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Autore: xvespersgoodbye    28/07/2011    1 recensioni
Riuscire ad uscire da un mondo crudele non è facile. Ma riuscire a farlo con qualcuno che ti ama non lo è.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve. Ecco, finalmente riesco a scrivere qualcosa perché mi è tornata la voglia di scrivere, ovvero l'ispirazione uù Io volevo dedicare questa one-shot (un po' drammatica direi) a Giulia che boh, mi aiuta sempre così tanto *w* Poi anche a Martina e ad Adele, le mie amorine <3 VI AMO e non dimenticatelo mai! Buona lettura (:

Drin Drin
. La sveglia suonò ancora una volta, per l’ennesimo giorno e Miley si alzò cercando di non fare troppo rumore. Non voleva svegliare suo padre: farlo avrebbe comportato la sua morte. Spense la sveglia troppo rumorosa per i suoi gusti, controllò il calendario, sbadigliando silenziosamente. Era sabato mattina e lei non sarebbe andata a scuola. Mentre tutte le ragazza avrebbero passato il week end divertendosi in modo incontrollato, lei sarebbe rimasta a casa a… Non ci voleva neanche pensare.
Istintivamente, mentre ci pensava, portò le mani sul viso: stava male. La sera prima non aveva mangiato niente, si era limitata a farsi un bagno caldo e infilarsi nelle coperte. La settimana l’aveva sfinita. Doveva fare i compiti per Jane, la sua sorellastra, i suoi e in più doveva essere impeccabile nella preparazione della cena. Sua madre si era sposata da quattro mesi, e la sua vita da allora era cambiata da male in peggio. Se prima Sarah si fregava di sua figlia, adesso sembrava lasciare la sua educazione in mano a sua “papà”. Già, lo doveva chiamare anche così, Miley. Russel era autoritario con Miley, era ossessivo con Miley, violento con Miley, insensibile con Miley. Sembrava non rendersi conto di quanto lei soffrisse eppure, lei doveva viverci. Almeno fino ai diciotto anni, ma per adesso ne aveva solamente diciassette, doveva fare quello che lui le diceva, doveva obbedire. A bacchetta.
Ci mancava solo che le scegliessero il marito e allora sì che si sarebbe ritrovata come le ragazze nel Medioevo. Non riusciva a crederci. Una volta aveva un padre che la proteggeva, una volta aveva qualcuno a cui importava davvero di lei… E poi, un giorno d’estate tutto finì. Suo padre la lasciò con un incidente d’auto, e il suo mondo crollò. Miley, la ragazzina taciturna e silenziosa divenne Miley, la ragazzina chiusa e riservata. Non c’è bisogno di descrivere il rapporto con sua madre, perché credo che voi lo abbiate già capito. Sarah stava con Billy solo per soldi, solo per formalità, un’arrampicatrice sociale, insomma. Non aveva mai davvero voluto bene a lui, e di conseguenza neanche a sua figlia.
Facendo molta attenzione ai lividi che le erano rimasti sul corpo, Miley incominciò ad aggiustare il suo letto, mettendo le lenzuola al loro posto e poi alzando il piumone, con il sangue che le premeva per uscire dal labbro inferiore. Affannosamente, ripose il suo peluche al centro del letto, pensierosa, si sedette, facendo quello che faceva ogni domenica. Finalmente poteva pensare: sua madre, il suo patrigno e la sua sorellastra erano andati a fare shopping per l’ultima e sarebbero tornati per cena, visto che avrebbero mangiato fuori, quindi in teoria era… sola. Si alzò, dirigendosi allo specchio. Aveva paura di vedere la sua immagine. A passi lenti e stanchi raggiunse quello che era lo specchio della sua stanza, guardando la sua figura riflessa. Sospirò. Il labbro inferiore era rosso e gonfio: Russel non aveva esitato a buttarle un pugno quando lei si era permessa di dire che la sua cartella per scuola era troppo vecchia e che ovviamente lui non gliene voleva comprare una nuova perché era troppo impegnato a pensare alla sua Jane. Accidenti alla sua lingua, dopo tutto questo tempo avrebbe dovuto capire che anche le cose più idiote per Russel potevano essere fastidiose. Già, perché la verità fa male sempre a tutti, e sentirle uscire dalla bocca di chi maltratti ogni giorno, non è affatto il massimo. Miley avrebbe voluto urlare al mondo quanto valeva in realtà, di quanto era capace, di come era nata per avere un ruolo nella società ma… Non ci riusciva. Ogni volta, ogni santissima volta voleva essere semplicemente se stessa, ma non poteva. Era incastonata in Russel, in sua madre, in Jane. C’era sempre qualcuno che l’eclissava, qualcuno che voleva renderla un fenomeno da baraccone. E così, mano a mano che i giorni passavano, si rendeva conto di essere da sola…
Con un movimento si spostò i capelli dietro l’orecchio, facendosi stampare in volto un sorriso da ebete, un po’ idiota, che lasciava intravedere quanto lei fosse ancora infantile. Aveva solo diciassette anni, in fondo. Voleva vivere la sua vita come tutte le sue coetanee, voleva avere una migliore amica… Come tutti. Ma per adesso non poteva. Stava rimandando di anno in anno e stava bruciando la sua vita lentamente. Ma, oltre tutto, non c’è dolore peggiore della solitudine.
