La giraffa ha la testa troppo lontana dal cuore
si è innamorata ieri e non lo sa ancora.
Capitolo
Diciotto: “Le
radici del male – II parte”
La genetica
non è cosa da prendere sotto gamba, non si deve scherzare con la genetica, lo sapeva Mendel con il suo esercito
di piselli, lo so io dopo duecento anni.
Ma cos’è la genetica, perché affidarsi a
lei?
Certo ti dice che i tuoi occhi saranno di questo colore perché tuo
padre ha un carattere recessivo e tua mamma non ti darà i suoi occhi limpidi
perché è un carattere debole. Eppure c’è qualcosa che
la genetica non potrà mai fare. Farti appartenere a qualcosa. A qualcuno.
I geni non
possono, il sangue si.
Perché il sangue ribbolle
nelle vene degli audaci e ricorda di temere l’ago, perché è rosso
o blu, perché si può far acido per una preoccupazione o accendersi per una
passione.
Perché
buon sangue non mente.
DRACO
Un purosangue.
Joe Black mi fissava tacitamente con quel suo
sorriso gioviale, non riuscivo a immaginare il bel
vestito Joe che perdeva il suo tempo su di un tavolo
da gioco.
Mio padre e mia madre due maghi.
Io un purosangue.
“Non capisco”
“Succede sempre così, la verità non è prudente da somministrare ai
deboli di cuore” una frase alla Black, cominciava a
piacermi il signor Black.
“E i miei nonni?” il suo viso si intristì in
pochi attimi, Joe aveva l’espressione di un essere
umano, forse la verità lo trasformava in questo.
“Temo che per loro la spiegazione sarà più lunga e dettagliata” mi
scoccò uno sguardo strano, sembrava non piacergli questo incomodo
compito.
“Lei ha parlato di ritrovarmi, mi ha detto che
erano passati tanti anni prima di potermi ritrovare eppure io ero qui, sotto
gli occhi di tutti, con il mio cognome originario”
“Si segga signor Malfoy temo che la storia che
le sto per raccontare sia la più triste di tutte” e sentì le gambe cedere da
sole sotto il mio peso, ricaddi in terra come una marionetta dai fili rotti.
Caddi, come corpo morto cade.
Tutta la verità anche quella che non avrei ma immaginato di sentirmi
dire.
La verità che uccide.
“Suo padre per quanto fosse un cattivo soggetto in gioventù, dopo aver
scelto vostra madre si innamorò pazzamente di lei ma
ai purosangue non era concesso provare sentimenti, non così umani almeno”
“ Lei cosa intende per cattivo soggetto in gioventù?”
“Quel vestito nero che ha visto l’altro giorno secondo
lei lo usavano per giocare a dolcetto o scherzetto?”
“I miei erano Mangiamorte?”
“La sua pespicacia mi stupisce sempre”
“Mio padre era un Mangiamorte? Io ho passato
tutta la mia vita a…mio padre era un mangiamorte”
sentivo che c’era ingiustizia al mondo, avere un padre mangiamorte quando sei il
migliore amico del bambino sopravvissuto e hai passato la tua adolescenza a
tentare di svettare i piani utopistici di Tu-Sai-Chi…
no non c’è davvero giustizia a questo mondo.
“Non faccia così” mi fissava divertito, sembravamo due cartoni animati,
io con la gocciolina in testa e la nebbiolina nera per lo sconforto e lui che
mi guardava dall’alto e sorrideva.
“Lei è il funzionario di un Mangiamorte
si rende conto?”
“Più strano di quando ero un impresario funebre e sono apparso nel
giardino di casa sua?”
“In effetti…”
“Più strano di quando sono
esploso nella sua soffitta?”
“Beh…”
“O di quando sono entrato nella sua stanza e
le ho regalato degli abiti firmati?”
“Effettivamente signor Black lei ha fatto un
mucchio di cose insolite”
“Lei crede? Non più del solito”
Scelsi il silenzio, continuai a fissare la casacca nera che mi volgeva
le spalle e si specchiava vanesia nello specchio gemello al mio. Così mi
ritrovavo un padre Mangiamorte e una madre complice
di quest’ultimo.
“Così mio padre era un Mangiamorte”
“Si lo era”
“Ha ucciso molte persone?” magari era stato complice nell’omicidio dei
genitori di Harry, lo stesso ragazzo che era il mio migliore amico.
“Che io sappia no” forse mio padre era un Mangiamorte riservato non andava vantandosi delle vite che
aveva preso. Magari era una brava persona in fondo, in fondo…
Ero il figlio di un Mangiamorte.
Non avevo mai creduto che il sangue contasse qualcosa nella mia vita ma nelle mie vene scorreva il sangue marcio di una
bestia della morte. Ero il figlio di un Mangiamorte.
“E ora passiamo alla parte più triste della
storia”
“Perché c’è dell’altro?”
