Nickname: _Malika_ (forum);
Malika (EFP)
Titolo: Mio padre
Pacchetto scelto: Molliccio: Tom Orvoloson
Riddle
Eventuali elementi facoltativi: Ambientazione: Little Hangleton; Citazione: Temere l'amore è
temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti. Bertrand
Russell.
Genere:
Introspettivo, Drammatico, Dark
Raiting: Arancione
Avvertimenti:
Missing Moment, One-Shot
Introduzione: Mi sono spesso chiesta come Tom avesse effettivamente
ucciso suo padre, perché fosse andato a cercare Orvoloson
quell’estate. O meglio, cosa cercasse. Questa è una delle possibili
spiegazioni.
[…]Buffo, veramente buffo
come il mio cuore riesca a battere così tanto nonostante io, in tutti questi
anni sia riuscito a renderlo freddo. No, di più: gelido.
Sembro quasi… agitato,
emozionato… ma so benissimo che non è per il vicino incontro con quell’essere –
neanche il titolo di uomo si merita – di cui porto il nome, per mia immensa
sfortuna e con mio immenso disgusto.[…]
Eventuali NDA: In questo periodo sto partecipando a un sacco di contest e in
ognuno di questi scrivo in Missing Moment, quindi
perché non farlo anche qui? XD
Vorrei
aggiungere che, per me, Tom diventa davvero Lord Voldemort con la scoperta
della formula per gli Horcrux, non con la creazione
del primo o con l’uccisione di suo padre, anche se da questo momento è iniziato
il cambiamento radicale dentro di lui, anche se probabilmente aveva già trovato
questo titolo per sé.
In
più, nel libro VI, Tom si stupisce quando Orfin gli
riferisce che suo padre è tornato al paese e si rabbuia quando scopre che il
nonno materno è morto, quindi sarebbe strano che già sapesse quelle cose; tra
le righe, ho messo la mia spiegazione per questo.
Il
diario di Camus è il pretesto che ho trovato con me
stessa per la vastissima conoscenza di incantesimi oscuri e difficili che ha il
mio Tommy.
Il
raiting arancione è dovuto alle azioni non proprio
belle del mio Tommy (_Malika_ comincia sbavare. *.*).
La descrizione di casa Gaunt e il dialogo con Orfin sono tratti da Harry Potter e il Principe mezzosangue, cap. 17, pg 334-335, ma la descrizione è lievemente differente e ho aggiunto qualcosa al dialogo.
«discorso
normale» / «serpentese»
/*/*/*/*
Mio padre
So perfettamente che non dovrei
essere qui, ma io sono Tom Riddle, tutto mi è
permesso, perché io riesco a non farmi scoprire. Anche in questo momento,
mentre, in piena notte, con una lanterna in mano, cammino verso quella casa, la
casa di mia madre, sono tranquillissimo.
Avvicinandomi, non posso fare a
meno di notare la desolazione di questo luogo: i muri sono pieni di muffa e con
il colore scrostato, le finestre che pendono hanno i vetri rotti, in più il
giardino è pieno di erbacce.
La porta di legno marcio è
ancora – e fortunatamente, vorrei aggiungere – attaccata ai cardini, ma mi
disgusta comunque lievemente la vista di una piccola vipera attaccata sopra.
Cercando di non toccarla, busso.
Niente.
Allora la spalanco: noto
immediatamente le due porte in fondo, così come tutti gli altri dettagli della
stanza, nonostante ci sia solamente una luce fioca, grazie alla luce della mia
lanterna e quella tremula di una candela. Osservo subito la muffa sul cibo
avariato e le pentole incrostate appoggiate sul tavolo, mentre, facendo un
passo avanti, vedo che il pavimento è completamente coperto da un leggero
strato di terra e che dal soffitto pendono numerose ragnatele.
Infine, poggio il mio sguardo
sulla poltrona malridotta vicino al camino, sulle bottiglie vuote lì davanti e,
di conseguenza, sull’uomo lì seduto.
