12 Capitolo
Il profumo di un'amicizia
Aphrodite
le aveva lasciato libero il passaggio però Marie, dopo
averlo
educatamente ringraziato, non se n'era andata. Piuttosto s'era
fermata a rimirare quelle delicate, e al tempo stesso venefiche, rose
scarlatte. O
forse neanche le ammirava davvero, persa com'era nei suoi pensieri:
quanto dolore le aveva offuscato la mente in quei giorni, quanta
amarezza aveva celato nell'animo e quanta sofferenza nascondeva
ancora in quella parte di cuore che aveva portato con sé?
Cosa
la manteneva ancora in vita e non sull'orlo della pazzia? L'esser
forse parte della grande armata di Atena? Volente
o no comunque, non riusciva a proseguire le scale se non prima
d'essersi tolta un dubbio.
Fish,
cavaliere dalla paradisiaca bellezza e dalla chiara capigliatura
azzurra, aveva iniziato intanto a contemplare le sue amate rose,
estraniandosi così da tutto ciò che gli era
attorno, ma
che non lo interessasse particolarmente. Quello
era il suo metodo per disinteressarsi alla cruda e dura
verità
che il Gran Sacerdote e la Dea Atena gli avevano rivelato solo poche
ore prima. Del
resto quale modo migliore di togliere quell'amaro pensiero se non
consolarsi fra quelle rose dal sublime splendore?
“Cosa
fai ancora qui, vai!” Le disse placidamente il giovane,
esaminando dei petali con cura, grazia e sin troppa brama.
Il
silenzio regnò incontrastato per alcuni istanti,
attraversando
il tempio senza che nulla lo interrompesse, se non la furtiva folata
di vento mentre il calar della sera avanzava.
“Non
vi turba neanche un po' che il Sommo Shura e il cavalier del Cancro
stiano combattendo mentre voi, cavaliere dei Pesci, siete qui a
presidiare la dodicesima casa?” Chiese tutto d'un fiato il
Saint di Pyxis, quasi in apnea. Sapeva
che il rispettabile Aphrodite era forse uno dei pochi che
più
conosceva il suo maestro. Quel
maestro che l'aveva cresciuta, le aveva insegnato ogni valore e che
l'aveva presa sotto la sua ala proprio come un padre.
Sì,
il padre che le era sempre mancato...
“Marie
cosa fai qui? Non t'avevo forse detto di allenarti
nell'arena?” La bimba alzò gli occhi e la maschera
argentata
brillò
di quel piccolo faro che era la luna. Sedeva
ranicchiata sulle gradinate dell'anfiteatro con la testa china e le
gambe chiuse. Era
stata una serata uggiosa, ma la pioggia era terminata ormai da un bel
po'.
Tutto però sembrava dormire e tacere nella quiete, solo il
fastidioso canto delle cicale le ricordava che era estate. Poco
più in là due soldati, dopo aver cenato, si
apprestavano a tornare al loro posto di guardia.
Il
cavaliere del Capricorno le si sedette accanto, sui quei gradini che
la notte avrebbe faticato ad asciugare, guardandola attentamente
quasi per voler leggere e comprendere l'animo della sua giovane
allieva. Poi
guardò la luna e le disse: “Non devi essere
triste,
qualunque cosa sia successa non farti mettere i piedi in testa,
capito?- Sospirò. -Hai un carattere forte, ma alle volte
capita
di sentirsi giù di morale.”
“Sono
belle parole maestro... Però io non sono triste, no io...
Pensavo solo che forse non riuscirò a divenire
cavaliere, magari sarebbe stato meglio che fossi rimasta in
orfanotrofio.” Marie
osservò il
cielo, una lacrima solitaria le solcò il viso per poi
scivolarle
sul collo.
Shura
la osservò un attimo, poi si rialzò in piedi
tendendole
la mano: “Non mentirmi, non devono esserci segreti fra
insegnante e allievo. Chi è che ti ha messo in testa queste
strane idee? Lasciali stare, ascolta me.”
Infine
con un tono pacato, ma che non ammetteva repliche, aggiunse
“Non permetterò che dei pensieri negativi solchino
ancora il
tuo spirito. Sii felice, guarda avanti.”.