“Oh Signor Malfoy c’è sempre dell’altro”
HERMIONE
Non ho più sonno, qualcuno latra come un cane ferito nella mia stanza anche se la porta è chiusa a chiave dall’interno,
possibile che il Barone e la sua Dama siano tornati qui, nuovamente qui?
Sposto le coperte di panno sottile e mi alzo, traballo leggermente
sotto il peso della mia stanchezza. La notte è alta nel cielo e sorregge una
luna pallida e imbellettata. Gli antichi, maledicevano,
giurando sulla luna perché dicevano che era femmina e
menzognera perché cambiava il suo volto ogni mese.
Ma la luna era così bella quella sera.
I pierrot se ne innamoravano perché era come una donna la luna.
Piena ed eccentrica in continuo mutamento.
Una donna bellissima e crudele: che scorretta!
“Chi sei?” mi faccio accanto allo specchio dove mi aspetterei di vedere
la giovane Dama invece mi ritrovo davanti una scena davvero strana. Il
mezzosangue biondo siede all’interno di una soffitta polverosa e produce quel
rumore fastidioso.
“Non vi sente” quel sinistro personaggio è accanto a me, non so quando è entrato nelle mie stanze e non me ne curo. Fantasmi
e Amanti, la mia stanza è preparata a tutto. Può
accettare anche un Impresario Funebre.
“Fallo smettere tu allora” lui volta il suo sguardo strano sulla
superficie dello specchio. Prima mi stava fissando con quella
attenzione che ti infastidisce perché ti ordina di abbassare lo sguardo
a terra.
“Perché dovrei? Il dolore è eterno”
“E’ deve soffrire proprio nel mio specchio?”
“In vero lui crede di star soffrendo da solo è lei che partecipa al suo
dolore” appoggio una mano sullo specchio, è duro e
freddo come una lapide.
“Perché soffre?” lo chiedo piano per non
palesare un interesse.
“Che domanda sciocca, Signorina Granger, soffre perché ha male al cuore. Non ricorda più come si fa non è vero?” mi
guarda ancora e mi lancia quel sorrisino così strano.
“Non tutti soffrono allo stesso modo”
“Convengo con Lei, ma piangere le renderebbe la vita semplice”
“Non è nella mia natura piangere”
“Ah meschino io che la credevo una ragazza”
“Lo sono ma questo non vuol dire che perda il
mio tempo a piangermi a dosso”
“E che altra occupazione femminile è avvezza a fare?” mi stava
insultando eppure mi misi a ridere, quell’uomo, con il suo essere totalmente fuori dagli schemi mi divertiva in modo insolito. Risi
ancora e lui mi sorrise di rimando.
“Come posso farlo smettere?”
“Temo sarà costretta ad aiutarlo”
“Lo immaginavo” sbuffai
DRACO
Mi ritrovai da un momento all’altro circondato da Joe
e da Hermione Granger.
Il luogo era cambiato, non riconoscevo la stanza in cui ero finito ma lei sembrava farlo e anche Joe
che senza scomporsi troppo schiantò
“Era necessario?”
“Lo è sempre, inoltre zittire una donna e una delle poche gioie di un
uomo che non comporta lo spogliarsi”
Le lancio uno sguardo obliquo, non posso lasciarla in terra, la pendo e
delicatamente la appoggio sul materasso.
Le porto una ciocca di capelli dietro all’orecchio, ha i tratti di una
bambola di ceramica e il corpo è così sottile che temo di romperlo fra le miei dita non abituate alla delicatezza. La mano sinistra
trama per lo sforzo.
“Che cosa fa Signor Malfoy?” Joe mi guarda dall’alto, il suo sguardo non è addolcito
dalla visione che è
“Non è bella quando dorme? – mi spaventa la
frase che uso – Sembra quasi che dorma, anche se è schiantata, come in quelle
vecchie fiabe babbane”
“Ma lì si baciavano le principesse” mi porta
una mano sulla spalla e io mi alzo senza lasciare il suo viso avvolto nel sonno
innaturale dell’incantesimo.
“Lei è una regina”
“Infatti è troppo vecchia” lo fisso un attimo
in più, che individuo strano.
“Signor Black lei continua a mutare la
percezione che ho di lei e non sempre in meglio”
“Meno male, temevo che la sua percezione fosse positiva”
mi lancia uno sguardo strano e poi torna ad indicarmi la porta “E’ tempo di
affrettarci, non abbiamo molto tempo”
HERMIONE
Siedo compostamente nella poltrona in velluto blu della mia stanza, non
ricordo quando sono entrata nello specchio e sono
atterrata sul tappeto, non ricordo di essermi alzata e di essermi stesa nel mio
letto. Non ricordo nulla. Non so nemmeno come sono passata da una parte
all’altra. Non sapevo si potesse fare. Lancio uno sguardo al riflesso della mia
stanza e piano mi mordicchio il labbro inferiore e aspetto pazientemente di
capire il perché della mia presenza lì.
