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Autore: Serpedoro    28/03/2006    5 recensioni
Ho sempre amato questi giardini. Sempre.
Hanno la capacità di rasserenarmi solo per il fatto che esistono.
E nonostante tutto, nonostante la funzione che svolge adesso, Hogwarts per me è sempre stata casa.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Per onestà, ma soprattutto per non essere linciata alla fine, devo avvertirvi che questa storia è certamente più che malinconica, ma mettere il genere “triste” o “drammatico” mi sembrava davvero eccessivo. Spero di non aver sbagliato nella valutazione, ma in ogni caso non potrete dire che non vi ho avvertiti…¬_¬
Cinque, quattro, tre, due, uno… Serpedoro sbircia fra le dita… Siete ancora qui?
Ottimo!
Ben ritrovati miei temerari, sappiate che vi apprestate a leggere la prima fanfiction sul Potterverse che abbia scritto. Risale a circa un annetto e mezzo fa, ben lungi dal Principe Mezzosangue quindi, del quale infatti non tiene conto neanche di striscio.
È una storia ambientata dieci anni nel futuro dopo la famigerata notte all’Ufficio Misteri e il narratore è Severus, col quale mi scuso cordialmente perché al tempo l’intesa era buona ma non buona come adesso… Detto fra noi non voleva neanche che la postassi e anch’io non ero grandmente convinta, ma ormai ci siamo, perciò…
Prima di lasciarvi alla lettura, i miei più sentiti ringraziamenti a daisy05 (grazie mille per i complimenti ^-^), Danae Black (leggere i tuoi commenti e vedere gli accenni che cogli è sempre una gioia, davvero*-*), nonna minerva (lieta che ti sia piaciuta ^-^), Joy (tesorissimo! Come farei senza di te? Non voglio neanche pensarci >.<) e mike (che mi sembra giusto sappia che ho ancora gli occhi a cuore a causa del porfido rosso del Nilo *-*), che hanno commentato “Visita di cortesia”. ^-^
Mentre un giganteso grazie va ad alechka, che con mia grande commozione ha commentato “L’altra faccia della medaglia” *-*
Grazie ancora a tutte!
E ora, non mi resta che augurarvi buona lettura!







Eccolo lì che dorme.
Il suo riposino di bellezza, come lo chiama lui, prima dello scontro.
Che tradotto sarebbero i sessanta minuti di sonno filati che si concede, rispetto ai cinque o dieci minuti vaganti disseminati nell’arco della giornata.
A volte gli vedo una tale estenuazione negli occhi, che mi piacerebbe potergli dire - Andrà tutto bene - o - Ce la faremo -.
Ma lo stimo troppo per poterlo prendere per i fondelli in questo modo.
Quando si accorge di queste mie losche intenzioni socchiude appena gli occhi, rivolgendomi un sorriso di gratitudine.
Capendo che l’idea di parlare mi ha sfiorato, ma che ancora una volta sono riuscito a trattenere le parole dietro ai denti, ed è di questo che mi è grato.
Come si dice… In fondo basta il pensiero, no?
Non ho neanche bisogno di scuoterlo che solleva le palpebre a guardarmi. Come se avesse soltanto riposato gli occhi e non mi stupirei più di tanto, se fosse realmente così.
Mi siedo sull’orlo del letto porgendogli il calice « Tieni. Bevi »
« Grazie Severus »
Risponde puntellandosi sui gomiti, impugnando la coppa.
Bagna appena le labbra, stringendo gli occhi e i denti per il disgusto e allontanando brevemente il bicchiere ne osserva ostile il contenuto, prima di tentare un altro sorso per cercare almeno di intaccarlo.
Ingolla una sorsata massiccia.
Però, l’ha quasi dimezzato… e ora lotta col suo stomaco perché non sfratti il nuovo arrivato.
« Non guardarmi così »
Mi dice senza sollevare lo sguardo.

