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Autore: _abyss    01/08/2011    8 recensioni
PER IL MOMENTO SOSPESA.
Prendete Sam cotto del suo migliore amico troppo innocente per accorgersene. Prendete Nate, che forse non è così ingenuo come Sam pensava. E poi aggiungete Elliot e i suoi amici, sfacciati ragazzi viziati. Mischiate il tutto con una cittadina inglese che da ora in poi non sarà più così tranquilla, degli amici fuori di testa e un professore venticinquenne dallo stile eccentrico.
«Che-che cavolo fai?» Chiedo, rosso come un pomodoro.
«Sento il tuo odore, no?» Mi dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Sento che sta espirando aria e lo fa contro il mio collo.
«Cosa sei un cane?» Lo guardo stizzito, mentre mi ritraggo da lui. E' pazzo? O solamente strano? Non è normale, questo è certo. Mi sorride, piegando la testa di lato con sguardo tra il divertito e il malizioso.
«No, Elliot. Ed è davvero un piacere conoscerti, Nate-che-profuma-di-fragola»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Nate
 

pov Nate


Sono distratto. E la colpa è semplicemente di quel tizio. Non che pensi a lui, ovviamente. L'unico motivo per cui ce l'ho per la testa è che sono stato incastrato.Tre giorni prima.

«Mi spieghi come fai ad apparire sempre dove sono io?» Chiedo scocciato, puntando i miei occhi nei suoi. Sembra quasi che si diverta a darmi fastidio. O forse non sembra ed è così e basta.

«Stellina, sei tu che sei sempre dove sono io.» Ribatte sorridendo, mentre vaga con il suo sguardo sul mio volto. Ogni volta ho come l'impressione che mi stia studiando.

«Non è vero. Io ero qui e poi sei arrivato tu. Scegli un altro posto o se vuoi rimanere qui non parlarmi.»

In una settimana da quell'incontro sono riuscito a imbattermi in Elliot praticamente tutti i giorni, e la cosa bella è che prima non l'avevo mai visto. E andrebbe anche bene se ogni volta che per sbaglio incrocio i suoi occhi non venisse a provocarmi.

«Ma non avrebbe senso. Visto che ci siamo incontrati dovremmo fare un po' di conversazione.» Dice sedendosi accanto a me sulla panchina di legno. Mette un braccio intorno alle mie spalle guardando la mia reazione.

«Non ci tengo a fare conversazione con te.» Lo informo, sfogliando una pagina del libro che tengo sulle gambe. Dovrei leggerlo per scuola e anche con una certa velocità. Il punto è che non riesco a concentrarmi. Solitamente riesco a essere anche abbastanza veloce, finendo un libro in massimo una settimana. Ma questa volta mi sto trascinando questo peso, rimandandolo ogni volta che ne ho l'occasione, da un bel po'.

Ero venuto in questa zona perchè è sempre tranquilla e raramente s’incontra qualcuno. O almeno, i giovani non ci vengono e quindi è un posto ideale per rilassarsi. Peccato che il peggiore degli scocciatori lo dovessi incontrare io.

«Sei crudele.» Soffia nel mio orecchio. Mi allontano di scatto, alzandomi in piedi, facendo ricadere il libro dalla copertina rossa sul prato. Non mi ero accorto che fosse così vicino. Dall'altra parte lui sembra davvero felice di tale reazione.

Mi piego a raccogliere il libro e lo vedo sorridere. M’irrita. M’irrita perchè è sempre in mezzo, perchè è strafottente, arrogante e perchè non smette di fissarmi un secondo.

«Ti do fastidio?»

Chiede con un sorrisetto sulle labbra, alzandosi in piedi e avvicinandosi a me. Riesco a malapena a muovermi, ma finisco seduto sull'erba. Grande, sono l'essere più impacciato di questa terra. Arrossisco perchè continua ad avanzare, perchè non si ferma nemmeno di fronte al mio volto porpora.

«Troppo.» Gli rispondo guardandolo male e distogliendo lo sguardo per poi rialzarmi. Ma non è così semplice dato che mi prende una caviglia.

Questo ragazzo sembra in tutto e per tutto un cane. Non soltanto perchè la prima volta che ci siamo incontrati mi ha odorato strusciando il suo naso contro il mio collo, ma anche perchè ha il tipico comportamento di un cucciolo voglioso di attenzioni.

