38. Il Miraggio. Un
pianto nascosto, soffocato, riempiva la camera da letto. Una donna dai lunghi
capelli biondi era seduta ai piedi del letto, il marito accanto a lei, che
l’abbracciava e la lasciava piangere sulla sua spalla. -Oh
Lucius, ho creduto veramente che questo giorno non arrivasse mai…- Il
marito accennò un sorriso e le accarezzò una guancia. –Ed invece sono qui- -Pensavo…
credevo che non ti avrei mai più rivisto- Pianse più forte. L’uomo
scosse il capo e il suo sguardo ghiacciato si affilò. –Non dire altro Cissy. Sono qui- I
due coniugi si abbracciarono ancora. Sedavano sul loro letto, davanti alla
finestra spalancata da cui entrava la calda luce del sole. Lucius
aveva creduto di non rivederla mai più la luce del sole, ma a dire il vero di
quei raggi caldi poco gli importava. Guardò il viso della moglie, segnato
dall’età ma ancora bellissimo. Si perse dentro quegli occhi celesti e accarezzò
quei capelli biondi. Eccolo
il suo sole. Aveva
fatto molteplici sbagli, non era stato poi un granché come marito o come padre,
ma per lui la famiglia era sempre stata sacra. Non aveva mai fatto mancare
nulla né a sua moglie né a suo figlio, erano sempre stati una famiglia
rispettata e temuta. E lo sarebbero stati ancora. Ora che il Signore Oscuro era
al potere tutto sarebbe cambiato, era stato liberato da Azkaban, adesso i
Mangiamorte potevano tornare a seminare il terrore. In questo modo i suoi
sacrifici non sarebbero stati inutili o, quanto meno, così sperava. -Dov’è Draco?- chiese L’uomo. -Dorme- -Dorme
di giorno?- Dopo
essere finalmente tornato nella sua casa e abbracciato la moglie, si era
concesso un bagno caldo ed aveva indossato abiti puliti. Adesso sì che era
presentabile per suo figlio, non poteva certo permettere che il ragazzo lo
vedesse in quello stato pietoso in cui era non appena arrivato. Era stato a
sufficienza con sua moglie, l’aveva baciata. Ora voleva rivedere suo figlio. Ma
quando gli occhi della donna si riempirono di lacrime, capì che l’inferno che
aveva vissuto lui in prigione, a grandi linee, lo aveva vissuto anche la sua
famiglia a casa. Narcissa
gli disse della decisione del Signore Oscuro, di Draco che aveva ricevuto il
marchio e della missione suicida che gli era stata affidata. La donna non poté
fare a meno di dirgli che quella non era altro che una punizione per i
fallimenti del padre e che nessuno si aspettava che sopravvivesse. Gli lasciò
solo immaginare la paura che aveva provato e la sofferenza del figlio mentre
tentava con tutto se stesso di salvare i suoi genitori. Gli disse di Piton e del mezzo, miracoloso, successo di Draco. Ma
il Signore Oscuro non si accontenta di mezzi successi. Lo aveva risparmiato, non
gli aveva ucciso i genitori. Ma lo aveva
punito. Mentre
Lucius saliva le scale verso la camera da letto del figlio, Narcissa lo
richiamò. -Sai
che Draco è…- -Orgoglioso-
disse l’uomo –Sì lo so- si voltò per salire le scale ma fece un sorriso amaro
tornando a guardare la moglie. –Non sono io che devo compatire lui, in questo
momento, ma il contrario- Draco
dormiva beatamente, dopo tanto tempo. Per giorni il ricordo di quel momento lo
aveva torturato. Rivedeva il corpo di Silente precipitare nel vuoto, la sua
scuola distrutta. E poi si rivedeva dentro quella stanza buia, sua madre in un
angolo a nascondere le lacrime dietro zia Bellatrix. Piton privo di espressione al fianco di sua madre e il suo
labbro inferiore che sanguinava. Sentiva il sapore del sangue in bocca, ma
meglio quello che urlare. Ad ogni nuovo colpo di quella dannata frusta
incandescente che fuoriusciva dalla bacchetta del Signore Oscuro, si mordeva il
labbro con tutta la forza che aveva pur di non farsi scappare neppure un grido.
Ma
se aveva resistito per cinque frustate, non aveva resistito per tre minuti di
inferno. Le
sue urla mentre veniva torturato con la maledizione Cruciatus,
erano state così acute e disperate che lui stesso faticava a credere che quella
voce fosse sua. Faticava a credere di essere ancora vivo. Aveva
rischiato di morire e di trascinare con lui nella tomba la sua famiglia, non
erano nulla cinque frustate e tre minuti di tortura. Era
ancora vivo. E
adesso stava dormendo, era esausto, per due notti di fila non aveva chiuso
occhio e, quando finalmente quella mattina si era addormentato, il sole era già
sorto. Aveva davvero bisogno di dormire, peccato che qualcosa stesse
disturbando il suo sonno proprio in quel momento. -Draco! Svegliati…- Diceva una voce fredda e rauca. Ma
cosa volevano da lui? Perché non lo lasciavano dormire in santa pace? -Draco!- Il
ragazzo aprì gli occhi, ancora assonnato. Seduto accanto a lui sul letto,
mentre cercava di smuoverlo per svegliarlo, c’era un uomo. Era largo di spalle,
il viso dai lineamenti affilati e i capelli biondi. A dire il vero ciò che lo
caratterizzava era quell’espressine rigida e quello sguardo impenetrabile. -Papà…-
Mugugnò con la voce ancora fioca per il sonno. Cos’era
quella? Una nuova forma della maledizione Cruciatus?