Tra l’esterno e l’interno della
casa, lui è quello che mi disgusta maggiormente, ma non c’è un motivo
particolare, probabilmente per tutto l’insieme. Ha barba e capelli lunghi e
sporchi, i vestiti sudici e gli occhi, inizialmente guardinghi, diventano
spiritati, quasi folli, non appena si posano su di me; in mano, ha una
bacchetta e un pugnale. Sicuramente, però, è troppo giovane per essere Orvoloson.
«TU!» mi urla contro, alzandosi
barcollando. «TU!».
Mi viene naturale alzare impercettibilmente
un sopracciglio, soprattutto quando cerca di scagliarsi contro di me con le due
armi alzate. Se davvero cominciassimo un combattimento, non avrebbe scampo,
tutto merito del diario di Camus Peverell.
«Fermo!» gli dico in Serpentese, visto che con molte probabilità è mio parente e
di conseguenza dovrebbe conoscerlo.
Infatti si ferma, appoggiandosi
al tavolo e facendo cadere le varie pentole.
Ci fissiamo in silenzio per un
po’, poi è lui a parlare.
«Lo parli?»
«Sì, lo parlo.». Avanzo
chiudendo la porta, continuando a osservarlo disgustato, ma senza altra
emozione: in fondo, sapevo già che la famiglia Gaunt
non brilla per sanità mentale e decenza. Alla fine, gli faccio la domanda che
più mi preme: «Dov’è Orvoloson?».
«Morto. E’ morto anni fa, no?»
Porco Godric!
Mi rabbuio leggermente: come faccio adesso?
«Allora tu chi sei?»
«Sono Orfin,
no?»
«Il figlio di Orvoloson?»
«Ma sì…» risponde ancora,
spostandosi i capelli da davanti al volto.
Ed è in quel momento che lo
vedo: un anello, con un blasone nero sopra che però non riesco a distinguere,
mentre la montatura, dal luccichio, deve essere d’oro.
Sto seriamente cominciando a
pensare che dovrei andarmene, qui sto solo perdendo tempo.
«Pensavo che eri quel Babbano. Sei uguale a quel Babbano.»
mormora.
Ecco, questo riaccende la mia
curiosità. «Quale Babbano?» non posso fare a
meno di chiedere. Questo è un mio grande difetto: oltre che la sete di
conoscenza, la mia curiosità è grandissima, ma non penso che me ne pentirò. E
poi, perché dovrei pentirmene? Sono pur sempre Tom Riddle.
«Quel Babbano
che piaceva a mia sorella, quel Babbano che vive
nella casa grande laggiù. Sei identico a lui. Riddle.
Ma adesso è più vecchio, eh? E’ più vecchio di te, adesso che ci penso…»
dice sputando per terra. «E’ tornato, sai.»
Questa spiegazione mi lascia
stordito, ma anche immensamente arrabbiato: quel bastardo è tornato qui? Ne ha
avuto il coraggio? Bene, dopo farò una capatina nell’altra villa più conosciuta
di Little Hangleton.
Magari potrei torturarlo un po’,
tanto non se ne accorgeranno, perché ho già in mente di fare in modo che
accusino il caro zio, che continua a barcollare nonostante sia attaccato al
tavolo. Sarebbe molto semplice sopraffarlo, anche se dovrei tornare dopo per
impiantargli i ricordi.
«Riddle
è tronato?»
«Già, l’ha lasciata, e le sta
bene, sposare quella feccia!» urla, sputando di nuovo. Se prima pensavo che
non potevo essere più disgustato, mi sono ricreduto facilmente. «Ci ha
derubati, sai, prima di scappare! Dov’è il medaglione, eh, dov’è il medaglione
di Serpeverde?»
Dovevo farlo prima. Dovevo
venire prima qui, sto scoprendo un sacco di cose interessanti.
E, strano ma vero, sono
d’accordo con Gaunt, dicendo che mio padre è una
feccia, un Babbano che dovrebbe sparire dalla faccia
della Terra, come tutti i suoi simili: nessuno di loro è degno di vivere.
