Okay, siete
sopravvissuti al primo capitolo? Grazie infinite dei commenti, se ne avete
lasciati, e grazie ancora di più se avete letto… buon proseguimento!!
Capitolo 2
Il tuo sorriso
Ginevra si accoccola nella poltrona, sospirando. Un’altra
inutile giornata finita, finalmente. E lei? Non può finire anche lei? Che cosa
stupida, inutile, continuare a restare in quella piccola casa, in quella
piccola e inignificante casa ormai vuota di vita, vuota di allegria e passione…
non c’è più spazio per essere allegra. Ne passionale. Ne viva… la giovane donna
afferra il telecomando e schiaccia un tasto a caso. Il televisore si mette a
bofonchiare qualcosa nella stanza buia, qualcosa che Ginevra non intende
ascoltare, non intende sapere. Nell’altra mano prende il telefono, pigia i
tasti rapidamente, e se lo porta all’orecchio. Si mette a piangere, sentendo lo
squillare tranquillo del ricevitore… e poi…
-pronto? Pronto? Ehi… chi è?
Ginevra si morde il labbro. La sua voce… così nota nella sua
mente, così viva nei suoi ricordi… così lontana dal suo presente.
-Gin, Gin sei tu?
Zitta, zitta, non parlare. Non farle sentire che stai male. Lei
lo sentirebbe. È colpa sua. È anche colpa sua, Gin, ricordalo. Non ti è venuta
a cercare… non ti ha cercata. Non ha cercato di salvarti… da questo. Ginevra
guarda il salotto minuscolo nella lattiginosa penombra della sera, nel
riverbero azzurro della televisione, attraverso i suoi occhi appannati dalle
lacrime, dal rimorso, dalla solitudine, dalla tristezza.
-come stai?
Che domanda idiota. Non eri quella intelligente? Non eri la
nostra secchiona? Sì, lo eri. E io ero quella allegra e sicura di me. vedi? Le
cose sono cambiate… così cambiate…
Mi manchi.
-lo so che ce l’hai con me.
no, non lo sai. Tu c’eri, l’hai visto morire, hai visto morire
Ron, hai visto succedere tutto… te ne puoi fare una ragione. Io ero chiusa in
casa, con membri di una stupida società inutile, non più segreta, non più potente,
che vagavano come zombie in cucina cercando di farmi ridere… ahah, ci siete
proprio riusciti…
-hai ragione, hai ragione Gin, ma ti prego… parlami.
Parlarti? Oggi? Dopo tanto tempo?
-Ginny… ci sono tante cose che vorrei dirti. Dove abiti? Potrei
venirti a trovare…
sì, certo…
-Ginny, tesoro… sei tutto quello che mi resta, come io sono
tutto quello che resta a te.
Presuntuosa… ma vera.
-io sto a Londra. A due isolati dal Paiolo. Lavoro a Diagon
Halley. In una libreria… vedi, le cose non sono poi tanto cambiate.
In una libreria… cara la mia secchiona… no Ginevra!
Non ti fare corrompere.
-vieni da me, ti prego. Ne ho bisogno Gin. Ne ho davvero
bisogno. 11 anni lontane non sono abbastanza? Pensaci… Melburn Road al 7.
Perché mi dici questo? Perché?
-Gin… buona notte.
il ritmico e tranquillo squillare del ricevitore, vuoto.
Sei di nuovo sola, Ginevra.
Sola con le tu lacrime, il tuo stupido orgoglio, il tuo
incrollabile rimorso, la tua squallida la vita, i tuoi sbiaditi ricordi, i tuoi
sogni svaniti, ma comunque sola, con un telefono che non squilla mai, con una
porta che tu sola varchi, un letto sul quale solo tu dormi… a vivere un corpo
solo tuo, una vita che non appartiene a nessun altro, e che a nessun altro
interessa.
Ma comunque tu la metta, in realtà, il risultato è uno solo. Sei
sola, e sola resterai per sempre.