La porta della mia stanza si apre piano e compare la figura che non
credevo di aspettare, anche se non ne sono veramente sicura, perché il secchione che non aspettavo non dovrebbe trovarsi a casa mia
e meno che mai si potrebbe muovere per casa mia senza motivo, inghiottisco
piano e provo a contraddire me stessa, cerco la freddezza e la compostezza che
con lui mi è sempre riuscita:
“Malfoy” lui non mi sorride ingenuamente, ne sembra nervoso in nessun
modo, anzi mi viene incontro e mi si siede proprio di fronte, a una poltrona di distanza, come era già successo quando
avevano stipulato il nostro contratto.
Da quel giorno sono cambiate tante cose eppure il temo
a me sembra davvero coagulato in poco meno di una settimana, in realtà sono
passato un mese non posso crederlo. I miei giochi durano solo due settimane.
“Granger” risponde lui e non aggiunge altro e per un attimo sono io a
sentire su di me il peso del nervosismo che cresce, non riesco
a resistere.
“Perché sei in casa mia?”
“MI ci hai portato tu quando hai aperto lo
specchio, sapei che agiscono come passaporta vero?”
no non lo sapevo non credevo che avessero tanta utilità.
“Perché ero sul letto?”
“Ti ci ho messo io, quando sei arrivata hai battuto la testa molto
forte e sei rimasta svenuta”
“Sei un mago potevi farmi rivenire” rispondo asciutta, lui si aggiusta
meglio sulla sponda del letto e mi fissa di rimando con arguzia che non gli era consona.
“Eri più bella quando dormivi” e mi sento
fragile sotto quell’esame attento del suo sguardo, mi fissa e non riesco a
smettere di pensare che sia un bel ragazzo, il verme, lui intanto mi fissa e
sembra notare l’imprecisione del mio volto.
“Granger noi siamo mai andati nel privè?” lo
chiede a bruciapelo e io boccheggio, come poter dire
la verità? Sarebbe stato ammettere che lo avevo sempre portato
in quel luogo per poter poi dimenticare l’accaduto. Nemmeno io avevo idea di
cosa succeda al suo interno ma sul mio braccio
annotavo le volte e me ne ero contate almeno tre.
“Perché me lo chiedi?”
“Non lo so. Penso che dovrei dirti che hai
ragione su qualcosa ma non posso ricordare nulla. Penso che all’interno del privè agisca una magia di dimenticanza” annuisco
assente, la magia di dimenticanza, mi concentro, so che è inutile provare a
ricordare cosa sia successo per tutte le volte che avevamo deciso di andare… Ci
eravamo andati?
Non doveva essere successo nulla di importante
comunque perché lui non lo avrebbe mai permesso, era troppo geloso della sua
verginità.
“Io ho sempre ragione, non è molto importante il motivo” lo dico con la
voce piacevole e seducente che normalmente fa rabbrividire gli uomini.
“Ti devo chiedere un ultima lezione, poi penso
di essere pronto” mormora e quella nuova sicurezza sembra vacillare e con gli
occhi mi cerca, sono io l’artefice della sua trasformazione, l’unica, il potere
è rigenerante.
“Quale” il mio tono è neutro.
“Insegnami ad amare” sorrido sardonica.
“Io non so amare”
“Non intendo l’amore concetto, quello te lo potei
insegnare io. Ti parlo dell’amore fisico” le sue guance si imporporano
ed un piccolo brivido involontario mi scivola lungo la schiena, mi piace molto
quando lui arrossisce.
“Fammi capire bene, tu voi che io ti insegna
l’amore fisico? Ma tu non ti dovevi conservare per la
donna che amavi? Per la tua Ginny” lo vedo annuire
piano, come se avesse preparato questo discorso per giorni.
“La mia Ginny non è mai esistita, lei vive
qui – punta la sua testa con un dito e poi sorride cattivo, come solo io posso
avergli insegnato – ma non voglio più aspettare”
“Vuoi imparare le sveltine?” lo dico con
freddezza e cattiveria e lo vedo boccheggiare perso in quell’oceano a lui
sconosciuto in cui io sono la sua Nettuno. Il suo sguardo si fa liquido poi lo
abbassa e annuisce piano.
“Non c’è molto da imparare, devi solo assecondare i tuoi istinti” non
termino la frase che il biondo si alza dalla sponda del mio letto e mi arriva
vicino.
“Posso, con te” non è più sicuro, io gli tolgo
questa sicurezza. Provo uno strano tepore al fondo del mio stomaco e mi alzo
anche io dalla poltrona.
“Non costringere te stesso se non vuoi” lo dico con semplicità, e lui
mi fissa a lungo mentre mi allontano da lui per mettermi di fronte allo specchio, come ha
funzionato questo coso? Come faccio a tornare alla mia stanza di Hogwarts?
E fuggire da un Draco Malfoy mai come quel giorno così poco secchione.
DRACO
Ridicolo.
