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Autore: Niphre    28/07/2011    8 recensioni
Il Dottore umano e Rose nell'universo parallelo affrontano le difficoltà di riprendere un vita "normale" dopo "Journey's End".
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - Altro, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice: Finalmente è arrivata l’ora del secondo capitolo! Chiedo scusa per averci messo un sacco, colpa degli esami, ma devo ammettere che aspettavo anch’io con ansia di scoprire come sarebbe proseguita la storia; non sono estremamente soddisfatta di questo capitolo soprattutto perché l’idea originale era lunga circa il doppio ma ho dovuto tagliare un sacco di parti poco utili o che rallentavano troppo la narrazione. Mi spiace perché aumentavano i dettagli e la chiarezza della storia ma purtroppo questa parte non si poteva dividere, era un blocco unico e perciò ho dovuto fare delle scelte e nonostante questo il capitolo è comunque venuto molto più lungo del previsto! Povera me! ;D In ogni caso questa parte è ancora abbastanza introduttiva però inizia a vedersi qualche sviluppo nella storia e ci siamo finalmente liberati di quella spiaggia maledetta! Ma ora basta sennò finisco per fare spoiler della mia stessa storia… :) Tornando a cose serie, ringrazio tutte coloro che mi hanno scritto recensioni e chiedo umilmente scusa di non aver avuto tempo per rispondere a tutte, ma prometto che pian piano lo farò; grazie di cuore a tutti coloro che continueranno a seguire questa mia storia ed ha recensirla, apprezzo davvero molto i consigli costruttivi! Un saluto a tutte, Niphre.

Disclaimer: i personaggi e le storie del Doctor Who appartengono ai legittimi proprietari e questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro.

  Capitolo 2: 
Litera

La coppia, ancora mano nella mano, raggiunse una Jackie visibilmente infuriata contro un innocente cellulare.
- E’ mai possibile che Pete sia così inutile?! – si rivolse quindi alla figlia osservando con sospetto le loro mani intrecciate.
- Che succede, mamma? – Le chiese Rose; il Dottore, intanto, sentendosi minacciato dallo sguardo accusatore della donna, decise di lasciare un attimo la mano di Rose per mettersi a fissare con finto interesse un pietra tanto inutile quando ordinaria posata sulla spiaggia.
- Nonostante in questo mondo abbia fatto un sacco di soldi, pare che non sia in grado di trovarci un tetto per la notte! – rispose Jackie visibilmente infastidita.
- Vuoi dire che dovremo accamparci per la notte su questa spiaggia gelida? – domandò Rose preoccupata all’idea di preparare un giaciglio di fortuna in mezzo alla sabbia. Aveva iniziato, nel frattempo, a fissare intensamente la pietra anche lei, cercando di scoprire quale misteriosa e fantastica caratteristica avesse per poter attirare tanto l’attenzione del Dottore.
- Stai scherzando, vero? Non ci penso proprio! E voi due, che diavolo avete da fissare quella stupida roccia?!
Il Dottore e Rose si voltarono l’uno verso l’altra e, rendendosi conto di quello che stavano facendo, scoppiarono entrambi a ridere come due bambini; Jackie, che intanto si stava preparando per partire, li guardò ed iniziò a scuotere la testa verso la figlia, che doveva aver perso la ragione, e verso il Dottore, che con molto probabilità era proprio colui che gliel’aveva fatta perdere.
- Dove si va? – chiese il Dottore dopo aver finalmente smesso di ridere; Jackie spiegò loro che Pete le aveva consigliato di provare a raggiungere un ostello che si trovava ad alcune miglia da lì finché non fosse riuscito a venire personalmente o a mandare qualcuno a recuperarli.
- Allora, allons-y! – disse, indicando verso una direzione a caso con un rametto che entrambe le donne si chiesero dove e quando avesse raccolto - Però col sonico era un’altra cosa… - aggiunse avvilito.
- Su, Dottore, magari riuscirai a costruirne un altro! – lo incoraggiò Rose prendendolo sottobraccio e regalandogli un ampio sorriso.
- Ma il MIO cacciavite…! - iniziò a lamentarsi lui.
- Smettila di piagnucolare, abbiamo un sacco di strada da fare. E poi la direzione non è quella! – disse Jackie, tirando giù con la mano il bastoncino che lui sventolava ancora davanti a sé e sgretolando un po’ della sua autostima. 

