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Autore: Apricot    01/08/2011    3 recensioni
Si, la sua voce era morbida, calda, familiare ed elegante proprio come il velluto rosso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente quella bellissima sensazione di entusiasmo quando vi state preparando per qualcosa di importante?
Quella bella sensazione quando ti metti il mascara, quando scegli la crema profumata più appropriata, quando ti scuoti i capelli per renderli più voluminosi, quando ti spruzzi il profumo nuovo che ti è costato un occhio della testa e che hai comprato solo per quell'occasione, quando, anche se sai già quali sceglierai, provi 5 paia di scarpe diverse giusto per il gusto di provarle, quando ti guardi allo specchio e testi il tuo sorriso.
Ho provato quella piacevolissima sensazione solo due volte nella mia vita: al primo appuntamento serio con Harry e alla sera del 15 giugno 2011 in cui il mio caro libro sarebbe stato messo in vendita insieme a quello di altri autori.
 
Ero alle stelle.
Uscii dalla camera d'albergo 10 minuti in anticipo, montai sulla Limousine palesemente non mia e affittata per la serata dal mio patrigno come regalino di incoraggiamento.
Chissà quando sarei potuta risalire su di una auto così bella per partecipare ad una delle feste più importanti per quanto riguarda autori emergenti.
In effetti il mio non sarebbe stato l'unico libro ad essere messo in vendita ovviamente, ma c'erano quelli di una cinquantina di nuovi autori provenienti da ogni parte del mondo che non vedevano l'ora di dimostrare al mondo le loro capacità.
 
Arrivai puntuale al padiglione. Era decisamente enorme e con un'insegna gigante sopra l'entrata “ 42esima edizione del Festival degli autori emergenti”.
Forse sarei stata la più giovane, forse la più vecchia. Forse il mio libro non sarebbe piaciuto proprio a nessuno. Forse il mio vestito era troppo esagerato.
Ma non mi importava di niente. Quella serata sarebbe stata la mia serata, qualsiasi fosse stato l'esito.
Mi stavo già avvicinando all'entrata principale quando un grosso uomo vestito di nero con un walky talky in mano mi afferrò il polso.

-Da lì entrano solo gli spettatori, gli invitati entrano dal retro!-

E addio entrata trionfante stile principessa Disney.
Io ero appena entrata ed era già pieno di gente. Adulti principalmente. Pochi ragazzi.
Mi accompagnarono al mio posto.
Tutti gli autori venivano posizionati al secondo piano, perché al primo si vendevano i libri. Avrei preferito stare al primo piano. Sembrava un biblioteca enorme con centinaia di copie di libri.
La mia piccola poltroncina era rossa, più scura delle altre poltroncine. Mi sedetti per benino, dato che avrei passato la serata lì, e mi guardai attorno.
A qualche metro da me c'era un'altra poltrona sulla quale era seduta una donna. Sulla trentina, penso.
Bionda, con i capelli lunghi e molto truccata. Indossava una splendida camicia e dei pantaloni neri elegantissimi. Al collo portava una collana di perle che terminava con una piccolo diamante. Sicuramente niente in confronto al mio ciondolo a forma di farfalla regalatomi dalla mia migliore amica per il mio quattordicesimo compleanno.
La guardai e le sorrisi, lei mi ricambiò il sorriso. Avevamo la stessa emozione negli occhi, la stessa energia nel sangue, la stessa voglia di alzarsi in piedi e gridare a tutti "Ho scritto un fottuto librooo, leggetelo!!”
Un po' più distanti da noi vi erano altre tre poltrone. Un ragazzo, gli avrei dato all'incirca 20 anni, un signore sulla cinquantina ed un altro uomo di età indecifrabile.
 
Cominciarono le presentazioni degli autori e dei libri. Le domande furono quasi le stesse dell'altra presentazione a cui avevo partecipato. Questa volta però erano ufficiali, non sarebbero state riprese e trasmesse su un canale locale ad una tarda ora della notte; sarebbero state citate in qualche giornale importante e criticate da qualche critico altrettanto importante.
La donna che poneva le domande era molto carina, mi stava particolarmente simpatica sopratutto perché indossava un vestito nettamente più sfarzoso del mio, questo significava che non ero affatto esagerata.
Evidentemente ero la più giovane fra scrittori presenti, o almeno presenti nel mio salone.
Si, vi era un altro salone vicino al nostro, anche quello destinato a noi poveri piccoli scrittori sognatori.
 