Dovevo sembrare un idiota, vestito tanto bene, ma piantato al centro
della sala.
Ridicolo? Mi riscossi all’improvviso, non potevo permettermi di essere ancora ridicolo, avevo ripudiato il vecchio e
timido Draco di un tempo.
Il vecchio Draco è morto.
L’hanno ucciso, come hanno fatto con i miei genitori, non sono mai esistito
come il piccolo mezzosangue che fino ad oggi credevo di essere. Non voglio provare più neanche certi valori, non voglio sentirsi più umano come prima.
Attraversai la stanza a lunghi passi e l’afferrai per le spalle per poi
stringerla in un abbraccio.
“Cosa fai?” chiede Hermione sorpresa dal suo
ardire tanto temerario.
“Ci provavo” la lascio andare sconvolto dalla
vergogna, mi continuo a sentire un povero idiota, ma lei si volta verso di me e
mi sorride dolcemente, non lo so perché si sta comportando in modo tanto
gentile con me, ora non ci voglio pensare, perché illuminata con questa luce
lei mi sembra una dea, bellissima e con quel sorriso sereno sulla bocca mi appare
anche più bella, se possibile.
“Draco, non pensare a troppe cose e lascia stare i libri e i film, vedi – mi indica la sua stanza così silenziosa – Non devi
stupire nessuno, se non la persona che hai davanti, ma non devi essere un
animale, una specie di toro da monta. Devi essere gentile con le donne” smette
di parlare e mi guarda e anche io la fisso, non so che
fare.
“Allora?” dico piano, sperando di non apparire ridicolo alla Granger
che mi continua a sorridere.
“Sorprendimi, Draco” lo pronuncia ancora il mio nome con quelle labbra
bellissime. Penso a qualcosa che potrebbe sorprendere quella bellissima e
spregiudicata...
No per stasera lei sarà quello che io desidero, quella che io voglio,
lo posso leggere nel suo sguardo che non è mai stato
tanto dolce e nella sua pazienza che normalmente dura poco per risolversi in
violenza.
Prendo la bacchetta e pronuncio un incantesimo non verbale, parte una
musica babbana lenta, classica, e le tendo la mano
non riuscendo a evitare un leggero tremore che la
scuote.
La guardo negli occhi e li sorprendo leggermente dilatati, per la
sorpresa, ma subito mi torna a sorridere e mi tende la mano in
risposta, teneramente la avvinco a me.
“Anche le Regine, meritano di essere trattate da
principesse, ogni tanto” la mia voce è un sussurro, questa frase non ha
senso ma la vedo sorridere piano mentre la musica ci continua a trascinare in
questa danza lenta di vicinanza e di allontanamento.
Lei sembrava gradire questa attenzione, così
continuai finché la musica in un finale in cui le tensioni si andarono
chiarendo non mi si fermò a una spana da viso.
“Baciami” lo dice in un sussurro e protrae le labbra carnose verso di
me, vorrei impazzire, ma lei mi ha detto di stupirla così supero le agognate
labbra rosa e le poso un bacio dolce sulla fronte,
stringendole le mani e risalendole piano le spalle.
Lei apre gli occhi e in quello sguardo di giada appare la sorpresa
digitata a caratteri cubitali nei suoi occhi.
Riabbasso il capo e ancora una volta supero verso l’alto le labbra
bellissime e le tocco l’attaccatura della fronte col naso poi scendo sul nasino
fino a posare un bacio sulla punta, le mie mani intanto disegnano dei lenti
cerchi sulla sua pelle, coperta dalle maniche della maglia leggera. Indossa il
suo pigiama ma non mi è mai sembrata tanto bella.
Con la soddisfazione del primo della classe, sento la sua schiena che
si tende creando, ne sono certo, una deliziosa curva che mi ritrovo a immaginare da mordere.
“Ora cosa devo fare?” lei sembra cadere dalle nuvole
quando glielo chiedo, presa com’era dalla mia danza e ci mette un attimo
di più prima di rispondere a tono.
“Dovresti ottenere la resa della ragazza in questione – prova a usare n tono professionale, ma la sento ancora rabbrividire
– Se non intendi baciarla per paura di un ceffone, e se non vuoi essere tanto
cafone da chiederle se vuole giacere con te allora invitala a bere qualcosa o
qualsiasi altra scusa possa funzionare.
Ricordati che come l’hai approcciata con simili
mezzi la devi farla cedere” finisce di parlare e mi fissa di nuovo, ho capito
perfettamente cosa lei intende, devo farle dire di Si,
con ogni mezzo, ma prima.
Poso le mie labbra sulle sue che a contatto con le mie si scostano.
“Troppo frettoloso” sento il sangue ribollire alle sue parole, meno di
cinque minuti fa, se l’avessi sdraiata in terra non
avrebbe avuto che urletti e ora fa la preziosa.
“Credevo che non avresti avuto nulla da ridire” dico, cambiando strategia,
anche lei capisce e sta al gioco, la sua bocca si piega in un ghigno che me la
fa riconoscere.
