Note dell’autrice: Finalmente è arrivata l’ora del secondo capitolo! Chiedo scusa per averci messo un sacco, colpa degli esami, ma devo ammettere che aspettavo anch’io con ansia di scoprire come sarebbe proseguita la storia; non sono estremamente soddisfatta di questo capitolo soprattutto perché l’idea originale era lunga circa il doppio ma ho dovuto tagliare un sacco di parti poco utili o che rallentavano troppo la narrazione. Mi spiace perché aumentavano i dettagli e la chiarezza della storia ma purtroppo questa parte non si poteva dividere, era un blocco unico e perciò ho dovuto fare delle scelte e nonostante questo il capitolo è comunque venuto molto più lungo del previsto! Povera me! ;D In ogni caso questa parte è ancora abbastanza introduttiva però inizia a vedersi qualche sviluppo nella storia e ci siamo finalmente liberati di quella spiaggia maledetta! Ma ora basta sennò finisco per fare spoiler della mia stessa storia… :) Tornando a cose serie, ringrazio tutte coloro che mi hanno scritto recensioni e chiedo umilmente scusa di non aver avuto tempo per rispondere a tutte, ma prometto che pian piano lo farò; grazie di cuore a tutti coloro che continueranno a seguire questa mia storia ed ha recensirla, apprezzo davvero molto i consigli costruttivi! Un saluto a tutte, Niphre.
Disclaimer: i personaggi e le storie del Doctor Who appartengono ai legittimi proprietari e questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro.
Capitolo 2:
Litera
La
coppia, ancora mano nella
mano, raggiunse una Jackie visibilmente infuriata contro un innocente
cellulare.
- E’ mai possibile che Pete
sia così inutile?! – si rivolse quindi alla figlia
osservando con sospetto le
loro mani intrecciate.
- Che succede, mamma? – Le
chiese Rose; il Dottore, intanto, sentendosi minacciato dallo sguardo
accusatore della donna, decise di lasciare un attimo la mano di Rose
per
mettersi a fissare con finto interesse un pietra tanto inutile quando
ordinaria
posata sulla spiaggia.
- Nonostante in questo mondo
abbia fatto un sacco di soldi, pare che non sia in grado di trovarci un
tetto
per la notte! – rispose Jackie visibilmente infastidita.
- Vuoi dire che dovremo
accamparci per la notte su questa spiaggia gelida? –
domandò Rose preoccupata
all’idea di preparare un giaciglio di fortuna in mezzo alla
sabbia. Aveva
iniziato, nel frattempo, a fissare intensamente la pietra anche lei,
cercando
di scoprire quale misteriosa e fantastica caratteristica avesse per
poter
attirare tanto l’attenzione del Dottore.
- Stai scherzando, vero? Non
ci penso proprio! E voi due, che diavolo avete da fissare quella
stupida
roccia?!
Il Dottore e Rose si voltarono
l’uno verso l’altra e, rendendosi conto di quello
che stavano facendo,
scoppiarono entrambi a ridere come due bambini; Jackie, che intanto si
stava preparando per partire, li guardò ed iniziò
a scuotere la testa
verso la figlia, che doveva aver perso la ragione, e verso il Dottore,
che con
molto probabilità era proprio colui che
gliel’aveva fatta perdere.
- Dove si va? – chiese il
Dottore dopo aver finalmente smesso di ridere; Jackie spiegò
loro che
Pete le aveva consigliato di provare a
raggiungere un ostello che si trovava ad alcune miglia da lì
finché non fosse
riuscito a venire personalmente o a mandare qualcuno a recuperarli.
- Allora, allons-y! – disse, indicando
verso una direzione a caso con un rametto che entrambe le donne si
chiesero
dove e quando avesse raccolto - Però col sonico era
un’altra cosa… - aggiunse
avvilito.
- Su, Dottore, magari
riuscirai a costruirne un altro! – lo incoraggiò
Rose prendendolo sottobraccio e
regalandogli un ampio sorriso.
