Chester White è sempre stato orgoglioso del suo
lavoro. Quando il padre morì aveva appena sedici anni e all’ospedale, piangente
alla vista della sorellina sconvolta, giurò a se stesso di fare qualcosa.
Fare in modo che quei criminali la pagassero.
Era presto entrato in polizia e, sfruttando le sue
abilità con le scienze, si era guadagnato una laurea in Chimica ed era arrivato
ad assumere un’alta carica all’interno della Polizia Scientifica in breve
tempo.
Papà sarebbe fiero di lui, si ripete spesso, accarezzandosi
i baffetti inglesi che gli ricordano così tanto il volto paterno.
Adesso ha superato il senso di colpa dei
sopravvissuti, è riuscito ad accettare la tragedia capitata alla sua famiglia e
ad accantonare gli stupidi istinti vendicativi che avevano contraddistinto la
sua adolescenza.
Ma quando, in rare, rarissime occasioni, gli capita
di non capire, di non riuscire a risolvere un quesito scientifico, la vecchia
rabbia si rifà velocemente sentire.
-Quindi, Chaz, non lo sai- lo sfotte la sorella,
dandosi una lenta spinta con i piedi e facendo ruotare lo sgabello girevole su
cui è seduta.
Chester si allontana dal microscopio, appuntando
diligentemente l’ennesima teoria sul foglio di carta.
-No, Constance. Non l’ho ancora scoperto, non è la
stessa cosa- ribatte piccato. Se c’è una cosa che lo infastidisce più del
rumore delle mandibole di chi mastica a bocca aperta, sono proprio le
affermazioni come “non lo sai”.
Si riavvicina con aria seria al campione di
terriccio, analizzandolo in controluce attraverso la provetta dove lo ha messo
a navigare.
Lo sa bene. Se qualcuno –Scott- venisse a sapere
che spende risorse pubbliche per assecondare le follie della sorella, non ci
penserebbero due volte a sbatterlo fuori. Lui non condivide le tesi idiote di
Constance, no. Se il verbale dice fuga di gas, per Chaster White è sufficiente.
Una banalissima fuga di gas ha causato la morte di
tredici persone, il ferimento di altre sei e lo sconvolgimento di un numero
sproporzionato di vite.
Ma il fatto che il fenomeno risulti scientificamente
inspiegabile è un’altra cosa.
-Chaz… lo scoprirai?- domanda quindi Connie che,
stufa di rimanere seduta, ha iniziato a girovagare per i laboratori del
seminterrato del New Scotland Yard.
-Mi sembra ovvio- borbotta offeso il fratello, aggiungendo
qualche goccia di diluente al composto per poi alzarsi a controllare se sono
arrivati i risultati del test fatto prima.
Chester sa di non godere di buona fama presso i
colleghi. Lo chiamano lo Scienziato dei Particolati
oppure Nostro Signore delle Provette
e in chissà quanti altri modi ironici. Ma nessuno di questi lo turba in alcun
modo. In effetti è uno scienziato e così dannatamente bravo da ritenere
opportuna anche la qualificazione di dio.
L’unico nomignolo che non ha mai sopportato è quello stridulo Chaz che la sorella gli ha affibbiato in
tenera età e da cui teme che non riuscirà mai a liberarsi.
-E’ strano- inizia a spiegare, leggendo il grafico
colorato appena arrivato via fax. –Apparentemente non è una sostanza
conosciuta- spiega a Connie che, incuriosita, lo ha raggiunto e appunta
diligentemente le parole del tecnico sull’agenda.
-Quindi cos’è? Una sostanza aliena?- chiede
perplessa la ragazza, piegandosi sul tavolo per osservare al microscopio una
parte del terreno rubato a Godric’s Hollow. Due spirali, oro e verde, si
intrecciano sotto i suoi occhi, per poi sciogliersi e ricomporsi con i colori
rosso e nero. Chester l’allontana con un colpo d’anche, indispettito. Odia che
qualcuno s’intrometta nel suo lavoro o utilizzi le sue delicatissime
apparecchiature tecniche.
-Non dire sciocchezze- la rimprovera, rimettendo a
fuoco il microscopio e appuntando su un foglietto le sostanze chimiche con cui
tenterà di far interagire il terriccio.
-Però, in sostanza, non hai nessun elemento utile
alle mie indagini!- si lamenta la sorella, colpendolo in modo infantile alla
spalla.
-Constance, sono uno scienziato, non un mago!
