Secondo indizio: Telefono”
 
Sasuke ci rimuginò sopra.
Oltre che curioso era anche sveglio, per cui aveva intuito il gioco di colui che aveva lasciato gli indizi. Sicuramente non si trattava del telefono fisso, ma, per evitare perdite di tempo ed errori banali, quando passò accanto a tale oggetto, diede una controllatina veloce.
 
“Ovviamente non ho trovato nulla. L’avevo detto io!”, ghignò e si batté una mano sul petto, orgoglioso della sua geniale intuizione. Poi, corse nuovamente per le scali e salì al primo piano, verso la sua cameretta.
Si ripeteva che il suo telefono a giocattolo dovesse stare lì, perché ricordava bene che, soltanto pochi giorni prima, la mamma aveva detto di volerlo buttare via. Puntò allo scatolone dei giochi e, senza troppe preoccupazioni, lo rovesciò sul pavimento, facendone fuoriuscire numerosi gingilli, i quali provocarono un rumore assordante che fece scattare la voce della madre.
Lo rimproverò, ma a lui non importò granché.
Quello che davvero lo infastidiva era di non riuscire a trovare quel coso.
-Eppure l’ultima volta l’ho visto qui! Ma perché quando una cosa non ti serve la vedi sempre davanti agli occhi, mentre quando ti serve non c’è mai? Non è giusto!- piagnucolò, le braccia incrociate strette al petto. Mosse un piede dal nervosismo, sempre più velocemente. Sbuffò per l’ennesima volta, spostando giocattoli a destra e a sinistra, lanciandoli da una parte all’altra della camera, ma del telefono nemmeno l’ombra.
-Mamma! Sai per caso dov’è finito il telefono a giocattolo?- di solito non chiedeva aiuto, anzi, già farlo prima era stato troppo, ma come si doveva fare quando la situazione diventava grave? L’attesa di una risposta sembrò un tempo eterno.
-Mmm… non saprei, non doveva stare in camera?-
-Doveva, ma non c’è!- sbuffò, mettendo sempre più disordine.
Avvertì i passi della madre farsi sempre più vicini e per un solo istante ebbe paura. Perché nella cameretta c’era davvero una confusione pazzesca… e se la mamma si fosse arrabbiata tanto?
-Tesoro, cos’è questo disordine?- fu dolce, molto più di quanto il bambino sperasse.
-Cercavo un giocattolo.- tentò lui, facendo per alzarsi e uscire fuori, sperando di poter sfuggire al “rimettere in ordine”.
Udì un colpo di tosse che non gli diceva nulla di buono, e che lo fece voltare con lentezza estenuante. Osservò il dito della madre indicare il pavimento e capì di non essere riuscito a svignarsela in tempo.
 
-Fatto.- disse infine, più a se stesso che ad altri, dato che era di nuovo solo. Si asciugò la fronte con la manica della maglietta – per quanto fosse un po’ complicato – e si lanciò a terra, disteso. La temperatura era alta e tutto quel movimento non aveva fatto altro che farlo stare peggio. Godette del contatto del suo corpo con le mattonelle gelide e chiuse gli occhi. Era stanco, ma non poteva demordere: lui era un Uchiha, apparteneva a una delle famiglie più imponenti del Giappone, una di quelle che non si arrendevano mai e che riuscivano sempre in tutto ciò che facevano. Sebbene il suo cervello fosse giunto a tale conclusione, il corpo era un po’ restio a fare lo stesso ragionamento, per cui gli ci volle un po’ prima che riuscisse a mettersi di nuovo in piedi.
Fu così che lo vide: poggiato sulla sua scrivania, in fondo, c’era proprio il giocattolo che aveva cercato. A vederlo non seppe come reagire: non sapeva se essere felice o triste, se essere soddisfatto di quanto aveva ottenuto oppure no. Fatto stava che si odiava: perché aveva messo a soqquadro tutto e – ciò che era veramente grave – aveva dovuto sistemare da solo, quando, invece, bastava fare più attenzione e guardare meglio. A ogni modo, ormai quel che era fatto era fatto, quindi agguantò il tanto agognato oggetto, aiutandosi con la sedia per raggiungerlo, perché qualcuno aveva pensato di metterlo proprio in fondo, proprio dove non ci arrivava.
Tra un sospiro e l’altro, aprì l’ennesimo foglietto, curioso di sapere cosa questo recitasse stavolta.
 
“Terzo indizio: Fiori”
 
Non ebbe dubbi. Scattò giù, correndo per le scali senza preoccuparsi di cadere. Gli sembrava quasi di volare, mentre l’emozione cresceva a ogni passo. Chissà cosa avrebbe trovato alla fine! Era su di giri, voleva sbrigarsi con quella messinscena.
 