L’inverno trasportava con sé i dolori di una gioventù non vissuta, i postumi di una gioventù non ancora vissuta. Miley stava preparando la cena, quando sentì qualcuno scendere le scale, alzò lo sguardo per vedere chi fosse e notò Russel. Era stato fuori tutta la giornata e probabilmente era entrato dal retro, ma credetemi, non riuscirete mai a capire l’espressione che si dipingeva sul volto di Miley quando lo vedeva. Un misto di terrore e vergogna. Gli fece un cenno con la testa non appena raggiunse la cucina e sedette sulla sedia, accanto al tavolo appena apparecchiato.
Buongiorno, cara. Gran bella giornata oggi, eh?
E Miley lo sapeva. Lo sapeva benissimo che ogni cosa che diceva Russel aveva un secondo fine, perciò doveva stare attenta a quello che rispondeva. Ormai lei aveva paura di ogni singolo suo gesto, di ogni sua parola, anche di un semplice “ciao”. Poteva trasformarsi in molto di più. Se avesse risposto di sì, lui avrebbe detto “allora non hai fatto niente tutto il giorno?”, se avesse risposto di no, lui avrebbe detto “ma cosa ti manca?”. Come vedete, tutto un gioco. Divertente per lui, devastante per Miley. Così lei si limitò a fre un ennesimo cenno della testa, senza un significato in preciso, era solo per scrollarsi di dosso quella situazione.
Ma cos’hai, tu? Che non rispondi mai quando la gente ti fa una domanda, che non sai mai cosa dire?
Miley si voltò, abbassando il fuoco, cosa sarebbe successo? Si sarebbe arrabbiato anche per quello che aveva fatto? Miley stava iniziando ad avere paura, Russel si era alzato… Deglutì. Lei, di nuovo, si limitò a guardarlo, senza rispondere. Guardando fuori dalla finestra notò che non c’era l’auto della madre. Non era mai rimasta sola con lui a casa, ed era terrorizzata all’idea, terrorizzata dalla sua ira…
Non mi rispondi, eh, Miley? Russel si stava avvicinando, sempre di più… Fino a trovarsi di fronte a lei. Non si preoccupò neanche di spegnere il fuoco, stava guardando Miley negli occhi, con fare malizioso, maligno.
Così gentile Miley, così docile Miley… la ragazza si vide la sua mano accarezzarle il viso, una carezza che non le aveva mai dato, una carezza che non voleva ricevere, una carezza cattiva. E fu allora che Miley capì cosa stava per succedere, ma non sapeva cosa fare ugualmente. Lui voleva rovinare la sua esistenza, più di quanto non gliel’avesse rovinata già. E le si avvinghò al collo, iniziando a baciarglielo con foga, iniziando a toccarle le cosce, con trepidazione e desiderio…
Non toccarmi! PORCO! L’urlo di Miley raggiunse il cervello di Russel, che le diede uno schiaffo, guardandola malissimo, uno sguardo che fece sussultare il suo cuore, che fece cinquanta capovolte per la paura, che le sarebbe successo? Iniziò a piangere, le lacrime rigavano il suo viso imperterrite, senza preoccuparsi di tutte le volte che avevano gonfiato i suoi occhi, di tutte le volte che l’avevano fatta star male fino a vomitare.