Perché non dovrei guardarlo così?
Non c’è un motivo al mondo per cui non dovrei guardarlo così.
Pretende molto dagli altri.
Ancora di più dalla sua cerchia ristretta.
… ma l’unico che non risparmia è se stesso.
Dorme poco, mangia ancora meno e tira avanti grazie a una serie di intrugli che ormai non mi sento più di chiamare pozioni.
Quando erano ancora un sostegno, erano pozioni, adesso che sono il suo unico mezzo di sostentamento sono solo intrugli.
Pericolosi intrugli.
Che lo sostengono e lo costringono. Che lo mantengono vigile.
Anni fa provai a ribellarmi, minacciandolo che avrei smesso di preparargli queste brodaglie.
La pozione aveva funzionato, ma mischiata ad altre aveva avuto degli effetti collaterali inaspettati, provocandogli una febbre piuttosto alta unita a degli spasmi violenti.
Lo assistetti per tutta la notte e all’alba, quando si calmò, gli intimai che non sarebbe più successa una cosa del genere e che non sarebbe successa perché avrei smesso di fare il pozionista folle ingozzandolo di beveroni.
E non sono fiero di dire che da quel giorno non si è più ripetuta una simile situazione.
Perché se non ce ne sono state, è soltanto per la ragione che, qualora ci fossero variazioni da fare sul “menù del giorno”, verifico prima quali potrebbero essere i possibili effetti collaterali.
Non ebbi neanche il tempo di congratularmi con me stesso per quello scatto, che capii istantaneamente di aver perso dal suo pacato « Va bene, Severus ».
Sdraiato su un fianco, ancora madido di sudore, mi disse semplicemente « Dimmi solo di che portata sarà il crollo, se smetto. Come questo? Peggiore? Credo che la mia curiosità sia legittima »
Il crollo…
Lo odiai con tutto me stesso. Appassionatamente.
Perché aveva ragione.
Lo stravolgimento totale dei valori, in una situazione estrema come la sua, faceva sì che le possibilità che morisse o si riducesse allo stato vegetativo fossero altissime.
Ma non solo.
Lo odiai perché una simile possibilità non lo toccava minimamente, perché la sua non era una normale dipendenza, ma una logica, razionale necessità.
… E perché non potevo farci proprio un accidente.

« Perché non dovrei guardarti così? »
Rispondo piccato, evitando di sciorinare il resto dei miei pensieri.
Lui sorride, gli occhi al calice che fa roteare appena con un lieve movimento del polso.
Neanche fosse brandy di amarene nere… ma lui è fatto così.
E sta tramando qualcosa.
« Tra un po’ si va in scena… »
Eccolo…
« Non ti spiacerebbe se ci congedassimo col muso lungo? »
Conclude fissandomi con una faccia da schiaffi che credo per molti non sia nemmeno lontanamente immaginabile indosso a lui.
« Sciocchezze »
Ribatto sbrigativo, premendo nervosamente il palmo delle mani contro le ginocchia.
Non è contemplata una simile eventualità.
E non perché siamo immortali, imbattibili o chissà che, semplicemente perché non ci crediamo o, forse, speriamo più.
E il nervosismo legato a questa possibile circostanza, è che nessuno di noi vorrebbe essere quello che resta.

Si ridistende sui cuscini guardandomi in tralice, col bicchiere poggiato sullo stomaco.
Io ricambio furtivamente lo sguardo e vedo che quella linea sottile si allarga sempre di più, finchè anch’io non sorrido.
Ce l’ha fatta, è riuscito a farmi scaricare.
Un lieve ma profondo borbottio di risa proviene dalla sua gola.
« Sei sempre il solito ragazzino »
Lo rimbrotto continuando a sorridere.
E nessun’altro qui al castello può dirlo con la stessa pertinenza.
Perché io solo, ormai, ho conosciuto realmente il ragazzino che era e che ogni tanto riemerge.
E perché solo con me il ragazzino che era riemerge realmente.
In questi anni non ha mai perso il senso dell’umorismo, perfino io ho imparato a limare il mio sarcasmo cercando di renderlo più ironico e meno offensivo… con apprezzabili risultati aggiungerei… Ma per quanto scherzi e sorrida, quella particolare luce nello sguardo si riflette solo con me.
Perché siamo cresciuti insieme.
E siamo cresciuti insieme fra queste vecchie mura di pietra.
In Case differenti, in situazioni differenti e con compagnie alquanto differenti.
Ma siamo cresciuti insieme.
In certi casi solo noi capiamo di cosa parliamo o di cosa non parliamo, perché basta uno sguardo per comprendere.
Lui è per me, esattamente come io sono per lui, l’ultimo baluardo di un periodo intensamente felice e drammatico a un tempo, che ci ha reso vivi come null’altro.
Ed è per questo che se mai accadesse, non vorrei essere io a dover restare…

Il momento di gaudio per oggi si è concluso, la voglia di sorridere è passata.
Io guardo di fronte a me, lui guarda il calice che suo malgrado dovrà finire e il silenzio è denso, ma non è fastidioso.
Non per noi almeno.
C’è chi darebbe di matto a stare in un clima del genere, ma… non noi.
La porta si socchiude appena, con esitazione, e ne fa capolino una chioma arruffata seguita da degli incerti occhi verdi.
Si volta indietro sui cuscini a guardare chi sia e quando lo vede, « Entra Harry », lo invita con un sorriso rassicurante non necessario.
Una volta visto che sul bordo del letto ci sono io e non Nymphadora, il figlio di Potter entra con passo sicuro.
La guerra ci ha resi più spicci, rimuovendo dalla nostra educazione fisime superflue che provocano perdite di tempo, come il bussare alla porta e attendere risposta.
Questa carenza è stata compensata da profonda cautela e discrezione quando ci si avventura in certe stanze, e una di quelle è questa per Harry.
Posso capire il suo rispetto. Per lui, Remus è quanto di più vicino a un genitore gli sia rimasto.