Dopo le interviste, si mi piace chiamarle interviste perché mi fa sentire importante, facemmo qualche foto.
Ci posizionarono uno alla volta davanti ad un tendone pubblicitario su cui era stampata a caratteri cubitali per 20 mila volte 'festival del libro'.
Feci il mio sorriso a 45 denti e gli occhi dolci per rendere la cosa meno forzata possibile.
Non mi sembrava affatto male come foto, anzi forse sembravo quasi bella.
Non finimmo molto tardi, alle una del mattino eravamo già tutti fuori. Chi aveva deciso di festeggiare, chi era ripartito in aereo, chi si era rifugiato di nuovo in Hotel.
Io mi misi a parlare on la donna seduta vicino a me. Non potevo mica tornare a dormire dopo aver passato la più importante serata per la mia carriera.

-You must be Ronnie, Ronnie Hook.- Mi disse lei con un fortissimo accento irlandese troppo simile a quello di Niall.
Le risposi con il mio inglese piuttosto arrugginito, ma lei comprese lo stesso.

-Jennifer Belginton, piacere. Sei molto giovane, quanto anni hai?-


-17- Le sorrisi.


-Da quanto scrivi?-


-Cavolo che domanda, direi da una vita. Da quando ho imparato non ho più smesso-


Rise delicatamente, come se conoscesse la difficoltà che provavo nel rispondere a quella domanda e si divertisse a vedermi pensare per tirare fuori una risposta. E in effetti la conosceva.

-É la stessa domanda che mi hanno posto qualche ora fa, e dato che non sapevo come rispondere l'ho chiesto a te. Abbiamo datop la stessa risposta!-


-Ahaha! Si beh, è la verità. Come si chiama il tuo libro? Mi sembra di averlo già visto da qualche parte.-


In effetti avevo sbirciato la copertina del libro che aveva posato sopra il tavolino basso di fronte alla sua poltrona. Era rosa, con una scritta grande e nera, estremamente familiare. Anche lo spessore era familiare.

-Può darsi. In effetti è uscito in vendita già qualche mese fa, ma è stato presentato solo oggi. -


Ma com'era possibile? Nessuna casa editrice avrebbe messo in vendita i libri degli autori presenti fino al festival degli autori emergenti.
Il bello del Festival era sempre stato il fatto che non avevi idea di quali autori si sarebbero presentati e non potevi neanche avere un'idea del genere che scrivevano dato che chi vi partecipava non aveva mai pubblicato nessun libro. Era nel regolamento. Chi aveva già pubblicato un libro al massimo poteva essere invitato come ospite. Le chiesi spiegazioni.

-In realtà ne sono uscite pochissime copie perché la pubblicazione è stata autofinanziata. Quindi le prime copie non appartengono ad una vera e propria casa editrice.-


Ok, si spiegava tutto.
 
Ci accorgemmo di essere state per un buona mezz'oretta a parlare davanti all'uscita di sicurezza del padiglione ormai vuoto.
Così andammo a prendere qualcosa da bere al Café du Théatre, nel centro di Ginevra.
Parlammo di tutto e di più. Dell'emozione nello stare lì, dei calli alle dita, dei rimedi per il mal di testa che usavamo, del tipo di scrittura che usavamo al computer per scrivere. Di tutto.
Era una donna straordinaria, con uno strano senso dell'umorismo. Comprendeva persino la mia sottile ironia. Parlammo anche un po' di noi, di dove avevamo vissuto e del nostro paese. Era incredibile quanto le mancasse l'Irlanda.
A me l'Italia non mancava per niente, forse perché avevo vissuto i momenti più belli della mia vita altrove.

-Di cosa parla il tuo libro?-


-É un romanzo d'amore. Un amore un po' particolare.-


-In che senso?-


-Nel senso che devi leggere il libro.- Rise rispondendomi che lo avrebbe fatto sicuramente.

 

Squillò il cellulare. Era Peter. Ma che cavolo. É il mio 'manager', non il mio baby-sitter. Gli risposi.


-Che c'è?-


-Dove sei?-


-Fuori, con un'amica.-


-Ok, non fare tardi. Domani devi preparare le valigie.-

Riattaccai senza neanche salutarlo.


-Chi era? Il tuo ragazzo?-


-No ma va, era Peter il mio manag...oh porca paletta!-


-Che c'è? Tutto bene?-


-Si si, scusami.-

Mi ero completamente dimenticata di chiamare Harry. Gli avevo promesso che non appena sarebbe finito lo avrei chiamato! Negli ultimi giorni tra l'altro non ci eravamo sentiti molto. In realtà avevamo parlato almeno una mezzora al giorno, ma per lui era pochissimo.


-Hai un manager?-


In effetti non è normale avere un manager se non si è minimamente famosi. Ma diciamo che il mio caso era un'eccezione.