Quante volte devo dirtelo? Le analisi scientifiche richiedono tempo, pazienza,
osservazione e…-
-Trovato!-
Le porte bianche del laboratorio di analisi
scientifica di Scotland Yard si spalancano con impeto, lasciando entrare la
figura esaltata dell’agente David Canter.
Chester storce la bocca, muovendo veloce i baffi da
una parte all’altra, per poi tornare serio ad analizzare il campione di terra.
Non gli è mai piaciuto quel Canter.
-Hai trovato qualcosa, Dave?- lo interroga con
urgenza la sorella, allontanandosi di corsa dal tavolo delle analisi per quasi
gettarsi fra le braccia del partner.
Chester grugnisce ad alta voce, appuntando con stizza
diverse formule che, in quel momento, non lo interessano molto. Sa cosa diceva
Dave su di lui e poi su Constance quando sono entrati a Scotland Yard. E,
all’inizio, non lo infastidiva. Ma, ultimamente, ha sentito delle voci di
corridoio che lo insospettiscono non poco. E lo sguardo limpido che l’agente
sta lanciando a sua sorella sembrano confermare quelle voci.
-Su Potter non c’è niente, sembra un fantasma…- si
lamenta David, scorrendo i fogli. –Nessun certificato di nascita, nessuna
patente, nessun precedente…- elenca con urgenza, passando ad ogni parola un
foglio diverso alla collega che, veloce, scorre con lo sguardo le scritte.
Chester sbuffa rumorosamente, notando con fastidio
l’indifferenza generale in cui è caduto. Quel ragazzo non gli piace per niente.
E’ esageratamente allampanato, con le spalle strette e la testa sproporzionata.
E poi quelle orecchie a sventola! Inguardabili, davvero.
-Però ha trovato informazioni sulla moglie Lily,
Evans il cognome da nubile- spiega esaustivo il ragazzo, mostrando il
certificato di nascita della donna e gli atti di iscrizione delle elementari in
una banale scuola di città. –Avevano anche un figlio, Harry, appena un anno al
momento del duplice omicidio-.
Connie sfoglia febbrile gli atti, fermandosi di
quando in quando per annotare i dati che ritiene fondamentali sull’agenda che,
in quei giorni, è aumentata in modo evidente di spessore. –Qui dice che Harry è
stato affidato agli zii…- consta, sottolineando con la penna una riga di un
atto.
-Ecco qui! Petunia Evans in Dursley, sorella di
Lily- sorride David, consegnandole una cartelletta voluminosa dove spicca la
fotocopia della patente di un certo Vernon Dursley.
-E tu Chester? Scoperto qualcosa?- domanda quindi a
bruciapelo, osservando le occhiate di fuoco che lo scienziato manda in loro
direzione.
-Solo ipotesi- brontola Chaz, tornando alle sue
amate provette. –Questa sostanza non è presente in natura e non è conservata in
alcuna banca dati, ma questo non vuol dire che sia del tutto sconosciuta-
specifica, riorganizzando i fogli sul tavolo e appuntandosi mentalmente gli
altri test cui potrebbe sottoporre il terriccio.
-Mi sento di fare due ipotesi: o i Potter
lavoravano per il Governo e stavano progettando una nuova arma per il Regno
Inglese…- spiega, nascondendo il tremore all’idea di un laboratorio con
sostanze tossiche in un villaggio piccolo come Godric’s Hollow. –Oppure
potevano essere due persone sotto la protezione testimoni, uccisi magari da
un’arma biologica qui da noi ancora sconosciuta- termina, senza giustificarsi
però il motivo per cui Scott non gli avrebbe già chiesto di risalire a quella
sostanza se pericolosa per il Governo.
Constance appunta diligentemente le ipotesi
sull’agenda, masticando dubbiosa il tappo della penna. –Non lo so Chaz, non
sono del tutto convinta…- gli confida, storcendo il naso.
-Farò un confronto con i reperti della Strage di Tooley Street se è questo che vuoi dire-
la informa spazientito. –Bombarderò quei sassi con le stesse radiazioni che ho
usato su questa terra, magari salta fuori qualcosa. Ma già sarà difficile
raggiungere quelle prove, non mi chiedere di riesumare anche il dito di Minus!-
la minaccia, riabbassandosi sul proprio microscopio.
-Sei il migliore Chaz!- lo gratifica la sorella,
ignorando lo sbuffo incredulo di David.