- Ma il MIO cacciavite…! -
iniziò a lamentarsi lui.
- Smettila di piagnucolare, abbiamo
un sacco di strada da fare. E poi la direzione non è quella!
– disse Jackie,
tirando giù con la mano il bastoncino che lui sventolava
ancora davanti a sé e sgretolando
un po’ della sua autostima.
Allontanarsi,
forse per
l’ultima volta, da quella spiaggia, rappresentava un punto di
passaggio per
Rose ed il Dottore. Lei non riusciva a fare a meno di pensare come
abbandonare quel
luogo fosse un po’ morire, visto che una parte di lei sarebbe
sempre stata
sepolta lì, nel punto in cui il TARDIS era scomparso per
l’ultima volta; in
fondo all’anima cercava di convincersi che quella non fosse
una resa, che fosse
la giusta fine della sua ricerca perché se avesse lasciato,
anche solo per un
attimo, che il dubbio le penetrasse dentro, non sarebbe più
riuscita a vivere
la propria esistenza e dopo tutto ciò che aveva affrontato
non poteva proprio
finire così. Volse un sguardo lucido a quel luogo e gli
voltò le spalle per
l’ultima volta. Il suo Dottore le sarebbe mancato per sempre
e lo avrebbe
rimpianto una vita intera ma in fondo a se stessa l’aveva
sempre saputo, lui
apparteneva all’universo e mai avrebbe potuto essere solo suo.
Il Dottore umano la osservava
combattuto fra le molte emozioni che in quel momento gli attraversavano
il suo
unico cuore umano; decise di allontanare un secondo i pensieri da lei
per
chiedersi che ne sarebbe stato di lui, da quel momento: c’era
Rose, certo, ed
era molto più di quanto avesse mai potuto desiderare, ma la
verità è che non si
sentiva più consapevole di se stesso, così pieno
di una vita che in realtà non
aveva mai vissuto. Chi era? E cosa sarebbe diventato?
L’esistenza umana era
così breve, quanto in fretta tutto questo gli sarebbe stato
strappato via? Decise
che era troppo e che era il momento sbagliato. Non
era su quella spiaggia che avrebbe scelto il suo destino, non era il
luogo
giusto: lì
erano già avvenute tante cose e
così in fretta, per quanto correre gli mancasse
già più dell’aria di cui aveva
bisogno per vivere doveva riflettere bene su ciò che aveva
fatto e sull’uomo
che voleva diventare. Perché ora poteva scegliere.
“…Genocidio…” gli
risuonò
nella mente con la voce dell’altro se stesso; non si sarebbe
mai liberato della
condanna che lui, il Dottore che se n’era andato, gli aveva
implicitamente
inflitto.
“Sconterò anche questa pena ed
un giorno potrò vivere sereno. Sarò migliore di
qualunque uomo tu non hai mai
potuto essere e lo sarò accanto a lei.” ripromise
a se stesso mentre Rose
osservava preoccupata l’espressione dura e sofferta che gli
si era formata sul
volto. Ma a quel punto lui si girò a guardarla, stupendola
con uno dei suoi più
bei sorrisi a cui lei rispose di cuore, sempre più convinta
di come il suo viso
illuminato fosse la cosa per cui valesse combattere di più
in tutto l’universo.
- Voi due mi avete proprio
scocciato, ora vi lascio qui! – urlò Jackie che
nel frattempo aveva cominciato
a risalire la china. I due la seguirono rapidamente, iniziando a
risalire il
dislivello che divideva la spiaggia dalla pianura circostante; nessuno
di loro
si voltò più indietro mentre una piccola goccia
solcava infine il volto di
Rose.