Si piega affianco al letto, salutandomi con un cenno del capo e un sorriso.
… chi l’avrebbe mai detto allora…
Che ricambio.
… mai e poi mai…
Poi si rivolge a lui con apprensione mal celata « Tutto bene? »
Remus dilata gli occhi sorpreso, sedendosi a sua volta sul bordo, come a dimostrargli che non è indisposto « Certo, Harry »
« Che domande fai? »
Aggiungo io quasi scandalizzato… quasi.
Ci guarda scuotendo la testa come se fossimo dei casi senza speranza.
Non è più un bambino e certamente non è mai stato stupido.
Si siede per terra, con una gamba piegata e una distesa, le braccia indietro a sostenerlo.
La posa sembra una di quelle di Black, ma l’espressione canzonatoria, quella, è tutta di suo padre.
Posso solo immaginare come si contorca il cuore di Remus nel vedere riflesse queste incredibili somiglianze.
In me la voglia di avvelenare il ragazzo per questo con gli anni è stata sostituita, fortunatamente, da un’alzata di sopracciglio che manifesta tutta la mia perplessità.
Perché è vero. A distanza di anni, questi riverberi del passato mi lasciano ancora interdetto.
Ciondola la gamba piegata. Non è convinto.
« Sul serio » conferma Remus, e il suo tono di voce non gli concede la possibilità di diffidare ancora.
Harry lo sa e stringe le labbra cedendo a malincuore.

Ufficialmente il fu Bambino-Sopravvissuto, non ha alcun motivo di preoccuparsi.
Sono anni che l’incosciente qui di fianco non viene ferito in modo tale da essere considerato allarmante.
Ufficiosamente, invece, ha tutti i motivi di questo mondo e oltre.
Perché, come detto sopra, il nostro capitano coraggioso dorme poco, mangia ancora meno e vive di intrugli.
E Harry è a conoscenza di tutto questo.
Perché come detto sempre sopra, non è stupido e per di più fa parte della cerchia ristretta.
« Come stai tu, piuttosto… »
Chiede sospettoso al suo pupillo dopo alcuni istanti.
Quest’ultimo scrolla le spalle indifferente, incrociando le gambe e poggiando i gomiti sulle rotule, « Bene ».
Mai accada che ti prendano, ma se così dovesse avvenire, mi auguro fortemente che tu riesca a dissimulare in modo più convincente.
Azzardo « Questa sera- »
« Sì »
Non è l’attacco il motivo.
E anche se ci è stato segnalato che sarà più violento del solito… Beh, non è questo il motivo.
Anzi, sembra addirittura impaziente di andare e battersi.
Rabbia da sfogare.
Molta rabbia.
E per quanto un duello magico, a determinati livelli, sia notevolmente più debilitante di quanto un profano possa immaginare, spesso mi ritrovo a pensare che Harry, per quanto avveduto possa essere, rimanga leggermente frustrato da questi combattimenti a distanza e che senta la necessità di qualcosa di più immediato, di più… appagante.
Credo fermamente che rimpianga la totale ignoranza da parte del mondo magico degli scontri alla babbana.
Se per una volta, invece di agitare la bacchetta, potesse darle di santa ragione, ho idea che non sarebbe tanto elettrico al rientro al castello…

« Ron? »
Domanda Remus e lui abbassa lo sguardo, le labbra bianche ridotte a una linea.
« È da Neville »
Svelato l’arcano.
Mentre Harry mantiene lo sguardo a terra, lui socchiude appena il suo.
Gli fa male vederlo star male.
Prende un respiro profondo. Tempo di cambiare argomento.
« Harry, saresti così gentile da dire agli altri- »
« Sono già giù in attesa. È anche per questo che sono venuto »
« Quanta solerzia… »
« Dì che si rilassino ancora per le prossime due ore. Invece informa i soliti di farsi trovare nell’aula di Difesa fra un’ora, per favore »
Si alza, « Bene. E… »
« Vado io alle serre » intervengo. « Tu occupati degli altri »
Harry annuisce ed esce dalla stanza.
Quando mi volto, vedo Remus che mi guarda come se fossi un oggetto babbano di cui non comprende il meccanismo.
« Ebbene? »
« Niente… » asserisce cambiando espressione, ed è allora che capisco che c’è qualcosa che non va.
E temo non si tratti solo di Harry…
Non sono sicuro di voler sentire la nuova sciagura in anteprima, ma non mi muoverò di un passo.
Lo fa lui alzandosi.
Qualunque cosa pensasse di fare, ha cambiato idea e io non so se ringraziarlo o riprenderlo col solito ritornello: non-puoi-tenerti-sempre-tutto-dentro.
Mi alzo anch’io, dirigendomi alla porta e quando sono ormai fuori, mi accorgo che lui è dietro di me sulla soglia. Ora non ho davvero più scelta.
Apro la bocca, ma lui sceglie un’altra volta per me.
Abbassa lo sguardo evitando il mio « Vai alle serre adesso? »
E me lo dice con un tono che non ammette divagazioni di alcun genere sulla risposta.
« Sì »
Assente col capo e chiude la porta dietro di sé, il calice ancora in mano.
« Vedi di finire quella sbobba » mi raccomando più brusco del dovuto.
Un po’ perché mi ha levato il diritto di controbattere e un po’ perché, se davvero deve vivere solo di quella roba, almeno che se la sorbisca tutta.
Accondiscende di nuovo e mi volta le spalle, avviandosi per la strada che porta al corridoio in cui troneggia il Grifo di pietra. Avviandosi all’ufficio di Silente.
Dove solo lui ormai e, per grazia ricevuta, ogni tanto io e Harry possiamo mettere piede.