Se lo ignoro, parla di tutto e di più per farsi notare. In ogni momento, tenta di venirmi più vicino possibile come se volesse le coccole (cosa che, per inciso, non avverrà mai ) ed è sempre, sempre, sempre scodinzolante.

«Hai un faccino così carino, eppure sei davvero cattivo con me.» Dice guardandomi con occhioni da cucciolo bastonato e arrossisco. Non perchè mi abbia fatto un quasi complimento, ma perchè per un secondo l'ho trovato bello. Un attimo di distrazione, che non ricapiterà mai più.

«Io non sono cattivo.»

«Sì che lo sei.» Insiste, alzandosi per guardarmi bene dall'alto in basso. Non con superbia, ma per motivi fisici quali la sua altezza e la mia...poca elevazione verso l'alto.

«No che non lo sono.» Continuo, perchè non gli farò avere l'ultima parola.

Appoggia la sua fronte alla mia e le mie guance si imporporano lievemente, ma non cedo. Perchè lui è solo Elliot. E' un ragazzo come tanti e non ha assolutamente senso arrendersi soltanto perchè mi provoca e io mi imbarazzo.

«Lo sai che dato che siamo così vicini potrei baciarti?»

Mi dice e distolgo lo sguardo verso il basso, ma l'unica cosa che vedo sono le sue labbra e rialzo gli occhi perchè mi sembra anche peggio fissargli la bocca.

«Tu provaci e io ti do un calcio.» Gli dico e se ci avesse anche solo provato, lo avrei fatto. Perchè io sono un ragazzo e nonostante non sembri, ho il mio orgoglio.

«Vedi? Questo conferma che sei cattivo.» Sussurra a bassa voce, per poi avvicinarsi verso il mio orecchio, tanto che sento i suoi capelli solleticarmi una guancia.

«E poi, con quelle tue gambe esili, non mi faresti molto male.» Rivela con una nota divertita, mentre la mia rabbia sale al culmine.

«Ma se vuoi comunque usare le gambe, posso consigliarti qualcos'altro.» Continua, mentre quasi mi mangerei le mani per il fastidio. Ovvio, sono anche imbarazzato, ma questo viene dopo. Non sopporto questo suo carattere altalenante. Per un secondo ti può sembrare anche, quasi, simpatico. Forse un po' appiccicoso, ma nemmeno troppo asfissiante. E, invece, quando dice certe cose, sembra essere uscito da un film. Non sto a specificare di che tipo. 

Che nervi. Non si è accorto che sono un ragazzo? Per i ragazzi belli come lui non dovrebbe essere un problema trovare qualcuna pronta a uscire con loro. Quindi perchè deve dare fastidio a me?

«Facciamo così.» Dice allontanandosi e io sospiro di sollievo. Lui lo nota e mi sorride in modo diverso dal solito. Quasi più dolce, ma deve essere semplicemente un gioco particolare di luci, perchè di certo
lui non è dolce.

«Se uscirai con me, non ti darò più fastidio. Se però ti diverti, vorrà dire che usciremo ancora.» Afferma, sbattendo le ciglia amabilmente. Davvero, non riesco a capire che razza di proposte mi fa.

Tento di dire qualcosa di senso compiuto, ma mi ha spiazzato. Non mi aspettavo qualcosa di così diretto.

«Assolutamente no. Non ho intenzione di uscire con te per nulla al mondo.»

Finalmente ritrovo l'uso della parola, ma lui non sembra apprezzare particolarmente la mia risposta, tanto che la ignora.

«Dimmi, a che ora preferisci?» Chiede, piegando il volto di lato mentre continua a fissarmi. Stringo i denti perchè spero che capisca che quella situazione è assurda, che non ha nessun senso, che noi ci conosciamo a malapena e che non voglio.

«A nessuna ora.»

«Cosa? Ti va bene alle otto e mi dirai anche dove abiti in modo che possa venire a prenderti?» Dice divertito perchè sa che m’innervosisce. Lo sa e fa di tutto pur di stuzzicarmi. Mi chiedo se non dovrei aiutarlo a trovarsi un hobby.

«Figurati se ti dico dove abito.» Non volevo ritrovarmelo pure a casa.

«Allora ti seguirò fino a quando non arrivi a casa.» Quelle parole quasi non mi fanno rabbrividire. La cosa peggiore è che so che potrebbe farlo.

«Posso sapere perchè ti diverti così tanto a darmi fastidio?» Gli chiedo con tono seccato, quasi rassegnato al fatto che solo dopo aver fatto questa prova mi lascerà in pace.