Allontanarsi, forse per l’ultima volta, da quella spiaggia, rappresentava un punto di passaggio per Rose ed il Dottore. Lei non riusciva a fare a meno di pensare come abbandonare quel luogo fosse un po’ morire, visto che una parte di lei sarebbe sempre stata sepolta lì, nel punto in cui il TARDIS era scomparso per l’ultima volta; in fondo all’anima cercava di convincersi che quella non fosse una resa, che fosse la giusta fine della sua ricerca perché se avesse lasciato, anche solo per un attimo, che il dubbio le penetrasse dentro, non sarebbe più riuscita a vivere la propria esistenza e dopo tutto ciò che aveva affrontato non poteva proprio finire così. Volse un sguardo lucido a quel luogo e gli voltò le spalle per l’ultima volta. Il suo Dottore le sarebbe mancato per sempre e lo avrebbe rimpianto una vita intera ma in fondo a se stessa l’aveva sempre saputo, lui apparteneva all’universo e mai avrebbe potuto essere solo suo.
Il Dottore umano la osservava combattuto fra le molte emozioni che in quel momento gli attraversavano il suo unico cuore umano; decise di allontanare un secondo i pensieri da lei per chiedersi che ne sarebbe stato di lui, da quel momento: c’era Rose, certo, ed era molto più di quanto avesse mai potuto desiderare, ma la verità è che non si sentiva più consapevole di se stesso, così pieno di una vita che in realtà non aveva mai vissuto. Chi era? E cosa sarebbe diventato? L’esistenza umana era così breve, quanto in fretta tutto questo gli sarebbe stato strappato via? Decise che era troppo e che era il momento sbagliato. Non era su quella spiaggia che avrebbe scelto il suo destino, non era il luogo giusto: lì erano già avvenute tante cose e così in fretta, per quanto correre gli mancasse già più dell’aria di cui aveva bisogno per vivere doveva riflettere bene su ciò che aveva fatto e sull’uomo che voleva diventare. Perché ora poteva scegliere.
“…Genocidio…” gli risuonò nella mente con la voce dell’altro se stesso; non si sarebbe mai liberato della condanna che lui, il Dottore che se n’era andato, gli aveva implicitamente inflitto.
“Sconterò anche questa pena ed un giorno potrò vivere sereno. Sarò migliore di qualunque uomo tu non hai mai potuto essere e lo sarò accanto a lei.” ripromise a se stesso mentre Rose osservava preoccupata l’espressione dura e sofferta che gli si era formata sul volto. Ma a quel punto lui si girò a guardarla, stupendola con uno dei suoi più bei sorrisi a cui lei rispose di cuore, sempre più convinta di come il suo viso illuminato fosse la cosa per cui valesse combattere di più in tutto l’universo.
- Voi due mi avete proprio scocciato, ora vi lascio qui! – urlò Jackie che nel frattempo aveva cominciato a risalire la china. I due la seguirono rapidamente, iniziando a risalire il dislivello che divideva la spiaggia dalla pianura circostante; nessuno di loro si voltò più indietro mentre una piccola goccia solcava infine il volto di Rose.

«Lo osservo sul bordo della strada che finalmente abbiamo raggiunto; è alto, immobile e dritto nel suo completo blu. Ha gli occhi fissi davanti a sé in un mondo che non riesco a raggiungere e le braccia strette incrociate intorno ai suoi fianchi, forse per proteggersi dal freddo o per asciugarsi dalla pioggia che prima ha accompagnato per un tratto il nostro cammino. I suoi capelli bagnati gli premono ora scomposti sulla fronte e io lo sento come fosse un piccolo dio perso nel vento; è così maestoso nelle sua immobilità eppure è diverso, ora è anche umano. Comprendo il suo sconforto, in fondo in questo mondo che non ci appartiene siamo entrambi profughi e non ho mai desiderato tanto come ora stringerlo a me, sentire che io esisto in questo mondo per una ragione. E lui sarebbe perfetto come ragione. Però sento che le cose non sono ancora a posto ed ho così paura di correre che alla fine decido di non avvicinarmi per ora, verrà il momento giusto. La pausa è finita e ricomincio a camminare dietro a mia madre, mentre con la coda dell’occhio colgo nei suoi il lamento di un Signore del Tempo caduto fra gli uomini. »