Suo padre era ad Azkaban, perché lo immaginava seduto accanto a lui? Solo per
soffrire? -Ti
decidi a svegliarti? Non ho tutto questo tempo da perdere!- Certo
che come allucinazione era davvero fatta bene… -Padre!-
strillò, quando fu abbastanza sveglio da capire che quella era la realtà. Suo padre era lì. Si
mise a sedere, pronto ad abbracciarlo, ma venne fermato da un’occhiata
raggelate. L’uomo gli diede un colpetto sul petto per intimargli di restare al
suo posto e si spostò leggermente all’indietro, infastidito. Draco
non capiva, era così felice di rivederlo, si sentiva al settimo cielo… poi
guardò i suoi occhi e capì. -Avevi
un’occasione per ridare gloria al nostro nome. Potevi entrare nelle grazie del
Signore Oscure, ed invece….- Fece una smorfia di profondo disgusto. Draco
abbassò la testa e strinse i pugni. Non gli importava poi tanto di sorbirsi la
sfuriata del padre. Meglio quella che l’ira del Signore Oscuro che aveva già
sperimentato. Almeno quello era suo padre, ed era finalmente lì. -Se
non fossi riuscito nella tua impresa lo avrei capito, ma tu c’e l’avevi fatta!
Potevi rimediare al mio errore, lo
avevi in pugno!- Lucius guardò da un’altra parte. –Mi hai profondamente deluso,
Draco- Draco
si morse il labro con rabbia. Odiava quando suo padre gli diceva quelle parole:
mi hai deluso. Ci aveva messo tutto se stesso, ci aveva provato, aveva fatto di
tutto per salvare sua madre ed era anche stato sufficientemente punito per il
suo sbaglio. Improvvisamente
Draco si ritrovò con la testa sulla spalla del padre e il braccio con cui
quest’ultimo lo aveva bruscamente attirato a sé attorno al collo. -Ma
sono felice che mio figlio non sia diventato un assassino…- Disse Lucius, con
la voce di un padre duro, severo, ma felice di riavere suo figlio accanto. Draco
prese un respiro profondo, suo padre gli aveva concesso quel mezzo abbraccio
fra padre e figlio, che per lui, in quel momento, era la cosa migliore del
mondo. Strinse gli occhi, suo padre era stato ad Azkaban e lui aveva rischiato
di morire. Era quasi impossibile credere che fossero lì insieme. Era
una liberazione. Un
raggio nelle tenebre che li avevano avvolti e che ancora li avvolgevano. -Padre…- -Io
credevo che invitarti a passare qui una settimane potesse migliorare le cose,
ma… non c’è stato un grande risultato- disse zia Matilde, la voce bassa e
triste, mentre spiava dal corridoio la stanza della nipote. Da
lì si vedeva benissimo la ragazza dai capelli neri distesa sul letto su di un
fianco, che dava loro le spalle. -Glielo
avevo detto, signora Matilde, che non sarebbe servito a niente…- Sospirò Canni,
lo sguardo che seguiva quello della donna dentro la camera dell’amica. -Sono
felice che tu sia stata con noi, Canni, ti sono davvero grata per quello che
hai fatto. Almeno con te Areal ha mangiato qualcosa, e sembrava un po’ più
serena. Sei perfino riuscita a farla uscire di casa!- Canni
abbozzò un sorriso. Quando
aveva ricevuto il gufo dalla zia di Areal che la invitava a passare da loro una
settimana di quell’estate, aveva già capito qualcosa, ma non poteva certo
immaginare che la faccenda fosse così grave. Areal
non mangiava, se ne stava chiusa nella sua stanza con lo sguardo vuoto. Dormiva
sempre, rimaneva sul letto inerme. A volte giocava con Nira
o leggeva un libro, ma farla parlare era una vera impresa per zia Matilde. Da
quando era arrivata Canni era riuscita perfino a farle dire una frase intera, a
rubarle un unico sorrisetto, che per la zia era stato un miracolo. Canni aveva
costretto Areal a mangiare due volte al giorno, e l’aveva portata con sé alla
fiera della bacchetta. Doveva minacciarla ogni santa volta, ma alle fine almeno
qualcosa la otteneva. -Non
vuole dirmi perché sta così male- Disse zia Matilde. –Vorrei che si confidasse
con me, ma è sempre stata molto introversa, e rispetto la sua scelta. Ma vorrei
proprio capire cos’è successo di così grave- Canni
abbassò la testa, avrebbe tanto voluto spiegarle la verità, ma la verità era
troppo dura da spiegare, oltre ad essere un segreto inconfessabile. -Credevo