«Perchè sei dannatamente adorabile.» Quasi mi viene da ridere a quella risposta da film sdolcinato.
 

***

 

Sono steso sul letto della mia camera, con le braccia incrociate dietro la testa. Mi sono reso conto di aver fatto un grave errore ad accettare di uscire con quel ragazzo. Sì che in fondo è semplicemente un modo per scollarmelo di dosso, ma se poi mi piace? No, è impossibile.

Sento dei dlin dlon provenire dall'ingresso. Sta suonando il campanello. Due, tre, quattro volte. Ce n'è pure una quinta, ma a quel punto mi decido a scendere le scale, ad aprire la porta e a trovarlo tutto sorridente.

Arrossisco. E' imbarazzante il fatto che stia per uscire con un ragazzo. Abbasso lo sguardo e sebbene non posso vederlo, me lo immagino sorridere.

«Non sei per nulla gentile, stellina. Io faccio di tutto pur di essere puntuale e non mi dici nemmeno ciao.» Lo sento ghignare e quasi non mi mordo la lingua per l'irritazione. Mi mostra lo schermo del suo cellulare dove c'è scritta l'ora. 8.00 in punto.

«Ciao.» Gli dico quasi scontroso, quando mi rendo conto che ha usato ancora quell'imbarazzante soprannome.

«E potresti smetterla di chiamarmi stellina?» Chiedo, mordendomi il labbro inferiore mentre lui si appoggia allo stipite della finestra.

«Assolutamente no.»


Gli cammino a fianco lungo le vie semi popolate del centro di Hertford. C'è un po' di gente essendo Sabato sera, ma probabilmente la maggioranza dei ragazzi è al momento ferma in qualche pub o locale. 

«Stellina?»

Alzo involontariamente la testa verso di lui. E non so perchè l'ho fatto, dato che lo trovo sorridente e anche contento.

«Perchè stai sorridendo?»

«Perchè ti ho chiamato Stellina e ti sei girato.» Dice candido, alzando appena le spalle. Mi prende per mano e comincia a camminare più veloce.

 «Ehi!» Tento di protestare, ma non mi ascolta e noto solo ora che nella piazza più grande della città c'è una fiera. Ci sono stand con lucette che brillano sebbene il sole non sia ancora tramontato, uomini e donne con grembiuli che arricciano zucchero filato intorno a dei bastoncini, caramelle e dolci che vengono venduti e peluche di ogni tipo che sono messi come premi in dei giochi.

«Allora, non sei felice che ti abbia portato qui?» Annuisco lievemente, nascondendo il volto e guardando verso l'asfalto. Mi scompiglia leggermente i capelli e alzando la testa lo vedo sorridere. Deve essere stato felice della risposta.


«Sono un maestro in questi giochi.»

Elliot, con una pallina in mano, mi guarda sicuro di sè. Sospiro, rassegnato al fatto che vuole giocarci e nessuno potrà farlo desistere.

«Mi chiedo perchè tu sia così ostinato.» Soffio più a me stesso che a lui, ma mi sente e con un dito mi indica un orso gigante di peluche.

«U-un orso?» Chiedo sgranando gli occhi. E' enorme. In caso vincesse, cosa che dubito, come farebbe a portarselo a presso?

Sorride, per poi concentrarsi. Con un gesto secco e veloce, lancia la pallina contro i conetti messi l'uno sopra a forma di piramide, buttandoli giù tutti. Quasi non riesco a credere ai miei occhi. C-ce l'ha fatta. La signorina dietro il bancone fa un gran sorriso, facendo un mini applauso con le mani dalle unghie laccate di blu notte.

«Complimenti. Quale premio vuole?» Chiede indicando la vasta gamma di orsi, conigli e quant'altro esposti sullo scaffale più alto.

«L'orso con la stella sulla maglietta.» 

«Ecco a te.» Dice la ragazza, porgendogli quel mastodontico orso. Era più grande di lei quasi. Elliot la ringrazia appena, per poi riportare il suo sguardo su di me. Mi guarda sorridendo e porgendomi una zampa del peluche. Lo guardo interrogativo.

«Non ti piace, Stellina? Guarda che è per te.»

Arrossisco, mentre sento i loro occhi (quelli verdi di Elliot e quelli di plastica dell'orso) guardarmi.

«C-che cosa?»

Ormai balbettare sta diventando un'arte. Soltanto lui non riesce a farmi mettere come si deve due parole in croce e questo mi irrita.

