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Autore: Seren_alias Robin_    28/07/2011    12 recensioni
 “Hermione…”sussurrò.
Il cuore di lei fece una capriola. Amava quando lui pronunciava il suo nome in quel modo. Per un attimo smise di accarezzarlo. “Cosa c’è Ron?”
“Io e te ci sposeremo,vero?”
Non sembrava affatto una richiesta,semmai solo un’inutile conferma.
***
La mia prima fanfiction,i titoli dei capitoli sono semplicemente le canzoni che mi hanno ispirato nello scrivere questa follia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dormire era un’isola di rifugio in quegli abissi di angoscia.
Avrebbe voluto restare a letto per tutta la vita,protetto da quelle coperte,perché alzarsi da lì voleva dire affrontare le conseguenze del giorno prima,sbattere la testa davanti alla realtà e probabilmente ferirsi ancora,ancora e ancora. Era puro masochismo.
Era bello invece lasciarsi cullare dall’incoscienza,e non capire ne accettare nulla,restare in quello stato di convalescenza e oscillare nei dubbi. Eppure sapeva benissimo che non aveva senso,e sarebbe stata vigliaccheria inutile.
In fondo,nemmeno così si poteva dire che stava davvero bene.
Ron aprì gli occhi e si stiracchiò. Si accorse che Hermione non era vicino a lui dall’assenza del suo profumo. Fece un gran respiro,mentre gli occhi si abituavano piano alla luce che filtrava dalla finestra,e si alzò. Guardò l’orologio. Erano le 8 e un quarto.
Naturalmente Hermione era in bagno. Ne uscì dopo venti minuti che sembrarono un’eternità per chi la aspettava fuori da quel bagno . Era già pronta e vestita. Sussurrò un “buongiorno” tirato e gli annunciò che lo avrebbe aspettato sotto,e senza aggiungere nient’altro uscì dalla stanza.
Ron rimase qualche secondo imbambolato in mezzo alla stanza,senza dire o fare nulla se non guardare la porta da dove Hermione era appena uscita,sperando nell’angolo più sincero e sciocco del suo cuore di vederla tornare,corrergli incontro e dimenticare insieme il perché di quel rancore.
Ma ogni secondo era come se un estraneo fastidioso gli ricordasse con parole dure che non era affatto così semplice,che quella porta sarebbe rimasta chiusa. Hermione era troppo lontana.
Mentre entrava il bagno fu preso dal suo stesso riflesso nello specchio. La notte gli aveva regalato delle splendide occhiaie ed era anche il caso di farsi una barba. Il bel viso cereo non nascondeva affatto il suo stato d’animo. Si sciacquò ripetutamente,come se l’acqua annullasse i suoi sentimenti dipinti sulla faccia,ma era una battaglia persa. Lasciò la barba così com’era e si affrettò a vestirsi,indossando la prima cosa che trovò nello zaino,una semplice maglia di cotone verde,ripiegata con cura,e dei jeans chiari. Poi afferrò lo specchio che Hermione aveva lasciato sul comodino e pronunciò il nome del suo migliore amico.
Harry non lo fece attendere. “Ma come siamo allegri di prima mattina! Che succede amico?”
Con una certa forza di volontà Ron mantenne un tono quasi disinvolto. “Nulla,volevo solo sapere come state. Ah,e poi informarti che tra qualche ora potrei essere alla tana.”
Harry aggrottò le sopracciglia. “Di già?”
Un principio di sorriso colorò il volto spento di Ron. “Vedo che la mia mancanza si sente,eh?”
“Oh si ci struggiamo di dolore.”rise. “Scherzi a parte,credevo che ci avreste messo di più…con la ricerca e tutto intendo.”
“Si ma una volta che Hermione avrà fatto il suo controincantesimo io tornerò a casa,voglio dire…”gli sfuggì un sospiro. Pronunciare il suo nome sembrava avergli bruciato la gola.“Io credo che lei voglia restare da sola sai,con i suoi…”
Harry era perplesso. Conoscendo Hermione,non avrebbe avuto niente da ridire sul fatto che Ron restasse con lei…
“Ron,c’è qualcosa che non va?”