Ecco.
Adesso ho davvero una gran voglia di raggiungerlo, bloccarlo e dirgli qualcosa di più del solito ritornello.
Non ha il diritto di comportarsi così.
Roba da prenderlo veramente a schiaffi come fanno fra loro i babbani…
Copro la distanza con poche decise falcate e giunto all’angolo del corridoio, sono pronto a svuotarmi i polmoni, quando la sua voce mi giunge in lontananza, piena di scherno.
« Isola felice »
Il Grifone si innalza rivelando la scala su cui sale prontamente, sparendo dopo pochi istanti.
Non ha il diritto di comportarsi così.
ma ne ha la responsabilità.
Ammetto contro voglia appoggiandomi al muro.
Perché se è vero che nessuno di noi gli ha mai chiesto nulla, è vero anche che tutti noi guardiamo a lui.
Mi scosto dal muro.
Devo dirigermi alle serre.
Mentre cammino, i miei passi rimbombano per i corridoi come se fossi l’unico abitante di tutto il castello, sebbene sia l’esatto contrario.
Non c’era tutta questa gente neanche quando Hogwarts era attiva, ma il silenzio che pervade le mura è identico a quello che si creava durante i mesi estivi, quando era vacanza.
Ripenso a quel settembre in cui per la prima volta non ci fu nessuno smistamento…
Hogwarts era aperta, funzionante, ma avevamo deciso dopo quanto successo la notte all’Ufficio Misteri, la notte in cui morì Black, che quell’anno, non sapendo esattamente cosa ci aspettasse, avremmo sospeso le iscrizioni.
Nella speranza di poterle riaprire al più presto possibile e in quella di riuscire a portare al completamento degli studi gli allievi che rimanevano.
Ma nonostante la Seconda Guerra, almeno agli inizi, fosse molto meno violenta della Prima, il corso di Luna e di Ginevra, fu l’ultimo che riuscì a conseguire i M.A.G.O. …

Non dovrei mai pensare a queste cose.
Non a poche ore da uno scontro.
Non potrei compiere una mossa più sbagliata di questa…

Ognuno ebbe un ruolo, ognuno fece la sua parte.
Io ritornai a fare il doppio con maggiore successo rispetto alla Prima Guerra, dopotutto ero cresciuto e le mie conoscenze si erano proficuamente ampliate.
Divenni il pozionista di Voldemort, suo consigliere e più fido congiunto. Ero l’emissario dei suoi ordini, il rappresentante della sua persona.
Un ruolo più che utile, quanto ingrato.
Remus riorganizzò l’Ordine della Fenice, addestrando nuovi ragazzi come se fossero Auror e dando un valore ai vecchi membri.
Costituì una rete di contatti col resto del continente e si offrì come mediatore per trattare con alcune delle creature che Voldemort cercava di reclutare e che non si fidavano dei maghi e del Ministero che, stoltamente, le considerava inferiori.
Quattro anni volarono così.
In quella che si era rivelata una lenta ed estenuante partita di scacchi babbani, con brevi parentesi di scontro a colpi di bacchetta.
E quando ormai i nervi erano ridotti al limite, nell’arco di un anno tutto cambiò.
Ancora oggi non so come catalogare quella svolta…
Io detti alcune informazioni, loro fecero il resto e Harry fu svincolato da Voldemort.
Ricordo con precisione la furia dell’Oscuro e quante teste caddero.
Guardò tutti coi suoi occhi di rubino.
Tutti tranne me.
E non so con che sangue freddo riuscii ad incantare un arazzo e sparire.
So solo che rimasi al buio per giorni quando fui al sicuro.
Avevo i miei motivi per fare il doppio, ma veder morire alcuni fra gli amici di tutta una vita, era una cosa di cui stupidamente e irrazionalmente, non avevo tenuto conto.
Quando uscii da quella stanza ero un componente dell’Ordine visibile.
Molti sapevano che c’era una spia nelle alte sfere dei Mangiamorte, ma solo il gotha sapeva che fossi io.
Lo shock fu nettamente percepibile, la diffidenza lo fu ancora di più.
Allora lo guardavano già come si guarda a un esempio, e se non fosse stato per Remus, nel giro di quarantott’ore qualcuno mi avrebbe certamente ucciso per misura cautelativa…

