Libri > Leggende Arturiane
Segui la storia  |       
Autore: Deirdre_Alton    02/08/2011    2 recensioni
C'è un piccolo ragno di nome Agravain che tesse la propria tela, nella sua trama saranno in molti a cadere. Sarà l'imprevisto però a far crollare il suo mondo.
C'è un'altra tela, grande, immensa, tessuta da Dio e dalla Dea. Questa trama si espande, oltre il mare, chi ne rimarrà impigliato?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agravaine, Gawain, Mordred, Morgana, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 29

Ci fu il banchetto che tanto desideravo, sedevo tra Galahad e Dindrane e stavo dannatamente bene. Mi divertivo ad interpellare Abdel Haqq parlandogli in latino, lui annuiva, cercava conferma e consulenza dai suoi colleghi, di cui non avevo ancora imparato un solo nome, e mi rispondeva a gesti e mezze parole.
Galahad era sereno, Dindrane un po' meno. Ignorai il malumore di quest'ultimo, sentimento il suo, che mal si sposava con il suo abbigliamento sgargiante.
Questa volta bevvi ma non troppo, mangiai con piacere e mi venne in mente zia Morgana.
Ma se il banchetto fosse stato fatto per te, gradiresti? Oppure non gradisci essere al centro dell'attenzione?
Mi mancava, mi mancava il suo modo di fare e di parlare. Pensai che l'isola di Sarras sarebbe stata un ottimo, se non perfetto, posto per lei per vivere. Nessuno l'avrebbe tenuta lontana e forse sarebbe stata ammirata per le sue arti.
Forse.
Chissà se lei aveva sentito la mia mancanza? Chissà se aveva fatto pace con la Regina Ginevra? Sperai che Bedivere l'avesse dissuasa dal tornare nel Rheged.
Tornai a guardare Galahad.
Fuori dalle finestre vedevo il buio della notte, le portate della cena erano state più che sufficienti ed era inutile costringere i sudditi del nuovo Re a fare le ore piccole.
Mi sporsi verso di lui e gli sussurrai all'orecchio: «Galahad, forse è ora che tu prenda congedo, si è fatto tardi.» Non si voltò verso di me, rimase fermo come una statua ed avvampò in volto. Mi sentii all'improvviso le guance calde vedendo la sua reazione.
Tossii e posai sul tavolo il boccale vuoto che avevo in mano. Lui si alzò, guardò Dindrane che annuì. Galahad disse qualcosa a voce alta che non compresi completamente, ma doveva essere un saluto alla corte con l'augurio della buona notte. Gli invitati ed i fortunati presenti si alzarono e inchinarono la testa in segno di rispetto, mi alzai anch'io e ci dirigemmo verso le nostre camere.
Non parlammo.
Che potevamo mai dire?
Vidi che stringeva la mano destra e la riapriva nervoso, come se fosse incerto se fosse il caso di prendermi la mano oppure no. Io incrociai la braccia dietro la schiena, mi sentivo stupido ed impettito ma così facendo gli risparmiai la fatica di decidere o meno se era il caso di farci vedere in giro in quel modo.
Esitavo ancora? Non lo sapevo. Ma non volevo metterlo in imbarazzo.
Come se non lo avessi già fatto o non lo stessi per fare quella notte.
Arrivati davanti alla porta della sua camera mi guardò, io chinai la testa e feci per andare verso la mia porta.
«Mordred... tu…»
«Ti raggiungo dalla porta interna.»
Si guardò i piedi, raddrizzò le spalle e poi piantò i tuoi occhi sui miei.
«Non ha alcun senso Mordred, entra da qui.»
Aprì la porta, gli presi la mano che mi porgeva ed entrai con lui.
La luce era poca, c'era solo un candelabro a cinque bracci sul tavolo, le tende erano tirate. Andai alla finestra ed aprii le finestre, il tempo era bello e tiepido, mi piaceva sentire e vedere l'effetto del vento sulle tende.