«Non hai notato la stella?» Chiede, indicando la stellina gialla che appare sulla piccola maglietta blu indossata dall'orso. Effettivamente l'avevo vista, ma pensavo fosse una semplice coincidenza. Presi la zampa dell'orso imbarazzato. Come me lo portavo a casa rimaneva un mistero.


«Mi ricordi come siamo finiti qui?» Gli chiedo perplesso, mentre osservo il cielo punteggiato da stelle. L'erba sotto la mia schiena è fresca. Stare qui è piacevole.

«Avevi detto che l'orso era troppo grande e potevo prenderne uno più piccolo. Così ho pensato che meritavi una punizione perchè non hai apprezzato il mio gesto e ti ho rincorso fino a qui. Poi sei caduto sgraziatamente sull'erba e così ti ho detto di guardare le stelle.»

«Non sono caduto sgraziatamente, tu mi sei caduto addosso.» Dico precisando. Non sono così imbranato. O forse sì, ma è come dico io.

«L'orso pesava.» Dice voltandosi verso il peluche seduto sul prato, giustificandosi. Il modo in cui era riuscito a rincorrermi per tutto il parco con quel coso in mano aveva dell'incredibile.

«Come lo chiamiamo?» Chiede, girandosi verso di me. A mia volta faccio lo stesso, puntando i miei occhi nei suoi. Alzo le spalle, sebbene da steso quel gesto non abbia un grande significato.

«Ha bisogno di un nome?»

«Certamente. Cos'è questa discriminazione per gli orsi?» Chiede ammiccando, mentre mi volto da un'altra parte.

Quando ero piccolo davo continuamente nomi ai miei peluche. Però, farlo adesso a diciassette anni mi sembra un po' strano. Sorrido. E' un po' come essere tornato indietro. E tutto grazie a lui.

«Che ne dici di chiamarlo Stellina Due?» Domanda, guardando la maglietta blu dell'orso. Aggrotto le sopracciglia. Che razza di nome è?

«Ma che dici? E' tremendo!» Dico e al solo pensare che Elliot gli vuole dare un nome del genere mi viene da ridere.

«Devi solo abituartici.»
 
«Non posso farlo! E' troppo brutto.»

Mi sistemo meglio sull'erba, mentre piego le ginocchia e utilizzo le gambe del peluche come cuscino. Così sto comodo, ma poco dopo sento Elliot poggiare la propria testa sulla mia. Arrossisco ma resto fermo. Non so cosa fare, se spostarlo o meno. Opto per lasciare le cose così come stanno, in fondo, non è un gesto che denota particolare attenzione nei suoi confronti o ancor peggio attrazione.

«Non mi riferivo solo a quello.» La sua voce è stranamente seria, nettamente diversa da quella che usa solitamente.

«A cos'altro?» Chiedo, sebbene abbia già una mezza idea.

«Non c'è nulla di male se sei un ragazzo e te ne piace un altro.»

Dice quelle parole con una semplicità quasi irreale. Se ci avessi provato io, sarei arrossito e mi sarei inceppato almeno sette volte prima di finire la frase. Probabilmente Elliot è molto più maturo di me.

«Non mi sembra di aver mai detto che ci sia qualcosa di male.» Rispondo, mordendomi il labbro inferiore. Non c'è nessun tipo di rumore intorno a noi e sebbene non siamo così lontani dalla fiera che anima le strade di Hertford, quasi sembra un mondo a parte. I suoni e le luci ci arrivano sfocati.

«Se ti avessi chiesto di uscire in un altro modo avresti detto di no, non è vero?»

Abbasso gli occhi, colpito e affondato. So bene che le cose stanno proprio come ha detto lui e non so come rispondergli. L'unico motivo per cui ho accettato di fare questa prova è che pensavo si stufasse di giocare e si allontanasse da me. Un Elliot amico lo saprei gestire, ma un Elliot più che amico no.

«Chi tace acconsente, Stellina.» Dice, alzandosi dal cuscino/peluche per guardarmi negli occhi. Devo avere le guance arrossate dato che sento un caldo opprimente in volto e di certo non è perchè la temperatura sia alta.

«Se non dici niente, comincio a farti il solletico.» 

Sgrano gli occhi a quella affermazione, ma non mi esce nulla dalla bocca. Tento di formulare un frase di senso compiuto non composta solamente da intercalari, ma non esce niente.