«Lo
osservo sul bordo della
strada che finalmente abbiamo raggiunto; è alto, immobile e
dritto nel suo
completo blu. Ha gli occhi fissi davanti a sé in un mondo
che non riesco a raggiungere
e le braccia strette incrociate intorno ai suoi fianchi, forse per
proteggersi
dal freddo o per asciugarsi dalla pioggia che prima ha accompagnato per
un
tratto il nostro cammino. I suoi capelli bagnati gli premono ora
scomposti
sulla fronte e io lo sento come fosse un piccolo dio perso nel vento;
è così
maestoso nelle sua immobilità eppure è diverso,
ora è anche umano. Comprendo il
suo sconforto, in fondo in questo mondo che non ci appartiene siamo
entrambi
profughi e non ho mai desiderato tanto come ora stringerlo a me,
sentire che io
esisto in questo mondo per una ragione. E lui sarebbe perfetto come
ragione.
Però sento che le cose non sono ancora a posto ed ho
così paura di correre che
alla fine decido di non avvicinarmi per ora, verrà il
momento giusto. La pausa
è finita e ricomincio a camminare dietro a mia madre, mentre
con la coda
dell’occhio colgo nei suoi il lamento di un Signore del Tempo
caduto fra gli
uomini. »
- Allora signore, vi faccio i
miei auguri di buonanotte! A te un po’ meno… -
dissi squadrando Jackie ed allontanandosi fra i borbottii della donna.
- Ma che cavolo…?! – esclamò
quando, abbassato lo sguardo dal cielo, aveva riconosciuto la sagoma
del
Dottore, perfettamente vestito, seduto in mezzo al giardino.
Nonostante nessuno potesse
vederla, alzò gli occhi al cielo ed incominciò a
scendere le scale per capire
quale folle ragione l’avesse spinto ad uscire a
quell’ora della notte.
Raggiunse la porta con estrema attenzione, non desiderava svegliare la
madre o i padroni dell’albergo: sarebbe stata dura
giustificare il
loro comportamento anche se il Dottore l’aveva ormai abituata
a situazioni del
genere.
- Non dovresti essere qui
fuori, c’è un tempo da lupi! – disse,
una volta giunta a tiro di voce da lui.
Lui si voltò di scatto e le
sorrise un po’ disorientato dall’inaspettata
interruzione.
- Non riuscivo a dormire, sai,
così mi sono messo a cercare una pianta di litera sperando
che un suo infuso mi
conciliasse il sonno… - tentò di spiegarle lui;
lei notò che, a dimostrazione
di questo fatto, si era anche infilato i suoi proverbiali occhiali che
utilizzava per valutare meglio la situazione. Si
stupì di vederglieli addosso, era convinta che fossero
rimasti nel TARDIS con il Dottore.
- Non ti bastava un semplice
tè caldo, o una camomilla? Comunque non conosco questa
pianta, sei sicuro che
sia di questo pianeta? – gli disse preoccupata che lui
diventasse pazzo per
cercare una pianta venusiana o altro.
Lui fissò in silenzio il
terreno per qualche istante, poi lei, di nuovo il terreno ed alla fine
si tolse
gli occhiali.
- Oh, Rose! Sei un genio! –
Disse mettendosi a sedere per bene sulla panchina cui si era
accovacciato nel
frattempo per cercare meglio.
- Cos’ ho combinato, stavolta?
– chiese lei in dubbio se sorridere o preoccuparsi.
- La pianta è terrestre, lo
sapevo, sai che non sbaglio mai… - disse, ma poi il suo
sguardo tornò sconfitto
al terreno – Bè, quasi mai… In ogni
caso la pianta è terrestre o
perlomeno…Cioè… Lo sarà.
– concluse infine.
- Vuoi dirmi che te ne stavi
qui, sveglio alle tre del mattino, con qualche grado sotto lo zero, a
cercare
una pianta del futuro?! – disse Rose a quel punto,
trattenendo appena il riso.
- A dir la verità la cercavo da
un paio d’ore… - cercò di aggiungere il
Dottore, ma lei glielo impedì
scoppiando in una fragorosa risata, pensando a quanto fosse incredibile
quell’uomo.