“Credevi male” risponde senza esitazioni, sono
di nuovo nel suo campo.
“Ti posso offrire da bere?”
“Sono astemia” le sorrido divertito e mi avvicino a lei
ma si allontana, senza guardarsi attorno, mi continua a sorridere.
“Bugiarda” alza un sopracciglio, ha capito che noo
può più fingere, io corteggio lei non una sua copia venuta male, si dovrà
comportare come sa.
“Può essere che io non voglia accettare alcolici da uno sconosciuto”
atteggio il mio viso in una smorfia di dispiacere.
“Ma io non sono uno sconosciuto, Granger”
“Tu conosci il mio nome, ma lo conosce metà
scuola, non credo di conoscerti”
“Certo che mi conosci, io sono il sogno di ogni
notte, quello che ti svegli e vuoi ancora” non lo so da dove mi è uscita questa
frase ma lei sorride divertita.
“Un punto per l’originalità, nessuno mi ha mai risposto così” continua a ridacchiare e io
continuo a guardarle le labbra e mi rendo conto che anche lei le guarda, questo
mi fa salire il sangue alla testa, non riesco a fermarmi. L’afferro e la spingo
sulla poltrona, ricade pesantemente sulla stoffa di velluto, lei smette di
ridere.
“Non ne posso più devo avere le tue labbra sulle mie” lei spalanca gli occhi sorpresa e anche le labbra seguono più moderatamente
questa sua reazione, e io veramente non ne posso più.
La bacio, con tutta la foga e la voglia che mi scuote le membra.
E lei risponde, penso di morire quando la sento
isolarmi il labbro superiore e prenderlo a succhiare piano, sento il sangue che
defluisce e una scarica elettrica, proprio lì, le mie mani si appoggiano ai due
braccioli e schiaccio il mio corpo al suo, tremo leggermente quando lo sento,
ho una voglia irresistibile.
La lascio libera e ci fissiamo, le sue labbra sono rosse e umide e i
suoi occhi sono di un ambra scura, entrambi fremiamo
di sentimenti contrastanti.
“Come sto andando?” dico piano, come uno scolare
che spera di aver scritto bene il suo nome.
“Alla grande” lo dice con una voce strana, non è più la sua e le sue
mani si abbracciano alla mia testa e comincia a baciarmi, è lei a farlo, sento
la vittoria e la voglia che salgano fino a straripare.
Il suo corpo vicino al mio.
Il mio sul suo.
Cosa stò
facendo?
E quel nuovo sapore di fumo e di alcool che la
sua bocca stampa nella mia.
Cosa mi fa?
E ora siamo sul letto, ci siamo di nuovo, non so come dalla poltrona ci
siamo passati ma ora siamo sul letto. La maglia nuova
si affloscia sul pavimento scoprendo quello che con la fatica del rancore mi sono creato:
“Mmm...non ti immaginavo
così” dice con la voce arrocchiate e passa una mano su quei muscoli che non so
come sono riuscito a creare, ora non so perché l’ho fatto, dieci minuti le
avrei anche saputo rispondere a tono, ora no,un urgenza febbrile si impossessa
di me.
Sono io che comando.
Le sfilo la sottile magia, che rivela un tesoro inaspettatamente magro,
non l’avrei mai detto ma
Le mie riflessioni sono interrotte un'altra volta ancora
quando una nuova ondata si impossessa di me, la spingo quasi con
violenza sotto di me e poi a un tutto si blocca tutto anche la mia voglia:
“Mezzosangue – un dito caldo, rincuorante, passa sulla mia guancia,
l’unghia graffia soave la pelle curata e levigata come una carezza ma più rude
e quel gesto fatto da lei, questo gesto che tra mille
poteva essere qualsiasi altro mi blocca, raggelandomi – Piano, la prima volta
tutti hanno bisogno di dolcezza” ed è gelo dopo quelle parole e poi è un nuovo
rincontrarsi di bocche.
Bocche, mani e altro...molto altro.
HARRY
Un gufo bianco picchietta contro il vetro trasparente della finestra e
mi sveglia, stavo facendo dei sogni strani, legati irrimediabilmente a Ginny e al suo viso che mi tortura peggio di quello di Lord
Voldemort.
Mi alzo dal letto imprecando contro quel maledetto gufo che continua
imperterrito a bussare contro il vetro.
“Arrivo, arrivo” apro la finestra e il pennuto maledetto con un
movimento fluido si posa sul letto di Draco lasciando il suo fardello per poi
uscire di nuovo per raggiungere la voliera.
“Ma si vattene pure, dopo avermi svegliato! Maledetto
pollo con le ali funzionanti!” continuo ad essere
innervosito un po’ per il sonno agitato e un po’ per la sveglia frettolosa, un
po’ anche perché Draco non è ancora tornato e non è da lui questo
comportamento.
