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Autore: lete89    02/08/2011    2 recensioni
David si schiarisce la gola, cercando di guadagnare qualche minuto prima di dire qualcosa che, lo sente, manderà su tutte le furie la collega. –Non avevano detto che era stato un incidente?- si arrischia a chiedere, prima di svoltare sicuro verso sinistra ed immettersi nella Brodway.
-Una fuga di gas, per la precisione- lo corregge Connie, sfogliando tutte le teorie elaborate in quegli anni di indagini non autorizzate.
-E tu non ci credi?- domanda, prima di dirigere la macchina nel parcheggio del luminoso New Scotland Yard .
Connie si limita a stiracchiare un sorriso, scuotendo la testa e accarezzando la mano del collega sul freno a mano. –Lascia stare- borbotta, per poi scendere veloce dalla macchina.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Peter Minus, Severus Piton, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Chester White è sempre stato orgoglioso del suo lavoro

 

 

 

Chester White è sempre stato orgoglioso del suo lavoro. Quando il padre morì aveva appena sedici anni e all’ospedale, piangente alla vista della sorellina sconvolta, giurò a se stesso di fare qualcosa.

Fare in modo che quei criminali la pagassero.

Era presto entrato in polizia e, sfruttando le sue abilità con le scienze, si era guadagnato una laurea in Chimica ed era arrivato ad assumere un’alta carica all’interno della Polizia Scientifica in breve tempo.

Papà sarebbe fiero di lui, si ripete spesso, accarezzandosi i baffetti inglesi che gli ricordano così tanto il volto paterno.

Adesso ha superato il senso di colpa dei sopravvissuti, è riuscito ad accettare la tragedia capitata alla sua famiglia e ad accantonare gli stupidi istinti vendicativi che avevano contraddistinto la sua adolescenza.

Ma quando, in rare, rarissime occasioni, gli capita di non capire, di non riuscire a risolvere un quesito scientifico, la vecchia rabbia si rifà velocemente sentire.

-Quindi, Chaz, non lo sai- lo sfotte la sorella, dandosi una lenta spinta con i piedi e facendo ruotare lo sgabello girevole su cui è seduta.

Chester si allontana dal microscopio, appuntando diligentemente l’ennesima teoria sul foglio di carta.

-No, Constance. Non l’ho ancora scoperto, non è la stessa cosa- ribatte piccato. Se c’è una cosa che lo infastidisce più del rumore delle mandibole di chi mastica a bocca aperta, sono proprio le affermazioni come “non lo sai”.

Si riavvicina con aria seria al campione di terriccio, analizzandolo in controluce attraverso la provetta dove lo ha messo a navigare.

Lo sa bene. Se qualcuno –Scott- venisse a sapere che spende risorse pubbliche per assecondare le follie della sorella, non ci penserebbero due volte a sbatterlo fuori. Lui non condivide le tesi idiote di Constance, no. Se il verbale dice fuga di gas, per Chaster White è sufficiente.

Una banalissima fuga di gas ha causato la morte di tredici persone, il ferimento di altre sei e lo sconvolgimento di un numero sproporzionato di vite.

Ma il fatto che il fenomeno risulti scientificamente inspiegabile è un’altra cosa.

-Chaz… lo scoprirai?- domanda quindi Connie che, stufa di rimanere seduta, ha iniziato a girovagare per i laboratori del seminterrato del New Scotland Yard.

-Mi sembra ovvio- borbotta offeso il fratello, aggiungendo qualche goccia di diluente al composto per poi alzarsi a controllare se sono arrivati i risultati del test fatto prima.

Chester sa di non godere di buona fama presso i colleghi. Lo chiamano lo Scienziato dei Particolati oppure Nostro Signore delle Provette e in chissà quanti altri modi ironici. Ma nessuno di questi lo turba in alcun modo. In effetti è uno scienziato e così dannatamente bravo da ritenere opportuna anche la qualificazione di dio. L’unico nomignolo che non ha mai sopportato è quello stridulo Chaz che la sorella gli ha affibbiato in tenera età e da cui teme che non riuscirà mai a liberarsi.

-E’ strano- inizia a spiegare, leggendo il grafico colorato appena arrivato via fax. –Apparentemente non è una sostanza conosciuta- spiega a Connie che, incuriosita, lo ha raggiunto e appunta diligentemente le parole del tecnico sull’agenda.