ci fosse di mezzo un ragazzo, ma la sua reazione è troppo esagerata! Mi sono
detta: forse è morto qualcuno, ma me lo avrebbe detto. Allora ho pensato
all’assalto dei Mangiamorte ad Hogwarts, capisco l’esperienza orribile, ma
perché ne sarebbe rimasta tanto scottata?- Bé, pensò Canni, tutte e tre le cose messe insieme. -I
tuoi bagagli sono già di sotto, ti aspetto lì- Disse la zia voltandosi verso le
scale. -Avrei
solo voluto fare di più- -Sciocchezze
cara, hai fatto di tutto. Mancano solo pochi giorni all’inizio della scuola,
scommetto che avrai delle faccende da sbrigare con la tua famiglia- Mentre
la signora Matilde scendeva al piano di sotto, Canni entrò nella stanza di
Areal per salutarla. La ragazza era ancora distesa sul letto con lo sguardo
oltre la finestre. Canni aggirò il letto e le si sedette davanti. -Devo
andare- disse. Areal
sospirò, seguendo con gli occhi le sfaccettature di arcobaleno create dai
diamanti appesi davanti alla finestra. L’unica cosa di lui che le era
rimasta. Restò
in silenzio. -Non
puoi fare così Areal, tra poco ricomincia la scuola. Sarà un anno duro, Silente
non c’è più, Piton sarà il nuovo preside- scosse il
capo. –Solo noi e gli amici di Harry Potter sappiamo la verità, gli altri non
sospettano che Piton è un assassino. Credono che
siano stati gli altri Mangiamorte- Areal
non parlò. -Gli
uomini di tu-sai-chi stanno facendo censimenti
continui per scovare i figli di Babbani. Non puoi permetterti di essere debole,
ho bisogno di te- A
quel punto, facendolo sembrare un movimento gigantesco dopo tutti quegli attimi
di immobilità, Areal si mise a sedere. –Ed io ho bisogno di vederlo, Canni- Canni
si rabbuiò, la guardò tristemente. -Ho
bisogno di sapere che sta bene, ho bisogno di rivederlo anche solo una volta-
Pianse Areal. L’amica
sospirò. -Non
posso scrivergli una lettera! Ma cosa devo fare? Rassegnarmi?- Canni
fece un’espressione seria e decisa. Si alzò in piedi e andò da Nira appollaiata sul suo ramo, la fece salire sul suo
braccio e le sussurrò: Draco Malfoy.
Dopo di che la fece volare fuori dalla finestra. Areal
la guardò senza capire. Canni
sorrise. –Non devi scrivergli, basta fargli capire che lo stai pensando e che
hai bisogno di lui…- L’indomani
mattina Areal era a casa da sola, zio Phil era al lavoro e zia Matilde al
mercato a fare compre. La ragazza sedeva in salotto a leggere un libro, nella
quiete della casa deserta aveva scelto di sistemarsi nella stanza al piano
terra ricca di finestre, in quel momento aperte. Poteva vedere il giardino
illuminato dal sole, anche se niente era bello come l’arcobaleno della sua
stanza dopo aver appeso i diamanti. Nira era tornata senza nessuna lettera, si era limitata a bere e ad
appollaiarsi sul suo ramo. Areal non aveva detto né pensato nulla; se lo
aspettava che sarebbe andata così. Forse era morto. Sfogliò
il libro ed il campanello suonò. La
ragazza sbuffò sonoramente, già di per sé essere interrotta mentre leggeva non
le era mai piaciuto, per di più le toccava andare ad aprire la porta quando era
da sola in casa. Con i tempi che correvano poteva essere qualcuno di
indesiderato, ed infatti per qualche secondo la paura l’avvolse. Tuttavia si
trovò subito a pensare che alla porta poteva esserci solo un’amica di sua zia o
un collega dello zio, in ogni caso avrebbe dovuto farli accomodare fino al loro
ritorno o dirgli di ripassare senza sembrare sgarbata. C’era
niente di peggio? Non quando l’unica cosa che voleva era essere lasciata in
pace. Si
alzò cercando di imporsi un’espressione educata e raggiunse la porta che aprì
senza neanche pensarci. Sollevò
lo sguardo seguendo gli abiti eleganti dell’individuo ma, quando incrociò i
suoi occhi, il cuore le si fermò. Continua… Chiedo scusa per l’enorme ritardo, ma purtroppo per me
l’inizio dell’estate non ha segnato la fine degli impegni. Anzi, sono
triplicati! -.- Grazie tante a tutti quelli che hanno letto fino a qui,
per favore lasciate un commento per dirmi cosa ne pensate. Un bacio e al prossimo capitolo ^^