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Autore: itsmemarss    25/07/2011    4 recensioni
Fin da piccoli ci riempiono la testa di favole, storie, leggende.
Ci dicono anche che gli amori più grandi sono quelli più folli.
E se una favola fosse realtà e non tutti gli amori, una pazzia?

Serena ha 16 anni. Vive in una piccola isola a largo della Scozia, insieme al padre pescatore. La madre è morta quando era piccola e di lei non ha mai saputo molto. Poi un giorno, arriva proprio dall'acqua una riposta. Che le cambierà la vita.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Percepii l’agitazione di Lucas, ma non riuscii a trattenermi dal ridere.
<< Tranquillo. Si sarà fulminato qualche fusibile. Probabilmente è stata colpa del vento o di un fulmine. Tra qualche minuto partirà il generatore di emergenza >> dissi, cercando tentoni di tornare sui miei passi con la cornetta in una mano.
A un certo punto, però, incespicai e caddi a terra. Fortunatamente qualcosa attutì l’impatto e quando la luce tornò, mi accorsi che si trattava di Lucas. Con il viso a un soffio dal suo, mi fu impossibile non arrossire, anche se controvoglia.
Mi rialzai in fretta, passandomi una mano sulle ginocchia.
<< Scusa, colpa mia >> borbottai, guardando le assi di legno del pavimento.
Lucas da parte sua la prese sul ridere. C’erano davvero poche cose che lo mettevano in imbarazzo e una ragazza sconosciuta in grembo non era fra queste.
<< No problem >> rispose lui, rimettendosi a sedere con le gambe incrociate.
La scusa di dover fare la telefonata per il fattorino, mi diede la possibilità di voltarmi e guardare altrove.
 
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Fu divertente vedere Lucas alle prime armi con delle semplici patatine fritte. Non appena pagai il fattorino – Jack, per fortuna, quella sera non lavorava – e aprii il sacchetto di cartone marrone, una mano grande e dalle dita affusolate si avventò sul cibo.
Dopodichè, fui testimone della totale ignoranza di Lucas riguardo al corpo umano. Perché cercò di infilarsi le patatine prima nel naso e poi nelle orecchie.
Dopo dieci minuti passati a ridermela sotto i baffi, decisi di aiutarlo e gli indicai la bocca.
Lo vidi arrossire per la prima volta, anche se fu a causa dell’imbarazzo. Non doveva essere semplice trovarsi in un posto nuovo, completamente sconosciuto. Un altro mondo.
Se anche fossi andata in Nepal, avrei gustato un’altra cucina ma i miei buchi sarebbero sempre stati gli stessi. Lui invece doveva convivere con un altro modo di essere se stesso.
Era come se lo avessero trapiantato in un altro corpo.
Fu allora che m’interrogai per la prima volta su come dovesse essere là sotto. Le case e le strade. Le macchine. Il cibo. La vita. Avrei dovuto completamente rivedere il mio modo di pensare.
Se guidare per me, era una cosa naturale come respirare, non doveva esserlo per loro. Così come con altre cose.
Ad esempio… non avevo mai capito come potessero andare in bagno, avere figli o farlo e basta.
Okay, forse i miei erano dubbi stupidi e anche un po’ così, ma pur cercando di allargare i miei orizzonti non ero mai riuscita a trovare una spiegazione razionale.
Lo sguardo scettico di Lucas mi fece capire che doveva aver intuito i miei pensieri, così mi ordinai di pensare ad altro.
In ogni caso… non avrei mai chiesto niente a Lucas.
Nel momento in cui guardai la mia giacca appesa all’appendiabiti dietro la porta di casa, mi ricordai del biglietto che avevo scritto a Jack. In poche righe avevo sintetizzato la mia paura e del timore di essere diventata pazza.
Che stupida che ero stata! E ora cosa gli avrei raccontato? Non sarei riuscita a sviare con una semplice cavolata, come un incubo o una caduta… Jack era troppo intelligente per credere alle mie bugie.
Guardai Lucas. Era l’unico cui potevo chiedere aiuto.
<< Ehm… ci sarebbe qualcosa che dovrei dirti, riguardo a Jack >> cominciai, fissando le venature del legno del pavimento.
<< Spero tu non voglia insistere con la storia del dirgli tutto, perché sai già quello che potrebbe capitare >> disse Lucas con sguardo perentorio. Mi misi a giocherellare con le dita, sempre a sguardo basso. Direi che alla fine lo intuì. << … ma lo hai già fatto e non te lo ricordavi più. Tipico di voi umani, pf >> continuò il tonno, alzando gli occhi al soffitto.
<< Beh scusa se sono andata fuori di testa dopo averti visto a scuola! Pensavi che avrei reagito diversamente? E invece no >> alzai la voce di qualche tono e incrociai le braccia al petto, sulla difensiva.
Lucas mi guardò per qualche secondo, prima di sospirare.
<< Okay, okay. Basta piangere sul latte versato. Ormai… dovrai dirglielo. Ora. Chiamalo e digli di venire. Anzi no, aspettiamo che sia lui a farlo. Almeno sapremo per certo che ha letto la tua disperata “richiesta d’aiuto” >> finì la frase guardandomi con aria d’accusa.
<< Bene. Che cosa m’inventerò per allora? >> chiesi, cercando di calmarmi.
Lucas alzò le spalle e tornò a mangiare. Capii che avrei dovuto dire la verità, tutta quanta, volente o nolente. Perché in fondo Jack era mio amico e aveva tutto il diritto di sapere in che cosa mi sarei dovuta cacciare per decidere da che parte stare.
 