Prendo un respiro profondo.
È una bella giornata di sole e i giardini profumano… Ho sempre amato questi giardini. Sempre.
Hanno la capacità di rasserenarmi solo per il fatto che esistono.
E nonostante tutto, nonostante la funzione che svolge adesso, Hogwarts per me è sempre stata casa.
E penso sia lo stesso anche per lui…

I mesi che seguirono l’affrancazione di Harry da Voldemort furono di una violenza pressochè inaudita.
Dopo aver sfrondato le proprie fila dagli elementi dubitabili o inutili, l’Oscuro scatenò i suoi Mangiamorte, più agguerriti che mai, contro tutto e tutti.
E come sempre, nel momento meno opportuno accadde il peggio.
Allora i maggiori esponenti dell’Ordine risiedevano per metà a Grimmauld Place n°12 e per metà a Hogwarts.
Remus risiedeva a Grimmauld Place, io al castello.
Non solo perché mi trovavo più a mio agio lì insieme ai miei vecchi insegnanti, come se fossi tornato uno studente dimenticando di essere stato un collega, ma anche perché avevo un’utilità più che pratica…
Rammento ancora il suo arrivo al castello.
Trafelato, sconvolto.
Le labbra tirate e lo sguardo sgomento.
Ai piedi della gradinata principale lo attendeva Minerva, austera come sempre, sebbene la sua gravità fosse pervasa dal panico della situazione.
« Chi c’è? »
« Solo noi »
« Dove? »
« Nella sala professori »
« Lui? »
« Nelle sue stanze »
« La prego di trattenere tutti in sala »

E detto questo si era precipitato su per la rampa, correndo a perdifiato per i corridoi, giungendo finalmente al Grifo di pietra, scomparendo dentro alla sua scala.

Il rituale compiuto per liberare Harry dal legame con Voldemort aveva funzionato alla perfezione, ma Silente ne aveva risentito gravemente.
Era solo questione di tempo. Poco tempo.
Le ultime briciole stavano resistendo solo perché Remus potesse vederlo, forse.
In quegli anni molti erano caduti e molti si erano aggiunti, ma la cerchia dei fidati dell’Ordine non era stata ritoccata da quando era stato ricostituito.
Col passare delle ore, tutti gli appartenenti a quella cerchia giunsero al castello, ritirandosi nella sala professori.
Mancava solo Hagrid, caduto due anni prima durante le ennesime trattative coi Giganti.
Minerva, Filius e Poppy erano gli ultimi esponenti del corpo insegnante di Hogwarts, oltre me, in compenso c’era una fitta schiera di ex alunni.
Harry, Hermione, i Weasley al completo con l'eccezione di Percy, morto durante un attacco alla premiazione ufficiale di non mi ricordo cosa.
Più Moody, Shacklebolt, Tonks, Podmore e Lux.
Il silenzio nella sala era immobile come noi.
In quel tempo si stava decidendo il nostro destino, quello della guerra e della comunità magica.
Perché era certo che Silente sarebbe morto.
Se non quel giorno, comunque a breve e senza di lui e con Harry svincolato, la gente non avrebbe più avuto un simbolo a cui rivolgersi e aggrapparsi, dato che chi non era in prima linea, ed eravamo tutto sommato pochi a fare cavie da bacchetta, ignorava l’esistenza dell’Ordine della Fenice.
Una fortuna, forse, se si considera da lì a breve quante e quali perdite avremmo avuto.
Anche perché se una persona può essere incredibilmente intelligente e coraggiosa, niente come la massa può essere profondamente stupida e vigliacca…
Furono ore interminabili, in cui ogni minimo movimento o profondo respiro ebbe il potere di allarmarci.
E poi Remus entrò.
Richiuse la porta senza distogliere gli occhi da noi e ci alzammo tutti meccanicamente in piedi a guardarlo.
Le sue labbra erano ancora tirate ed erano bianche, ma il suo sguardo non era più sgomento, era provato e tuttavia determinato.
Minerva avanzò e io con lei, quasi in concomitanza.
Algido come credo che nessuno di noi l’avesse mai visto e che fino ad oggi nessuno ha più visto, scandì distintamente a chiara voce « Il professor Silente è vivo e sta bene », scoccando un’occhiata eloquente ad ognuno di noi.
Nessuno fiatò, ma i moti di sconforto furono diversi.
Gli unici che rimasero impassibili fummo io e Harry.
Lui pietrificato dall’orrore che un’altra persona andasse ad aggiungersi al discreto elenco di persone che, come lui reputava, erano morte a causa sua; io dalla consapevolezza di quanto Remus ci stesse chiedendo.
Compì un rapido gesto con la sua bacchetta Imperturbando la stanza e proseguì dicendo « È esattamente questo, quello che diremo »
« Credi che basterà? »

Domandai incerto, affiancandolo in questo modo nel suo proposito.
« So che non abbiamo altra scelta. E se dire che il loro dio era risorto è bastato ai babbani per perpetrare la loro religione ai giorni nostri, allora dire che Silente è ancora vivo basterà a noi per rassicurare la gente fino alla fine della guerra »
« Ma- »
« Se qualcuno non se la sente, lo dica ora. Perché una volta usciti da questa stanza, nulla di quanto accaduto qui dentro dovrà uscire fuori »
.