E, a quanto pare, mia madre
aveva il medaglione di Serpeverde. Dovrò recuperarlo a qualsiasi costo; non
che, comunque, ci sia un costo che non pagherei, tranne se fosse la mia vita.
Agitando il pugnale, sento
quell’uomo urlare ancora: «Ci ha disonorati, quella sgualdrina! E tu chi
sei, che vieni qui e fai domande su tutto? E’ finita, no… finita…»
Barcolla ancora e mi
avvicino di qualche passo: «Dov’è l’altro diario di Camus
Peverell?»
Mi guarda stranito, come se non
comprendesse. «Diario? Peverell non aveva un
diario e, anche se fosse, non l’abbiamo noi.»
Maledizione! Mi toccherà
cercarlo. Beh, almeno posso consolarmi con una piccola vendetta. Alzo la
bacchetta e, con un semplice movimento del polso, Schianto l’uomo, che cade
sullo stomaco.
Mi avvicino ancora e lo giro con
i piedi, non volendo infettarmi con i germi che ha addosso.
Rivedo il luccichio e mi chino a
togliergli quell’anello, infilandomelo al dito subito dopo, poi gli rubo la
bacchetta rinfoderando la mia.
Mi guardo intorno: non ho niente
da fare, qui, tornerò più tardi per impiantargli i ricordi.
Esco rapido, riprendendo la
lanterna che avevo appoggiato di fianco all’ingresso, e mi dirigo a Riddle Manor.
Ci arrivo abbastanza
rapidamente, pur non conoscendo il posto e nel frattempo osservo il blasone
dell’anello, che, tra l’altro, ho già visto sul diario di Peverell:
un triangolo che ha al suo interno un cerchio, il quale contiene una riga verticale.
L’ho sempre trovato molto strano, per essere un lo stemma di un casato. E poi,
lo usava anche Grindewald.
Mi avvio attraverso l’immenso
parco, divertito dall’inutilità del sistema di allarme: è stato un giochetto
disattivarlo. Poi, mi ritrovo davanti al portone.
Buffo, veramente buffo come il
mio cuore riesca a battere così tanto nonostante io, in tutti questi anni sia
riuscito a renderlo freddo. No, di più: gelido.
Sembro quasi… agitato,
emozionato… ma so benissimo che non è per il vicino incontro con quell’essere –
neanche il titolo di uomo si merita – di cui porto il nome, per mia immensa
sfortuna e con mio immenso disgusto.
È perché questo sarebbe il mio
primo omicidio e non voglio che qualcosa vada storto.
Mi decido a entrare.
Il lungo corridoio che
attraverso è tappezzato di quadri, probabilmente tutti gli antenati. Li ignoro,
ma uno mi colpisce a causa della targhetta con su scritto:
Georgiana Alexandra Isabell Riddle.
31/12/1126-15/07/1143
Suicida per amore.
Vi è raffigurata una donna
dall’incredibile bellezza, con due labbra rosse e piene, le gote leggermente
rosate e due occhi scuri circondati da lunghe ciglia, mentre un boccolo di
capelli neri sfuggiva al velo.
Mi somiglia molto ed è nata
esattamente ottocento anni prima di me.
Morendo l’oggi di ottocento anni
fa.
Coincidenze della vita.
Ma io non sarò mai così pazzo da
morire par amore, un sentimento talmente insulso che probabilmente mi farà
morire di diabete.
Continuo ad osservare e noto che
ha un libro appoggiato sul vestito rosso cupo, ma riesco a leggerne solo una
riga:
Temere l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti.
Per Salazar! Morirò davvero di
diabete!
Mi incammino velocemente,
continuando, con mio disappunto, a pensare a quella frase.
Io non temo l’amore, ma la
morte; c’è chi dice, però, che temere la morte è temere la vita. Quindi, sarei
di nuovo punto e a capo, visto che sarei morto per tre quarti.
Ghigno tra me, avviandomi lungo
le scale, da cui sento provenire delle voci. A quanto pare, mio padre non è
solo.
È una fortuna, allora, che io
abbia deciso di creare un Horcrux, anche se sarebbe
meglio crearne di più, ma a questo ci penserò poi.