Me ne sto per tornare nel letto dove sarei ricaduto
in un sonno profondo quando, la scritta luminosa URGENTE illumina le lettere di
Draco ed attira la mia attenzione.
Mi siedo sul copriletto freddo e prendo la bacchetta, accendendola con
un Lumos,
sono sempre stato una persona curiosa e la preoccupazione che avevo verso lo
strano comportamento del mio amico mi spinsero a
distruggere la cera lacca recante uno stemma che non avevo mai veduto.
Un semplice scudo liscio su cui si ergeva un drago dalle fauci
spalancate; intorno allo scudo crescevano dei giunchi e delle piante che si intrecciavano fra loro a formare una corona.
“Scusami, ma devo capire” sussultai e aprì la busta di carta.
Era la lettera di una scrittura a me sconosciuta, accanto
una piccola busta magica in cui normalmente si mettevano documenti
importanti, potevano contenere decine e decine di file.
Al Signor Draco Lucius Malfoy,
Un giorno vostro padre, Lucius Abraxas Malfoy, mi chiese
di tenerle questi documenti da parte, così le restituisco
tutti gli incartamenti che la riguardano.
Attraverso questo materiale lei capirà che tutto quello che le ho raccontato, era la verità, come i miei poveri occhi
l’hanno veduta, solo recentemente sono riuscito a risalire alla sua ubicazione,
ovvero la casa dei suoi presunti nonni, questo perché la maggiore età ha
spezzato l’incantesimo di protezione che gravava su quella casa e mi ha
restituito voi.
Spero riusciate a fare tesoro di quando leggerete.
Servo Vostro
Joe
Black
Cosa significava quello che
avevo appena letto?
Sapevo per voce della preside che doveva esser successo qualcosa di
triste alla nonna di Draco, ma vedendolo sereno avevo pensato ad un falso
allarme e invece questa lettera apriva un sacco di misteri... Chi erano Lucius Abraxas Malfoy che
quel Joe Black spacciava per il padre tristemente
scomparso del mio compagno.
Draco non mi aveva mai detto il suo nome perchè diceva
che sua nonna non riusciva a pronunciarli. Quel Joe inoltre li chiamava presunti
nonni di Draco e io non riuscivo a capirne il motivo. E poi loro erano babbani, perché allora un gufo da un... servo?!? di Draco.
Senza pensarci troppo per quanto la mia stessa anima rimpiangeva
quell’eccessiva intimità, mi immersi nella lettura dei
fogli contenuti nel piccolo raccoglitori che si rivelarono abbondanti e fitti
di pagine con l’assoluta sicurezza che le parole che mi comparivano davanti non
fossero che falsità, poco tempo dopo sono raggiunto da Ron e mi ritrovo a
spiegare quello che i miei occhi non riescono a capire.
HERMIONE
“Dove vai?” guardo i suoi occhi grigi e mi chiedo come ho fatto ad addormentarmi accanto a lui, non lo faccio mai, non mi
piace farlo, perché se dormi accanto a qualcuno finisci per abbracciarlo o per
borbottare pensieri che finiscono per essere segreti che lui sfrutterà contro
di te.
Non rispondo, mi giro di schiena e continuo a rivestirmi. Sento un
movimento dietro di me e quando mi rigiro di nuovo per prendere i calzini vedo
che si è infilato i boxer e la camicia, lasciandola
però aperta.
“Come si torna ad Hogwarts?”
lo chiedo innervosita, mi irrita quella
calma, siamo in camera mia, come ho potuto portarlo in camera mia.
“Basta appoggiare la mano sinistra sullo specchio e desiderare di
tornare, di tornare indietro o alla soffitta della mia casa o nella tua stanza ad Hogwarts” annuisco ma sono
accora innervosita, lascio che i miei occhi vaghino guardinghi da una parte
all’altra della stanza, il Mezzosangue ha raccolto tutta la sua roba ma
continua a restare in mutande e a fissarmi con quel sorriso amichevole sul
volto.
“Sono le dieci del mattino, non essere tanto frettolosa, oramai le
lezioni saranno cominciate e nessuno ci vedrà arrivare” sono arrabbiata e non
mi piace il suo tono amicale,così tanto
accondiscendente.
“Stai zitto mezzosangue” il suo sorriso aperto si gela di botto come se
lo avessi investito in piena faccia con uno schiaffo o con una secchiata di acqua gelida. Poso la mano frettolosamente sulla
superficie fredda dello specchio a figura intera e mi ritrovo nella mia stanza.
Non ho nemmeno toccato con i piedi a terra che sento
la replica del Mezzosangue alle mie spalle; mi ha seguito il maledetto!
“Come mi hai chiamato?” mi gira intorno e lancia i suoi vestiti sul mio
letto, mi accorgo come presa dal panico che è molto più alto
di me e la camicia lascia intravedere dei muscoli, per la prima volta mi rendo
conto che non so i limiti del Mezzosangue perché non l’ho mai davvero sfidato
come ora.