Lo spinse, con tutta la forza che aveva, facendolo finire con le spalle sul fuoco. Lanciò un urlo di dolore. Miley lo guardò, impaurita, pensando a quello che le stava per succedere. Una forza, una forza che non aveva mai avuto le era venuta incontro come per magia. Piangendo, lo apostrofò mentre lui si contorceva a terra, prese la borsa che aveva nella sala, e uscì di casa.
Ed ecco Miley, da sola, per la strada, a correre verso la spiaggia senza neanche un soldo in tasca. Faceva un freddo cane, aveva la pelle d’oca, le ciabatte, il pigiama, ma continuava a correre, continuando a piangere. Adesso aveva mandato tutto a quel paese, la sua casa, sua madre, il suo patrigno e la sua sorellastra. Insomma, aveva lasciato tutto quello che aveva per andare, dove? Da nessuna parte. Ma non se ne stava pentendo. Era sicura di aver fatto bene a scappare. Non avrebbe resistito un giorno in più in quella casa dove tutto era dovuto a tutti tranne che a lei. Ma cosa era? Un animale? No. Lei era una persona, aveva dei sentimenti, proprio come tutte le persone sulla faccia della terra. E non era giusto che lei pagasse per delle cose che non aveva mai fatto, a vivere una vita che non meritava. O forse sì? Forse era colpa sua se era nata per essere lasciata in balia di una madre che neanche la voleva? Forse era colpa sua se non aveva qualcuno su cui contare? Probabilmente sì.
Le lacrime continuavano a rigarleil viso, continuavano a scendere, non volevano restare dentro, stavano uscendo senza nessun pudore. Dopo tanta strada, si fermò, trovandosi di fronte la spiaggia. Con il fiatone, cominciò a camminare verso il mare, senza sapere cosa avrebbe fatto realmente. Si tolse le ciabatte che le erano solo di impiccio, le poggiò a terra e spofondò nella sabbia. Avrebbe voluto evaporare con l’acqua del mare. Puff. Un attimo, solo uno e non esistere più, scomparire. Non avere più niente da fare, niente da dire, niente da dare. Non essere niente per nessuno, essere invisibile. E in quel momento si accorse di essere incredibilmente stanca, di avere addosso la tristeza di una vita e la paura di un attimo. Singhiozzò per qualche ora, la notte l’accompagnava e le stelle facevano da ricordo. Il ricordo di quando con suo padre andava a mare di sera per fare il falò, quando sorrideva. Sorrideva davvero. Adesso erano parecchi anni che non sapeva come si facesse a sorridere, erano anni che non lo regalava. A nessuno. Ergo, sua madre neanche se lo meritava un suo sorriso. Tossì, si asciugò le guance e cercò di non piangere più. Si guardò intorno e si accorse di essere nel bel mezzo del nulla, ad un bivio che ovunque vai trovi un muro, quindi non puoi andare da nessuna parte. Solo silenzio, la fine. Sì, lei non aveva mai avuto una seconda possibilità: tutti la facevano sentire come se lei non avesse niente, come se fosse stata fatta di carta, di vetro.
E i pensieri le si arrovellavano in testa, senza prendere una forma precisa, quando qualcuno le si sedette accanto. Le ci volle un po’ per mettere a fuoco la figura che aveva davanti, e in realtà forse non avrebbe mai voluto che le si presentasse. Tirò su con il naso. Davanti a lei c’era Ash, un ragazzo che andava a scuola con lei e con cui non aveva niente in comune se non la lezione di chimica. Miley cercò di asciugare le lacrime, non voleva che qualcuno vedesse che stava piangendo, ma in ogni modo non poteva credere di passarla liscia: aveva il naso sanguinante e il labbro gonfio e rosso. Per non parlare dei suoi occhi che bruciavano. Cosa le avrebbe detto? L’avrebbe presa in giro perché stava piangendo?
Ash aveva i capelli neri e gli occhi azzurri, di un azzurro intenso che ti penetra nel cuore, nel corpo, nella testa, ovunque. I lineamenti fini e il corpo di un modello, era alto e magro, con i muscoli leggermente pronunciati, le labbra rosa e perfette. Era davvero un bel ragazzo, e Miley non aveva mai dato importanza ai ragazzi con tutto quello che succedeva nella sua vita.
Hey disse lui, guardandola in modo comprensivo. Chissà che le voleva dire? Lei lo guardò in viso, per poi distogliere lo sguardo: non riusciva a sostenerlo, non riusciva a sostenere lo sguardo di nessuno ormai.
