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Autore: AnUnderdog    01/08/2011    3 recensioni
Sapevo di aver ucciso molta gente, ma sapevo anche precisamente perché lo avevo fatto.
Non avevo intenzione di andare in prigione.
Almeno non prima di aver raggiunto il mio obiettivo.
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fermai la macchina al più vicino autogrill e spensi il motore.

Ancora una volta formulai silenziose maledizioni dirette a quel bastardo che si divertiva a farmi penare con i suoi stupidi rebus. Che senso aveva? Entrambi i nostri cellulari avevano il segnale criptato, non c’era bisogno di prendere tutte quelle precauzioni! Ma era inutile discutere con lui…

Con un sospiro scesi dalla macchina, la chiusi e riposi le chiavi in borsa.

Entrando nell’edificio mi fermai al tavolino del bar, estrassi il mio portatile di ultima generazione dalla sacca, e mi misi al lavoro …

Allora, cosa mi aveva detto a proposito dello stato? Che era prevalentemente agricolo, e che era occidentale … Mmmmh, non ero mai stata brava in geografia, e quelle informazioni non mi aiutavano affatto…

Meglio provare prima con la città.

Primo: un famoso Smith. Beh, questo era piuttosto facile. Smith, era il cognome del famoso attore Will.

Secondo: dinastia che governò in Cina dal 1368 al 1644. Dunque, la dinastia cinese … Oddio, come si chiamava? … Ma chi diavolo se lo ricordava?

Accesi il mio portatile, e su Google scrissi “dinastia cinese 1368-1644”. Ming. Giusto, la dinastia Ming, la più duratura dinastia imperiale che si instaurò in Cina.

Terzo: “tuo” in francese. Questo era semplice: ton.

Perciò: Will…ming…ton. Wilmington.

Inserii sempre sul mio fidato Google “Wilmington city”, ma le uniche informazioni che vennero furono che era una località marittima, eccellente per passare una vacanza in serenità. Peccato che io non fossi né in vacanza, né serena…

“Salve, desidera che le porti qualcosa al tavolo signorina?” chiese una voce cortese. Era un simpatico anziano cameriere che aveva un sorriso aperto e gentile.

Gli sorrisi di rimando: “No, grazie. Però saprebbe dirmi dove si trova la località di Wilmington?” chiesi speranzosa.

“Ma certo, si trova in North Carolina! Mia moglie è originaria di una cittadina vicina…”

Cavoli, quando dicevo che avrei fatto in tempo a seminare la polizia anche se avessi dovuto guidare fino al North Carolina, non dicevo sul serio!

Evidentemente quel vecchio signore si era accorto del mio turbamento, perché disse: “C’è qualcosa che non va, cara?”

“No, no, è solo che non so proprio come fare. Devo arrivare a Wilmington nel minor tempo possibile, ma è troppo lontano, e sono quasi sicura che la mia macchina non ce la farà…” dissi angustiata.

“Oh, non ti preoccupare di questo! Posso chiedere a mio nipote di portarti fino a lì! Sono sicuro che vedendo una donna affascinante come te non rifiuterà!” disse e mi fece l’occhiolino mentre entrava nelle cucine.

Chiamò ad alta voce un certo Eric. Dalla stanza uscì fuori un bel ragazzo, più o meno della mia età, alto, con i capelli scuri, e degli occhi neri bellissimi.

Il vecchio cominciò a spiegargli la situazione, e ad un certo punto lo vidi indicarmi al giovane. Io sorrisi nervosa mentre aspettavo il verdetto. Non avevo tempo da perdere, altrimenti la mia preda mi sarebbe sfuggita, ed io l’avrei dovuta rincorrere nuovamente per tutti gli Stati Uniti.

Eric mi si avvicinò con un sorriso smagliante stampato in faccia, si pulì la mano sporca di cucinato sul grembiule immacolato che indossava, e me la porse.

“Piacere, Eric Anderson. Mio nonno mi ha spiegato la situazione, signorina, sarei felice di aiutarla”

“Il piacere è tutto mio signor Anderson, la ringrazio infinitamente. Io mi chiamo Juliet. Juliet Johnson.” Non potevo di certo svelare la mia vera identità al primo sconosciuto che passava, per quanto gentile e affascinante fosse.

“Voi due smettetela di darvi del lei! Siete giovani, datevi del tu, prendete confidenza!” disse l’anziano avvicinandosi. Risi: il vecchio sembrava deciso a preparare il nostro matrimonio.