“In cucina c’è il vaso con i fiori! Non può che essere lì!”, pensò, perché per parlare avrebbe dovuto sprecare delle energie, mentre queste erano preziose in quel momento.
 
Vide il vaso. Prese una sedia e, incurante dei rimproveri di Mikoto, vi salì sopra, cercando quel qualcosa di bianco che, ne era sicuro, doveva per forza trovarsi lì.
La delusione sul suo viso fu evidente quando non trovò nulla. Cominciava davvero a stufarsi di quella storia: il fatto che alla fine c’entrasse l’obiettivo non c’entrava nulla, perché ci metteva tanto tempo – troppo – per riuscirci. Abbassò il capo, crogiolandosi nella sua inettitudine da bambino.
La madre lo acchiappò da sotto le braccia, facendolo scendere giù con delicatezza. Era pronta a rimproverarlo, e non solo per la troppa esuberanza di quella giornata, quando vide i suoi occhietti neri tremendamente tristi. Ogni cattivo proposito si sciolse.
-Sasuke, cosa c’è?- chiese, accarezzandogli la testa e scompigliandogli i capelli.
Sasuke si allontanò da quel contatto tanto affettivo, che cominciava a non reggere più, e piagnucolò: -Qui c’è scritto “fiori”- mostrò la scritta -ma questi sono gli unici che abbiamo in casa! Ed io devo trovarli per forza!-
Mikoto gli sorrise con dolcezza.
-Perché non provi fuori, in giardino? Ce ne sono di stupendi!-
Il bambino parve rifletterci, ma bastò un istante che la sua espressione cambiò radicalmente, trasformandosi nel ritratto della felicità. Era stato uno stupido avventato, perché aveva optato per la soluzione più semplice.
Saltò giù dalla sedia con una velocità pazzesca, tanto che Mikoto trattenne a stento un urlo di paura. Spalancò la porta di ingresso e fu fuori. Si concesse alcuni respiri profondi prima di dirigersi verso quei bellissimi fiori: ce ne erano di tutti i colori e, per la prima volta, Sasuke pensò che fossero splendidi, che in un certo senso erano venuti su veramente bene. E forse il merito era soprattutto della sua mamma. Attento a non far del male a quelle bellezze della natura, spostò il terriccio lì intorno, insudiciandosi le mani. Continuò la sua opera finchè non vide spuntare quel qualcosa che tanto sperava di vedere: il quarto foglio.
Sorrise, pensando che in fondo si stava davvero divertendo.
 
*   *   *

 
-E bravo il mio otouto, pian piano li sta trovando tutti.- sorrise Itachi, soddisfatto del lavoro svolto fino ad allora dal sul fratellino. Poi si girò verso l’altro, inarcando un sopracciglio davanti a ciò che vide: Shisui osservava quello che si svolgeva in basso, aiutandosi con un binocolo preso in prestito da suo padre. Itachi trovò quel modo di fare alquanto stupido, ma preferì non esprimersi a parole, lasciando che a farlo fossero i suoi atteggiamenti.
-Già! Non vedo l’ora di sapere che faccia farà quando vedrà la nostra sorpresa.- ridacchiò il più grande -Secondo te, accetterà il fatto che l’abbiamo trascurato in questi giorni?- abbassò il binocolo, dedicando la sua attenzione all’inespressivo Itachi.
-Ci puoi scommettere. Sono sicurissimo che non se lo ricorderà nemmeno. Del resto, abbiamo avuto dei ritardi sul tempo di marcia, per così dire…- così dicendo, guardò in modo truce il suo interlocutore.
-Senti, non è colpa mia se è crollata! Io mi sono impegnato e lo sai! E’ stato solo un incidente di percorso, del resto…-
Ma Itachi non lo ascoltava più. Sapeva che, quando quel testone di Shisui cominciava, non era più possibile farlo stare zitto. Sospirò, perdendosi nei propri pensieri e si riscosse soltanto a un semplice “Ma mi stai ascoltando?”, che fungeva da rimprovero.
 
