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Autore: Maggie_Lullaby    26/07/2011    1 recensioni
Samantha Sparks è una ventisettenne affascinante da un passato malinconico e un presente che non guarda il futuro che da due anni lavora come Agente Sotto Copertura per l'FBI. Quando viene chiamata a collaborare con l'Unità d'Analisi Comportamentale non ha idea che quel caso cambierà drasticamente il suo futuro.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi di nuovo anche con questa storia. Scusate anche qui per il ritardo. D:

Ho cancellato il capitolo che avevo precedentemente postato perché avevo saltato erroneamente un capitolo, ovvero questo. Così le cose dovrebbero essere più chiare... (:

Spero vi piaccia! <3

Capitolo 6.

Gli occhi molto belli sono insostenibili, bisogna guardarli sempre, ci si affoga dentro, ci si perde, non si sa più dove si è.

{Elisa Canetti}



Samantha si passò il cotone imbevuto di struccante sugli occhi lentamente, mentre il mascara, la matita e l'ombretto sparivano pian piano, lasciandole qualche macchia sul viso che fu prontamente ripulita dalla mano agile della ragazza.

Era tornata in albergo da più di un'ora e, come era entrata, aveva convocato una riunione con i membri del B.A.U., riferendo loro i suoi sospetti secondo i quali Sean O'Connor non fosse l'S.I. Avevano discusso a lungo e una volta finito erano giunti tutti alla conclusione che l'avvocato non poteva essere il colpevole. Era un narcisista arrogante, certo, ma non un uomo impotente abbandonato dalla moglie.

Solo verso l'una erano risaliti ognuno nella propria camera, dandosi appuntamento alle sette del mattino nell'atrio dell'albergo per andare alla centrale della polizia.

Ora, Samantha si era tolta l'abito che aveva utilizzato durante la serata ed era avvolta semplicemente nella sua camicia da notte, i lunghi capelli mori che le accarezzavano la schiena.

Prese il proprio cellulare per installare la sveglia alle sei del mattino e sbuffò: aveva ancora cinque ore di sonno. L'unica cosa a cui non si era mai abituata – e probabilmente non ci sarebbe mai riuscire – era dormire poco. Sin da ragazzina era stata una ragazza che necessitava di almeno otto ore di sonno al giorno. Da quando era entrata all'FBI, ovviamente, questa condizione era drasticamente cambiata.

Sospirò e fece per infilarsi sotto le coperte del proprio letto quando sentì qualcuno bussare alla porta.

«Sì?», domandò, nascondendo il tono seccato della propria voce.

«Ehm, Samantha, sono io, Reid.», disse una voce maschile dall'altra parte, un po' incerta.

«Oh, è successo qualcosa?», domandò la ventisettenne mentre si avvicinava velocemente a una sedia su cui aveva abbandonato la propria vestaglia e infilandosela prima di aprire la porta.

Reid era vestito così come lo era da quella mattina, e aveva una strana espressione confusa sul volto.

«Avete scoperto qualcosa?», chiese la ragazza, stringendosi il più possibile nella vestaglia leggera.

«Ehm... no, no. Volevo parlare con te... Posso?».

Samantha lo osservò insieme curiosa e confusa per qualche secondo, poi gli fece spazio per farlo entrare. Reid entrò nella camera con aria incerta, guardandosi intorno nervosamente mentre la ragazza si richiudeva la porta alle spalle.

«È tutto okay?», domandò lei, facendogli segno di sedersi sul piccolo tavolo tondo in mezzo alla stanza.

«Sì... sì... Non voglio disturbarti. Vuoi che parliamo un'altra volta? Magari vuoi dormire...», disse lui.

Samantha scosse il capo, mentendo, incuriosita dal giovane uomo che le stava davanti.

Reid si sedette dove gli era stato indicato, sospirando. Se doveva essere sincero, non aveva veramente idea del motivo che l'aveva spinto ad andare nella camera d'albergo di una pressappoco sconosciuta all'una e mezzo del mattino. Sapeva solo che quella ragazza lo affascinava in un modo strano ed era incuriosito da lei, dal suo lavoro, dal suo modo di fare, dai suoi gesti e dal suo comportamento. Non sapeva se ormai quella di Samantha fosse deformazione professionale e riuscisse ad incantare molti – se non tutti – gli uomini con cui aveva contatto oppure era semplicemente lui ad essere incuriosito da lei.

Gli suonava strano pensare alla parola attrazione. Raramente nella sua vita era stato attratto da una ragazza ma, lo sapeva, mai come con lei.