“Grazie signore, davvero” dissi riconoscente.

“Di nulla, cara. Se ti servisse qualcosa ricordati di nonno John Bell”

Lo salutai con una stretta di mano calorosa mentre il nipote si andava a cambiare. Quando Eric tornò, borbottò al nonno qualcosa come “Devo parlarti” e lo tirò in disparte.

Il suo sguardo non mi piaceva affatto, perciò mi avvicinai il più possibile ai due senza farmi notare.

Sentii uno stralcio di conversazione: “…ma come? Stai sempre a vedere la tv la sera e non la riconosci! La sua somiglianza con quella ricercata, Taylor Swift, mi sembra troppo evidente per essere casuale! Dobbiamo avvertire i carabinieri…” Stavo per fuggire a gambe levate, quando sentii John rispondergli: “Ma cosa dici, sembra così gentile e carina! Non è possibile! E poi sai che ti dico? E’ bella e giovane, fossi in te ci proverei anche se fosse una criminale…” disse scherzosamente. Provai un moto di gratitudine per il vecchio, e lo ringraziai mentalmente. Il giovane sbuffò, ma sembrò cedere. Dovevo comunque stare attenta.

Entrambi mi si avvicinarono, ed Eric disse: “Allora, Juliet, avviamoci. Il viaggio non è poi così corto, e noi, se ho capito bene, dobbiamo sbrigarci.” Annuii e mi incamminai verso l’uscita.

Di fuori mi lasciai guidare da lui verso la sua macchina, la mia l’avrei lasciata lì. Mi dispiaceva, ma non sapevo davvero in che altro modo fare.

La sua macchina era una Volvo grigia. Mi aprì lo sportello, ed io entrai portando con me la mia sacca.

“Vuoi che la metta nel portabagagli?” chiese lui.

Mi aggrappai alla borsa e dissi: “No, grazie. Sto bene così” Non mi separavo mai da quella sacca da viaggio, dentro c’erano cose troppo importanti.

Lui alzò le spalle, chiuse la portiera, fece il giro della macchina ed entrò dalla parte del guidatore.

Dopo aver messo in moto, restammo in silenzio per qualche minuto.

“Allora… Cosa fai nella vita?” chiese lui dopo un po’.

“Sto studiando per diventare un’estetista, ma lavoro part time in un negozio d’animali…” dissi prontamente. Quella era la risposta standard alla domanda.

“Bello… E perché stai andando a Wilmington, se posso saperlo?” chiese facendo trapelare un po’ di curiosità dal suo tono di voce.

“Beh, lì si è trasferita una mia amica d’infanzia, e volevo farle una sorpresa andando a trovarla, ma non sapevo quale fosse lo stato in cui si trovasse la città… Non che lei non me l’abbia detto, ma la mia memoria fa cilecca ogni tanto…” Che balla penosa … Comunque, con mio grande sollievo, lui sembrò crederci.

Adesso era il mio turno. “E tu? Lavori in cucina per tuo nonno tutto l’anno?” chiesi, sinceramente curiosa.

“No, no. Aiuto mio nonno solo occasionalmente. Ho un lavoro stabile nella polizia.”

Sono sicura che se avessi mangiato qualcosa, l’avrei vomitata sicuramente. Sbiancai improvvisamente, e mi venne il sudore freddo. Merda. Merda, merda, merda. Avevo accanto un poliziotto che sospettava di me. L’unica cosa che potevo fare era tenere duro. Quel passaggio mi serviva.

“Che bel lavoro! E dimmi…. Succede mai qualcosa di interessante?” chiesi mascherando il mio tono di voce.

“No, è un lavoro estremamente noioso. Io mi occupo principalmente di multe e cose del genere. Sai, nella città in cui vivo non accade quasi mai di trovarsi faccia a faccia con un assassino, o che so io.”

Notai che scrutava attentamente la mia reazione, ma nonostante il mio cuore battesse a mille, rimasi impassibile.

“Capisco…” dissi. Era meglio chiudere là quel discorso: era un campo minato. “Posso accendere?” dissi indicando la radio. Lui fece un cenno d’assenso, ed io cominciai a premere i bottoni. Alla fine trovai una canzone che mi piaceva, la lasciai, ed incominciai a canticchiare:

If I could, then I would
I'll go wherever you will go
Way up high or down low
I'll go wherever you will go

“Wow… Sei brava!” disse lui in tono sorpreso.