-Liil!- Hermione si appoggia un attimo allo stipide della porta,
sospira, e infine prende coraggio.
La bambina corre verso di lei, un po’ seria e un po’ divertita,
e le bacia una guancia. –pronta mamma?
-certo tesoro, prontissima. Metti la giacca.
Lei annuisce, si infila il giubbotto, sorride. Hermione le
appoggia una mano sulla spalla, e la spinge fuori dall’ingresso, al di la della
porta di casa, mettendosi la borsa a tracolla e girando la chiave nella toppa.
-chi era al telefono mamma?
-una…vecchia amica.
-chi?
-se ti dicessi il nome non ti direbbe niente.
Lily le prende una mano per tirarla giu dalle scale. –e prova!
-dai, Lilian, che ti importa?
-lo voglio sapere!
Hermione sospira.
-e perché non parlavate allora?
-io parlavo, Ginni no.
-Ginni?
-esatto.
Lei fece una strana espressione. –sta per Ginevra?
-sì…
-il mio secondo nome!
Hermione alza gli occhi al cielo. –possiamo lasciar perdere per
stasera?
Lei si stringe nelle spalle. –tenderei a risponderti di no,
però…
-grazie tesoro.
-facciamo che ne parliamo a tavola, okay?
Hermione sorride, seguendola giu dalle scale e nella via buia.
Attraversano solo la strada e entrano in una piccola pizzeria. –il solito.- fa
Hermione annuendo verso il cameriere, che sorride, indicandole un tavolo
nell’angolo. Le due vi si siedono, una difronte all’altra. Lily le lancia
un’occhiata eloquente. –mamma…
Hermione chiude gli occhi. Perché Lily? Cosa diavolo vuoi sapere
da me?
-cosa vuoi sapere Lily?
-chi è la tua amica?
-ma niente…
-eravate molto unite?
-sì.
-conosceva… mio padre?
Hermione annuisce. Fa segno al cameriere di non dimenticarsi la
birra. Eccome se lo conosceva! Erano così uniti… Ron. Nella tua testa rossa
oltre a me e Harry, c’era lei, Gin, tua sorella. L’unica di cui t’importava
davvero, oserei dire. La tua piccola Gin. E come ogni cosa la condividevi
tranquillo (o forse non tanto) con Harry. Harry… sente gli occhi che le si
riempono di lacrime e si nasconde dietro il boccale di birra. Una lunga sorsata.
Le nostre burrobirre… da allora non ne ho più bevute. Harry. Cosa ti ha portato
così lontano da me? da me, che ti volevo così bene?
-mamma?
Hermione pare risvegliarsi da una specie di sogno ad occhi
aperti… occhi. I suoi occhi, verdi come smeraldi. Quante volte aveva sentito la
gente dirgli che aveva gli occhi di sua madre? Sua madre Lily. Hermione
sorride.
-sì, lo conosceva. Lo conosceva molto bene.
-dov’è adesso?
-se lo sapessi, tesoro mio, se solo lo sapessi.
-perché… il suo nome è il mio secondo nome?
-volevo che il tuo primo nome fosse Lilian…Lily.
-e perché? Chi era Lily?
Già, perché? Hermione lo sa bene. ricorda quel giorno… lo
ricorda come se fosse ieri. Il giorno in cui aveva detto a Harry di essere
incinta…
-perché era molto importante per il mio migliore amico.
-era la sua ragazza?
-no. era sua madre.
-e tu la conoscevi?
-no.
-perché?
-morì quando Harry era bambino.- sospira. –e volevo dire a
Harry… dirgli che adesso le cose potevano ricominciare. Che avrebbe avuto di
nuovo una famiglia. Che avrebbe avuto noi.
L’espressione di Lily è indecifrabile. Commossa, fragile,
determinata, coraggiosa.
-ma Harry non ha mai potuto sentire di avere questa famiglia.