 
*   *   *
 
 
“Porta d’ingresso secondaria. Cinque volte dieci passi avanti”
 
Finalmente si rallegrò Sasuke, dopo aver trovato circa altri sette o otto indizi, tutti più o meno simili e allo stesso modo insidiosi. La cosa cominciava a subire una svolta. Pian piano era diventato sempre più intuitivo, come quando aveva risolto un indizio difficilissimo – l’ultimo prima della svolta – , che recitava “Piccolo Merlo Nuovo”. Ci aveva pensato un po’ su, ma, alla fine, aveva concluso che si trattasse del merletto del ricamo nuovo, quello che la mamma aveva messo su un mobile della cucina. E – ciò che più lo rendeva entusiasta di se stesso – ci aveva visto giusto.
Ora si trovava davanti alla porta d’ingresso, come voleva il misterioso indizio. Avanzò lentamente, fino a compiere la prima sessione di passi che doveva. Contò piano fino a dieci e ripeté l’operazione per cinque volte. Poco più avanti, c’era un sasso più grande del normale. Ridacchiando, lo sollevò, scorgendovi il solito pezzo bianco. A Sasuke prese a battere il cuore: sapeva che, prima o poi, uno di quelli sarebbe stato l’ultimo, ma cosa avrebbe trovato? Aveva pensato a una mappa del tesoro, ma poteva realmente essere? Beh, chi avrebbe potuto lasciare un tesoro seppellito nella sua casa in campagna, quella che usavano soltanto durante l’estate?
 
“E poi, questo non mi sembra il terreno adatto per dei pirati. Perché si sa: sono i pirati che nascondono i tesori!”
 
Il respiro affannato, i capelli impasticciati e attaccati per colpa del sudore, le mani sporche e i vestitini freschi di bucato ridotti a uno strazio. Voleva davvero una bella ricompensa! Sicuramente la mamma lo avrebbe sgridato per come si era conciato, per cui doveva per forza ricevere qualcosa di sostanzioso in cambio di una bella lavata di capo.
Aprì il foglio e lesse.
 
“Bravo! Guardati intorno, c’è qualcosa di troppo grande per non essere visto!”
 
-Qualcosa di troppo grande?- ripeté Sasuke, scettico. -Ma qui ci sono solo alberi!- infatti, uscendo dalla porta secondaria, ed eseguendo i cinquanta passi che doveva, si era trovato dall’altra parte della sua immensa villa estiva, quella che non visitava quasi mai perché gli faceva spavento. Prima però, preso dalla gioia di raggiungere la vittoria, non ci aveva badato troppo. Deglutì, facendo di tutto per non provare la vergogna di mettersi a piangere. Tirò su col naso un paio di volte, per poi mettersi all’opera.
 
“Se ci sono solo alberi, sono quelli che devo cercare. E’ ovvio!”, si disse, cercando di distrarsi dalle ombre scure, simili a mostri, che sembravano spuntare ogni tanto da dietro qualche cespuglio. Gli sembrò persino di udire una voce.
 
Lì intorno sembravano tutti mastodontici, e poi Sasuke aveva una leggera fifa di intrufolarsi troppo a fondo nella boscaglia, anche se si trattava sempre di una proprietà della sua famiglia. Cominciò a torturarsi le mani, guardando dritto di fronte a sé: da quella posizione tutti i tronchi sembravano più o meno della stessa misura, quindi che fare?
 
*   *   *

 
-E alza la testa, dai!- esclamò Shisui, il tono un po’ alto per chi non doveva farsi scoprire.
Itachi lo zittì, tappandogli la bocca con la mano e intimandogli di fare silenzio poggiandosi semplicemente un dito sulle labbra.
Il vivace Uchiha fece sì con il capo, mostrando di aver inteso. Si guardò intorno, mettendo in moto il cervello e provando a cercare qualcosa che potesse aiutare il cuginetto a scovarli là sopra. Di toccare i giocattoli incartati non se ne parlava proprio, tantomeno i dolcetti che aveva sgraffignato dalla credenza di zia Mikoto: sarebbe stato un peccato non mangiarli, poi. D’un tratto, l’attenzione si focalizzò sul binocolo che stringeva tra le mani. Ghignò, ma il ghigno fu nascosto all’esterno dalla mano di Itachi ancora posizionata sulla sua bocca.
Quindi, sbatté con forza l’oggetto sul pavimento legnoso.
 

*   *   *

 

-Cosa è stato?- urlò Sasuke, rivolto solo a se stesso, dato che – credeva – non c’era nessun altro. Il rumore che aveva sentito lo portò ad agire d’istinto e a sollevare la testolina verso l’alto, dritto in direzione della fonte del suono. Rimase a bocca aperta quando la vide: si trattava di una casa sull’albero, costruita alla meno peggio. Gli occhi gli brillavano dalla gioia e la sorpresa fu tanta da fargli allentare anche i sensi, tant’è che l’ultimo fogliettino cadde giù, scivolandogli tra le dita.
-E’ bellissima!- esclamò, al colmo della gioia, le iridi scure che tremolavano.
La felicità fu ancora maggiore quando una scala si snodò, fino ad arrivare in basso, a raggiungere la sua altezza da bambino. Sasuke non se lo fece ripetere due volte: per lui quello era un invito bello e buono e non lo avrebbe rifiutato.
 