Lui la guardò incuriosito
dalla sua reazione, allora lei gli si avvicinò, gli pose un
bacio sulla fronte
e gli tese una mano.
- Vieni dentro con me. Sei
umano ormai, con questo freddo ti sarai sicuramente preso un malanno e
ciò che
non vogliamo ora è un bel raffreddore umano, giusto?
– gli disse con grande
dolcezza. Lui la fissò stupito da quelle parole e non
riuscì a rifiutare un
offerta così accalorata. Era felice di sentire da lei quelle
parole, finalmente
poteva lasciare che qualcun altro si prendesse cura di lui senza temere
per le
conseguenze. Era un sollievo che non aveva mai provato.
- Sei in camicia di notte! –
esclamò sorpreso – Non ti avevo mai vista, ecco,
così! - continuò a balbettare
gesticolando verso il suo indumento.
- Non c’è molto da vedere, mi
arriva fino alle caviglie! – gli rispose lei, facendogli la
lingua mentre un
sottile rossore le scuriva le gote.
- No, certo, non era quello
che intendevo… Ma, aspetta… Mi stai per caso
prendendo in giro? – disse
avvicinandosi minaccioso a lei, più che intenzionato a
fargliela pagare per
l’imbarazzo in cui l’aveva messo. Iniziò
infatti a farle il solletico sui
fianchi e mentre lei si agitava in preda alle risa la strinse forte a
sé e le
diede un bacio sulla fronte sussurrandole “Grazie”.
Lei alzò il viso e quando i
due si incontrarono si poterono scambiare un bacio profondo,
così desiderato; nessuno
dei due si era ancora abituato al brivido che il contatto delle
reciproche
labbra provocava in entrambi ma era così piacevole,
così naturale che pian piano
iniziava sparire la vergogna e l’imbarazzo per lasciar spazio
solo a quella
sensazione di appartenenza che dava loro; quando alla fine si
allontanarono lui
le accarezzò delicato il viso e lei gli disse:
- Senti, so che per te
dev’essere dura riuscire a dormire perciò vorrei
poterti aiutare… Forse so come
farlo però devi rimanere qui, stanotte. –
- Ovviamente, se ti va… -
aggiunse immediatamente quando si accorse quanto la sua richiesta
potesse risultare
equivoca.
- Se te la senti tu, Rose… -
gli rispose lui, scrutandola attentamente negli occhi, preoccupato in
quel
momento di ferire i suoi sentimenti.
- Io te l’ho proposto, so
quello che faccio. Sono ancora confusa, lo so, ma giunti a questo punto
inizio
a credere che questo sia l’unico modo per riuscire a chiudere
occhi stanotte,
tutti e due. – gli rispose facendosi forza.
- Allora sarò lieto di starti
accanto. – aggiunse il Dottore, prendendogli la mano e
baciandogliela.
Per nascondere la vampata di
calore che le spuntava sul viso si voltò a preparare il
tè per entrambi col
bollitore che avevano trafugato dalla cucina mentre lui
continuò a fissarla con
affetto.
Dopo
una bella tazza di tè
caldo Rose si preparò per la notte infilandosi sotto le
coperte e convinse il
Dottore, che intendeva dormire vestito di tutto punto, a togliersi
perlomeno la
giacca; lui ovviamente la buttò poco ordinatamente su una
delle poltrone della
stanza e si infilò lentamente sotto le coperte con lei. Era
completamente
ignaro di cosa aspettarsi ma ciò che amò dal
primo istante fu la sensazione di
essere in un letto accanto a qualcuno, di percepire fra le lenzuola il
calore
di un’altra persona; tutte sensazioni nuove perché
lui era un essere umano
nuovo, anche se con le memorie di un Signore del Tempo. Una volta
coperto per
bene si voltò verso di lei e lei gli fece segno di
avvicinarsi. Era piuttosto
agitata, averlo così vicino in un contesto così
intimo la mandava completamente
nel pallone, ma per quella notte il suo desiderio più grande
era semplicemente
riposare al suo fianco, nulla più; quando lui si fu
avvicinato, lei si tirò in
alto sul cuscino e gli fece appoggiare la testa sul petto, poco sotto
il collo.