-Quindi cos’è? Una sostanza aliena?- chiede perplessa la ragazza, piegandosi sul tavolo per osservare al microscopio una parte del terreno rubato a Godric’s Hollow. Due spirali, oro e verde, si intrecciano sotto i suoi occhi, per poi sciogliersi e ricomporsi con i colori rosso e nero. Chester l’allontana con un colpo d’anche, indispettito. Odia che qualcuno s’intrometta nel suo lavoro o utilizzi le sue delicatissime apparecchiature tecniche.

-Non dire sciocchezze- la rimprovera, rimettendo a fuoco il microscopio e appuntando su un foglietto le sostanze chimiche con cui tenterà di far interagire il terriccio.

-Però, in sostanza, non hai nessun elemento utile alle mie indagini!- si lamenta la sorella, colpendolo in modo infantile alla spalla.

-Constance, sono uno scienziato, non un mago! Quante volte devo dirtelo? Le analisi scientifiche richiedono tempo, pazienza, osservazione e…-

-Trovato!-

Le porte bianche del laboratorio di analisi scientifica di Scotland Yard si spalancano con impeto, lasciando entrare la figura esaltata dell’agente David Canter.

Chester storce la bocca, muovendo veloce i baffi da una parte all’altra, per poi tornare serio ad analizzare il campione di terra. Non gli è mai piaciuto quel Canter.

-Hai trovato qualcosa, Dave?- lo interroga con urgenza la sorella, allontanandosi di corsa dal tavolo delle analisi per quasi gettarsi fra le braccia del partner.

Chester grugnisce ad alta voce, appuntando con stizza diverse formule che, in quel momento, non lo interessano molto. Sa cosa diceva Dave su di lui e poi su Constance quando sono entrati a Scotland Yard. E, all’inizio, non lo infastidiva. Ma, ultimamente, ha sentito delle voci di corridoio che lo insospettiscono non poco. E lo sguardo limpido che l’agente sta lanciando a sua sorella sembrano confermare quelle voci.

-Su Potter non c’è niente, sembra un fantasma…- si lamenta David, scorrendo i fogli. –Nessun certificato di nascita, nessuna patente, nessun precedente…- elenca con urgenza, passando ad ogni parola un foglio diverso alla collega che, veloce, scorre con lo sguardo le scritte.

Chester sbuffa rumorosamente, notando con fastidio l’indifferenza generale in cui è caduto. Quel ragazzo non gli piace per niente. E’ esageratamente allampanato, con le spalle strette e la testa sproporzionata. E poi quelle orecchie a sventola! Inguardabili, davvero.

-Però ha trovato informazioni sulla moglie Lily, Evans il cognome da nubile- spiega esaustivo il ragazzo, mostrando il certificato di nascita della donna e gli atti di iscrizione delle elementari in una banale scuola di città. –Avevano anche un figlio, Harry, appena un anno al momento del duplice omicidio-.

Connie sfoglia febbrile gli atti, fermandosi di quando in quando per annotare i dati che ritiene fondamentali sull’agenda che, in quei giorni, è aumentata in modo evidente di spessore. –Qui dice che Harry è stato affidato agli zii…- consta, sottolineando con la penna una riga di un atto.

-Ecco qui! Petunia Evans in Dursley, sorella di Lily- sorride David, consegnandole una cartelletta voluminosa dove spicca la fotocopia della patente di un certo Vernon Dursley.

-E tu Chester? Scoperto qualcosa?- domanda quindi a bruciapelo, osservando le occhiate di fuoco che lo scienziato manda in loro direzione.

-Solo ipotesi- brontola Chaz, tornando alle sue amate provette. –Questa sostanza non è presente in natura e non è conservata in alcuna banca dati, ma questo non vuol dire che sia del tutto sconosciuta- specifica, riorganizzando i fogli sul tavolo e appuntandosi mentalmente gli altri test cui potrebbe sottoporre il terriccio.

-Mi sento di fare due ipotesi: o i Potter lavoravano per il Governo e stavano progettando una nuova arma per il Regno Inglese…- spiega, nascondendo il tremore all’idea di un laboratorio con sostanze tossiche in un villaggio piccolo come Godric’s Hollow. –Oppure potevano essere due persone sotto la protezione testimoni, uccisi magari da un’arma biologica qui da noi ancora sconosciuta- termina, senza giustificarsi però il motivo per cui Scott non gli avrebbe già chiesto di risalire a quella sostanza se pericolosa per il Governo.

Constance appunta diligentemente le ipotesi sull’agenda, masticando dubbiosa il tappo della penna. –Non lo so Chaz, non sono del tutto convinta…- gli confida, storcendo il naso.