Senti io… ti ho sentita e… Non ho potuto fare a meno di venire qui perché sai… La gente piange solo per due motivi: o per gioia o per dolore e beh, francamente… Non mi sembra che tu stia piangendo per gioia. Che succede, Miley? E i suoi occhi si fermarono sui suoi, fissi, in modo che lei non potesse rifiutarsi di guardarlo. E quando si incontrarono, Miley crollò: possibile che qualcuno si preoccupava per lei? Non era mai successo che qualcuno le chiedesse “va tutto bene” oppure “cosa succede”, ma semplicemente che qualcuno chiamasse il suo nome se non per chiederle di mettere a posto in cucina. Sul suo volto si dipinse un’espressione sorpresa ma ferita allo stesso tempo. Che ci faceva lui lì a quell’ora? Poi si voltò un momento e notò che c’erano dei ragazzi che chiaccheravano vicino delle moto e vide anche la sua, quella di Ash. In fondo conosceva molte cose di lui senza neanche rendersene conto. Lo aveva osservato molte volte dalla finestra della sua aula di storia, quando lui usciva dalla mensa e passava il tempo in cortile con gli amici. Sì, anche lei era capace di farsi piacere qualcuno, no? Era solo una ragazza, una diciassettenne.
Ma cosa sarebbe cambiato se gli avesse raccontato tutto, cosa sarebbe successo se lui avesse visto la sua faccia? Ma forse era meglio… forse era meglio sfogarsi con qualcuno, con qualcuno a cui magari di te importava anche solo un po’.
Cosa succede? Succede che la mia vita è una vera merda. Succede che mia madre si fotte di me, che la mia sorellastra mi costringe a farle i compiti e che il mio patrigno è attratto da me, ecco che succede! Succede che da quando mio padre è morto non ho nessuno su cui poter contare ed è così… Triste. Boom. Era scoppiata. Per la prima volta in tutta la sua vita. Lo guardò, e gli occhi le si riempirono di nuovo di lacrime, inesorabilmente. Ash sembrvaa turbato da tutte le informazioni che aveva appena ricevuto. Come se la Miley che conosceva non era più la stessa, come se stesse dicendo delle cazzate, ma in realtà non era così. La guardò spaventato, possibile che le stava succedendo tutto quello e che non ne avesse mai parlato con nessuno? Lui, il suo compagno di banco a chimica, non si era mai accorto di nulla. Di solito era un ragazzo che si preoccupava di quello che succedeva alle persone che gli stavano attorno, e Miley era una di quelle, naturalmente. I suoi occhi toccarono quelli di Miley, e si alzò. Decise di crederle. Le porse la mano.
Tu non ci vivi più là dentro, vieni con me. Miley non sapeva cosa rispondere, ma con un gesto delicato e raffinato prese la sua mano, seguendolo.
 
Miley stava sistemando la cartella sorridendo a Jessica, la sua compagna di stanza al college.
Sai, quest’anno ho deciso di frequentare economia e management. Non ho voglia di fare solo amministrazione, è scocciante. A me piace la matematica e così dicendo, ridacchiò per poi mettere lo zaino in spalla, tra poco avrebbe avuto la lezione di diritto privato. Jessica aggrottò un sopracciglio, era impaziente. Aveva aspettato Miley tutta la mattina affinchè si preparasse ma ci aveva messo così tanto tempo che non ce la faceva più ad aspettare.
Okay, l’ho capito che ti piace economia eccetera eccetera, ma avremmo lezione adesso e non vorrei saltarla. Miley sorrise e con un cenno della testa la raggiunse senza dire niente. Negli ultimi anni, da quando era al college stava molto meglio. Nessuno la maltrattava e da quando aveva lasciato la sua famiglia era andata a vivere da Ash. Già, proprio lui…
La matematica non è poi così tanto facile. Bisogna perdonare i numeri, sai? Non è colpa loro se ci fanno scervellare Jessica annuì e chiuse a chiave la porta, prendendo a camminare verso l’aula, con disinvoltura. Non era mai stata una tipa da frasi filosofiche. Miley, infatti, la guardò accigliata.
Ah no? E di chi è colpa se sono così complicati? Chiese, ridacchiando. Sapeva benissimo che quello che stavano dicendo era una scemenza, insomma solo loro potevano parlaredei numeri e del loro essere complicati.