Giunsero alla taverna indicata da Pete grazie al passaggio di un gentile signore norvegese che non capiva una parola della loro lingua, ma che doveva aver capito il linguaggio universale dei loro corpi che gridavano richieste di cibo, calore e un posto in cui dormire. Una volta arrivati una corpulenta padrona di casa li accolse sulla porta insieme al marito, lieta di avere quelli che dovevano essere i primi clienti della stagione; non parlava bene l’inglese, ma abbastanza da comprendere le loro richieste e venirgli in aiuto; presto fu infatti servita una lauta cena calda e mentre fuori scendeva il buio, furono preparate per loro stanze e bagni caldi. Al piano dedicato ai clienti si accedeva tramite una scala che giungeva dinnanzi ad una delle camere; il resto del corridoio presentava poi una forma ad L, con tre stanze sul lato lungo e due sul restante. A Jackie venne data l’ultima stanza del lato lungo, a Rose la prima del corto ed al Dottore la successiva. Dopo cena Jackie continuava a trattenere la figlia distrutta sul pianerottolo mentre il Dottore cercava di cogliere l’attimo giusto per augurare buonanotte a Rose prima di avviarsi verso la sua stanza per sperimentare la nuova esperienza: dormire come un essere umano. Chissà quanto sarebbe stato diverso! Tuttavia le sue buone intenzioni dovettero cedere contro l’infinita parlantina della donna e decise di ritirarsi nella sua stanza.
- Allora signore, vi faccio i miei auguri di buonanotte! A te un po’ meno… - dissi squadrando Jackie ed allontanandosi fra i borbottii della donna.

Rose aveva chiuso gli occhi all’incirca un paio d’ore prima quando si svegliò con un certo affanno. La sua mente non voleva proprio addormentarsi, era stato il corpo sfinito a cedere; era sicura che il sonno le sarebbe tornato prima o poi, ma forse non in quella notte. Decise che rimanere nel letto a rimuginare fosse inutile perciò si alzò e si diresse verso il bagno che aveva scoperto essere la prima stanza che avevano incontrato salendo le scale. Appena uscita dalla camera, con addosso solo una camicia da notte di flanella offertale dalla cordiale signora, si accorse di quanto freddo facesse lì fuori e pensò che fosse meglio fare in fretta; nel passare lungo il corridoio, tuttavia, colse fuori dalla finestra la luce della luna e la guardò un secondo incantata.
- Ma che cavolo…?! – esclamò quando, abbassato lo sguardo dal cielo, aveva riconosciuto la sagoma del Dottore, perfettamente vestito, seduto in mezzo al giardino.
Nonostante nessuno potesse vederla, alzò gli occhi al cielo ed incominciò a scendere le scale per capire quale folle ragione l’avesse spinto ad uscire a quell’ora della notte. Raggiunse la porta con estrema attenzione, non desiderava svegliare la madre o i padroni dell’albergo: sarebbe stata dura giustificare il loro comportamento anche se il Dottore l’aveva ormai abituata a situazioni del genere.
- Non dovresti essere qui fuori, c’è un tempo da lupi! – disse, una volta giunta a tiro di voce da lui.
Lui si voltò di scatto e le sorrise un po’ disorientato dall’inaspettata interruzione.
- Non riuscivo a dormire, sai, così mi sono messo a cercare una pianta di litera sperando che un suo infuso mi conciliasse il sonno… - tentò di spiegarle lui; lei notò che, a dimostrazione di questo fatto, si era anche infilato i suoi proverbiali occhiali che utilizzava per valutare meglio la situazione.  Si stupì di vederglieli addosso, era convinta che fossero rimasti  nel TARDIS con il Dottore.
- Non ti bastava un semplice tè caldo, o una camomilla? Comunque non conosco questa pianta, sei sicuro che sia di questo pianeta? – gli disse preoccupata che lui diventasse pazzo per cercare una pianta venusiana o altro.
Lui fissò in silenzio il terreno per qualche istante, poi lei, di nuovo il terreno ed alla fine si tolse gli occhiali.
- Oh, Rose! Sei un genio! – Disse mettendosi a sedere per bene sulla panchina cui si era accovacciato nel frattempo per cercare meglio.
- Cos’ ho combinato, stavolta? – chiese lei in dubbio se sorridere o preoccuparsi.
- La pianta è terrestre, lo sapevo, sai che non sbaglio mai… - disse, ma poi il suo sguardo tornò sconfitto al terreno – Bè, quasi mai… In ogni caso la pianta è terrestre o perlomeno…Cioè… Lo sarà. – concluse infine.
- Vuoi dirmi che te ne stavi qui, sveglio alle tre del mattino, con qualche grado sotto lo zero, a cercare una pianta del futuro?! – disse Rose a quel punto, trattenendo appena il riso.
- A dir la verità la cercavo da un paio d’ore… - cercò di aggiungere il Dottore, ma lei glielo impedì scoppiando in una fragorosa risata, pensando a quanto fosse incredibile quell’uomo.
Lui la guardò incuriosito dalla sua reazione, allora lei gli si avvicinò, gli pose un bacio sulla fronte e gli tese una mano.
- Vieni dentro con me. Sei umano ormai, con questo freddo ti sarai sicuramente preso un malanno e ciò che non vogliamo ora è un bel raffreddore umano, giusto? – gli disse con grande dolcezza. Lui la fissò stupito da quelle parole e non riuscì a rifiutare un offerta così accalorata. Era felice di sentire da lei quelle parole, finalmente poteva lasciare che qualcun altro si prendesse cura di lui senza temere per le conseguenze. Era un sollievo che non aveva mai provato.