Io sorrisi e dissi: “Grazie! Dai canta anche tu, sono curiosa di sentire come canti!”

“Non ti conviene, sai. Ho spaccato molti timpani in passato, e non dubito del fatto che io abbia ancora questa capacità .”

“Dai, ti prometto che non ti prenderò in giro se fai schifo!” dissi ridendo.

Lui con un sospiro cedette e cominciò a cantare:

And maybe, I'll find out
The way to make it back someday
To watch you, to guide you
Through the darkest of your days

Non era affatto male a cantare. Anzi, non era affatto male in generale… Ma cosa andavo a pensare? Lui era un poliziotto! Me la sarei dovuta squagliare appena si fosse presentata l’occasione…

E l’occasione si presentò quando ci fermammo in un angusto motel sul ciglio dell’autostrada perché entrambi eravamo troppo stanchi per continuare. Ormai il clima si era scongelato, ed entrami ridevamo e scherzavamo di gusto. Mi trovavo benissimo con lui.

Ci eravamo dovuti sistemare in una camera matrimoniale perché era l’unica rimasta. Appena arrivati in stanza separammo i due letti uniti, poi andai in bagno. Mi guardai allo specchio e mi vidi raggiante.

Oh no, conoscevo quell’espressione. Quella stupida espressione di quando mi innamoravo di qualcuno. Non potevo innamorarmi di lui, cazzo! Era un POLIZIOTTO, ed io una criminale! E poi, lo conoscevo solo da poche, pochissime ore. Era impossibile innamorarsi di qualcuno che si conosce a malapena!!!

Avevo un vero e proprio radar per gli amori pericolosi ed impossibili… Mi sciacquai il viso con dell’acqua gelida, mi infilai il pigiama ed uscii.

“Vai, il bagno è tutto tuo” dissi guardandomi i piedi.

Quando alzai lo sguardo vidi che era in piedi davanti a me in boxer e lo riabbassai subito. Cazzo, era tremendamente sexy, e se non volevo che la faccenda andasse a finire male, mi sarei dovuta dileguare.

Lui mi sorrise, entrò in bagno e chiuse la porta. Quello era il momento giusto! Dovevo scappare.

E allora perché le mie gambe non eseguivano quello che il cervello ordinava loro di fare? Forse perché avevano voglia di stringersi alle gambe affusolate di colui che era chiuso in bagno…

Ma che erano quei pensieri? Avevo decisamente bisogno di sbollire. Cercai un telefono da dove chiedere alla reception se non erano proprio disponibili altre stanze, ma non lo trovai, perciò mi stesi sul letto e mi nascosi sotto le coperte. Forse se non l’avessi visto la situazione sarebbe migliorata…

Eric uscì dal bagno, mi vide sotto le coperte, e chiese in un sussuro: “Ehm.. Juliet, stai dormendo?”

Mi scoprii la testa e dissi: “No”, ma quando riemersi dal buio delle coperte per poco non mi prese un infarto, e scattai già dal letto: Eric aveva in mano una pistola.

“Non ti preoccupare,è solo la pistola di servizio! Non voglio mica spararti!” mi disse sorridente.

Cavolo. Era sexy anche quando aveva in mano un’arma potenzialmente mortale. Comunque tirai un sospiro di sollievo e mi rassicurai un pochino.

“Allora buonanotte” dissi.

“Buonanotte, Juliet”.

Gli voltai le spalle, e cercai di non pensare al fatto che quel ragazzo terribilmente sexy avrebbe potuto uccidermi da un momento all’altro.


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Eeeeeeeeeeeeeeeeed eccoci  qua con il terzo capitolo di "Haunted"!
La nostra cara Taylor ha a che fare con un ragazzo che sembra attrarla molto, ma che potrebbe essere pericoloso per lei...
Cosa potrà succedere?!?!?
Per saperlo non vi  resta altro che aspettare il prossimo capitolo! Ehhh già, io non mi sbottono più di tanto, ormai dovreste saperlo XD
Però mi piacerebbe molto sapere le vostre opinioni, sono curiosa!
Perciò finisco ringraziando chi ha recensito fino ad ora, a quelli che l'hanno messa tra le preferiti o tra le seguite!!!! *-*
Grazie infinite! Arigatò!!!! :D
Ah, la  canzone che Tay  canticchia in auto con Eric è "Wherever you will go" by The Calling.
Adesso vi saluto, bye bye!
Al prossimo capitolo!

AnUnderdog

  
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