“Ma”, fu solo un “Ma”.
Avanzato peraltro da Vitious, quindi da prendersi in considerazione, eppure fu proprio in seguito a quel “Ma” che Remus ebbe il suo primo moto autoritario.
Salvò l’Ordine della Fenice quel giorno ed è da allora che guardiamo a lui.
Silente riposa nella sala dove un tempo riponemmo la Pietra Filosofale, protetto con gli stessi incantesimi e celato nel segreto dell’Incanto Fidelius, di cui è ovviamente Remus il Custode.
Sono passati cinque anni da allora, ma è stato solo un paio di mesi fa che mi ha detto che arrivò troppo tardi nella stanza e che Silente era già… addormentato.
Da ucciderlo, no?
Ogni tanto si reca ancora nello studio di Silente.
Va a parlare col suo ritratto e con quello degli altri. A cercare sostegno.
Merlino, è una giornata troppo bella perché possa essere successo qualcosa di così grave…

« Buon pomeriggio, Severus. Magnifico cielo, eh? »
« Buon pomeriggio, Luna. Ciao Frank »
« Eheee… »
È un bimbo tranquillo quello di Luna. Ha due anni, è biondissimo e gli occhi sono azzurri come i suoi, ma il loro taglio è senza dubbio di Neville.
« Splendido davvero. Per caso stai andando alle serre da Neville? »
« Sì. Questo pasticcione si è messo a giocare con la mimbulus mimbletonia e ha ingurgitato un po’ di puzzalinfa, così adesso dovrà prendersi un infuso di rosa canina e levistico… Non è vero, tesoro? »
Il bimbo non sembra molto convinto, ma data la sua età non ha diritto di replica. Anche perché parla ancora poco, ma si prodiga in comizi in bambinese stretto.
Ha conquistato tutti e la sua nascita ha portato una ventata di speranza in un periodo piuttosto nero…
« Ti serviva niente? »
Scosto lo sguardo dal piccolo per puntarlo su di lei. Quanto è cambiata da quando era mia allieva… per non dire di quanto è cambiato Neville.
« Sì, volevo informarlo che tra mezzora ci riuniamo nell’aula di Difesa »
« Ci penso io, allora »
« Grazie »
E non ha idea di quanto le sia davvero grato.
Non per Neville. Suona buffo anche a me, ma mi fa sempre piacere scambiarci due chiacchiere ormai, è solo che…
Mi volto e avanzando rapidamente, blocco Luna « Lascia perdere. È meglio se vado io »
Lei mi guarda senza comprendere, poi un lampo di comprensione illumina il suo sguardo svagato e schiude le labbra.
Non c’è il benché minimo pericolo in realtà. Non muoverebbe mai un dito contro nessuno di noi, men che meno verso il piccolo, ma è proprio la presenza di Frank che lo metterebbe a disagio, facendolo stare se è possibile peggio, per cui…
« Rosa canina e levistico? »
« Solo il levistico, grazie »
« Di nulla »
Non ne ho affatto voglia, ma mi tocca.
E il bello è che mi sono offerto io per non angustiare ulteriormente il figlio di Potter senior.
Dev’essere vero che la guerra rende pazzi…
Da lontano, attraverso i vetri, scorgo Neville nell’angolo della serra adibito a laboratorio, concentrato come al solito su qualcosa.
Quando insegnavo non gli avrei messo in mano nemmeno una radice di liquirizia e adesso è l’unico al quale mi rivolgerei per un aiuto nella composizione dei filtri più complessi.
Fu una vera sorpresa scoprire che negli anni in cui avevo fatto il doppio, era stato sempre e solo Neville ad occuparsi della realizzazione delle pozioni per l’Ordine.
Compresa e anzi, soprattutto quella Antilupo per Remus, che non è certamente uno scherzo da preparare, tutt’altro.
Remus…
Il più delle volte che ci vede discutere insieme quell’idiota si mette a ridere.
Credo non si dimenticherà mai la lezione su quello stramaledetto Molliccio, che fece quando insegnò Difesa al terz’anno di Neville e gli altri. La prima volta che ridacchiò rimanemmo interdetti a guardarlo senza comprendere, ma poi…
È una bella giornata, evita di rovinarla con sgradevoli pensieri Severus…
« Neville »
Faccio entrando nella serra e il mio, è esattamente il tono scontroso che non volevo assumere.
« Severus… »
Mi guarda sconcertato, ma sembra più turbato dalla mia presenza che dal mio tono.
Aggiro una serie di aiuole ed entro nel corridoio che porta direttamente al bancone con gli alambicchi, ed è allora che scorgo il motivo del suo disagio.
« Severus »
« Ronald… »