Per una volta non sapeva dare una spiegazione logica a ciò che gli passava per la testa.

Si disse che la sua era solo stanchezza e basta.

«Sei sicuro di star bene?», domandò ancora la ragazza.

«Sì. Io sì, sto bene...», fece lui, battendo il piede per terra per il nervosismo. «Volevo... solo parlare.».

«Parlare.», ripeté la ragazza.

«Parlare», affermò Reid, con più convinzione.

«Beh, parliamo, allora.», gli sorrise Samantha, per nulla infastidita. Quel ragazzo le piaceva*, era incuriosita da lui e dal suo modo di fare, dal suo cervello.

Rimasero qualche minuto in silenzio a guardarsi, lui perso negli occhi talmente blu di lei e Samantha intenerita da quelle due pozze da cerbiatto di Reid.

«Hai mai paura di morire?», domandò infine il ragazzo, tenendo il capo chino sulle mani che teneva strette sopra il tavolo, per poi alzare il capo verso di lei.

Samantha lo fissò, spiazzata dalla domanda. Non gliel'aveva mai chiesto nessuno.

«No.», disse lei, non totalmente sincera. C'erano delle volte in cui aveva paura di morire, di perdere tutto, ma raramente. Molto raramente.

Reid la fissò incuriosito.

«Tu?».

«Sì», ammise lui. «Sì. Come fai a non aver paura della morte?».

«Prima o poi tutti moriamo, Reid. Che sia oggi, o tra sessant'anni moriremo tutti. È un fatto. Ed ora come ora non mi cambierebbe molto morire.».

«Nessuno di noi due ha ancora avuto il tempo di vivere.», commentò lui tristemente.

«È vero. Ma se dovessi morire, che so, domani mattina, non avrei nessuna faccenda in sospeso... Certo, ad eccezione della risoluzione di questo caso.».

«Non hai una famiglia?», domandò Reid, rendendosi conto solo dopo aver parlato che non era una domanda opportuna.

Samantha si stiracchiò la schiena dopo aver serrato le labbra per un decimo di secondo, che però Reid notò ugualmente.

«Mio padre è morto quando era una ragazzina, mentre mia madre... mia madre non sentirebbe la mia mancanza.», dichiarò poi, piuttosto seccamente anche se non di sua totale intenzione. Già, sua madre, non poteva dirgli che Daisy Sparks, vedova del generale Ronald Sparks, figlia di due ex membri del Congresso di Washington D.C. era vittima di una malattia priva di cura a causa della quale non la riusciva nemmeno a riconoscere: l'Alzheimer. L'aveva contratto cinque anni prima ed era andato peggiorando ogni anno di più. Ormai, quando Samantha andava a trovarla nella casa di cura in cui era ricoverata, Daisy la scambiava per una delle infermiere che le portavano il pranzo.

Reid arrossì.

«Mi spiace, non dovevo chiedertelo.», mormorò.

«Non potevi saperlo.», disse Samantha, con tono gentile, con una frase degna di un cliché che si rispetti.

Reid si strinse nelle spalle, appoggiando la schiena allo schienale della sedia e passandosi una mano tra i capelli.

«Se devo essere sincera, Spencer, non capisco perché tu ti preoccupi della morte in questa maniera.», ammise Samantha. «Siamo giovani...».

«Guarda il lavoro che facciamo.», disse il ragazzo, sorpreso dal fatto che la ragazza l'avesse chiamato per nome.

«Guarda il lavoro che facciamo, quello che vediamo tutti i giorni... L'ultima volta che ho rischiato la vita è stato poco più di cinque mesi fa, e non so quante volte sia capitato a te.».

«Vuoi dire che il tuo lavoro non ti piace?».

«No, ti sbagli, io amo il mio lavoro. Ma a volte vorrei semplicemente, sai, una pausa. Staccare per un po'.».

«E allora fallo.».

Reid non rispose. Non era così semplice, non voleva dare l'idea di essere debole, anche se non lo dava a vedere già il fatto di essere il più giovane della squadra aveva un suo peso, ma dimostrare che non riusciva a tenere il passo degli altri era un'altra storia.

«E comunque, se vogliamo vedere il lato positivo, morire è una delle poche cose che si possono fare stando sdraiati.», disse Samantha, alzandosi e prendendo dal mini-frigo due bottigliette d'acqua e porgendone una al ragazzo.

Reid sorrise.

«Woody Allen.».