-Farò un confronto con i reperti della Strage di Tooley Street se è questo che vuoi dire- la informa spazientito. –Bombarderò quei sassi con le stesse radiazioni che ho usato su questa terra, magari salta fuori qualcosa. Ma già sarà difficile raggiungere quelle prove, non mi chiedere di riesumare anche il dito di Minus!- la minaccia, riabbassandosi sul proprio microscopio.

-Sei il migliore Chaz!- lo gratifica la sorella, ignorando lo sbuffo incredulo di David.

-Noi, invece…- lo informa sorridente Connie, raccattando veloce i documenti. –Faremo un giretto a Little Whinging-.

 

-Tuo fratello mi odia- le comunica laconico Dave, camminando per quella stradina lineare costeggiata da casette tutte uguali.

-Chaz odia tutti- specifica Connie, scorrendo con interesse l’agendina e controllando di averla adeguatamente aggiornata con i rapporti di parentela.

L’agente David Canter fa spallucce, prendendo l’ultima boccata del mozzicone di sigaretta per poi gettarla per terra e calpestarla. Una vecchia signora lo squadra disgustata dalla propria veranda, ammonendolo con lo sguardo. Dave, intimorito, si abbassa a raccogliere la cicca, per poi gettarla nel vicino cestino.

-Però è il migliore- si vanta Constance, sorridendo al collega in quel modo spontaneo e fresco che, David, non riesce proprio a sopportare. L’agente si sistema infatti meglio il colletto dell’impermeabile, riprendendo a camminare.

-Privet drive...- recita la ragazza, fissando con curiosità i numeri delle case. -…numero quattro!- trilla alla fine, indicando al collega una casa larga, squadrata, di media grandezza, con un curato giardino e una serra dall’aspetto precario.

-E qui?- domanda Dave, affiancando la collega e cercando di individuare qualche movimento attraverso le finestre.

-Qui… cosa?- chiede la ragazza, internamente elettrizzata all’idea di andare a parlare direttamente con quella che doveva essere la persona meglio informata dei fatti sull’omicidio dei coniugi Potter, di conseguenza su Sirius Black e, quindi, sulla Strage di Tooley Street.

-Qui alleveresti i tuoi figli?- la prende in giro, passandosi la mano sul mento e causando un piacevole suono di raschiamento dovuto alla barba di due giorni.

Connie fa una smorfia, analizzando con aria critica la via. – Nah…- strascica alla fine, scuotendo la testa. –E’ un quartiere troppo medio-borghese per i miei gusti. Scommetto che nessuno in questa strada sa farsi gli affari suoi- borbotta, suonando con trepidazione il campanello che, laconico, recita “Famiglia Dursley”.

-Sai che qualche giorno fa hanno avvistato un “oggetto volante non identificato”1 che sembra essere partito proprio da questa zona?- la informa il collega, mentre una vocina acuta da dentro casa urla un “arrivo!”.

-Ma per favore…-

-Giuro! E l’anno scorso, sempre in questo periodo, è stata avvistata invece una macchina volante2- conclude David, ridacchiando per la ridicolaggine di certe informazioni che vengono scritte sui giornali.

-Sì?-

Una donna magra, con un collo eccessivamente lungo e un profilo equino li squadra interessata.

-Petunia Dursley?- si informa prontamente l’uomo, tornato improvvisamente serio.

La donna passa lo sguardo acquoso dall’una all’altra delle figure, tenendo ben salda la porta. –Chi siete?- domanda poi, con un filo di voce, mentre inizia a guardare in strada sperando che nessuno li stia osservando.

-Agente Canter, Scotland Yard- si presenta con la solita frase David, mostrando il distintivo. –E questa è la mia collega, l’agente White- l’informa, mentre Connie mostra con eccessivo zelo il tanto amato distintivo.

-La polizia?- domanda la signora Dursley, spalancando gli occhi preoccupata. –E’ forse successo qualcosa al mio Diddy?- domanda isterica, aprendo la porta con slancio e fissandoli con ansia. –O forse un incidente alla Grunnings? Vernon sta bene?- si affretta a chiedere, muovendo un passo incerto sull’uscio di casa.

-Va tutto bene, signora, non si allarmi- si affretta a chiarire David, muovendo lentamente le mani come se dovesse ammansire un animale feroce.

Petunia sorride rasserenata, per poi passarsi una mano sui capelli perfettamente in ordine e sul grembiule macchiato di detersivo.