Sento Elliot ghignare e farmi il solletico sui fianchi. Se c'è una cosa che soffro, è proprio il solletico. Comincio a ridere, mentre tento di allontanarlo, ma non ho nemmeno la forza di spostarlo da sopra le mie gambe.

«S-smettila!» Dico fra una risata e un'altra, ma il mio tono non ha nessuna nota autoritaria, solo divertita.

«Allora, allora, ti sei divertito?» Chiede senza fermarsi, riferendosi ovviamente a quella specie di appuntamento (che tra parentesi, non voglio definire tale).

«S-sì, sì.» Dico, ammettendo non solo a lui ma anche a me che forse, in fondo, mi sono divertito con lui.

Soddisfatto della risposta, allontana finalmente le sue mani dai miei fianchi e riesco a respirare di nuovo normalmente. Ovviamente nella foga di tentare di liberarmi, non ho minimamente notato il fatto che siamo terribilmente vicini. Per fortuna, Elliot non ha nessuna intenzione strana.

Si alza e mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi.

«Su, è ora che ti riporti a casa.» Dice sorridendomi, mentre afferro la mano, tirandomi su.


Arriviamo di fronte all'edificio dieci minuti dopo. Non abito molto lontano dal centro città. Si sentono distantamente le musiche che provengono da alcuni locali e il vociare di un gruppo di ragazzi particolarmente vivaci, forse troppo ilari grazie all'aiuto dell'alcohol.

«Non dimenticarti lui.» Elliot indica l'orso che ha trasportato, letteralmente dato che quel coso pesa un accidente, fin qui. Farlo passare per una porta sarà un'impresa.

«Ah sì, certo.» Dico, prendendo le chiavi di casa e aprendo la porta. Sembra quasi una scena da film. Peccato che sulla mia schiena sento due occhi verdi fissarmi e quasi mi mettono ansia. Mi rigiro verso di lui.

«Buonanotte.» Gli dico con lo sguardo basso e le guance lievemente arrossate.

«Cosa? Non lo vuoi il bacio della buonanotte?» Chiede ridendo, ma lo guardo talmente male, da fargli mettere le mani avanti in segno di resa.

Prima che mi possa girare, però, sento le sue labbra fresche sulla fronte. E' dolce, fin troppo dall'Elliot spavaldo e arrogante. Ma lo lascio fare e quando si allontana da me, sorridendo, mi mordo il labbro inferiore, dicendogli un "ciao" affrettato, richiudendomi la porta alle spalle.
 

***
 

Pov Elliot.
 

Alzarsi dal verso sbagliato del letto. Ne comprendo il vero significato solo adesso, mentre ho i piedi sul cuscino e la testa dove dovrebbero essere i piedi. Prendo l'orologio sul comodino. 12.30. Mi sono svegliato tardi un'altra volta.

Vado verso il bagno e mi faccio una doccia, sciaquando via la stanchezza. Prendo un asciugamo e lo lego intorno alla vita, tornando in camera e prendendo i vestiti da mettere.

Devo incontrare Vincent alle 2. Che cazzo di orario, fra parentesi. Cosa non si fa per un amico. Mi infilo i jeans e una maglietta blu a maniche corte, le prime cose che mi passano davanti. Scendo le scale e apro il frigo, tanto per mangiare qualcosa.

Appunto per Elliot: ricordarsi di fare la spesa. Richiudo il frigo quasi innervosito. Mangerò fuori a questo punto. Prendo le chiavi ed esco sotto il cielo annuvolato e ringrazio mentalmente il fatto di essere nato in Inghilterra, dove un giorno piove e l'altro è nuvoloso. Odio il caldo.

C'è poca gente in giro, e come biasimarli. A quest'ora le persone normali se ne stanno a casa a mangiare. Magari intorno a una bella famiglia con pranzi di venti portate. Ma questo accade solo nei film ed effettivamente dubito che tutte e dico tutte le persone normali abbiano questa concezione tanto perfetta e stereotipata dell'ideale di famiglia.

Entro nel primo bar che mi capita. Sto morendo di fame. Manderò un messaggio a Vincent e dirò di incontrarci qui. Non ci arrivo fino al centro.


«Ehi bel ragazzo, offrimi da bere.»

La voce di Vincent, ironica e sfacciata come al solito, mi arriva alle orecchie distogliendomi dal bicchiere pieno di coca cola che sto fissando da due ore.

«Ti offrirei da bere, ma non sei proprio il mio tipo. E sei pure vecchio.» Rispondo, alzandomi e abbracciandolo. Vincent non è cambiato. Quel modo di vestire tremendamente eccentrico che più volte ho sfottuto c'è ancora.

