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Autore: hellomelancholy    29/07/2011    6 recensioni
Hayley Williams, la cantante rosso fuoco dei Paramore, si risveglia in un posto che non conosce. Si guarda intorno, ma nulla di ciò che la circonda, le è familiare. Il letto, la finestra, i fiori. Solo poche ore prima era con i suoi amici e compagni di band Jeremy e Taylor. Dove sono?, si chiede, senza riuscire a darsi una risposta. Tutto ciò che deve fare è cercare di capire da sola cos'è successo, sconfiggendo il silenzio del luogo abbandonato in cui si ritrova.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hayley Williams, Jeremy Davis, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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; Risveglio
Mi risvegliai in un letto che non era mio. Lo capii subito, anche senza aprire gli occhi, appena ripresi coscienza da quella che sembrava essere stata una lunga e scomoda dormita. Il cuscino era troppo fine e il materasso troppo duro. E le coperte? Dov'erano le mie soffici coperte? Ciò che mi ricopriva non sembrava essere affatto soffice, ma piuttosto ruvido. Il letto su cui mi trovavo non poteva di certo essere il mio. Mi strofinai gli occhi con le dita, una, due, tre volte appena mi misi a sedere. Quando riuscii a mettere a fuoco in modo abbastanza chiaro l'ambiente circostante, tutto mi sembrava irreale. Impiegai qualche secondo per realizzare che tutto intorno a me era diverso, rispetto a ciò che ero abituata a vedere ogni mattina. In verità impiegai qualche secondo a capire persino chi ero, mentre sentivo la testa pesate.
Sono
Hayley Williams, ripetei a me stessa un paio di volte. Mi massaggiai le tempie per qualche minuto, tuttavia non mi servì a fare chiarezza dentro me e neanche a concentrarmi; ero così confusa da credere di essere in un sogno; mi aspettavo che, da un momento all'altro, le pareti cadessero e rivelassero la mia vera camera da letto, cosicché io potessi svegliarmi per davvero e vedere le cose di sempre. Le parenti intorno a me erano di un anonimo bianco, con macchie scure di sporco qua e la. C'era una sola finestra affianco al letto, con delle sbarre e che dava verso l'alto. Da lì vedevo solo il grigiore del cielo e le nuvole cupe sovrastarmi. A parte quella finestra, la stanza non era poi molto piena, se non fosse stato per i fiori sparsi qua e la, che se non altro davano un po' di colore alla stanza. Sul comodino dall'altro lato del letto rispetto alla finestra, c'era un grosso vaso di un arancione sgargiante, contenente diversi tipi di fiori. E persino davanti a me, dove di solito, nella mia stanza, ci sarebbe stato uno specchio e un tavolo da trucco con le cornici colorate, le foto dei miei migliori amici e la scritta “Hayley” sulla parte alta dello specchio, lì c'era un altro tavolo, con un altro noioso vaso di fiori. Affianco riconobbi la mia borsa e alcuni miei effetti personali. Iniziando a riprendere conoscenza, una certa quantità di preoccupazione mi travolse, come un onda; se fino ad allora non me l'ero ancora chiesto, ora stavo cominciando a farlo.
Dov'ero? Quella non era di certo la mia camera, né un posto conosciuto. Non era nulla che avevo mai visto. Ma l'insieme di tutto ciò che avevo intorno, la camera vuota, il semplice comodino affianco al letto, la finestra con le sbarre e il semplice tavolo davanti a me, con i fiori, riuscivano a farmi venire in mente un solo luogo; un ospedale. Anche l'odore, l'odore che aveva quel posto sapeva di ospedale; di medicine, di cibo poco salato, di malattia, di tristezza. Senza pensarci troppo, cercai di alzarmi. Scostai le coperte ruvide e di un blu scolorito e triste e misi un piede fuori dal letto. Infilai le mie scarpe che trovai sul pavimento, e mentre esploravo la stanza con lo sguardo, tentavo di ricordare. Ricordare e capire com'ero finita lì dentro. Ero sicura che, soltanto qualche ora prima, fossi addormentata sul divano di Jeremy, mentre lui e Taylor giocavano ai videogiochi e io non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Appena svegliata, avrei dovuto ritrovarmi su quel divano, oppure nella stanza di Jeremy, dove lui di solito mi portava mentre dormivo, per farmi riposare immersa nel silenzio. Anche lì, a volte, quando mi svegliavo, credevo di essere nella mia stanza dalle pareti rosa, poi mi rendevo conto di dov'ero e cosa era successo prima. Ma non questa volta. Poche ore prima, ero stranamente stanca e assonnata e il tempo fuori non era dei più rassicuranti, e piuttosto che spingermi a uscire fuori a fare una passeggiata, mi teneva dentro casa, con una coperta che profumava di Jeremy e una tazza di cioccolata calda. Si sentiva il rumore della pioggia battere sul tetto e l'oscurità penetrava persino in casa, dalla finestra. L'unica luce che riuscivo a vedere era quella della televisione gigantesca, che mandava colori in tutta la stanza, mentre i ragazzi si sfidavano a Guitar Hero. Così, ben presto avevo preso sonno.
Ma non mi ricordavo di essermi svegliata, né tanto meno di essere arrivata in un posto del genere, che neanche avevo mai visto. Perlustrai la stanza, ma l'unica cosa che trovai, oltre una delle mie borsette con dentro una spazzola e un blocchetto con una penna, fu un bigliettino tra i fiori, sul tavolo davanti al letto. “
Questa non è la fine!” recitava il biglietto. E siccome cominciavo a preoccuparmi di essere in quel posto, sperai veramente che fosse la verità.
Con molto coraggio mi avviai verso la porta bianca chiusa, che avrebbe dovuto portarmi fuori da quella strana stanza. Afferrai la maniglia e l'aprii. Quando misi un piede fuori, fui avvolta dall'oscurità. Tutto era buio e l'ambiente era decisamente diverso da quello che avevo trovato dentro; non c'era la minima luce, nemmeno quella che poteva arrivare da un cielo cupo, infatti li fuori non vedevo finestre e rispetto alla stanza ordinata, il corridoio in cui mi trovavo era fatiscente. Riuscivo a scorgere ben poco, ma quel che riuscivo a vedere erano pezzi di muro per terra, una parete completamente rovinata e annerita che mi faceva pensare a un incendio che rovina i colori di ogni cosa. Vidi anche sagome di oggetti, forse lettini, sparsi e qua e la.
Tutto questo è assurdo, pensai. Per un attimo, mi sentii in dubbio. In quella situazione, avrei dovuto andare avanti o fermarmi? A quel punto, mi sembrava piuttosto chiaro che in quel posto non poteva esserci nessuno, infatti non riuscivo a sentire nessun rumore da quel corridoio ampio e largo, in cui mi trovavo. Era come se fossi imbottigliata, in una dimensione a parte rispetto a quella in cui vivevo di solito, ed era da escludere che chiunque sarebbe potuto venire a cercarmi in quella stanza immersa nel buio e nel silenzio più totale. Perciò, nonostante trovassi tutto assurdo, strano, decisi che era meglio muoversi, spostarsi e forse, cercare di capire cosa era successo. Mi incamminai per il corridoio silenzioso e scuro, lasciandomi alle spalle la stanza e la porta che si richiudeva con un rumore cigolante.
  
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