-Oh… e… allora, cosa…- balbetta, aggrottando la fronte incapace di capire il motivo della visita.

-Avremmo bisogno del suo aiuto, signora Dursley- la informa Connie, lanciando uno sguardo d’intesa al collega, capendo che quella versione è la migliore con quel tipo di interlocutrice.

-Il mio aiuto?- ripete interdetta Petunia, sorpresa.

-Possiamo entrare?- domanda quindi veloce David, sorridendole cordiale.

-Oh! Certo, certo! Venite, venite!- li invita la donna, elettrizzata all’idea di avere due agenti di Scotland Yard in casa.

Chissà cos’è successo!

Magari qualche vicino ha combinato qualcosa di losco e hanno bisogno della sua testimonianza?

O forse è un’indagine per accertarsi della sicurezza della zona? Beh, dopo la fuga di quel Black non sarebbe neppure una cattiva idea…

-Entrate, entrate!- chioccia giuliva, facendo loro strada per lo stretto corridoio e togliendosi con gesti secchi il grembiule fiorito.

-Non… non mi aspettavo delle visite, perdonate il disordine! Ma prego! Volete darmi i cappotti?- domanda, da perfetta padrona di casa.

Connie nasconde un sorrisino dietro le spalle del partner che, gentile, fa cenno di no col capo e prende posto sulla poltrona del soggiorno, lasciando alla collega la possibilità di sedersi di fianco alla donna sul divano.

Petunia, però, non ne ha la minima intenzione. –Che cosa posso offrirvi? Tè?- chiede, retorica, dirigendosi a passo svelto nella cucina attigua.

David nasconde una smorfia d’insofferenza, causando un sorrisino tirato della collega che, lesta, estrae l’agendina e annota veloce i particolari della casa.

-Ecco qui!- trilla allegra Petunia un attimo dopo appoggiando sul basso tavolino tre tazzine vittoriane da tè e un’alzata per pasticcini su cui Connie si avventa senza tanti complimenti. David, dal canto suo, ringrazia accoratamente, afferrando la propria tazza e iniziando a bere lentamente mentre la padrona di casa non smette di parlare.

-… e poi questa fuga, quest’evasione!- continua la donna, attirando con queste parole l’attenzione dei due agenti.

-Sta parlando di Black?- azzarda Constance, sbocconcellando un dolce alla crema semplicemente delizioso.

La donna annuisce con impeto. –Lo abbiamo sentito al telegiornale! Che cosa sconcertante…- borbotta Petunia, prima di prendere un piccolo sorso di tè. –Ma lo state cercando, vero? Siete vicini a riportarlo in prigione?- s’informa lesta, avida di informazioni su cui poter spettegolare.

-Noi veramente…- inizia a rispondere Dave, immediatamente interrotto.

-Non mi starete per dire che sta vagando proprio qui, a Little Whinging!- scatta, allarmata.

-No signora, assolutamente…- si affretta a rispondere David, cercando di calmarla.

-Beh, ma se ci diceste almeno da quale carcere è evaso, penso che saremmo più attenti. Al telegiornale danno sempre informazioni troppo vaghe e noi cittadini ci sentiamo tenuti all’oscuro- li informa, lanciando un’occhiata perplessa a Connie, sorpresa della voracità della ragazza.

-E’ proprio per questo che siamo qui- la informa Constance, schioccando le labbra dopo un sorso di tè.

–Signora Dursley, potrebbe rispondere a qualche domanda?- le dice sbrigativo David, visibilmente sconcertato dalla quantità sproporzionata di foto di un ragazzino biondo e corpulento appese per tutto il salotto.

-Oh, ma certo!- accetta con piacere la donna, sempre più lusingata dell’importanza che sembrava rivestire in quel momento.

Connie estrae lesta l’agenda dalla tasca e, a un cenno convenuto, David inizia a parlare.

-Cosa sa di Black, signora Dursley?-

-Oh, beh… quello che hanno detto i giornali- trilla allegra, agitando le mani come per scacciare una mosca molesta. Connie appunta diligente. Non conosce il sospettato.

-E che cosa sa della Strage di Tooley Street?- l’incalza David, cercando di mantenere il contatto visivo con gli occhi della donna.

Petunia aggrotta le sopracciglia, sforzandosi di ricordare. –Tooley Street ha detto? Non mi dice nulla… se non… aspetti… non si riferirà per caso a quel terribile incidente avvenuto anni fa?- domandò incuriosita, osservando il volto inespressivo di David.