Vado verso la stanza in fondo al
corridoio del primo piano, che ha la luce accesa.
Buffo che non abbia ancora
incontrato il personale, ma forse saranno già a letto, visto che è quasi
mezzanotte.
Prima di fare la mia entrata ad
effetto appoggio la lanterna proprio di fronte alla porta.
Con un movimento spengo le luci
e sento l’urletto terrorizzato di una donna, poi apro ed entro, facendo
illuminare quello che sembra un salotto solo dalla lanterna dietro di me.
Mi guardo intorno, distinguendo
le sagome di tre divani e di due poltrone, che sembrano essere color verde
muschio come la tappezzeria che, però ha anche decorazioni dorate. Su uno dei
divani ci sono due figure, un uomo e una donna, leggermente in penombra, ma
capisco che sono anziani, mentre sulla poltrona più illuminata è seduto lui.
So perfettamente che lui, è
identico a me.
«Chi… chi sei?» balbetta.
Io ghigno, divertito dal terrore
che posso leggere sui loro volti. In fondo, non è cosa da tutti i giorni
conoscere una persona uguale a un’altra.
Ho deciso, comunque, che non
perderò tempo a torturarli perché le loro urla di terrore attirerebbero il
personale – anche se, volendo, potrei fare un incantesimo silenziante – ma
devo, per mio grande disgusto, tornare il prima possibile all’orfanotrofio
perché potrebbero accorgersi della mia assenza.
«Mi chiamo Tom. E sono venuto
qui per punirti.»
«Punirmi?» mi domanda ancora
l’essere, mentre osservo con la coda dell’occhio quello che dev’essere mio
nonno afferrare una rivoltella e puntarmela contro.
Ridacchio, sinceramente
divertito: pensa davvero di riuscire ad uccidermi? Con quella poi? «Oh, io se
fossi in te non lo farei.»
Lui non mi ascolta e carica la
pistola, dicendomi di andarmene.
Allora alzo la bacchetta,
intenzionato a farlo fuori, ma a quella vista l’essere sussulta. E allora
ghigno ancora di più.
«Oh! Ma allora conosci la mia
bacchetta!»
«Bacchetta? Tom, di cosa sta
parlando?» chiede con voce stridula la donna e già non la sopporto, dà fastidio.
«M… magia… quella bacchetta… è mag… magica.» balbetta l’essere; coraggioso, davvero.
«Ma per favore, Tom! La magia
non esiste, sono tutti ciarlatani quelli che lo pensano!» dice il vecchio.
Perfetto: si è giocato la vita. Non che, comunque, avessi deciso di lasciarlo
vivo.
Un lampo di luce verde e l’uomo
cade a terra, morto, ma gli altri due, ovviamente, non lo sanno e la vocetta
della donna mi trapana i timpani.
«Reginald!
Reginald! Svegliati!» urla chinandosi sul marito.
«Oh, non lo farà: è morto!»
ghigno. Sto ghignando troppo, oggi, ma non posso farne a meno, è troppo
divertente vedere il terrore sui loro volti.
Entrambi mi guardano,
semplicemente terrorizzati per la consapevolezza di quello che sta per accadere
loro e, nel frattempo, la donna piange disperata.
Quest’immagine probabilmente mi
rimarrà per sempre in testa: mi dà una sensazione di potere come mai è successo
prima. E quando ho scagliato l’Anatema, mi è sembrato di poter far qualunque
cosa.
È proprio vero: non esiste Bene
e Male, esiste solo il potere e chi è troppo debole per averlo, come questi
Babbani.
Le urla della donna diventano
fin troppo stridule, così uccido anche lei e, dopo quasi cinque anni di
fantasie, mi trovo davanti mio padre, tremante e in mio potere.
«Perché fai questo? Cosa ti ho
fatto?» mi chiede e io siccome sono magnanimo, esaudisco il suo ultimo
desiderio.
«Hai abbandonato mia madre
Merope solo perché era una strega. Tu ucciderò per questo.»