Rose fece strada al Dottore fino alla cucina, dove di nascosto fece scaldare un bollitore che portò al piano superiore trascinandosi dietro anche lui. Giunti nella sua stanza, il Dottore si guardò intorno non senza un certo imbarazzo e pose la sua attenzione solo in quel momento a come lei fosse vestita.
- Sei in camicia di notte! – esclamò sorpreso – Non ti avevo mai vista, ecco, così! - continuò a balbettare gesticolando verso il suo indumento.
- Non c’è molto da vedere, mi arriva fino alle caviglie! – gli rispose lei, facendogli la lingua mentre un sottile rossore le scuriva le gote.
- No, certo, non era quello che intendevo… Ma, aspetta… Mi stai per caso prendendo in giro? – disse avvicinandosi minaccioso a lei, più che intenzionato a fargliela pagare per l’imbarazzo in cui l’aveva messo. Iniziò infatti a farle il solletico sui fianchi e mentre lei si agitava in preda alle risa la strinse forte a sé e le diede un bacio sulla fronte sussurrandole “Grazie”.
Lei alzò il viso e quando i due si incontrarono si poterono scambiare un bacio profondo, così desiderato; nessuno dei due si era ancora abituato al brivido che il contatto delle reciproche labbra provocava in entrambi ma era così piacevole, così naturale che pian piano iniziava sparire la vergogna e l’imbarazzo per lasciar spazio solo a quella sensazione di appartenenza che dava loro; quando alla fine si allontanarono lui le accarezzò delicato il viso e lei gli disse:
- Senti, so che per te dev’essere dura riuscire a dormire perciò vorrei poterti aiutare… Forse so come farlo però devi rimanere qui, stanotte. –
- Ovviamente, se ti va… - aggiunse immediatamente quando si accorse quanto la sua richiesta potesse risultare equivoca.
- Se te la senti tu, Rose… - gli rispose lui, scrutandola attentamente negli occhi, preoccupato in quel momento di ferire i suoi sentimenti.
- Io te l’ho proposto, so quello che faccio. Sono ancora confusa, lo so, ma giunti a questo punto inizio a credere che questo sia l’unico modo per riuscire a chiudere occhi stanotte, tutti e due. – gli rispose facendosi forza.
- Allora sarò lieto di starti accanto. – aggiunse il Dottore, prendendogli la mano e baciandogliela.
Per nascondere la vampata di calore che le spuntava sul viso si voltò a preparare il tè per entrambi col bollitore che avevano trafugato dalla cucina mentre lui continuò a fissarla con affetto. 