-Precisamente-.

-Oh, fu un vero disastro. In quell’esplosione morirono una decina di persone e…-

-Tredici- la interruppe Connie, punta sul vivo, prima di ammutolire di fronte all’occhiata di rimprovero del collega.

-Ma pensate che c’entri in qualche modo con Black?- domanda quindi, terribilmente incuriosita.

-Stiamo vagliando diverse ipotesi- replica evasivo l’agente, schiarendosi poi la voce con un suono gutturale per prendere tempo.

-So che questa domanda le aprirà vecchie ferite signora, ma devo fargliela. Cosa può dirci della morta di sua sorella, Lily Evans?-

Connie trattiene il fiato, sporgendosi dalla sua postazione verso la donna per osservarla meglio.

Petunia Dursley a quel nome, è improvvisamente impallidita e le labbra, prima sorridenti e ciarliere, si vedono ora strette e tremanti.

-Un incidente, un terribile incidente- risponde lapidaria Petunia, iniziando a fissare il contenuto della propria tazza e a rigirarsi l’elegante piattino fra le mani.

Dave lancia un’occhiata d’intesa alla collega che, lesta, appunta ogni domanda e ogni risposta.

-Un incidente, signora? Ne è sicura?- precisa l’uomo, sporgendosi dalla poltrona.

-Un incidente in macchina, sì- conferma risoluta la donna.

-Vuole forse dirci che la polizia dell’epoca non le disse che sua sorella e suo cognato furono vittime di un assassino?- insiste David, notando il comportamento completamente fuori dagli schemi della donna.

Una persona normale che, davvero, scoprisse in quel momento che la morte della sorella fu un assassinio, non rimarrebbe certo rigida in quella posizione.

-Non voglio parlarne…- si limita a strascicare Petunia Dursley, a labbra strette.

-Signora Dursley, so che è difficile, ma per il bene di sua sorella e suo nipote Harry deve aiutarci…- persevera caparbio David.

-Ho detto che non voglio parlarne-.

-Harry è in casa?- interrompe Connie, attirando su di sé l’attenzione della donna, con la speranza di distoglierla da pensieri tristi.

A sorpresa, però, quella domanda sembra altrettanto inopportuna.

-E’ a scuola- dice, con astio. –E ci rimarrà fino alla prossima estate, fortunatamente- conclude, depositando la tazza sul tavolo con un sinistro tintinnio.

-Che college frequenta?- si affretta a chiedere, Connie, mentre David nota con stupore che le foto in quella stanza sono tutte dello stesso ragazzino mentre, in base alle informazioni, i giovani che abitano in quella casa dovrebbero essere due.

-Il Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili!- sbotta la donna, spalancando gli occhi sinceramente arrabbiata.

Connie storce il naso, appuntando quel nome e andando a rimpinguare l’elenco di “scuole mai sentite prime e, probabilmente, non esistenti”, come quell’Ogwatz che doveva aver frequentato il povero Peter Minus con i suoi amici.

-Quello è Harry?- interviene David, indicando con un cenno del capo una delle tante cornici che decorano il salottino.

-No!- sbotta la donna. –Ovviamente no! Quello è il mio Diddy!- ribatte offesa.

-E, adesso, dovete andarvene- ordina, imperiosa, alzandosi in piedi e aspettando con ansia di essere imitata dai due.

Connie, dal canto suo, fissa stranita David che, sorridente e imbarazzato, imita la donna.

-Signora, non volevamo…-

-Devo preparare la cena, Vernon sarà a casa fra un’ora e non ho ancora cucinato nulla- li informa solerte, incamminandosi a passo svelto per lo stretto corridoio.

Constance, perplessa, afferra un ultimo pasticcino prima di seguirli spedita.

-Signora Dursley- interviene alla fine, un attimo prima di uscire dalla porta, -Può dirci il nome di qualche amico di sua sorella? Una compagnia che frequentava, o qualsiasi altra persona che possa esserci di aiuto, che sia ben informata?- domanda dolcemente.

-No, nessuno- ribatte prontamente la donna, sbrigandosi a chiudere la porta. Prima però che la serratura scattasse del tutto, David riesce a infilare un piede nella fessura.

-Se preferisce possiamo tornare con un mandato. O, forse, vuole seguirci adesso in centrale per rilasciare una deposizione? Chissà cosa penseranno i vicini…- minaccia, pregando in cuor suo che non accetti una di queste ultime ipotesi vista l’indagine non autorizzata che stanno svolgendo.

