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Autore: Apricot    30/07/2011    3 recensioni
Si, la sua voce era morbida, calda, familiare ed elegante proprio come il velluto rosso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I giorni continuavano a passare sempre uguali. La monotonia ti da sicurezza, sicurezza che può velocemente trasformarsi in malinconia.
 
Uscii dalla mia camera con l'idea di avventurarmi nell'hotel come se fossi in una missione segreta. Sarei andata alla ricerca della cucina per trovare i rifornimenti di cibo segreti.
Scesi nella hall e camminai lungo uno stretto corridoio imboscato un po' coperto dalle piante. Dopo aver tentato di aprire varie porte sfortunatamente chiuse a chiave ne trovai una aperta.
Non appena la aprii mi arrivò in faccia una folata di vento. L'aria che entrò dalle finestre spalancate fece sollevare le lunghissime tende bianche e volare qualche foglio che si sparse per il pavimento.
Entrai e chiusi subito la porta. Le pareti erano lilla, uno strano tipo di lilla mai visto prima. Sembravano quasi colorate con dei pastelli.
Entrava una grande luce che illuminava tutta la stanza, grande, per non dire enorme.
Non vi era nessun tipo di arredamento fatta eccezione per un quadro raffigurante un ponte, e un pianoforte completamente bianco. Mai visto in vita un pianoforte bianco prima d'allora.
Mi sedetti e posai le mie mani tremanti sui tasti.
Non toccavo un piano da almeno un anno.
Chiusi gli occhi. La melodia cominciò ad uscire dalle mie dita.
Non sapevo di essere in grado di scrivere un pezzo. Non sapevo neanche di ricordarmi come si suona.
Le dita scivolarono fluide lungo tutti i tasti con una scorrevolezza quasi inumana.
Nessuno mi aveva mai sentito suonare il piano. Ad essere sincera nemmeno io mi ero mai veramente ascoltata. Quella era la prima volta che esprimevo tutte le mie emozioni attraverso la musica.
Non pensai a nessuno se non a me stessa e alla musica. Fu come se quella melodia la conoscessi da anni, come se fosse la ninna nanna che mi cantava mia madre prima di addormentarmi.
Fu una vera sorpresa scoprire che quella dolce melodia era in grado di sprigionare tutta la confusione, la malinconia che avevo nell'animo. Tutto ciò che espressi suonando era reale. Magari altre persone avrebbero sentito solo una canzoncina orecchiabile, ma per me era molto di più.
Era mettere a nudo me stessa davanti all'intero mondo, e questo mi eccitava e spaventava allo stesso tempo.
Come quando scopri di essere in grado di fare qualcosa di strabiliante, ma non vuoi farlo sapere a nessuno.
 
All'improvviso comparve nella mie mente un'immagine: io vestita con un bellissimo abito da sera dello stesso colore delle pareti. I capelli ricci erano sciolti, come sempre, e un sorriso smagliante completava quel bel quadretto. Mi trovavo davanti ad una specie di salone con molta gente, tutti rigorosamente eleganti.
Non appena mi vidi aprii gli occhi e cessai di suonare.
Quel “flash” sembrò quasi mostrarmi il futuro.

-Non si può entrare qui! -


Mi voltai e vidi un uomo, sulla trentina, sulla porta a fissarmi. Era probabilmente un cameriere o un facchino dell'hotel.

-Scusi.-


Avrei voluto continuare a suonare per l'eternità. E poi da quanto tempo era lì?
Mi alzai e attraversai la porta.

-Da quanti anni suoni?- Mi chiese. Non seppi che risposta dargli. In teoria suonavo da 7 anni, ma in pratica era la prima volta che suonavo davvero.


-Veramente, ho imparato oggi.-


Continuai per la mia strada fino a tornare nella hall.
 
Mancavano ancora pochi giorni e presto sarei tonata in Inghilterra.
Mi resi improvvisamente conto che buona parte del mio soggiorno in Svizzera non me l'ero pienamente goduto.
Avevo promesso che mi sarei divertita, e così feci.
Chiamai Kevin e andammo a fare un giro a Ginevra per comprare un uovo meraviglioso vestito che avrei dovuto indossare quella sera per un gala piuttosto elegante.
La città era semplicemente meravigliosa. Alberi ovunque, strade in perfetto stato, le persone erano molto fini ed eleganti.
Passammo il pomeriggio alla ricerca del vestito perfetto e finalmente lo trovammo.
Kevin, nonostante fosse un maschio ci sapeva fare in fatto di stile. Sapeva meglio di me cosa mi donava e cosa, al contrario, mi stava veramente male.
Passammo dal parrucchiere, e dall'estetista. Mi sembrò di vivere uno di quei classici film americani le cui protagoniste sono sempre delle ragazze apparentemente brutte e sfigate che finiscono col mettersi col bellone della scuola.
Sembrava che ci fosse persino la colonna sonora ad accompagnarci.
Nei film però le protagoniste riescono a passare da almeno cinque o sei negozi, dal parrucchiere, dall'estetista, in profumeria, in oreficeria, in un negozio di cd e dal gelataio in un solo pomeriggio, e quando tornano hanno anche il tempo di farsi il bagno.
Nella vita reale non è così. Eravamo riusciti a malapena a prendere un vestito e abbiamo accorciato i tempi della manicure scegliendo uno smalto semplice. Forse successe perché ero rimasta un'oretta in una libreria enorme e una mezz'oretta in una pasticceria.


 
  
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