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Mi alzai che la luce dell’alba era ancora flebile. Dovevano essere le cinque del mattino ed io stavo dormendo per terra. L’ultima volta che mi ero svegliata così, avevo nove anni ed era la mattina di Natale. Avevo deciso di aspettare Babbo Natale in soggiorno, sul divano, ma alla fine ero scivolata sul pavimento e lì ero rimasta fino alla mattina dopo.
Dovevo aver fatto le ore piccole, scervellandomi per trovare un’idea abbastanza concreta per il discorso a Jack. Avrei dovuto deviare sulla chimica o sulla biologia, robe del genere. Sicuramente lo avrebbero messo più a suo agio, rendendolo mentalmente aperto a quello che avrei dovuto dirgli.
“Ciao, mia madre era una sirena e anche una regina, mio nonno è morto e devo combattere contro mia cugina che vuole anche uccidermi”. No questo non avrebbe funzionato, pensai alzando gli occhi al soffitto.
Quando mi alzai, mi scivolò dalle gambe una trapunta fatta a mano dalla nonna, la madre di papà. Rimasi perplessa visto che era chiusa nello sgabuzzino sotto le scale, da non so quanto tempo e rivedeva la luce solo ora.
Pensai subito a papà, ma lui era ancora a pesca. Doveva essere stato Lucas.
Quel ragazzo sotto sotto – molto sotto – doveva nascondere anche un lato gentile e non solo rompiscatole come invece appariva all’esterno. Pensai che forse lo avevo giudicato troppo in fretta.
Le mie promesse di trattarlo meglio in futuro vennero, però, meno quando lo vidi aprire la porta d’ingresso ed entrare indossando solo dei pantaloni del pigiama. Il mio.
Sgranai gli occhi nel vedere elefanti rosa e azzurri allargarsi sempre più sulle gambe massicce di Lucas. Soprattutto non capivo come potessero essere finiti addosso a lui.
<< Ciao! Dormito bene? >> mi chiese lui, sfoggiando il suo sorriso migliore.
<< Che diavolo ci fai con il mio pigiama addosso? >> esclamai, seguendolo in cucina, senza dargli il tempo di dire altro.
<< Oh beh, speravo che una bella dormita avrebbe cambiato un po’ quel tuo carattere irascibile, ma vedo che i miracoli non accadono molto spesso da queste parti. Comunque è l’unica cosa che ho trovato di sopra, in camera tua. Insieme a questo strano… aggeggio. Che roba è? >> chiese, mostrandomi uno dei reggiseni che tenevo nel cassettone accanto al letto. Pendeva come un trofeo – per l’esattezza un pesce morto, visto il colore verde acqua – dal suo indice.
Mi lanciai su Lucas e sul reggiseno, avvampando come un semaforo, e cercando di strapparglielo dalle mani e di nascondere tutto dietro la schiena.
<< Niente. Non è assolutamente niente. E comunque non ti serve >> mi sbrigai a dire, cercando di riprendere un’espressione normale.
Lucas alzò un sopracciglio, perplesso dalla mia reazione, ma non disse niente. Se ne rimase zitto a guardarmi qualche attimo, prima di rivolgere la sua attenzione al frigorifero in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti.
Anch’io stavo morendo di fame, ma prima dovevo rimettere a posto il reggiseno e forse anche cambiarmi e indossare qualcosa di meglio della divisa mezza disfatta.
 
