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Autore: Fenrir Greyback    25/07/2011    2 recensioni
Anno 2012. Italia.
Un regime dittatoriale ha colpito la Nazione proprio quando tutto stava per andare bene. L'umore della gente è sotto zero, così come la loro fiducia e sarà un gruppo di ragazzini a dare il coraggio.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è mai troppo presto per crescere
Capitolo 3

SIMBOLI E MISTERI (PRIMA PARTE)
Sottotitolo: Infrangere le regole non è mai stato così dannatamente divertente.

Erano quasi le sei del mattino quando mi svegliai, urlando. Avevo fatto probabilmente un brutto sogno, ma non me lo ricordavo. Avevo la memoria corta per certe cose.
Mi alzai, incapace di prendere sonno e andai in bagno, per farmi una doccia calda. Di li a poco sarebbe iniziata un'altra giornata di scuola, ma sapevo che quella era più emozionante delle altre perché era il primo giorno d'azione: dovevamo arruolare più gente possibile senza destare il minimo sospetto.
L'acqua mi scivolava addosso e con essa tutte le preoccupazioni, uscii dall'abitacolo gocciolante e iniziai ad asciugarmi. Dovevo sbrigarmi, anche se ero in largo anticipo. Volevo che ogni cosa, ogni minimo segno fosse perfetto. Una volta vestita mi recai in cucina e preparai il caffé. L'orologio digitale appeso al muro segnava le sei ed un quarto. Di li a poco anche i miei genitori si sarebbero svegliati. Papà per primo.
-Mattiniera?- una voce assonnata mi fece sobbalzare. Mio padre, Icaro Edmondo Alighiero, era un uomo serio e a tratti burbero. Lavorava come Generale dell'Esercito del Partito Bianco* e ogni mattina si alzava alle sei e mezza in punto per poter mostrare a tutti i suoi colleghi servi della dittatura la propria serietà e coerenza che, a mio parere, erano solo frutto di una maschera.
-Sì- dissi, senza degnarlo di altre attenzioni. Lo sapeva che non accettavo la Dittatura, sebbene nessuno avesse il coraggio di definirla tale, e per questo l'estate prima avevamo litigato, pesantemente. Il ricordo, dopo mesi e mesi, piombò nella cucina immacolata. Persino lui sembrò accorgersene.

Erano i primi mesi. Il Profeta Divino, come amava definirsi e come si era presentato a noi Popolo Italiano, era stato nominato Presidente del Consiglio dei Ministri. Non so come avesse fatto, quanti ne avesse corrotti, eppure eccolo lì, fermo e deciso in tutta la sua stupidità. Parlava con mezze frasi. Prometteva questo e quello, ma io non ci cascavo. Speravo che neanche gli altri lo facessero. Eppure gli adulti sembravano pendere dalle sue labbra. Persino i miei genitori. Assurdo.
Un uomo aveva fatto lo stesso, ma era stato incarcerato l'anno prima. Non pensavo potessimo ricadere di nuovo in quello schifo che, a dirla tutta, sembrava molto peggiore di una semplice accusa di riciclaggio.
Ci trovavamo in cucina, era sera. Io, in quei momenti, non potevo parlare. La televisione era sacra, il telegiornale soprattutto. Quando il Profeta parlò esclamai: -Non credo dica la verità, glielo leggo negli occhi-.
Mamma era rimasta in silenzio, intenta a saggiare il pollo che aveva cucinato con meticolosa attenzione, quasi lo stesse sottoponendo ad un'autopsia.
-Non credo tu abbia la giusta età per comprendere ciò che il nostro Premier dice e l'amore che mette nelle sue parole- disse papà, fissandosi le nocche.
Stavo per scoppiare a ridere. Insomma, quell'uomo aveva appena finito parlare e ciò che aveva detto non era stato altro che la promessa di un'Italia al comando dell'Europa, di un paese che ricordava decisamente la Germania Nazionalsocialista. Come poteva, mio padre credere in tutto questo?!
-Ma tu overamente staje facenno??- dissi, sforgiando un perfetto accento Napoletano.
-Parla italiano e fila in camera tua. Sei piccola per capire queste cose da persone grandi- continuò, scrocchiandosi le dita.
-Mamma non dici niente?- chiesi, sbalordita. Mio padre non era mai arrivato a tali livelli di idiozia. Mai.
-Sono d'accordo con tuo padra, Flaminia- rispose lei, senza alzare lo sguardo dal piatto.
Conoscevo quella donna, come le mie tasche. Non era d'accordo con mio padre, ma non aveva le palle per dirlo. Strano. Era una donna che ti sbatteva continuamente i propri pensieri in faccia. Sembrava un film di fantascienza.
-Papà non ho tre anni..! Dimmi che è uno scherzo. Perfavore. Dimmi che non credi alle parole di quell'uomo. È un'idea da nazisti!- urlai, alzandomi.
-TU BRUTTA INGRATA! QUELL'UOMO SALVERA' IL NOSTRO PAESE, LO VUOI CAPIRE??- mio padre imitò i miei gesti, era furioso come se l'avessi punto nell'animo.
-Vado in camera mia. Non ho fame- dissi, correndo per il corridoio.