«Ho venticinque anni. Se mi dici vecchio ora, quando ne avrò settanta che pensi di fare?» Chiede, ricambiando l'abbraccio e sedendosi di fronte a me, aspettando che la cameriera arrivasse per ordinare qualcosa.

«Quante stronzate dici. Non sei cambiato affatto.» Gli dico, mentre gli lascio scegliere quello che vuole. Spero che non mangi troppo, dato che alla fine pagherò io e con me non ho molto.

«Che mi dici di nuovo?»

«Nulla.» Prendo un sorso dal bicchiere, facendo muovere il ghiaccio all'interno.

«Nulla? Sei proprio una noia, bello. Non mi ricordavo fossi così.» Afferma fintamente sorpreso e facendomi un occhiolino. Scuoto appena la testa. E pensare che questo ragazzo dovrebbe fare l'adulto.

«E tu invece? Che mi dici signor vita movimentata?» Chiedo, poggiando la testa sulla mano.

«Ti annuncio ufficialmente che da Settembre sarò un professore.» Mi dice trionfante. Non avevo dubbi. Da quando lo conosco, Vincent ha sempre detto che avrebbe fatto l'insegnante. Non tanto perchè gli piacesse spiegare, ma perchè gli piaceva l'idea di poter parlare ai suoi studenti.

Quando gli ho chiesto perchè allora non facesse lo psicologo, mi ha liquidato dicendo che non era un lavoro da lui.

«E' grandioso, Vince. In che scuola?» Domando e quasi ci spero che sia il Richard Hale. Avercelo come professore mi farebbe morire dal ridere. Non me lo immagino.

«Al Simon.»

Un lampo arriva nella mia mente e faccio marcia indietro nel tempo. Sorrido involontariamente, pensando a chi frequenta quella scuola.

«Perfetto. Potrei anche venire a farti qualche visita.» Annuncio e il mio tono gli fa inarcare un sopracciglio, come a dire che c'è qualcosa che non gli torna.

«Come mai tanto entusiasmo?»

«Quale entusiasmo? Sono tranquillissimo.» Ma non gliela do a bere. Non a lui, non al mio migliore amico.

«Elliot, ti conosco da quando invece che camminare trottavi, e ora dimmi che c'è al Simon.» Afferma e ha quello sguardo che dice non ti lascio andare fino a che non mi spieghi.

«Una persona.»

«Cazzo, e io che pensavo ti piacesse l'arredamento.» Dice ironico, facendo un espressione beffarda. Mi metto a ridere e lui scuote la testa.

«Non fare l'idiota. E poi, se te lo dico, chi mi dici che non ci provi pure tu?» Chiedo, sapendo che mai e poi ma Vincent mi avrebbe fatto questo. Lui mi guarda male per un secondo e poi sorride nuovamente.

«Ancora non l'hai capito che le ragazze non mi interessano granchè?» Dice, mangiando un po' del panino che aveva precedentemente ordinato.

«Appunto per questo sono preoccupato.» Mi mordo il labbro inferiore, aspettando la faccia che farà quando capirà che...

«E' un ragazzo?» Quasi urla e gli dico di abbassare la voce, mentre qualche tizio poco discreto si è girato verso di noi. Esattamente come pensavo, l'ho colto di sorpresa.

«Non mi pare di averti mai nascosto che potevano piacermi pure i maschi.» Il fatto che sono bisessuale non l'ho mai nascosto a nessuno. Sono anche uscito per brevi periodi, molto brevi in effetti, con qualcuno.

«Già, però, è stata una sorpresa. E allora, com'è?» Chiede, più interessato che mai.

«Non te lo dico.»

Sembra contrariato della mia risposta, tanto che mi guarda male e appoggia i gomiti sul tavolo. Immagino cosa stia pensando.

«Posso sapere il motivo di tanta discrezione?»

«Se te lo dico, poi vorresti conoscerlo. E io non ho mai detto che ci sto insieme o qualcosa di simile.» Mi affretto a specificare. Non vorrei che pensasse che io stia insieme a lui. Anche perchè ci sto ancora lavorando, della serie work in progress, prossimamente sui vostri schermi. Immagino quasi che faccia farebbe il piccolo e adorabile Nate se sapesse che voglio fargli conoscere un mio amico palesemente più attratto dagli uomini che dalle donne.

«Non mi dirai che è un amore non corrisposto.» Dice scherzando, riavviandosi i capelli scuri con una mano.