Il Mezzosangue non è Blaise non so quando si
fermerà e se lo farà.
“Ti ho chiamato Mezzosangue, come il verme che sei” mi lascio andare a una risata compiaciuta e aspetto che lui abbassi la testa
e faccia un passo indietro facendo sbattere la sua testa contro il petto.
Invece lui se ne resta serio, non abbassa lo sguardo.
“Ti consiglio di ritirare subito quello che hai detto se non vuoi farti
male, piccola e stupida purosangue viziata e dalla dubbia sessualità” riduco i miei occhi a due
fessure e vorrei uccidere quei maledetti occhi grigi che sono tanto
interessanti anche ora, soprattutto ora che bruciano di una fiammella grigia ed
intensa.
“Ho detto la verità” mi difendo
“Ti sbagli di grosso” mi risponde lui, sorride di nuovo ed è un sorriso
nuovo, non gliel’ho insegnato io e non l’ha mai avuto nemmeno lui, è un sorriso
falso e velenoso e divertito insieme, no lo so nemmeno
spiegare in verità.
È un sorriso nuovo. Mi fa davvero paura adesso.
“Sul fatto che sei un verme?”
“Io sono Draco Lucius Malfoy, unico erede
della casata Malfoy, figlio primogenito di Lucius
Malfoy e Narcissa Black” spalanco gli occhi ma ostinatamente chiedo ancora, per esserne davvero
sicura.
“Cosa vorresti dire?”
“Quello che ho detto, sono un purosangue”
Lui riprende fra le mani le sue cose e spalanca la porta della mia
stanza. Con orrore mi rendo conto che non siamo soli
completamente solo come aveva pronosticato.
BLAISE
E così mi sbagliavo di grosso Hermione Jane Granger, peccato che il
Mezzosangue se ne andava sgambettando per il
dormitorio alle undici del mattino in box e camicia, come un modello, sbraitando
la purezza del suo sangue… peccato fosse uscito dalla camera della mia fidanzata così combinato!!
“Buongiorno Herm” chiusi la porta alle miei spalle e la fissai con attenzione, era al centro
della stanza con gli abiti visibilmente in disordine e le mani che non sapevano
dove andare se finire dietro la schiena o in tasca o sui fianchi. Alla fine
scelse in tasca e vi sprofondò le mani.
Si limitò a scoccarmi uno sguardo pericoloso ma
non rispose.
“Hai dormito bene, o scusa volevo dire...hai cavalcato bene?”
attraverso la stanza e mi siedo sul materasso del suo
letto, lei mi guarda con un espressione disgustata.
“Ti prego Blaise evitami le tue battute triviali questa mattina che non
ho nessuna voglia di risponderti” mi avvicinai a lui ed egli
mi tirò al se.
“Smettila” le afferrai i fianchi e la sistemai in grembo, no non pensavo a pensieri licensioni,
ero troppo arrabbiato e insieme troppo stanco per essere arrabbiato nel modo
folle solito. Le afferrai le guance e gliele chiusi nella morsa delle mie mani,
i suoi occhi mi fissarono seri.
“Tu sei la mia fidanzata, voglio, anzi no, esigo una spiegazione per la
tua assenza di questa notte, sai come mi sono umiliato quando
stamattina non ti hanno trovato per potarti una maledetta lettera e si sono
accorti che invece io c’ero? Puoi solo immaginare le risatine e i doppi sensi
che mi sono dovuto sorbire. E tutto per cosa? Per un
maledetto mezzosangue che si è dimenticato il suo posto? ” si divincolò ma la trattenni,
continuai a parlare piano, quasi stessi chiacchierando del più e del meno.
“O forse sei tu che hai dimenticato il tuo posto?” la lasciai andare ma continuai a fissarla, aveva gli occhi grandi ed
enigmatici ma non facevano effetto, non quella mattina.
“Tu non hai nessun possesso su di me Blaise, tu non
sei niente!”
“Ed è qui che ti sbagli, mia cara. Io sono il
tuo dannatissimo fidanzato! E se continuerai ad ignorarlo, se continuerai a
credere che sbatterti i Mezzosangue sia qualcosa per cui
mi abituerò, hai sbagliato palazzo. Tu sei mia, sarai mia
moglie e io non tollererò scappatelle da parte tua” ripresi fiato e le voltai
il capo verso quel maledetto specchio.
“Hai un bellissimo specchio sai Herm, non
avevo mai notato la sua magia, finché ieri sera quando sono entrato in questa
stanza non l’ho trovata vuota. Sono andato a quello specchio e ho desiderato
vederti e sai…ti ho visto” i suoi occhi si
spalancarono all’improvviso per la comprensione.
“Ci hai visti”
“Si vi ho visti” la lascia andare ma lei non
voleva più scappare, si mise solo al mio fianco senza che nemmeno i nostri
vestiti si potessero toccare.
Il silenzio galleggiò ancora un attimo. Mi permisi solo un attimo poi
le diedi la notizia.