Era passato del tempo. Poco, certo, ma ne era passato e non avevo più avuto con mio padre il contatto che avevo prima. Qualcosa si era rotto e non mi importava. Mio padre avrebbe capito dopo, gli errori che stava commettendo. Era meglio lasciarlo sguazzare nella propria sicurezza, per ora.
Mi alzai, stavo per uscire, quando lui mi interruppe: -Non è presto?- domandò, tentando, forse, di allacciare qualche discorso.
-Devo andare prima per passare da Andrea, andiamo a scuola assieme e se non mi anticipo farò tardi- spiegai, freddamente.
-Va bene- disse -Buona giornata-.
-Altrettante-.
Una volta fuori, con cappotto e zaino in spalla, risi del rapporto formale cui ci eravamo ridotti io e mio padre. Sembravamo due diplomatici, non due familiari.
Raggiunsi la villetta di Andrea mezz'ora dopo. Mi ero fermata per ammirare il cielo striato di rosa e così ero arrivata per le sette. Andrea si stava aggiustando il maglione scuro quando bussai.
La madre era una persona cordiale e simpatica che, ogni qual volta studiavo lì, quindi praticamente sempre, ci rimpinzava di cibo ed attenzioni.
-Salve signora- dissi, sfoderando il mio sorriso più sincero -Buongiorno-.
-Buongiorno anche a te, cara- rispose lei, lasciandomi passare -Andrea è quasi pronto, vero Andrè?-
-Sì, mamma- Andrea comparve alle spalle di sua madre, raggiante. Le diede un bacio sulla fronte e poi indicò la porta di ingresso. Era stato più veloce del solito, anche lui era emozionato.
-Arrivederci signora..- salutai cordialmente.
-Cosa volete per pranzo?- domandò, sapendo che era un'abitudine per me, pranzare lì. Era felice, però, di vedere il figlio con qualche amico. Andrea, in effetti, ne aveva pochi.
-Qualsiasi cosa andrà bene- dissi, prima di salire sul motorino di Andrea.
-Tranne le zucchine, mà- aggiunse quest'ultimo, mettendo in moto.
La scuola, da casa di Andrea, distava sì e no cinque minuti buoni. Non capivo, perciò, la fretta nell'andarci. Quando glielo chiesi lui scoppiò a ridere:- Stavo per dirtelo ieri sera, sì ecco, chiamarti, ma poi ho pensato che era meglio non farlo..- rispose -Anche se tu ti sei anticipata lo stesso, emozione eh?-
-Sì- ammisi, stringendomi a lui per non cadere. Potevo sentire il suo respiro -Devo supporre che hai un piano?-
-Esatto- voltò a destra e trovò parcheggio esattamente fuori al cancello -Hai il tesserino?-
-Come sempre- sbuffai.
Il tesserino era un qualcosa di inutile che davano a tutti gli studenti per un riconoscimento. Dopo averti fatto due domande, sempre diverse, potevi entrare a scuola. A qualsiasi orario.
Salimmo le scale che portavano all'ingresso e scrutammo con attenzione il soldato alla porta: -Tesserini- disse.
Glieli porgemmo e lui annuì.
-Documenti?-.
Carte di identità. Giusto. Però, pensai, potevano falsificare anche quelle. Era una cosa stupida. Guardammo l'uomo entrare dentro. Era la prassi prendere un fascicolo sugli studenti che entravano e fare domande sul proprio conto.
Luogo di nascita di vostra madre- disse burbero il soldato. Di certo non si era arruolato per fare domande a dei diciassettenni.
-Napoli- risposi senza esitare.
-Alessandria- disse Andrea.
L'uomo ci lasciò andare.
-Cosa ci fate qui a quest'ora?- domandò, curioso.
-Dobbiamo recarci in biblioteca per fare una ricerca sul Profeta Divino, l'illustrissimo. Un lavoro extracurricolare- rispose Andrea, sfoderando un ben più che credibile sorriso di ammirazione nei confronti del Dittatore.
-Bravi, ragazzi- sorrise il soldato, che non doveva avere più di venti anni.
Salimmo le scale che portavano alla biblioteca rapidamente. Più che altro io seguivo Andrea. L'intero complesso scolastico era molto antico, risalente, molto probabilmente al Quattrocento. La biblioteca era una delle più fornite, anche se non sapevo minimamente cosa farci.