-dov’è mamma?
-molto, molto lontano.
Lily annuisce. –non lo sai, o è morto?
Hermione manda giù una grossa boccata d’aria. Cosa diavolo vuoi
Lily? Perché? Perché vuoi questo? Si alza. La testa le gira. Si dirige verso il
bagno, superando il cameriere che arranca con le loro pizze tra le mani. Si
chiude in bagno. Perché Lily? Sono cose passate, finite, lontane… no. Harry non
sarà mai lontano… lontano da me… dalla mia mente, dai miei ricordi. è ancora
li, vivido come 10 anni fa, con tutte le sue debolezze, le sue paranoie, ma
soprattutto, con tutta la sua immensa forza.
Sorride. Chiude gli occhi.
-Harry!- gli era corsa incontro. Ron dormiva ancora, era presto.
Era appena sorto il sole, ma Harry era già sveglio. Sedeva sui gradini del
piccolo hotel dove residevano in quei giorni. –Harry!
-‘Mione, ciao. Come va?
Nessun contatto, non un bacio sulla guancia, non un abbraccio ne
una carezza. Sempre così, tutti i giorni della loro amicizia. Fino all’ultimo.
-bene, tu? Hai già deciso che Houcrux cacciamo oggi?
Harry aveva sorriso, ironico. Sulle guance un po’ di incolta
barbetta gli dava un aria più seria, e nei suoi occhi tristi una luce di
speranza era morta ormai da tanto tempo.
-forse.
Gli si era seduta di fianco.
-ti…devo chiedere una cosa.
-dimmi.
-se…se io fossi… bhè…lo sai no?
lui scosse il capo. –cosa?
-insomma, Ron, come la prenderebbe se io fossi…
-incinta?
Hermione annuì. Harry sorrise, radioso adesso, voltandosi a
guardarla dritta negli occhi, come non faceva da tempo.
-Hermione, è una cosa bellissima!
-davvero?
-certo!
E quella volta, l’aveva anche abbracciata. Le aveva fatto
sentire che le voleva bene, bene davvero. Le aveva appoggiato una mano sulla
pancia piatta, sorridendo. –qui dentro c’è un piccolo esserino che unisce le
due persone più importanti della mia vita.- aveva detto.
-scegli il suo nome.
-davvero?
-sì, sì.
Harry si era commosso. Per la prima volta nella sua vita,
Hermione aveva visto una commozione sincera nei suoi occhi, una commozione
tranquilla, umana. Hermione sapeva che Harry stava pensando a Ginny. –pensi a
Ginny?
-sì…ma…dare a lei o lui il suo nome è come dire…che non la
rivedrò.
-allora non diamoglielo.
-sarà un lui o una lei? Cioè, lo so che non lo puoi sapere, ma…
Hermione sorrise. –sono una maga io! Sarà una femmina.
Anche Harry aveva sorriso. –davvero?
Hermione annuì. –ti…ti piacerebbe chiamarla Lily?
Harry l’aveva abbracciata ancora. –Lily avrà una madre
fantastica.- aveva detto.
Hermione scoppia a piangere. Non sono una madre fantastica! Sono
una madre sola, stupida… e che non sa dire a sua figlia la verità.
Cosa mi diresti se fossi qui Harry? Si siede sul lavandino,
tenendosi la testa tra le mani, singhiozzando. Ho sbagliato…ho sbagliato tutto…
Ron. Se solo tu potessi vedere. Se solo tu potessi sentire quello che sento io, vedere Lily, vederla crescere. Se solo tu potessi aiutarmi, le cose sarebbero diverse per me…mi bastava un tuo sorriso, un tuo minuscolo sorriso per essere felice. Mi bastava questo. I tuoi occhioni azzurri, i tuoi capelli luminosi. Adesso…mi devo attaccare a quel ricordo per non morire sopraffatta dalla tristezza. Torna da me…