È rannicchiato a terra, per quello non l’ho visto prima, le ginocchia sono piegate al petto e da come trema, sembra proprio nel pieno di una crisi coi fiocchi.
Do una rapida occhiata sul ripiano e stavolta vedo il vero motivo del disagio di Neville.
L’alambicco sta distillando della Balina.
« Serve una mano? »
« No, grazie »
Risponde concentrato Neville, mentre si appresta a versare in un calice un infuso di artemisia in cui, probabilmente, sono state versate delle gocce di oppio. L’odore d’altro canto è quello.
Porge la coppa a Ronald e dato che non mi sembra opportuno fissarlo « Frank ha ingurgitato un po’ di puzzalinfa giocando con la mimbulus mimbletonia. Luna ha la rosa canina, ma le manca il levistico »
Neville si illumina rasserenandosi e scuotendo la testa, rovista fra i barattoli in cerca di quello del levistico.
« Gliel’avevo detto di non giocarci… » sbuffa affettuosamente. « Nient’altro? »
« Fra una ventina di minuti c’è la riunione in aula di Difesa »
« Già, lo scontro… »
Soffia sarcasticamente Ronald alzandosi in piedi. La crisi sembra passata, ma continua a rimanere tesissimo e i suoi occhi sono venati di rosso.
Poggia il calice sul ripiano e guardandoci « Si va? »
Annuisco, invece Neville « Cominciate ad avviarvi. Io arriverò con cinque minuti di ritardo » e staccando brevemente lo sguardo dal distillatore « Scusatemi con Remus, anche se non credo che il mio intervento sarà fondamentale… » sfuma scherzoso.
Da quando è nato Frank, Remus non dico che l’ha confinato al castello, ma quasi.
E ha l’appoggio di tutti noi in questo. Salvo quello di Neville.
Ma la guerra ha già tolto abbastanza a tutti e solo l’idea di vedere un altro orfano per Hogwarts è intollerabile per poter correre il rischio.
Mentre mi avvio fuori lo sento dire « Sarà pronta per tempo. La porterò con me, ma… Solo a fine riunione. Intesi? »
Ronald acconsente. « Grazie, Neville… Davvero » ribadisce, malgrado la gratitudine nella sua voce sia evidente.
Mi raggiunge all’uscita, superandomi lungo la via che riporta al castello. Ha le mani ficcate in tasca ed è stretto nelle spalle con il capo chino e un po’ incassato.
Ogni tanto scuote la testa mandando i capelli indietro.
Sono perennemente in disordine e gli sfiorano le spalle, e forse non sembrerebbero così tanto rossi, se lui non fosse diventato così dannatamente pallido.
Ronald è sicuramente uno di quelli che hanno perso di più in questa Seconda Guerra. E non mi riferisco principalmente ai membri della sua famiglia, ma a Hermione.
È morta tre anni fa e da allora qualcosa si è definitivamente rotto in lui.
Vedere prima la Balina nel distillatore è stato un brutto colpo ma, purtroppo, non una sorpresa. Certamente ha intenzione di ingollarla prima dello scontro…
Ronald è senza dubbio il membro più sventato dell’Ordine.
Non gliene importa un accidente di morire e probabilmente è per questo che Madama Fortuna continua a salvarlo dall’impossibile.
Siamo arrivati nell’aula di Difesa e non ho dato neanche un’ultima occhiata al cielo…
Ci siamo praticamente tutti.
In questo ultimo lustro la cerchia ristretta si è modificata. Molti sono morti e altri si sono guadagnati abbastanza valore da potervi entrare.
Mi siedo di fianco alla cattedra, con le spalle poggiate al muro come sempre.
I banchi non esistono più, sono stati sostituiti da divani e poltrone, ma la cattedra non è stata mai tolta ed è lì che siede Remus. Proprio sopra il ripiano.
In un certo qual modo penso che incida il fatto che, anche se solo per un anno, ha insegnato qui…
« Ciao a tutti »

È arrivato Neville.
Un mormorio diffuso e non ben identificato ricambia il suo saluto.
Si volta verso il davanzale a guardare Ronald, che è seduto come al solito proprio nel mezzo.
Da una parte si siederà Harry e dall’altra… Beh, se qualcuno desidera morire, deve solo provare a sedervisi, perché anche se sembra libero, quel posto sarà sempre occupato.
Scambiano uno sguardo d’intesa, poi Neville si accomoda di fianco a Luna, che tiene in braccio il piccolo mentre Nympha cambia il colore dei capelli e la lunghezza per farlo ridere.
Kingsley, come d’abitudine, misura la stanza a grandi passi, tenendo le mani dietro la schiena e Sturgis sbadiglia sonoramente su una poltrona.
Nel divano più ampio, Susan Bones sta discutendo con Charlie dei draghi che sono posti ai confini di Hogwarts. Pare che l’Ungaro Spinato sia giù di tono…
« Ehilà »