«Non ho detto questo. Presto lo farò cedere al mio irresistibile fascino.»

«Certo certo.»


Siamo stesi sul prato e irremediabilmente mi viene in mente il ragazzino con quegli occhioni azzurri e l'imbarazzo facile. E' stradannatamente adorabile. Sembra più un cucciolo, quasi. Mi viene da sorridere a pensarlo con quell'orso più grande di lui. E Vincent lo nota dato che mi dà piano un pugno sullo stomaco.

«Delicato come sempre, eh?»

«Se mentre parlo ti metti a sorridere come un deficiente, è ovvio che mi vengono i dubbi se mi stai ascoltando o no.» E ha pure ragione. Ma mi sono perso un attimo e tutto a causa di quel faccino tenero. Prendo il cellulare dalla tasca. Solitamente evito di usarlo per qualsiasi motivo, ma dato che è un caso speciale...

"Come sta Stellina due, Stellina?"

Me lo vedo perfettamente ad arrossire per quel semplice messaggio e irritarsi perchè ho chiesto di un orso di peluche. Vincent mi guarda ma non dice nulla. Quando avrò finito mi farà le dovute domande.

"Guarda che se non mi rispondi ti tempesto di messaggi."

Mi sembra giusto dirglielo dato che ho proprio quello che ho intenzione di fare. Uno squillo dalla mano destra mi risveglia.

"E io spengo il cellulare."

Mi viene da ridere. E' davvero da lui. Continuo, perchè a provocarlo non mi divertirò mai abbastanza.

"Mi hai appena risposto, visto?"


«Ah giusto, potresti darmi il tuo numero di cellulare?» Lo vedo sbuffare, incrociando le braccia al petto. Il suo numero mi tornerà sicuramente utile.

«Qualcos'altro?» Chiede stizzito, mentre volge lo sguardo da un'altra parte, ma non capisco se lo fa per evitare il mio o perchè c'è altro che lo interessa.

«Se mi vuoi dare un bacio non lo rifiuto.»


***

 Di tutte le beffe che la sorte serba all'uomo,
non ce n'è una più tremenda d'un amore non corrisposto.
Maksim Gor'kij

pov Sam.

Guardo quelle ciocche castane quasi bionde che gli coprono il volto, mentre sta tentando di svolgere un esercizio di matematica da più di dieci minuti. Lui e la matematica sono proprio due mondi paralleli. Probabilmente perchè tutte quelle regole lo mandano in confusione.

Lo vedo prendere il telefono e scuotere la testa. Poi riprenderlo e scrivere qualcosa. Poi ancora uno squillo e capisco che è quasi preso dallo sconforto.

Mi avvicino alla scrivania dove è seduto, poggiandomi appena sulla superficie piana dove sono sparsi fogli e matite. Ovunque passi, lascia dietro di sè un chaos impressionante.

«Vuoi una mano?» Chiedo, poggiandogli una mano sulla spalla. Sussulta appena, annuendo con la testa.

«C'eri quasi, hai solo fatto confusione con i segni.» Dico da sopra la sua testa, prendendo la matita che tiene in mano e facendo aderire il mio petto alla sua schiena. Correggo gli errori che ha fatto e nel frattempo lo osservo mentre si fa piccolo piccolo.

Nate è tremendamente ingenuo. O forse semplicemente fa finta di non vedere. Ogni volta che lo sfioro anche accidentalmente lo vedo arrossire e abbassare lo sguardo. Solitamente prima non faceva così. Non è che non sappia che a lui i ragazzi non interessano, ma continuo comunque a sperarci.

«Facciamo una pausa?» Chiede, girando la testa verso la mia, sfiorando la mia guancia con il suo naso. Ed è tremendamente carino. Mi allontano da lui, andando a prendere qualcosa da bere.

Scendo le scale e vado in cucina. Apro il frigo, prendendo le prime cose che trovo. Vedo la bottiglia dell'aranciata ancora piena svuotandone il contenuto dolce in due bicchieri. Ritorno in camera, portando con me la bibita.

Nate è seduto sul mio letto, giocando col mio cellulare che fra poco è quasi suo. Ha il brutto vizio di non sapere aspettare, quindi se non impiega il tempo facendo qualcosa finisce per annoiarsi subito.

Appoggio i bicchieri sulla scrivania, andando a prendere il telefono dalle sue mani. Mi guarda con quegli occhioni azzurri da cane bastonato e quasi mi viene l'impulso di ridarglielo. Sbuffo.