«È il mio modello.», ridacchiò la ventisettenne, scostandosi i capelli dagli occhi.

«Anche se non è teoricamente giusto, si può morire stando in piedi a causa di un infarto fulminante, una pallottola, oppure seduti, o anche...», prese a raccontare a manetta il giovane genio.

«Dio mio, come sei pignolo.», rise Samantha, scuotendo il capo.

Reid sorrise ancora, per poi aprire la bottiglietta d'acqua e sorseggiandolo un po'.

«L'S.I. che stiamo cercando, quanto pensi aspetterà prima di uccidere di nuovo?», domandò la ragazza dopo qualche minuto di silenzio.

Spencer sospirò, appoggiando la bottiglietta sul tavolo.

«Ho fatto un calcolo delle probabilità.», disse. «Il 33% delle statistiche dicono quattro giorni, il 7% una settimana mentre il 60% un giorno.», recitò.

Samantha non parlò subito.

«Sono solo statistiche senza delle vere basi per confrontarle però, no?», mormorò lei. «Non è detto che quel 60% sia corretto.».

«No, infatti», la assecondò lui.

Nessuno dei due ci credeva veramente.

«Della tua famiglia, invece, cosa mi racconti?», chiese Samantha, quasi mezz'ora più tardi e le lancette dell'orologio sfioravano le due e trenta del mattino.

«Sono figlio unico. Mio padre... Beh, mio padre se n'è andato di casa quando ero un bambino e non l'ho più rivisto se non sino all'anno scorso, per un caso di omicidio. Credevo fosse l'omicida e invece... Stava solo cercando di proteggere mia madre, che era rimasta coinvolta senza esserne a conoscenza. Mia madre», si bloccò, facendo un respiro. «Mia madre è una paranoide schizofrenica.».

Samantha lo fissò un solo secondo, per poi trasformare il proprio bel viso in una maschera di comprensione.

«Non eri tenuto a dirmelo.», disse, con tono gentile.

«Che senso ha nasconderlo? È così, ci ho convissuto tutta la vita, non ha senso continuare a tenerlo nascosto.», replicò Reid.

Samantha cercò nei suoi un segno di tristezza, di cedimento. Trovò solo una luce di chi ormai si è arreso all'evidenza.

«Mia madre soffre d'Alzheimer.», disse velocemente, senza veramente accorgersi di ciò che stava dicendo. Fu tentata dal desiderio di coprirsi la bocca con una mano, ma non lo fece solo per una grande determinazione.

Spencer strabuzzò leggermente gli occhi.

«Mi dispiace.», balbettò.

Samantha scrollò le spalle.

«Non importa. Volevo solo farti capire che so che cosa significa avere un genitore malato. Tutto qui.».

Reid le sorrise riconoscente e lanciò un'occhiata al proprio orologio.

«Sono le tre!», esclamò stupito. «È meglio se ti lascio dormire qualche ora. Mi spiace di averti tenuta sveglia.».

«Non fa niente, mi ha fatto piacere chiacchierare con te», gli sorrise sinceramente alzandosi inconsciamente elegantemente.

Spencer si alzò, forse troppo velocemente, sentendo una fitta al ginocchio ferito facendo una smorfia di dolore che non sfuggì alla ragazza.

«Stai bene?», domandò preoccupata.

«Sì, sì, devo solo... Limitare i movimenti bruschi», le sorrise per farle capire che andava tutto bene.

Samantha lo accompagnò alla porta e la aprì, aspettando che il ragazzo uscisse e sfiorandogli la schiena con una mano mentre lo accompagnava. Spencer rabbrividì appena a quel contatto.

«Ci vediamo tra quattro ore.», gli sorrise Samantha, inarcando appena gli angoli della bocca.

«Grazie per avermi ascoltato», replicò lui. «Buonanotte.», fece per allontanarsi, zoppicando appena, quando fu richiamato dalla voce soave della ragazza.

«Ehi, Spencer, se vuoi parlare anche domani sera, io sono qui!», lo disse velocemente, insieme conscia e inconscia delle proprie parole. Ma quando finì di parlare il suo sorriso si fece più raggiante.

Reid si voltò e annuì, felice.


Continua....


* con “quel ragazzo le piaceva” non intendo dire a livello sentimentale, come una specie di cotta, bensì più che altro amichevolmente, Samantha trova Reid una persona gradevole, gentile. Probabilmente l'avrete capito ugualmente, ma volevo fare chiarezza perché non mi sembrava che quella parte fosse spiegate benissimo.

  
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