-Noi, invece…- lo informa sorridente Connie,
raccattando veloce i documenti. –Faremo un giretto a Little Whinging-.
-Tuo fratello mi odia- le comunica laconico Dave,
camminando per quella stradina lineare costeggiata da casette tutte uguali.
-Chaz odia tutti-
specifica Connie, scorrendo con interesse l’agendina e controllando di averla
adeguatamente aggiornata con i rapporti di parentela.
L’agente David Canter fa spallucce, prendendo
l’ultima boccata del mozzicone di sigaretta per poi gettarla per terra e
calpestarla. Una vecchia signora lo squadra disgustata dalla propria veranda,
ammonendolo con lo sguardo. Dave, intimorito, si abbassa a raccogliere la
cicca, per poi gettarla nel vicino cestino.
-Però è il migliore- si vanta Constance, sorridendo
al collega in quel modo spontaneo e fresco che, David, non riesce proprio a
sopportare. L’agente si sistema infatti meglio il colletto dell’impermeabile,
riprendendo a camminare.
-Privet drive...- recita la ragazza, fissando con
curiosità i numeri delle case. -…numero quattro!- trilla alla fine, indicando
al collega una casa larga, squadrata, di media grandezza, con un curato
giardino e una serra dall’aspetto precario.
-E qui?- domanda Dave, affiancando la collega e
cercando di individuare qualche movimento attraverso le finestre.
-Qui… cosa?-
chiede la ragazza, internamente elettrizzata all’idea di andare a parlare
direttamente con quella che doveva essere la persona meglio informata dei fatti
sull’omicidio dei coniugi Potter, di conseguenza su Sirius Black e, quindi,
sulla Strage di Tooley Street.
-Qui alleveresti i tuoi figli?- la prende in giro,
passandosi la mano sul mento e causando un piacevole suono di raschiamento
dovuto alla barba di due giorni.
Connie fa una smorfia, analizzando con aria critica
la via. – Nah…- strascica alla fine, scuotendo la testa. –E’ un quartiere
troppo medio-borghese per i miei gusti. Scommetto che nessuno in questa strada
sa farsi gli affari suoi- borbotta, suonando con trepidazione il campanello
che, laconico, recita “Famiglia Dursley”.
-Sai che qualche giorno fa hanno avvistato un
“oggetto volante non identificato”1 che sembra essere partito
proprio da questa zona?- la informa il collega, mentre una vocina acuta da
dentro casa urla un “arrivo!”.
-Ma per favore…-
-Giuro! E l’anno scorso, sempre in questo periodo,
è stata avvistata invece una macchina
volante2- conclude David, ridacchiando per la ridicolaggine di
certe informazioni che vengono scritte sui giornali.
-Sì?-
Una donna magra, con un collo eccessivamente lungo
e un profilo equino li squadra interessata.
-Petunia Dursley?- si informa prontamente l’uomo,
tornato improvvisamente serio.
La donna passa lo sguardo acquoso dall’una
all’altra delle figure, tenendo ben salda la porta. –Chi siete?- domanda poi,
con un filo di voce, mentre inizia a guardare in strada sperando che nessuno li
stia osservando.
-Agente Canter, Scotland Yard- si presenta con la
solita frase David, mostrando il distintivo. –E questa è la mia collega,
l’agente White- l’informa, mentre Connie mostra con eccessivo zelo il tanto
amato distintivo.
-La polizia?- domanda la signora Dursley,
spalancando gli occhi preoccupata. –E’ forse successo qualcosa al mio Diddy?- domanda isterica, aprendo la
porta con slancio e fissandoli con ansia. –O forse un incidente alla Grunnings?
Vernon sta bene?- si affretta a chiedere, muovendo un passo incerto sull’uscio
di casa.
-Va tutto bene, signora, non si allarmi- si
affretta a chiarire David, muovendo lentamente le mani come se dovesse
ammansire un animale feroce.
Petunia sorride rasserenata, per poi passarsi una
mano sui capelli perfettamente in ordine e sul grembiule macchiato di
detersivo.
-Oh… e… allora, cosa…- balbetta, aggrottando la
fronte incapace di capire il motivo della visita.
-Avremmo bisogno del suo aiuto, signora Dursley- la
informa Connie, lanciando uno sguardo d’intesa al collega, capendo che quella
versione è la migliore con quel tipo di interlocutrice.
-Il mio aiuto?- ripete interdetta Petunia,
sorpresa.
-Possiamo entrare?- domanda quindi veloce David,
sorridendole cordiale.