“La mamma dice che è scortese. Quando ti offrono qualcosa bisogna accettare!”, pensò, arrancando per salire fino in cima. Perché sì, quella era un’offerta bella e buona.
 
Si fermò giusto un istante prima di compiere l’ultimo sforzò, poi fu dentro.
 
-Sorpresa!- l’urlo di Itachi e di Shisui – più di quest’ultimo – lo colse alla sprovvista e per poco non lo fece cadere all’indietro. Sasuke guardò quasi sconcertato quei due lì dentro, finchè la sua espressione allibita non mutò radicalmente, lasciando posto ad un visino felice, talmente tanto che non mancarono le lacrime.
-Oh cavolo, ma cosa abbiamo sbagliato? Si è messo a piangere!- andò in panico Shisui, pensando – erroneamente – che al bambino non fosse piaciuta la sorpresa.
Ma la questione non era quella, e Itachi lo sapeva. Perché lui conosceva il suo otouto meglio di chiunque altro, riusciva a capire cosa gli frullasse per la testa ancora prima che Sasuke stesso lo dicesse e in quel momento Sasuke era al colmo della gioia. Era un sentimento talmente forte il suo, che le lacrime doveva esserci per forza, perché Sasuke Uchiha non era mai stato bravo con le parole e non era capace di esprimersi in altro modo.
Itachi lo guardò, un sorriso rassicurante sul suo volto.
Solo dopo aver singhiozzato per un po’, Sasuke alzò lo sguardo verso gli altri due, perdendosi negli occhi amorevoli e comprensivi di Itachi, e solo dopo averli scrutati per bene, lasciò che lo stesso sorriso del suo nii-san comparisse anche sulle sue labbra.
-Grazie nii-san!- corse da Itachi e lo abbracciò forte, talmente tanto che quasi lo stritolò. Affondò la testa nel petto del maggiore e pianse e rise insieme. -Grazie.- ripeté.
-Sasuke, è per questo che sono stato tanto assente il giorno del tuo compleanno. Ma spero di aver rimediato con questi regali. Da tempo volevi una casetta sull’albero, no? Non sarà perfetta, ma io e questo testone ci siamo impegnati e abbiamo messo qui dentro anche i regali che avremmo dovuto darti due giorni fa. Quindi, non sono l’unico a cui devi dire grazie.- sorrise Itachi, accarezzandogli i capelli -Ha collaborato anche lu… Shisui, cosa diavolo fai?- i due fratelli osservarono il maggiore tra i tre che addentava un pezzo di ciambella al cioccolato.
-Chi io? Se permettete inizierei la lauta merenda, ma voi continuate pure.-
-No, altrimenti ti mangi tutto! E sai una cosa, non ti ringrazio nemmeno!- scherzò il piccolo Uchiha, facendo la linguaccia a suo cugino. In un certo senso l’aveva ringraziato e sapeva che Shisui l’aveva capito. Lanciò un’ultima occhiata complice a Itachi, prima che entrambi attaccassero l’ingordo, decisi a punirlo; aveva cominciato prima di tutti, era stato irrispettoso: non ci sarebbe stato nient’altro da mangiare, per lui!


 

*   *   *

 

-Dici che Sasuke ce l’ha fatta, Fugaku?- disse Mikoto, prendendo posto accanto al marito.
-Mh. Forse sì, è pur sempre un Uchiha.-
-Certo che Itachi ha avuto una bella idea, vero?- sorrise lei, appoggiandosi a lui.
L’uomo fece spallucce.
-Che altro ti aspettavi: Itachi è un genietto, questo è il minimo.-
La donna mantenne il sorriso, divertita dal fatto che nemmeno in occasioni tenere come quelle il marito riuscisse a sciogliersi un pochino. -Devi sempre mantenere quella maschera di freddezza tu, eh?-



 



 
 
 
 

Che dire, l’ho letta, riletta e ricontrollata, con la speranza di non aver sbagliato nulla. Ma si sa, gli errori ci sono sempre nei miei scritti, perché per quanto mi sforzi non riesco mai ad eliminarli tutti. Ho scelto di scrivere qualcosa dei bei tempi che mai saranno della famiglia Uchiha, perché alla persona cui è dedicata la storia piacciono parecchio… cioè, piace Itachi.
Di Shisui non sappiamo molto, ma io lo immagino un birbone, alla Naruto! Insomma, in quel clan di gente seria deve per forza esserci qualcuno che non sia così! XD
Spero che la fic vi sia piaciuta, che i personaggi siano IC e quant’altro. ^.^

 

 


  

   
 
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