Harry.
Con un balzo si siede al fianco di Ronald sul davanzale alto, sorridendogli e cingendogli le spalle con un braccio.
Qualunque cosa accada, credo che niente potrà mai separarli…
A circa cinque mesi di distanza dalla fine del mio doppio gioco, in risposta all’impressionante scontro che vi era stato al Ministero una settimana prima e che avrebbe completamente ribaltato i termini della Seconda Guerra, ci fu un attacco imprevedibile e di una violenza smodata al San Mungo.
Molly che era andata con Ronald, Ginevra e Harry a trovare Arthur, ricoverato lì appunto dopo lo scontro al Ministero, ci avvertì dell’assalto e ci precipitammo là per limitare i danni.
Le perdite di quel giorno furono incalcolabili. In un colpo solo perdemmo metà dei responsabili al vertice dell’Ordine.
Fummo costretti a battere in ritirata e cercando di coprire Harry e Ronald, Remus cadde sotto il fuoco incrociato dei coniugi Lestrange.
Lo riportammo al castello più morto che vivo e solo quando fummo lì ci accorgemmo di quante e quali fossero state le perdite.
Le persone che rientrarono furono poco più della metà di quelle che erano uscite e le condizioni di alcuni, Remus in testa, erano a dir poco critiche.
Nel panico generale Hermione sola notò il distacco gelido di Harry e Ronald, ma circondata da moribondi e feriti non potè avvicinarli immediatamente e quando lo potè, loro non c’erano più.
Quando ci rendemmo conto che i due pazzi erano tornati al San Mungo in cerca di vendetta, io, Kingsley e Nympha, gli unici pressappoco integri che restavano del vertice, bacchette alla mano ci apprestammo a tornare indietro nella speranza di ripescarli.
Non eravamo neanche usciti dalla Sala Grande, attrezzata provvisoriamente ad infermeria, quando i due si stagliarono sulla soglia stracciati e imbrattati di sangue, ma vivi e saldi sulle loro gambe.
Ci guardarono fissamente, senza dir nulla.
Con un misto di sfida, risentimento e rabbia ci gettarono ai piedi due bacchette, dopodichè ci superarono.
Ronald si rifugiò fra le braccia di Hermione, mentre Harry si inginocchiò al capezzale di Remus.
Le bacchette erano quelle di Bellatrix e Rodolphus.
È da allora che ho preso a chiamarli per nome. È da allora che hanno il mio rispetto…
« Gente »
« Bill »

Il primo dei fratelli Weasley.
Si avvicina a Harry e Ronald per scompigliare ulteriormente i capelli a quello che, ormai, è l’ultimo dei suoi fratelli.
Della numerosa famiglia Weasley ne sono sopravvissuti solo quattro.
Bill, Charlie, Fred e Ronald.
Ma Fred non è mai presente alle nostre riunioni.
È lui il nuovo doppio dell’Ordine.
Quello che ci fornisce le informazioni, che ci ha avvisati dell’attacco di stasera.
Mangia, dorme e vive qui fra di noi, -quegli idioti credono di averlo sotto controllo con l’Imperius e solo per questa loro profonda stupidità, meritano di essere eliminati dal primo all’ultimo-, tuttavia non prende mai parte alle riunioni per sicurezza. Preferisce fornire informazioni senza acquisirne.
Senza contare che nemmeno all’interno del gotha tutti sanno della sua “conversione”…
L’aula è stata Imperturbata, Remus è arrivato.
Ed è serio, distaccato.
Il suo sguardo vaga su di noi, da uno all’altro, e un lampo di turbamento balena nei suoi occhi quando scorge il piccolo Frank in braccio a Luna, ma è solo un attimo.
La decisione è presa, la stanza è isolata e il tempo stringe.
Si pone dietro la scrivania invece di sedervici sopra come sempre e questo non è un buon segno.
« Vedo che ci siamo tutti. Molto bene. Guardatevi attentamente, perché quando usciremo da qui non saremo più tutti »

Abbasso le spalle chiudendo brevemente gli occhi.
Ecco cos’era la nuova sciagura…
So che gli secca che il piccolo Frank sia nella stanza, ma il suo tono freddo conferma che agirà lo stesso.
E la boccetta di Veritaserum che poggia sulla scrivania, indica che non sa ancora esattamente chi sia il delatore fra noi.
Ognuno berrà il filtro e se necessario, si sottoporrà al Legilimens.
Era da diverso tempo che non accadeva una cosa simile.
Probabilmente prenderà di nuovo in esame l’idea di tutelare le riunioni con l’Incanto Fidelius, ma nel frattempo…
Non voglio immaginare chi possa essere, aspetterò di vedere e basta.
Mi alzo e vado alla finestra per osservare il cielo.
Sembrava una così bella giornata e invece… è solo una giornata come le altre.






  
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