«Quante volte ti ho detto di chiedermelo prima di prenderlo?» Chiedo, trattenendo un sorriso perchè ora ha messo il broncio e ha incrociato, esattamente come un bambino, le braccia intorno al petto.

«Ma perchè?» Si lamenta e sembra molto più piccolo di quanto in realtà non sia. Sinceramente, a volte mi chiedo se non sto crescendo un moccioso o sto parlando con il mio migliore amico. Mi mordo il labbro inferiore al solo pensare quella parola.

Ho capito di provare più di amicizia nei suoi confronti tempo fa ormai, ma all'inizio credevo fosse una normale cotta. Uno di quei periodi che ogni adolescente vive dato che passa la stragrande maggioranza del proprio tempo con il sopracitato amico. Ma, ahimè, questa non è una semplice cotta e non potrebbe mai esserlo. Mi perdo in questi pensieri, quando la sua voce mi riporta al presente.

«Terra chiama Marte. C'è vita su quel pianeta?» Chiede bussando sulla mia testa avvicinandosi a me, come a studiarmi. «L'abbiamo perso.» Sentenzia serio per poi scoppiare a ridere per la sua diagnosi.

«Ah vuoi fare il simpatico, eh?» Lo prendo per la vita e lo sollevo poggiandomelo sulla spalla. Gli tengo ferme le ginocchia, per evitare che mi tiri qualche calcio a sopresa.

«Ahhh scusa scusa scusa, m-mettimi giù! Soffro di vertigini, lo saiiii!» Dice, ma non c'è bisogno che me lo dica, dato che lo conosco da troppo tempo da sapere bene il fatto che anche se sale su una scaletta comincia a soffrire di vertigini.

«Non ti scuso.»

Scendo le scale, trasportandomi quel peso leggero per la casa. Lo sento stringersi come può dato che ha una paura matta di cadere.

«Nate?» Lo chiamo, stringendo leggermente più forte le sue ginocchia. A volte penso che il suo corpo non possa essere quello di un diciassettenne. E' magrissimo e non è particolarmente alto. Sembra fin troppo fragile.

«Mh?»

 «Ti voglio bene.»

«Ti senti in colpa,eh?» Chiede ridendo appena, ma ha una nota imbarazzata nella voce. Come se stesse tentando di rompere quella specie di atmosfera che si è venuta a creare. Lo metto giù, scompigliandogli appena i capelli che gli ricadono un po' sul viso.

 «Un po'.» Ammetto, perchè so che gli sto facendo un torto. So che lui vorrebbe un amico ma io non riesco a vederlo così. Perchè lui è Nate. Ma c'è un modo per reprimere i propri sentimenti?

Piega la testa di lato e sorridendo. Non nel suo solito modo spensiarato, è quasi più adulto e comprensivo. E quasi non mi viene voglia di dirgli tutto.

«So che lo sai.» Lo vedo aprire le labbra per lo stupore e abbassare lo sguardo. Ha capito a cosa mi sto riferendo e se ne sta immobile, senza sapere cosa dire.

«D-di che parli?» Chiede, mordendosi il labbro inferiore. Lo fa sempre quando è in imbarazzo ed è nervoso.   

«Nate.» Mi guarda da sotto le ciglia lunghe e scure, non sa che dire perchè sa bene quello di cui voglio parlare. Sospiro. Nemmeno io sono ancora pronto per abbandonare del tutto la mia normale posizione di migliore amico.

«Andiamo a finire matematica. Sei indietro con i compiti, no?» Mi annuisce tornando allegro e mi segue sulle scale per tornare in camera.


Ecco qui il primo capitolo ;D
Spero vi sia piaciuto, sono successe un po' di cose. Il "quasi" appuntamento fra Nate e Elliot, la comparsa di Vincent e il discorso fra Sam e Nate. Un capitolo un po' pieno, ma più cose ci sono meglio è, no?

Ringrazio Alletta96, E L L Y, giacale, yulia94yaoi09 e Røsenrot per aver recensito. Mi fate immensamente piacere. Grazie anche a tutti quelli che hanno messo la storia fra le seguite/ricordate e preferiti, siete più di quanto non potessi sperare.
Mi raccomando, se passate e la storia vi piace (oppure no, ogni critica è ben accetta) vi prego di lasciarmi la vostra recensione, mi fareste immensamente piacere.
Ci vediamo al prossimo capitolo ;D

  
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