-Oh! Certo, certo! Venite, venite!- li invita la
donna, elettrizzata all’idea di avere due agenti di Scotland Yard in casa.
Chissà cos’è successo!
Magari qualche vicino ha combinato qualcosa di
losco e hanno bisogno della sua testimonianza?
O forse è un’indagine per accertarsi della
sicurezza della zona? Beh, dopo la fuga di quel Black non sarebbe neppure una
cattiva idea…
-Entrate, entrate!- chioccia giuliva, facendo loro
strada per lo stretto corridoio e togliendosi con gesti secchi il grembiule
fiorito.
-Non… non mi aspettavo delle visite, perdonate il
disordine! Ma prego! Volete darmi i cappotti?- domanda, da perfetta padrona di
casa.
Connie nasconde un sorrisino dietro le spalle del
partner che, gentile, fa cenno di no col capo e prende posto sulla poltrona del
soggiorno, lasciando alla collega la possibilità di sedersi di fianco alla
donna sul divano.
Petunia, però, non ne ha la minima intenzione. –Che
cosa posso offrirvi? Tè?- chiede, retorica, dirigendosi a passo svelto nella
cucina attigua.
David nasconde una smorfia d’insofferenza, causando
un sorrisino tirato della collega che, lesta, estrae l’agendina e annota veloce
i particolari della casa.
-Ecco qui!- trilla allegra Petunia un attimo dopo
appoggiando sul basso tavolino tre tazzine vittoriane da tè e un’alzata per
pasticcini su cui Connie si avventa senza tanti complimenti. David, dal canto
suo, ringrazia accoratamente, afferrando la propria tazza e iniziando a bere
lentamente mentre la padrona di casa non smette di parlare.
-… e poi questa fuga, quest’evasione!- continua la donna, attirando con queste parole
l’attenzione dei due agenti.
-Sta parlando di Black?- azzarda Constance,
sbocconcellando un dolce alla crema semplicemente delizioso.
La donna annuisce con impeto. –Lo abbiamo sentito
al telegiornale! Che cosa sconcertante…- borbotta Petunia, prima di prendere un
piccolo sorso di tè. –Ma lo state cercando, vero? Siete vicini a riportarlo in
prigione?- s’informa lesta, avida di informazioni su cui poter spettegolare.
-Noi veramente…- inizia a rispondere Dave,
immediatamente interrotto.
-Non mi starete per dire che sta vagando proprio
qui, a Little Whinging!- scatta, allarmata.
-No signora, assolutamente…- si affretta a
rispondere David, cercando di calmarla.
-Beh, ma se ci diceste almeno da quale carcere è
evaso, penso che saremmo più attenti. Al telegiornale danno sempre informazioni
troppo vaghe e noi cittadini ci sentiamo tenuti all’oscuro- li informa,
lanciando un’occhiata perplessa a Connie, sorpresa della voracità della ragazza.
-E’ proprio per questo che siamo qui- la informa
Constance, schioccando le labbra dopo un sorso di tè.
–Signora Dursley, potrebbe rispondere a qualche
domanda?- le dice sbrigativo David, visibilmente sconcertato dalla quantità
sproporzionata di foto di un ragazzino biondo e corpulento appese per tutto il
salotto.
-Oh, ma certo!- accetta con piacere la donna,
sempre più lusingata dell’importanza che sembrava rivestire in quel momento.
Connie estrae lesta l’agenda dalla tasca e, a un
cenno convenuto, David inizia a parlare.
-Cosa sa di Black, signora Dursley?-
-Oh, beh… quello che hanno detto i giornali- trilla
allegra, agitando le mani come per scacciare una mosca molesta. Connie appunta
diligente. Non conosce il sospettato.
-E che cosa sa della Strage di Tooley Street?- l’incalza David, cercando di mantenere il contatto
visivo con gli occhi della donna.
Petunia aggrotta le sopracciglia, sforzandosi di
ricordare. –Tooley Street ha detto?
Non mi dice nulla… se non… aspetti… non si riferirà per caso a quel terribile
incidente avvenuto anni fa?- domandò incuriosita, osservando il volto
inespressivo di David.
-Precisamente-.
-Oh, fu un vero disastro. In quell’esplosione
morirono una decina di persone e…-
-Tredici- la interruppe Connie, punta sul vivo,
prima di ammutolire di fronte all’occhiata di rimprovero del collega.
-Ma pensate che c’entri in qualche modo con Black?-
domanda quindi, terribilmente incuriosita.