-Si, in realtà è un amico del mio patrigno. Lui lo ha convinto a 'lavorare' per me, così con la scusa può anche controllare tutto quello che faccio. Quindi diciamo che se ho un manager è solo fortuna sfacciata! Ad ogni modo è merito suo se sono qui!-


-Ah! Ecco, mi sembrava strano!-


-Lui avrebbe preferito fare il manager di Beyoncé, ma sono sicura che alla fine si diverte a stare anche con me! Il problema è che dato che è un amico di famiglia mi vuole tenere d'occhio sempre. A volte mi chiedo se lui conosca davvero il suo lavoro o se sia solo un attore pagato dai miei per controllarmi tutto il tempo!-


- Ahaha! Potrebbe anche darsi! -

- Ad ogni modo è meglio che vada adesso, non è un buon segno quando mi chiama Peter!


-Vuoi un passaggio? Dubito che tu abbia già la patente e gli autobus non sono troppo sicuri a quest'ora... non si sa mai chi potresti incontrare.-


-Grazie ma ho la Limousine...-

Appena lo dissi mi morsi la lingua. Avrà pensato che sono una specie di riccona viziata. E non lo sono.


Fece un'espressione tipo 'Oh porca pagnotta, questa deve avere i soldi. Teniamocela come amica. Adesso le faccio qualche complimento'. Intervenni subito.

-Veramente quella non è mia. Il mio patrigno l'ha affittata solo per questa serata come regalo d'incoraggiamento credo.-


-Ah, caspita. Beh magari io chiamo il mio ragazzo e mi faccio venire a prendere.-


-Sei fidanzata? Non me lo hai detto!-


-Beh, si in effetti conviviamo da cinque anni ormai.-


-Comunque non ti preoccupare. Potresti venire in Limousine con me. Ti accompagno io in Hotel, non c'è problema!-


-Dici sul serio?-


-Senti, lo so quanto possa essere entusiasmante salire su una Limousine, non è una cosa che faccio tutti i giorni e probabilmente non mi ricapiterà mai più nella mia vita. Non voglio tornare a casa da sola! Fammi compagnia, così potremo fingere di essere famose e importanti per qualche chilometro.-


-Come idea mi piace molto.-


-E sai qual è la cosa più bella? C'è anche lo champagne dentro! E sai qual è la cosa ancora più bella? A me non piace affatto la Champagne ma lo berrò soltanto per sentirmi una celebrità!-


-Cavolo, ci tieni proprio a sembrare famosa. Ci sto!-


 
Mentre ci dirigevamo alla piazzetta solitaria da dove eravamo scese qualche ora prima pensai a quello che aveva detto.
Perché avevo tutta questa smania di diventare qualcuno?
Mi venne in mente Harry. Forse perché ero niente confronto a lui, forse perché volevo assomigliargli di più, forse perché volevo solo fare parte anche io del suo mondo.
Ogni tanto mi sentivo come se non gli appartenessi davvero. Come se io non fossi la persona giusta che dovesse stargli accanto, la persona giusta per lui.
Chiamatela insicurezza, chiamatela mancanza di autostima, fatto sta che delle volte mi sentivo a disagio.
Non succedeva spesso, solo quando eravamo con gli altri. Quando cominciavano a parlare dei concerti, delle canzoni, del tour, delle registrazioni ecc...
Mi piaceva intervenire in quegli argomenti; davo la mia opinione, consigliavo, magari giudicavo certe decisioni. Però c'era sempre quel momento, quell'istante, che, per quanto breve e sfuggente fosse, mi metteva un senso di non appartenenza a quel mondo.
Quando eravamo soli non succedeva. Lui sapeva come farmi stare bene e farmi divertire, e non aveva mai pensato che forse io non ero abbastanza per lui.
Anche quando ero sola con Zayn mi sentivo così. Ero perfettamente felice, come se stessi parlando con il mio migliore amico da sempre.
Quella voglia di assomigliargli e di non sentirmi più inopportuna e non alla sua altezza era cresciuta di giorno in giorno, e senza che io me ne accorgessi era diventata la mia fissa principale.
 
Questo però Harry non lo sapeva.
 
Attraversammo le strade illuminate e vive di Ginevra.
Il paesaggio che si poteva vedere dal finestrino era meraviglioso. Non assomigliava affatto a Londra. Ai bordi delle strade c'erano dei prati, le vetrine dei negozi avevano tutte la stessa forma e ogni 10 metri vi era un cestino della spazzatura.
Era tutto molto ordinato, preciso, tutto seguiva un certo schema ma allo stesso tempo ero tutto molto elegante e spontaneo. Difficile da descrivere.




 
  
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