Petunia passa gli occhi da uno all’altro degli agenti, soppesando attentamente se parlare e essere lasciata in pace o tacere e essere additata poi dai vicini come una delinquente. Oh, al diavolo. Ci penserà lui a risolvere quel problema, lei non vuole saperne nulla.

-Severus Piton- svela alla fine, chiudendo con uno scatto sinistro la porta.

 

-Lei ha chiamato il numero speciale per l’avvistamento dell’evaso Sirius Black, agente Miller all’apparecchio- cantilena annoiato Erick, aggiungendo anche quella chiamata al lungo elenco che aveva sul tavolo.

Chester White, appena entrato in archivio, fa un cenno rigido con il capo, dirigendosi poi a passo svelto dove sono conservati i reperti.

Sarebbe proprio curioso di sapere cosa cerca l’Artigiano del Matraccio fra le vecchie prove. E’ da troppi giorni ormai che risponde al telefono appuntando falsi avvistamenti di Black in giro per il Regno Unito, non ce la fa più, perfino quella visita inaspettata gli stuzzica la curiosità più del dovuto.

Quelle chiamate sono snervanti.

Un vecchio diceva che era certo che fosse lo studente cui aveva affittato una camera della vecchia casa dove viveva, mentre in realtà voleva solo liberarsi dell’affittuario moroso. Una ragazza aveva testimoniato che, invece, Black avesse preso il posto di un cantante che suonava sempre nel locale che frequentava, mentre in realtà era solo un modo per poter parlare con il ragazzo di cui si era innamorata.

-L’ho visto!- urla la donna nell’apparecchio, facendo sobbalzare Erick sulla sedia. –Era Black! Aveva lo stesso sguardo indiavolato! Oh, ho temuto che mi uccidesse- confessa concitata la donna.3

-Dove lo ha visto, signora?- domanda gentile Miller, appuntando le coordinate geografiche sul foglio e controllando la cartina della Scozia.

-Un altro avvistamento?- domanda con voce monocorde Chester White, appoggiando la scatola di cartone con l’etichetta Strage di Tooley Street sulla scrivania del collega mentre questi conclude la telefonata.

Erick annuisce, segnando i dati della testimone sul computer. Sembra attendibile.

-Ci puoi scommettere, amico! E forse questa è la volta buona- sorride Miller, allungando al collega i moduli da compilare.

Chester muove i baffi, indispettito. –Devi farli firmare dal Commissario?- domanda, analizzando con sospetto le carte.

-Già… e compilali veloce, così lo informo anche sulla nuova testimonianza- aggiunge l’uomo, alzandosi in piedi e passandogli una penna.

-Non basta inviare una squadra?-

Erick fissa il tecnico di laboratorio con sospetto. Lavorano insieme da anni ma mai, MAI, aveva intrattenuto con lui un discorso così lungo.

-No… la competenza è di un altro organo, il Commissario in persona passa le informazioni e se ne occupano loro- specifica, notando lo sguardo indagatore di Chester.

-Beh, allora farai meglio a sbrigarti- lo ammonisce White, prendendo la scatola e camminando a passo svelto verso l’uscita dell’archivio.

-Ehi, Mostro della Bilancia Idrostatica!- lo richiama Erick, sventolando le carte. –Non hai firmato!- gli urla dietro, prima di vedere il camice bianco del tecnico sparire nella porta.

Con uno sbuffo, Erick si risiede al tavolo, avviando una ricerca incrociata fra i reperti presi dal collega e i nomi su cui Dave gli ha detto di controllare.

C’è qualcosa che non gli quadra.

 

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Note:

 

1.    Si riferisce a zia Marge

2.    Si riferisce all’auto dei Weasley

  1. “«Ehi, Harry» disse Seamus Finnigan, allungandosi sul tavolo per pren-dere in prestito la bilancia d'ottone di Harry, «hai sentito? Pare che Sirius Black sia stato avvistato, c'era scritto sulla Gazzetta del Profeta di oggi». «Dove?» chiesero Harry e Ron in fretta. All'altro capo del tavolo, Malfoy alzò lo sguardo e si mise in ascolto. «Non lontano da qui» disse Seamus eccitato. «L'ha visto una Babbana. Naturalmente non è che ci abbia capito molto. I Babbani sono convinti che sia un criminale comune, no? Così ha chiamato il numero speciale. Quando sono arrivati quelli del Ministero della Magia, era sparito»” da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban
   
 
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