-Che dobbiamo fare?- sussurrai, incerta. Eravamo arrivati in un lungo corridoio semibuio. Era come se il sole si rifiutasse di entrare, lì.
-Una ricerca- rispose Andrea, con ovvietà.
-Non dicevi sul serio?- parlavo con voce più alta, a nessuno sarebbe mai saltato in mente di seguirci. Quel posto dava i brividi.
-No.. Dio Mio.. sembra di stare in una casa di fantasmi-.
-Non dirlo!- protestai, i fantasmi non esistevano.
-Paura?!- scherzò lui.
-Nah.. è solo.. che qui non si vede nulla!- stavo mentendo e lui lo sapeva.
-Ok, allora.. mh- parve riflettere per un attimo -Accendi il flash del cellulare, pensavo che il tuo iPhone ultimo modello ne avesse uno potentissimo, no?-
-Anche tu hai un cellulare uguale al mio.. ringraziamo quel genio per aver dotato questi cosi di una memoria resistente- scherzai.
Il fascio di luce investì il corridoio. Dovevo ammettere che non faceva poi così tanta paura. C'era qualche ragnatela alle pareti, molta polvere e troppi articoli dell'Unità. Realizzai dove eravao solo quando un inconfondibile simbolo mi si parò davanti. Una falce ed un martello. Eravamo nel lato proibito, diamine.
-Credo che ci siamo persi..- annunciò Andrea.
-E io credo che se ci trovano ci ammazzano, è la volta buona- dissi.
Lui si allontanò. Sembrava comunque al settimo cielo. Sentivo il mio cuore battere all'impazzata, colta dall'indecisione. Una parte di me non voleva trovarsi lì, l'altra parte, al contrario, voleva esplorare. Infondo cos'è la vita senza qualche rischio?
-Per curiosità- interuppi il silenzio con un tono estremamente acido -Qual'era il tuo piano?-
-Cercare qualche volume sulla Resistenza in epoca della seconda guerra mondiale- rispose.
-Siamo finiti nella sezione proibita, però- obiettai.
-Siamo finiti in Harry Potter- scherzò lui.
-Magari..- sarebbe stato bello essere magici, invece ci toccava il crudele destino dell'umanità.
-Guarda!- esclamò, quasi urlando. Il fascio di luce puntò il murò.
-OH! Spegnila. C'è il sole!- dissi, ridendo.
L'ambiente era chiaro, ora che era finalmente giorno. Notai che era una specie di corridoio della memoria, tutto rosso e giallo. I ritagli di giornale, appesi alle pareti, erano datati millenovecentoquarantacinque. Erano pezzi di storia! Provavo l'irrefrenabile desiderio di staccarne alcuni dalle pareti quando Andrea mi interruppe. Non eravamo più soli. C'erano dei passi in lontananza. Poi sentimmo un urlo.
Corremmo a perdifiato, senza sapere dove ci trovavamo fino a che non sbucammo su un pianerottolo con un insegna più nuova. Eravamo capitati fuori dalla nostra classe, senza sapere come. Ed eravamo anche in ritardo, seppur di cinque minuti. Bussammo alla porta ed entrammo.
-Ragazzi- disse il professore di Italiano strizzandoci l'occhio -Abbiamo preferito non disturbarvi, so che stavate facendo una ricerca in biblioteca, pertanto nessun ritardo-.
Quello era indubbiamente il mio professore preferito. Si chiamava Antonio Esposito, era simpatico, contro il regime dittatoriale, ma cercava in tutti i modi di proteggere i propri studenti. Perché lui viveva per l'insegnamento. Viveva per i suoi alunni. Era un professore ed un uomo esemplare.
-Come stavo dicendo, ragazzi- disse, alzandosi e sedendosi sulla cattedra -Oggi la lezione si concentrerà principalmente sul Profeta Divino-.
-Dov'è la novità?- borbotto Michele, dal suo primo banco.
-La novità sta nel fatto che oggi farete un compito a sorpresa sul Profeta Divino- disse il professore, improvvisamente burbero -Iniziate-.


ANGOLO DEL LUPO:

Ringrazio Crystal98 e Genkaku Shi per aver recensito e tutte le persone che seguono questa storia, anche senza recensire.
Un avviso. Ho intenzione di inserire un particolare magico, nei prossimi capitoli, pur senza modificare la trama. QUindi, credo, che la categoria muterà da Storico a Sovrannaturale.

Fen.




  
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