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Finii di trangugiare la colazione con tutta calma. Ero talmente agitata che persino la famosa voracità degli O’Day era svanita. Se avessi cercato di mandare giù anche solo qualche fetta biscottata in più, sarei morta vomitando tutto sul tappeto dell’ingresso.
Intanto Lucas se ne stava seduto a fissarmi, sì proprio così. Non mi stava guardando normalmente, nemmeno di sfuggita oppure dietro. No, mi stava proprio fissando.
<< Che c’è? >> boffonchiai, anche se fu più qualcosa come “fhed chek” che uscì dalla mia bocca.
<< Uhm… niente, niente >> rispose lui, cercando di non guardarmi male. << E’ solo che… mangiate tutti così appena svegli? Sembra quasi che ti abbiano premuto il tasto slow in faccia. La tua mascella non sembra nemmeno muoversi >>.
Ah. Ah. Che ridere. Proprio uno spiritoso. Ecco. Stavo cominciando a innervosirmi di nuovo. Brutta cosa.
<< Sai com’è. Sono agitata. Anche tu lo saresti se dovessi dire al tuo migliore amico quello che ho io da dire >> grugnii, alzandomi da tavola e sparecchiando – in pratica tutto – nel lavandino della cucina.
<< Calma, calma. Non devi mica dirgli che stai per morire… >> notò la mia occhiataccia << Cioè… vedrai che filerà tutto liscio, Serena >> si limitò a dire Lucas, sospirando.
In un certo senso era così. Non stavo per morire, ma nemmeno potevo far finta di niente. Una cugina che non sapevo nemmeno di avere, ora era pronta a farmi la pelle pur di avere un trono che non avevo mai desiderato. E Jack, che era mio amico… beh avrebbe rischiato anche lui di pagarne le conseguenze. Così come mio padre. Ma in che cavolo di situazione mi ero cacciata?!
Okay, forse era meglio non pensarci.
 
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Arrivati a scuola, salii le scale dell’ingresso con circospezione e poi il corridoio, alla ricerca di una qualunque testa bionda accompagnata a braccetto da una mora. No, dopo circa dieci minuti di occhiate pazze, in giro non c’era traccia di Gemma.
Sospirai. << Via libera, possiamo andar- >> dissi, sorridendo a Luca, prima di andare a sbattere contro qualcuno. Ecco, le ultime parole famose, perché riconobbi la puzza di fumo di sigarette, mista a dopobarba. Garrett. *
<< Hei bella. Stai un po’ attenta a dove metti le pinne >> mormorò il moro, schernendomi con un sorriso abbastanza… beh, a dir la verità, sexy. “Ma comunque cattivo!”, pensai mentre scuotevo la testa e cercavo di tornare lucida. Mi aveva appena fatto capire che sapeva. Non tutti sbagliano facilmente piedi con pinne.
Prima che potessi dire qualcosa, Lucas si era già messo davanti e puntava un dito contro il petto di Garrett. Lui sembrò accorgersi solo in quel momento che c’era qualcun altro oltre a me. E non ne sembrò particolarmente preoccupato. Anzi, si limitò a ridacchiare, ma non in modo scherzoso.
<< Stai attento… amico. Non abbiamo paura di te >> rispose Lucas a bassa voce.
Perché aveva usato il noi? Io, per esempio, ne avevo eccome. D’altronde Garrett era stato in riformatorio ben tre volte. Chissà cosa ci si poteva aspettare da un tipo come lui.  
<< Oh, oh. Come siamo di pessimo umore, Emerson >> Notai che Garrett stava, invece, cercando di cambiare discorso e smorzare i toni. Nello stesso istante mi accorsi che stava passando la Preside.
Di certo il ragazzo non aveva voglia di tornare dentro per una stupida ragazzata. Per lo meno, non prima di darmi filo da torcere sotto gli ordini di Gemma.
<< Dai, Lucas, andiamo >> bisbigliai, tirandolo per la manica della felpa. Lui non oppose resistenza, ma rimase fermo a fissare in cagnesco Garrett, che per altro non sembrava intimidito.
<< E’ meglio che tu dia ragione alla tua amichetta o finirai per farti male sul serio >> disse un’ultima volta Garrett, prima di allontanarsi in fretta verso la porta anti incendio che stava oltre le scale per il primo piano. Mentre si girava e scompariva dalla nostra vista, intravvidi una chioma bionda seguirlo a ruota. Gemma aveva assistito a tutta la scena.
Rabbrividii, mentre seguivo Lucas nell’aula di Letteratura Francese.
 
 
 
 
* Perdonatemi ragazze ma ho voluto cambiare il nome di Henry in Garrett. Mi sembrava più da cattivo di turno :)



NOTE DELL'AUTRICE.
Sono felice che fino adesso la storia sia piaciuta e spero che non mi ucciderete se vi dico che potrò aggiornare solo fra un bel po'.
Parto il primo di Agosto e quando torno dovrò finire i compiti... sorry girls. Però vedrò di farmi perdonare! :DD

   
 
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