Il rosso esitò per un attimo,poi esplose. “La domanda da fare sarebbe: c’è qualcosa che va per il verso giusto? Sono stanco Harry,stanco di lei,dei suoi continui sbalzi di umore e delle sue sfuriate,della sua intolleranza e del suo disprezzo! Maledizione,dovevo capirlo subito,lei non voleva che partissi con lei,non lo ha mai voluto,sono un peso per lei,e allora sarà meglio senza di me,non appena mi assicurerò che sia con i suoi genitori,perché il cuore mi dice che non posso lasciarla sola. Ma lei vuole che me ne vada,mi sento un peso e…”
“Ron.”intervenne finalmente Harry. “Calmati.”
Il suo tono di voce,di una tranquillità innaturale,fu un calmante per Ron. Fece un altro profondo respiro e si lasciò cadere sul letto,nonostante lo specchio che tremava nella mano destra.
“Ora raccontami bene cosa è successo.”
E Ron gli spiegò tutto,di come una sciocchezza avesse portato a un litigio che era andato peggiorando secondo dopo secondo,di come le parole di Hermione erano gocciolanti di disprezzo puro,di quanto lo avesse ferito.
Harry attese qualche minuto prima di dire la propria,quando fu certo che Ron lo ascoltasse.
“Dimmi quanti anni sono che conosci ad Hermione?”
“Harry,ma che razza di…”
“Rispondimi!”
“Sette anni.”rispose immusonito.
“Sette anni.” Ripetè Harry. “E in sette anni quante volte ti ha maltrattato? Quante volte vi siete offesi a vicenda?Quante volte…”
“Harry tu non capisci! Miseriaccia,io la amo!”
E all’improvviso tutto tacque. Quell’idea,quel pensiero,aveva sempre vagato indisturbato nella sua testa continuamente e sempre più evidente,ma dirlo ad alta voce era un altro paio di maniche.
Era vero.
Concreto.
Tangibile.
E doloroso.
E la consapevolezza di quelle parole entrò in lui,avvolgendolo in un calore sconosciuto. Era anche assurdamente bello,per quanto gli facesse male.
Harry era rimasto in silenzio. Era come se involontariamente avesse violato la parte più intima e  privata di Ron. Sapeva da sempre cosa provava il suo amico,era una vita che lo sorprendeva a guardare Hermione come lui,Harry,non l’aveva mai guardata. Lo aveva visto consumarsi di gelosia,conosceva le sue paure,i suoi sogni e i suoi desideri,ma non erano mai stati così espliciti come in quelle tre parole sfuggite dalle sue labbra.
Attese,per dar modo all’amico di riprendersi dall’imbarazzo che gli aveva tinto le orecchie di rosso.
E infatti dopo un po’ Ron parlò. “Tornerò a casa entro stasera se tutto va bene,avvisa mia madre per piacere.”
“Oh,certo Ron…si.”
Un altro attimo di silenzio.
“Scusami per lo sfogo amico.”
Era quasi tranquillo,e anche Harry si sentì più sollevato. “Se c’è una cosa che non devi fare è chiedermi scusa per questo genere di cose,Ronald Weasley.”
“Forse hai ragione.”
Si scambiarono un sorriso di intesa e si salutarono.
Ron poggiò nuovamente lo specchio sul comodino,poi infilò le scarpe e uscì dalla stanza. Scese le scale con una lentezza calcolata e si stupì di come,nonostante tutto,Hermione ai suoi occhi fosse così incredibilmente bella.
Se ne stava vicino alla porta d’ingresso palesemente impaziente. Ron non aveva notato di come le stesse bene il vestito bianco di cotone che indossava,ne di come avesse raccolto con cura i capelli.
Si avvicinò a lei. Quando lo vide si limitò a sospirare e gli fece cenno di seguirla.
“Il taxi è qui già da cinque minuti.”dichiarò irritata.
“Perdonami.”rispose Ron semplicemente. Quella calma la spiazzò e non disse più nulla.
Il taxi sfrecciava nel traffico mattutino. Ron guardava fuori dal finestrino,a vuoto. Hermione cominciava ad essere nervosa. Giocherellava con la chiusura della borsetta quasi fino a romperla.
Era così agitata che le sfuggì un grosso sospiro. Ron non si girò ne diede segno di aver sentito qualcosa. Se l’avesse guardata,non avrebbe resistito a prenderla tra le sue braccia,o almeno a stringerle forte la mano.
Ma lei non vuole,ripetè a se stesso.