-Stiamo vagliando diverse ipotesi- replica evasivo
l’agente, schiarendosi poi la voce con un suono gutturale per prendere tempo.
-So che questa domanda le aprirà vecchie ferite
signora, ma devo fargliela. Cosa può dirci della morta di sua sorella, Lily
Evans?-
Connie trattiene il fiato, sporgendosi dalla sua
postazione verso la donna per osservarla meglio.
Petunia Dursley a quel nome, è improvvisamente
impallidita e le labbra, prima sorridenti e ciarliere, si vedono ora strette e
tremanti.
-Un incidente, un terribile incidente- risponde
lapidaria Petunia, iniziando a fissare il contenuto della propria tazza e a
rigirarsi l’elegante piattino fra le mani.
Dave lancia un’occhiata d’intesa alla collega che,
lesta, appunta ogni domanda e ogni risposta.
-Un incidente, signora? Ne è sicura?- precisa
l’uomo, sporgendosi dalla poltrona.
-Un incidente in macchina, sì- conferma risoluta la
donna.
-Vuole forse dirci che la polizia dell’epoca non le
disse che sua sorella e suo cognato furono vittime di un assassino?- insiste
David, notando il comportamento completamente fuori dagli schemi della donna.
Una persona normale che, davvero, scoprisse in quel
momento che la morte della sorella fu un assassinio, non rimarrebbe certo
rigida in quella posizione.
-Non voglio parlarne…- si limita a strascicare
Petunia Dursley, a labbra strette.
-Signora Dursley, so che è difficile, ma per il
bene di sua sorella e suo nipote Harry deve aiutarci…- persevera caparbio
David.
-Ho detto che non voglio parlarne-.
-Harry è in casa?- interrompe Connie, attirando su
di sé l’attenzione della donna, con la speranza di distoglierla da pensieri tristi.
A sorpresa, però, quella domanda sembra altrettanto
inopportuna.
-E’ a scuola- dice, con astio. –E ci rimarrà fino
alla prossima estate, fortunatamente- conclude, depositando la tazza sul tavolo
con un sinistro tintinnio.
-Che college frequenta?- si affretta a chiedere,
Connie, mentre David nota con stupore che le foto in quella stanza sono tutte
dello stesso ragazzino mentre, in base alle informazioni, i giovani che abitano
in quella casa dovrebbero essere due.
-Il Centro di Massima Sicurezza San Bruto per
Giovani Criminali Irrecuperabili!- sbotta la donna, spalancando gli occhi
sinceramente arrabbiata.
Connie storce il naso, appuntando quel nome e
andando a rimpinguare l’elenco di “scuole mai sentite prime e, probabilmente,
non esistenti”, come quell’Ogwatz che doveva aver frequentato il povero Peter
Minus con i suoi amici.
-Quello è Harry?- interviene David, indicando con
un cenno del capo una delle tante cornici che decorano il salottino.
-No!- sbotta la donna. –Ovviamente no! Quello è il
mio Diddy!- ribatte offesa.
-E, adesso, dovete andarvene- ordina, imperiosa,
alzandosi in piedi e aspettando con ansia di essere imitata dai due.
Connie, dal canto suo, fissa stranita David che,
sorridente e imbarazzato, imita la donna.
-Signora, non volevamo…-
-Devo preparare la cena, Vernon sarà a casa fra
un’ora e non ho ancora cucinato nulla- li informa solerte, incamminandosi a
passo svelto per lo stretto corridoio.
Constance, perplessa, afferra un ultimo pasticcino
prima di seguirli spedita.
-Signora Dursley- interviene alla fine, un attimo
prima di uscire dalla porta, -Può dirci il nome di qualche amico di sua
sorella? Una compagnia che frequentava, o qualsiasi altra persona che possa
esserci di aiuto, che sia ben informata?- domanda dolcemente.
-No, nessuno- ribatte prontamente la donna,
sbrigandosi a chiudere la porta. Prima però che la serratura scattasse del
tutto, David riesce a infilare un piede nella fessura.
-Se preferisce possiamo tornare con un mandato. O,
forse, vuole seguirci adesso in centrale per rilasciare una deposizione? Chissà
cosa penseranno i vicini…- minaccia, pregando in cuor suo che non accetti una
di queste ultime ipotesi vista l’indagine non autorizzata che stanno svolgendo.