«Ti dispiace se la lascio aperta?» Gli chiesi. Lui scosse la testa, era rimasto in mezzo alla stanza, giusto davanti al camino.
«Dai vieni, la vista da qui è bellissima, te ne sei accorto?» Ora ostentavo una sicurezza che non sentivo, ma se mi fossi dimostrato insicuro lo avrei spaventato e si sarebbe sicuramente messo a pensare che non lo desideravo veramente.
Mi raggiunse e si appoggiò con le mani sul davanzale, si vedeva il porto e le luci del paese. Alcune barche erano illuminate ed anche se da quella distanza era difficile individuarla con sicurezza, riconobbi la nostra barca dalla vela rossa e il parapetto d'oro.
Gli accarezzai con leggerezza la schiena, chiuse gli occhi e lo vidi espirare. Non sapevo dire chi fosse più teso dei due. Lo attirai a me e lo abbracciai, gli baciai il collo con gentilezza mentre mi stringeva sempre più forte. Mi baciò toccandomi i capelli e facendo scorrere le dita sul retro del mio collo.
Gli slacciai la cintura che cadde con un tonfo a terra sul tappeto, iniziammo a spogliarci l'un l'altro con il fiato corto come per una lunga corsa. Un lungo viaggio che mi sembrava iniziato una vita fa, un viaggio che ci aveva portato lontano da casa, ma insieme. Dopo quel maledetto giorno in cui mi aveva dato un pugno... avevo pensato che tutto fosse ormai andato perduto, invece avevo avuto la mia seconda opportunità.
Ci stendemmo sul letto nudi e con le mani e le labbra lo toccai trovando i suoi punti sensibili, il suo respiro affannato e le sue mani tremanti erano gioia per me.
«Mordred…»
«Sì?»
«Posso... fare... anch'io a te?»
Sbattei le palpebre chiedendomi se stessi sognando. Mi stesi sulla schiena e cedetti alle sue tenerezze ed incertezze. Non resistetti più, sentivo il sangue pulsarmi sulle tempie ed il rumore lontano delle onde del mare che colpivano gli scogli. Capì che lo volevo e si lasciò andare, cedendo al mio desiderio.
Ah Dea, se l'amore non era questo allora non esisteva! Mai nella mia vita avevo tanto desiderato qualcuno, mi sembrava di non essere mai stato con nessuno prima che con Galahad, il suo corpo rispondeva al mio con la naturalezza che non avevo mai conosciuto.
Dopo... sfinito rimasi a guardare la sua schiena e tracciai la linea della sua colonna vertebrale con un dito. Lui si voltò verso di me, le guance arrossate, i capelli scompigliati.
«Mmm.»
Allarmato mi fermai. «Ti ho fatto male?»
Lui nascose la testa nel cuscino e lo sentii pronunciare un “no”.
«Mordred... io vorrei…»
«Galahad, tu sei il re ed io il tuo primo suddito. Qualsiasi cosa…»
«Non prendermi in giro.» Disse continuando a soffocare la voce con il cuscino.
«Che re sei? Non hai il coraggio di affrontare il nemico a viso aperto?»
Si voltò verso di me, lo baciai.
«Vorrei... ti voglio.» Mi mise una mano sul fianco.
Trattenni a stento una risata di pura gioia. Lui mi voleva. Gli spostai la mano sui miei lombi per poi farla scendere. Io ero suo e lui era mio, possibile che fosse vero? Possibile che fossi fuggito da Camelot, regno in cui ero un abominio, regno in cui un ragazzo così eccezionale, prescelto da un Dio, si era innamorato di me?
Sentendo la sua pelle contro la mia ed il suo desiderio farsi urgente, pressante, incominciai a crederlo. Tutto questo era vero, ero innamorato.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Leggende Arturiane / Vai alla pagina dell'autore: Deirdre_Alton