Dopo una bella tazza di tè caldo Rose si preparò per la notte infilandosi sotto le coperte e convinse il Dottore, che intendeva dormire vestito di tutto punto, a togliersi perlomeno la giacca; lui ovviamente la buttò poco ordinatamente su una delle poltrone della stanza e si infilò lentamente sotto le coperte con lei. Era completamente ignaro di cosa aspettarsi ma ciò che amò dal primo istante fu la sensazione di essere in un letto accanto a qualcuno, di percepire fra le lenzuola il calore di un’altra persona; tutte sensazioni nuove perché lui era un essere umano nuovo, anche se con le memorie di un Signore del Tempo. Una volta coperto per bene si voltò verso di lei e lei gli fece segno di avvicinarsi. Era piuttosto agitata, averlo così vicino in un contesto così intimo la mandava completamente nel pallone, ma per quella notte il suo desiderio più grande era semplicemente riposare al suo fianco, nulla più; quando lui si fu avvicinato, lei si tirò in alto sul cuscino e gli fece appoggiare la testa sul petto, poco sotto il collo.
- Vedi, io ho pensato che… Tu in fondo devi essere abituato al ritmo di due cuori quindi forse, ecco, se ti stendi qui puoi sentire anche il mio battito oltre al tuo, così sarebbero due cuori… Si, lo so, sicuramente è un’idea stupid… -
- E’ l’idea migliore che io abbia mai sentito e te lo assicura uno che di idee stupide ne ha sentite milioni! – la interruppe lui, alzando leggermente il viso dal suo petto per poterla guardare negli occhi ed aggiungere, posandole un delicato bacio della buonanotte sulle labbra:
- Sei meravigliosa, Rose. – 

« Non ricordo il momento in cui ci siamo addormentati da dev’essere successo, perché è mattina ed io sento ancora il suo respiro; mi volto e lo vedo lì, dorme sereno sul bordo del letto ed anche se è più lontano rispetto a quando, durante la notte, mi aveva abbracciata, sento ancora il suo calore. Vorrei avvicinarmi a lui ma temo di svegliarlo; quando alla fine mi decido a farlo lui si gira nel sonno e, smuovendo tutte le coperte al suo passaggio, torna accanto a me e mi cinge con un braccio. E’ bellissimo, seguo con gli occhi la spina dorsale che solca la sua schiena magrissima ed intanto coi piedi percepisco qualcosa in fondo al letto in mezzo alle coperte; c’è del tessuto rigido e qualcosa di morbido tutto aggrovigliato e quando la mia mente assonnata mette insieme tutti i pezzi per poco non mi metto a urlare: si è tolto i vestiti durante la notte! Solo ora rifletto che per osservare la sua schiena doveva essersi tolto la maglietta che vestiva sotto la giacca… Che stupida! Probabilmente stando abbracciati sotto tante coperte aveva sentito caldo, e quelli che sento coi piedi saranno i pantaloni e la cintura che dev’essersi sfilato da addormentato, scalciandoli in fondo al letto. Ma quanti vestiti si è tolto…? Sento che il mio viso ha ormai raggiunto la gradazione più intensa possibile di rosso ed alzo leggermente le coperte. Boxer. Ha addosso dei boxer. Abbasso di scatto le coperte cercando di riprendere il controllo di me stessa mentre sento qualcuno muoversi all’interno dell’hotel; dev’essere quasi ora di colazione e sarà stupendo il momento in cui, svegliandolo, gli vedrò spalancare i suoi intensi occhi castani verso di me. Devo ammettere che un po’ sarei curiosa di alzare nuovamente le coperte ma l’imbarazzo prende il sopravvento, in più decido che, visto che presto dovremmo alzarci per la colazione, voglio godermi a pieno gli ultimi istanti del suo abbraccio perciò mi avvicino a lui e lo stringo anch’io, ma non troppo forte, perché non voglio ancora svegliarlo. Sento di nuovo dei passi fuori, probabilmente la signora gentile sta venendo a bussare alle nostre porte per avvisarci che la colazione è pronta. Ma non è lei. L’attimo in cui la mia mente scopre il terrore puro è così breve che non ho tempo di pensare né di agire; i passi si avvicinano e cavolo, li conosco davvero troppo bene perché non mi scorra un brivido di paura lungo la schiena. Ecco che raggiuge la porta, è troppo tardi, ti prego non entrare, la porta si apre, OH MIO DIO, MAMMA, NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! »

  
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