Non gli lascio neanche il tempo
di capire coscientemente che sono suo figlio, sinceramente non ho più voglia di
guardare il suo viso: un lampo di luce verde e anche questa feccia è cancellata
dalla faccia della terra.
Facendo il percorso inverso, mi
congratulo con me stesso: adesso potrò diventare veramente un'altra persona, ma
prima, ho bisogno di quella formula.
Poco male, la troverò presto:
sono il migliore, dopotutto.
III classificata: Mio padre di Malika
Grammatica e ortografia: 8/10
In questa shot ci sono solo cinque errori di
battitura. “ impercittibilmente” impercettibilmente,
“ appogiandosi” appoggiandosi, “ impiantergli”
impiantargli, “neache” neanche, “dallla”
dalla. Concordanza dei verbi perfetta in ogni momento della narrazione.
L'espressione “da davanti” non è sbagliata, ma stride un po' nella shot, forse un gioco di parole avrebbe reso l'espressione
più signorile. Per la punteggiatura ci sono alcune virgole che andavano messe e
altre tolte. Dopo poi, quindi, in fondo e prima non va messa la virgola perché
gli elementi sono strettamente collegati. Nei dialoghi, se sono seguiti dai
verbi dichiarativi, si usa la virgola alla fine oppure non si aggiunge nulla.
Un ultimo appunto è dato dal fatto che ad si usa solo la parola seguente
comincia con la a. Per il resto la shot è perfetta.
Stile e Lessico: 10/10
Stile perfetto con un lessico altrettanto perfetto per la storia. Ho letto la
storia tutta d'un fiato per la scorrevolezza della tua scrittura. Hai uno stile
molto particolare e signorile, i tre punti di sospensione sono stati usati con
molta parsimonia e hanno il loro senso nella storia. Il lessico è adatto ai
personaggi che hai trattato, alto per Tom, che solo due volte si lascia andare
con espressioni che, però, sono anch'essa adatte al contesto trattato. In
sintesi il tuo stile è uno dei più belli che ho avuto l'onore di leggere.
Originalità: 10/10
Anche qui prendi il punteggio massimo. Questa storia è davvero molto originale
per moltissime ragioni. Il diario di Perevell, il
quadro dell'antenata, il modo in cui Tom uccide gli unici membri della sua
famiglia ancora rimasti in vita rendendo la tua storia molto particolare e
unica nel suo genere. Anche qui sei stata eccezionale.
IC: 10/10
Punteggio massimo anche per l'IC. Tom è perfettamente lui, narcisista quanto
basta, malvagio come solo lui sa essere. Ogni parola che hai usato è stata
perfetta nell'esprimere i suoi pensieri e le sue azioni. Orfin
col suo barcollare è anch'egli perfetto nel suo ruolo. Tom e la sua famiglia
spaventati e inconsapevoli del proprio Destino come mi immagino essere stati
nella realtà.
Utilizzo degli elementi facoltativi: 5/5
La citazione è stata usata perfettamente e nella parte centrale della
narrazione, nel cuore del racconto e in un momento molto originale che le da un
grande rilievo. L'ambientazione è, ovviamente, stata perfettamente usata, in
realtà era proprio il momento che avrei voluto che qualcuno scrivesse per
questa traccia.
Gradimento Personale: 5/5
Questa shot è stata, forse, la più bella che abbia
mail letto su questo personaggio a cui sono fortemente legata. Hai saputo
rendere davvero bene questo momento con un stile davvero molto bello e
scorrevole. Ho solo un dubbio riguardo all'antenata. Hai scritto che nasce nel
1126 e muore nel 1943, non umanamente possibile, ma ovviamente non l'ho segnato
perché non è un'errore di nessun genere. Ti faccio i
complimenti per questa bellissima storia. Mi spiace solo per gli errori di
grammatica perché altrimenti avresti avuto il punteggio massimo.
Totale: 48/50
Questa
Shot ha vinto il Premio Trama.
Vorrei ringraziare tantissimo elelele e tutte le altre partecipanti! Un contest FANTASTICO!!
Bax, Malika.