Jessica si fermò di scatto e guardò Miley con un sorriso materno e comprensivo. No, sai, è come nella vita. Bisogna perdonare le persone, a volte fanno o dicono cose sbagliate al momento sbagliato nel posto sbagliato. Scrollò le spalle e tornò a camminare. Miley, invece, era ferma, impantanata, non riusciva a muoversi, pensava a quanto aveva appena detto la sua migliore amica. A volte fanno o dicono cose al momento sbagliato nel posto sbagliato… Ma…
Jess! Finalmente hai detto una cosa sensata! Non vengo a lezione, devo andare. Ti spiego dopo! E si mise a correre verso l’uscita del college. Stava pensando ad Ash. L’ultima volta che avevano parlato era stato due anni prima, ed era stata per colpa sua se avevano litigato. Lui l’aveva salvata da quella che era la sua vita tormentata, quella che in realtà non era una vita. Era andata a dormire a casa sua, lui l’aveva ospitata e con il passare del tempo avevano capito quante cose avevano in comune, quanto in realtà si piacessero, fino a quando non si diedero il primo bacio. Ash la teneva stretta tra le sue braccia e lei sembrava non staccarsi più da lui. Erano complici, erano fatti l’uno per l’altra. Fin quando lei non aveva deciso di rovinare tutto. Aveva incontrato Logan, lo aveva conosciuto e… boom. In una sera aveva rovinato anni di amore puro, questo solo perché Ash aveva trovato un lavoro ed era partito. Lui, Ash, non l’aveva mai tradita, lei invece sì. Erano passati anni e lei era andata a vivere al college, non molto lontano dal suo primo, grandissimo amore. E adesso, grazie a degli stupidi numeri, aveva capito che aveva sbagliato. Aveva tradito Ash nel momento meno opportuno della sua vita. Aveva tradito la persona che l’aveva cambiata. E non se lo meritava. Quindi adesso stava accelerando come una matta per raggiungere casa sua. Frenò di botto, dopo aver guidato per un’ora intera senza sosta, davanti ad una villetta non molto grande, ad un piano, con una Ford parcheggiata all’ingresso e un giardino ben curato. Scese dall’auto. Per la prima volta in tutta la sua vita si sentiva coraggiosa come non mai. Si avvicinò con passo deciso verso la porta e bussò, aspettando che qualcuno aprisse. Quando quella si spalancò, lo vide. Ash, nella sua bellezza più assoluta. Un tonfo al cuore le fece capire quello che stava per fare ma non se ne pentì. Lei lo amava ma lo aveva capito troppo tardi. Non potè fare a meno di sorridere vedendolo, ma non si poteva dire lo stesso di lui. Era sorpreso, la guardava ma non riusciva a spiccicare parola, quindi decise di iniziare. Era arrivato il momento.
Non dire niente, per favore. Ascolta e basta, ti ruberò pochi minuti. Quello che ho capito in questi mesi? Ho capito che senza di te non so vivere. Ho capito che nessuno sarà mai come te. Ho imparato che è inutile aspettare l'amore della tua vita quando sai che è sotto i tuoi occhi. Lo sai vorrei averti per me e poterti vivere. Lo sai, vorrei ripeterti quanto ti amo e ogni volta ricordarti che mi hai cambiato la vita e che griderei il tuo nome a tutta la città. Hai sempre sentito "niente" ma il mio cuore urlava amore, Ash. Nessuno prenderà il tuo posto perché nessuno è stato in grado di modificarmi in meglio come hai fatto tu. Nessuno è riuscito a farmi amare come te. Tu mi hai reso una persona migliore, mi hai reso la persona che adesso ti sta parlando con il cuore in mano. Ti amo, Ash. Lo griderei al mondo intero, perchè, tesoro, tu sei l'aria che respiro. Lo disse tutto d’un fiato, senza neanche accorgersene, forse. Ma… Le mancava una cosa, la cosa più importante. Aveva gli occhi lucidi.
Ash… Ma non riuscì a finire la frase che lui chiuse la porta e le poggiò l’indice sulle labbra.
Ssh… Non hai più niente da dirmi. Ti amo anch’io sorrise, guardandola negli occhi, e lei riscoprì il gusto di quando era tutto suo, di quando con uno sguardo poteva confortarla per poi stringerla al suo petto…
Miley, vuoi sposarmi?
  
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