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Autore: Marghe    22/02/2004    0 recensioni
Solo lettere a chi non c'è più da parte di chi lo ha perso per sempre. (momento decadentistico dell'autrice^^) Nonostante la sua banalità, prima classificata al premio letterario "Etruria" Aldo Zelli nel 2004.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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2.Veli di sangue e lacrime

 

 

 

Contemplo. Ascolto e contemplo. Bellissimo il sangue che si disperde nell’acqua trasparente. Bellissime le lacrime che colano giù dalle guance. Com’eri bello. Da morto. Era bello il tuo cadavere.

E’ inutile. Mai un corpo vivo avrà la fredda e laconica bellezza di un cadavere. Mai tante cose saranno scritte sulla pelle di un vivo come sono scritte sulla pelle di un morto, mille comandamenti e verità sulla nostra vita, che, come quella di tutti gli altri, si avvia sempre più al capolinea.

Prima o poi tutti moriamo.

E io ascolto. Ascolto e contemplo.

Ascolto il dispiegarsi grezzo e nebbioso di queste giornate tutte uguali e contemplo le gocce di sangue che si disperdono nell’acqua di rubinetto, rinchiusa nel bicchiere. Vorrei poterti mostrare la bellezza di questi attimi. Il mio dito è tagliato affinchè le gocce che scendono siano piccole e ritmiche. Osservo. Cadono nell’acqua. Goccia dopo goccia. Poi scoppiano. Si disperdono. Si allargano. Velluto di sangue. Il sangue è uno degli spettacoli più belli che Nostro Signore ci ha regalato. Com’è bello… rosso, rosso intenso. Colore della vita e della più morbosa atrocità di questo Inferno. Il sangue è l’olio col quale dipingo sulla tela della mia pelle. Forse è per questo che sono autolesionista.

Ti sei avvelenato, e poi sei morto col sorriso, gran figlio di puttana. Mi hai provocato irritazione.

Ti ho dato in vita tutto quello che ho potuto, ho distrutto il mio orgoglio e la mia dignità soltanto per regalarmi del tutto a te, anima e corpo. Adesso muori, sorridendo, sorridendo sarcastico, come se nelle tue mani si intrecciassero le vite di centinaia a centinaia di uomini. Tu ora sei morto e loro moriranno. Per me non sarà così, te lo prometto.

Non riuscirai a buttarmi giù.

Le lacrime scorrono sulle mie guance. Penso che la tua morte mi provochi dispiacere.

Cos’eri di speciale? Eri un uomo. Come altri ce ne sono al mondo. Stavamo insieme. Come altre coppie stanno insieme. Vorrei poter indagare nella mente di voi suicidi, perché adoro le vostre menti, sono così complesse. Mosse da un meccanismo che non capirò mai. Quant’è profonda la vostra disperazione? Quant’è grave la vostra pena? La mia è una famiglia di suicidi. E’ per questo che ne sono affascinata.

Si sono uccisi prima i miei fratelli, accoltellandosi l’un l’altro mentre si abbracciavano in un lago di sangue sul tappeto. Si è uccisa mia madre, spiaccicata sull’asfalto, ora calpestato da migliaia di persone che non meritano di ignorare la sua pena. Si è ucciso mio padre, lavoro di merda, stipendio di merda, famiglia di merda. Picconava le rocce di granito, questo era il suo compito, e si è ucciso facendo esplodere una mina. Tonnellate di granito sulla sua testa.

Mi piace come sono morti i miei fratelli. Con stile. Col sangue rosso. Tu ti sei avvelenato col sorrisetto di scherno, senza sangue, di notte, mentre io dormivo accanto a te.

Tutto sommato, penso di averti amato come niente amavo al mondo. Perché non muoio anch’io? Forse l’atto di maggiore masochismo a questo mondo è quello di continuare a vivere, per continuare a soffrire. O forse mi piace ancora vivere. Forse penso che potrò rifarmi una vita. Sarà difficile. Senza soldi. Senza famiglia.

Senza di te.

La cosa che mi fa più male. Intorno a me degli uomini portano via i mobili di casa ma io, sdraiata sul pavimento freddo di questo tugurio, continuo a fissare i veli di sangue, i veli di lacrime, i veli della mia esistenza che cadono nell’acqua, di disciolgono, si spargono. La mia vita è appesa a un filo, al filo della tua anima che ancora viaggia intorno a me.

Oh… già, dimenticavo, mi stanno sfrattando. Eccomi nella nebbia, nella neve, nel gelo totale.

Eccomi fuori dalla porta di fronte a questa fredda città in pieno inverno, ai confini del mondo. Che posso fare qui? Tutti sono morti. Non ho più niente, nemmeno una casa.

Si profila di fronte a me il destino di barbona di fronte alla tua tomba. Ricorderò per sempre il tuo bellissimo cadavere, i tuoi bellissimi occhi chiusi, la tua bellissima pelle bianca. Le tue labbra sottili e lineamenti aspri, ostili. Sarà il caso? Forse è meglio che mi ammazzi anch’io; quanti edifici alti ci sono qui intorno.

Sembrano fatti apposta per buttarsi di sotto. Un volo, un ultimo volo, e poi, finita per sempre. La proposta è allettante, è ci sarebbe tanto sangue in giro. No.

No, non lo farò, amore mio.

Ti ho promesso che niente al mondo, nemmeno tu, nella tua mortale perfezione, sarebbe riuscito a buttarmi giù. Andrò in chiesa a pregare, pregherò, pregherò in continuazione. Pregherò per te, per mia madre, per i miei fratelli, per mio padre. Pregherò per me, pregherò per ogni suicida di questo mondo, pregherò per tutti e sognerò il sangue. qualcosa farò. Te lo giuro. Qualcosa farò.

Al pensiero che sono sola mi si chiude lo stomaco e tutto il mondo si sfracella contro di me. sognerò del tuo sorriso e rimuoverò ogni traccia di terrore, perché adesso so veramente di esserci. Ora che tu non ci sei so che la mia vita è iniziata, è iniziata adesso, soltanto adesso.

E io voglio viverla, cazzo.

Ti amo.

  
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