Una volta arrivati a destinazione,Ron non potè fare a meno di notare il tremore delle mani di Hermione mentre pagava il babbano del taxi. Ancora una volta dovette reprimere l’istinto di abbracciarla. Scesero dall’auto e si trovarono di fronte un bel palazzo bianco a più piani. Hermione si avvicinò al citofono per leggere i nomi che vi erano scritti.
“Credo che si trovino al quinto piano.” Sussurrò con un filo di voce. “Andiamo?”
“Certo.”
Entrarono dentro il palazzo. All’interno era tutto molto luminoso e abbastanza elegante. Si avvicinarono all’ascensore. Hermione gli lanciò uno sguardo supplichevole e spaventato insieme.
“Vai.”le fece cenno Ron,e insieme entrarono nell’ascensore.
Sembrò che andasse pianissimo. Hermione continuava a specchiarsi torturando i propri capelli,Ron invece era semplicemente silenzioso e fastidiosamente apatico.
Una volta arrivati al quinto piano si ritrovarono in un corridoio con molte porte di legno scuro. La seconda recitava su una targhetta dorata a caratteri piccoli e raffinati: “Studio dentistico Wilkins”.
Hermione fece un ultimo profondo respiro,poi bussò.
Si udirono dei passi,poi una giovane segretaria andò ad aprire. Sorrideva.
“Lei deve essere la signorina Granger:”
“Oh,si sono io.”
“Prego accomodatevi.”disse,spostandosi per farli passare. “Tra qualche secondo potrà entrare,nel frattempo il suo fidanzato può aspettare nella saletta.”
Nessuno dei due si prese la briga di puntualizzare che non erano fidanzati,ma si scambiarono uno sguardo indecifrabile. La segretaria lì guidò fino alla piccola sala d’attesa,che comprendeva qualche poltroncina nera e un tavolino al centro,e si allontanò. Non c’era nessun altro.
Entrambi restarono in silenzio finchè non tornò,annunciando che i medici erano pronti per la visita. Hermione si alzò di scatto,pallida come un lenzuolo. La segretaria le sorrise di nuovo.
“Paura del trapano?”
“Cosa?Oh,si…”farfugliò Hermione.
“Non si preoccupi,il signore e la signora Wilkins sono dentisti davvero capaci e attenti,stia pure tranquilla.”
Ron la guardò per qualche secondo. Avrebbe voluto baciarla,rassicurarla,dirle che sarebbe andato tutto bene,ma si limitò a osservarla entrare nella stanza adiacente,senza una parola.
Nell’attesa per un po’ sfogliò qualche giornale babbano,tremendamente tristi con quelle figure plastiche e immobili. Dopo dieci minuti cominciò a sentire l’impazienza.
Aveva con sé tutto quanto,lo zaino era poggiato a terra. Lo afferrò e cerco la sua bacchetta. 
Una volta trovata lanciò un incantesimo Confundus sulla segretaria che uscì dalla stanza canticchiando come una bambina,e si avvicinò alla stanza dove si trovava Hermione. Era semiaperta.
Cautamente vi spiò dentro quanto bastava e ciò che vide gli strinse il cuore di gioia. Hermione stava piangendo sulle spalle della madre che le accarezzava i capelli. Il signor Granger sorrideva seduto affianco alle due donne,entrambi i coniugi avevano un’espressione seppur confusa carica di felicità. Era andato tutto bene,l’incantesimo di Hermione aveva funzionato a meraviglia,e soprattutto aveva ritrovato i suoi genitori. Non avrebbe dovuto dividersene mai più.
E a quel punto la consapevolezza della sua scelta si presentò chiara davanti agli occhi di Ron.
Mise lo zaino in spalla e si smaterializzò.
Un dolore fortissimo al petto per un attimo gli fece credere di essersi spaccato ancora prima di aprire gli occhi. Sentiva l'odore degli alberi e rumori lontani,percepiva il vento sulla pelle,il terreno duro sotto i suoi piedi.
Aprì gli occhi. La Tana era di fronte a lui,illuminata dai raggi del sole. Le nuvole non erano più bianche come l'ultima volta che le aveva viste. E nemmeno tanto belle. Si guardò il petto,le gambe,le braccia. Tutto a posto. Non c'era stato nessuno spaccamento. Nemmeno di mezzo sopracciglio.
E così capì il perchè di quel dolore al petto. Semplicemente,aveva lasciato in Australia il suo cuore.
 
 
 
  

   
 
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