Petunia passa gli occhi da uno all’altro degli
agenti, soppesando attentamente se parlare e essere lasciata in pace o tacere e
essere additata poi dai vicini come una delinquente. Oh, al diavolo. Ci penserà
lui a risolvere quel problema, lei
non vuole saperne nulla.
-Severus Piton- svela alla fine, chiudendo con uno
scatto sinistro la porta.
-Lei ha chiamato il numero speciale per
l’avvistamento dell’evaso Sirius Black, agente Miller all’apparecchio-
cantilena annoiato Erick, aggiungendo anche quella chiamata al lungo elenco che
aveva sul tavolo.
Chester White, appena entrato in archivio, fa un
cenno rigido con il capo, dirigendosi poi a passo svelto dove sono conservati i
reperti.
Sarebbe proprio curioso di sapere cosa cerca l’Artigiano del Matraccio fra le vecchie
prove. E’ da troppi giorni ormai che risponde al telefono appuntando falsi
avvistamenti di Black in giro per il Regno Unito, non ce la fa più, perfino
quella visita inaspettata gli stuzzica la curiosità più del dovuto.
Quelle chiamate sono snervanti.
Un vecchio diceva che era certo che fosse lo
studente cui aveva affittato una camera della vecchia casa dove viveva, mentre
in realtà voleva solo liberarsi dell’affittuario moroso. Una ragazza aveva
testimoniato che, invece, Black avesse preso il posto di un cantante che
suonava sempre nel locale che frequentava, mentre in realtà era solo un modo
per poter parlare con il ragazzo di cui si era innamorata.
-L’ho visto!-
urla la donna nell’apparecchio, facendo sobbalzare Erick sulla sedia. –Era Black! Aveva lo stesso sguardo
indiavolato! Oh, ho temuto che mi uccidesse- confessa concitata la donna.3
-Dove lo ha visto, signora?- domanda gentile Miller,
appuntando le coordinate geografiche sul foglio e controllando la cartina della
Scozia.
-Un altro avvistamento?- domanda con voce monocorde
Chester White, appoggiando la scatola di cartone con l’etichetta Strage di Tooley Street sulla scrivania
del collega mentre questi conclude la telefonata.
Erick annuisce, segnando i dati della testimone sul
computer. Sembra attendibile.
-Ci puoi scommettere, amico! E forse questa è la volta
buona- sorride Miller, allungando al collega i moduli da compilare.
Chester muove i baffi, indispettito. –Devi farli
firmare dal Commissario?- domanda, analizzando con sospetto le carte.
-Già… e compilali veloce, così lo informo anche
sulla nuova testimonianza- aggiunge l’uomo, alzandosi in piedi e passandogli
una penna.
-Non basta inviare una squadra?-
Erick fissa il tecnico di laboratorio con sospetto.
Lavorano insieme da anni ma mai, MAI, aveva intrattenuto con lui un discorso
così lungo.
-No… la competenza è di un altro organo, il Commissario
in persona passa le informazioni e se ne occupano loro- specifica, notando lo
sguardo indagatore di Chester.
-Beh, allora farai meglio a sbrigarti- lo ammonisce
White, prendendo la scatola e camminando a passo svelto verso l’uscita
dell’archivio.
-Ehi, Mostro
della Bilancia Idrostatica!- lo richiama Erick, sventolando le carte. –Non
hai firmato!- gli urla dietro, prima di vedere il camice bianco del tecnico
sparire nella porta.
Con uno sbuffo, Erick si risiede al tavolo,
avviando una ricerca incrociata fra i reperti presi dal collega e i nomi su cui
Dave gli ha detto di controllare.
C’è qualcosa che non gli quadra.
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Note:
1. Si riferisce a zia Marge
2. Si riferisce all’auto dei Weasley
- “«Ehi, Harry» disse Seamus Finnigan,
allungandosi sul tavolo per pren-dere in prestito la bilancia d'ottone di
Harry, «hai sentito? Pare che Sirius Black sia stato avvistato, c'era
scritto sulla Gazzetta del Profeta di oggi». «Dove?» chiesero Harry
e Ron in fretta. All'altro capo del tavolo, Malfoy alzò lo sguardo e si
mise in ascolto. «Non lontano da qui» disse Seamus eccitato. «L'ha visto
una Babbana. Naturalmente non è che ci abbia capito molto. I Babbani sono
convinti che sia un criminale comune, no? Così ha chiamato il numero
speciale. Quando sono arrivati quelli del Ministero della Magia, era
sparito»” da Harry Potter e il
Prigioniero di Azkaban