- Vedi, io ho pensato che… Tu
in fondo devi essere abituato al ritmo di due cuori quindi forse, ecco,
se ti
stendi qui puoi sentire anche il mio battito oltre al tuo,
così sarebbero due
cuori… Si, lo so, sicuramente è un’idea
stupid… -
- E’ l’idea migliore che io
abbia mai sentito e te lo assicura uno che di idee stupide ne ha
sentite
milioni! – la interruppe lui, alzando leggermente il viso dal
suo petto per
poterla guardare negli occhi ed aggiungere, posandole un delicato bacio
della
buonanotte sulle labbra:
- Sei meravigliosa, Rose. –
«
Non ricordo il momento in
cui ci siamo addormentati da dev’essere successo,
perché è mattina ed io sento
ancora il suo respiro; mi volto e lo vedo lì, dorme sereno
sul bordo del letto
ed anche se è più lontano rispetto a quando,
durante la notte, mi aveva
abbracciata, sento ancora il suo calore. Vorrei avvicinarmi a lui ma
temo di
svegliarlo; quando alla fine mi decido a farlo lui si gira nel sonno e,
smuovendo tutte le coperte al suo passaggio, torna accanto a me e mi
cinge con
un braccio. E’ bellissimo, seguo con gli occhi la spina
dorsale che solca la
sua schiena magrissima ed intanto coi piedi percepisco qualcosa in
fondo al
letto in mezzo alle coperte; c’è del tessuto
rigido e qualcosa di morbido tutto
aggrovigliato e quando la mia mente assonnata mette insieme tutti i
pezzi per
poco non mi metto a urlare: si è tolto i vestiti durante la
notte! Solo ora
rifletto che per osservare la sua schiena doveva essersi tolto la
maglietta che vestiva sotto la giacca… Che
stupida! Probabilmente stando abbracciati sotto tante coperte aveva
sentito
caldo, e quelli che sento coi piedi saranno i pantaloni e la cintura
che dev’essersi sfilato da addormentato, scalciandoli in
fondo al
letto. Ma quanti vestiti si è tolto…? Sento che
il mio viso ha ormai raggiunto
la gradazione più intensa possibile di rosso ed alzo
leggermente le coperte.
Boxer. Ha addosso dei boxer. Abbasso di scatto le coperte cercando di
riprendere il controllo di me stessa mentre sento qualcuno muoversi
all’interno
dell’hotel; dev’essere quasi ora di colazione e
sarà stupendo il momento in
cui, svegliandolo, gli vedrò spalancare i suoi intensi occhi
castani verso di
me. Devo ammettere che un po’ sarei curiosa di alzare
nuovamente le coperte ma
l’imbarazzo prende il sopravvento, in più decido
che, visto che presto dovremmo
alzarci per la colazione, voglio godermi a pieno gli ultimi istanti del
suo
abbraccio perciò mi avvicino a lui e lo stringo
anch’io, ma non troppo forte,
perché non voglio ancora svegliarlo. Sento di nuovo dei
passi fuori,
probabilmente la signora gentile sta venendo a bussare alle nostre
porte per
avvisarci che la colazione è pronta. Ma non è lei. L’attimo in
cui la mia mente scopre il
terrore puro è così breve che non ho tempo di
pensare né di agire; i passi si
avvicinano e cavolo, li conosco davvero troppo bene perché
non mi scorra un
brivido di paura lungo la schiena. Ecco che raggiuge la
porta, è troppo tardi,
ti prego non entrare, la porta si apre, OH MIO DIO, MAMMA,
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! »