“E’ arrivata una nuova lettere di tuo padre,
il fidanzamento è stato ufficializzato a sopresa, fra
meno di una settimana ci verranno a prendere, e tu sarai mia moglie”
“E’ una cosa impossibile, dovrei avere ancora due mesi” la vidi contare
i giorni, poi i mesi con quelle dita delicate da pianista del sabato. Contava e
ricontava ma i conti continuavano a non tornare. E non aveva sbagliato.
“La villa di tuo padre è stata scassinata questa notte, immagino non te
ne sia accorda dato che eri più impegnata in altre più
piacevoli faccende. Hanno rubato degli incartamenti che mettono in pericolo la
sua proprietà e in questo momento non sarebbe davvero il massimo. Inoltre il
tuo improvviso interessamento nei confronti dei Mezzosangue viene
visto sempre con meno indulgenza dalle alte sfere”
“Tu maledetto” e con tutta la forza che possedeva mi si avventò
addosso, per la sorpresa, sulle prime non mi difesi e lei potè graffiarmi una guancia ma subito dopo le afferrai i polsi e la schiacciai con il
mio peso sul materasso, fermandole anche le gambe. L’avevo neutralizzata.
“Dannazione Hermione ma non capisci che io provo a salvare il tuo
onore? La tua famiglia cadrebbe in uno scandalo se sapessero che durante il
fidanzamento stavi con un Mezzosangue. Lo capisci Hermione?” no non lo capiva lo vedevo nel suo
sguardo offeso. Non lo capiva affatto la gravità di
quello che aveva fatto.
“Non lo sa...”
“Lo sanno tutti, Hermione, tutti lo vedono, come lo vedo
io, tutti sanno della tua assenza e tutti hanno visto il Mezzosangue uscire
dalla tua stanza stamattina combinato in quel modo. Come hai
potuto farmi questo Hermione, a me, che ti ho amato per tanto tempo, che
continuo ad amarti” la lasciai andare via e mi ripiegai su di me, sperai di non
piangere per non darle un’altra sicurezza ancora.
“Tu non sei in grado di amare. Tu non sai cosa significa amare, quello
è difficile e non lo riesci ad avere se non con difficoltà, devi lottare per
averlo”
“Io lotto per te”
“Tu mi vuoi solo perché io non ti voglio, se io ti volessi, tu mi
lasceresti per un’altra che ti ignora”
“E allora perché dici che l’amore è lotta?”
“Non so spiegarlo, non ne ho mai avuto motivo
di spiegarlo solo che ora…”
“Ora ti sei innamorata e non sono io quella persona” alzai di botto la
testa e la fissai con intensità, non capisco, non ha senso quello che ha detto,
questo pensa il mio cuore ma il mio cervello la mia
razionalità lo sa: è la verità. L’ho sempre saputo ma
l’ho ignorato volontariamente.
“Io sono incapace di amare quanto te” sento le
mie labbra piegarsi in un sorriso e sanno di amaro quelle labbra che si
incrinano.
“Tu hai tanto da dare, il problema e che la persona a cui lo puoi e lo
vuoi donare non sono io, ma io non ti posso lasciare andare, un purosangue non
infrange la parola data, mai”
“Blaise…”
“Non ne parliamo più – mi alzo dal materasso e mi avvio alla porta, –
Ma prima devo dirti una cosa importante”
“E io che credevo stessimo a raccontare
barzellette fino ad ora”
“Stanotte tu sei stata da tuo padre, naturalmente in gran segreto
perché non avevi il permesso della scuola, questo perché il nostro matrimonio
si celebrerà fra una settimana, hai scoperto che nel tuo grembo cresce il
prossimo erede della casata Zabini”
“Non è vero” fu quasi un urlo ma non
l’ascoltai, le lanciai uno sguardo gelido che sembrò congelare la sua sicurezza.
“Tu sarai la prossima Signora Zabini e non importa cosa o chi dovrai ingannare, non mi importa che non provi amore per me
e non mi importa nemmeno che tu ami il Mezzosangue, ho detto che ti sposerò e
tuo padre ha accettato, non hai scandali da far scoppiare Hermione questa
volta, ne fidanzati poco fedeli da far fuggire.
Mi compiacerai con i tuoi sorrisi più dolci, mentirai per me e mi dirai
quello che voglio farmi sentire... Mi hai capito?”
“Perché dovrei farlo?”
“Perché sei una Purosangue e se non vuoi che l’unica cosa che possiedi,il tuo dannatissimo orgoglio, ti sia tolto! Farai quello che
ti dirò io, mi hai capito bene?”
“Ho capito”
“Benissimo mia cara, buon proseguo di giornata” ed uscì dalla sua
stanza per una volta quello in pezzi era il mio cuore e il suo orgoglio.
Per una volta avevo avuto l’ultima parola.
Me la sarei fatta bastare.
Fine del
Diciottesimo Capitolo