Marie
prese la grande mano del ragazzo: aveva dieci anni e a
quell'età
tutto sembrava più grande e lontano. Il
sorriso le spuntò sul volto, in quel momento quelle parole
bastavano quanto tutti i baci di Suor Alina prima di andare a letto.
“Domani
mattina ricordami di farti allenare qui, per stasera posso anche
lasciar correre.” La tirò su e s'incamminarono
insieme
verso la decima casa. Fu
in quel frangente che Marie si accorse di quanto era rassicurante la
giovane figura del cavaliere di Capricorn. E
fu sempre in quella circostanza che, vedendo un barlume di buon cuore
negli occhi del suo maestro e una sfaccettatura diversa dal solito, la
ragazzina cominciò ad amarlo. Come
si ama un amico, come si ama un padre.
Perché
se è vero che un padre è colui che ti accoglie
sin
dalla nascita, è anche vero che un padre è colui
che ti
prende per mano e ti indica la giusta via da seguire.
Con
sguardo ferreo, pretenzioso e determinato, però in quello
sguardo troverai sempre chi, in una stretta forte e decisa, ti
rialzerà da terra per renderti una persona migliore.
Avrebbe ricambiato il favore, un giorno. Che non era neanche poi così lontano.
Il
Saint di Fish si destò da quella morsa di pensieri, cui
nuovamente era caduto vittima, e la osservò un poco prima di
risponderle disinvolto: “Cavaliere, non sai forse che questa
è
la dimora di cui io sono il custode?- Un sorrisetto mellifluo gli
incorniciò il volto diafano mentre reggeva una rosa fra le
mani. -Non devo preoccuparmi di nulla se non di presidiare questo
tempio.”
In
realtà le parole che aveva appena affermato il cavaliere dei
Pesci altro non erano state che una innocua provocazione, per vedere
la reazione della perfetta allieva di Shura, che non cadeva mai
nell'insubordinazione, che rinnegava ogni ingiustizia e che di valori
e e ideali si vestiva. Tentare era da sempre stato uno dei suoi
passatempi preferiti e quale migliore occasione se non quella di
testare personalmente il carattere tanto schivo di quella
sacerdotessa guerriero? Del resto, con quel suo sfizio, si accertava
della buona fede di quel Silver: se nel suo animo c'era del fegato e
sarebbe stata un aiuto nell'imminente battaglia o solo una
pusillanime di cui fare a meno e che quella fierezza con cui sembrava
accompagnarsi l'algida ragazza altro non era che ego. Ovviamente
Marie non sapeva di essere sotto quell'attenta osservazione, ma
comunque sviava quegli occhi che indiscreti la scrutavano:
“Dunque
non vi rammaricate di ciò che sta succedendo non poco
distante
da qui? Che dei vostri compagni d'armi stiano combattendo per Atena
mentre noi...”
Il
cavaliere dai capelli turchesi però la interruppe con
saccente
sarcasmo: “La verità, Pyxis, è che sei
ancora
provata da quello che è successo nella tua patria,
è
comprensibile ma non giustificabile per un cavaliere del tuo rango,
sappilo.” E si rigirò fra le mani noncurante un
piccolo
bocciolo di
rosa color porpora.
La
ragazza indugiò prima di voler controbattere. Le aveva
insegnato il tempo che mai ad un Gold Saint bisognava rispondere
d'istinto. Sicché in primo luogo non era rispettoso nei
confronti di un proprio superiore, ma soprattutto perché
l'esperienza di un cavaliere d'Oro parlava e non certo l'arroganza;
quindi si doveva prendere con i guanti ogni parola che affermavano.
“Maestro,
perché dovete andare in missione? Non voglio essere lasciata
nuovamente in balia di Catrin*, restate con me, mandateci un altro
cavaliere...”
L'inflessibile
Saint di Capricorn a quelle suppliche abbozzò un sorriso: la
sua allieva era più caparbia del suo stesso segno zodiacale;
ciò non avrebbe cambiato il suo intento, ma le faceva
tenerezza. La
lasciò cantilenare la stessa solfa per un manciata di
minuti
e quando ebbe finito di sistemarsi uscì fuori dalla decima
casa e scese i pochi gradini che lo separavano dalla sua ostinata
discepola. “Allora,
hai perso la chiacchiera, furfante?” La canzonò
perentorio lui, senza accennare a sorridere a quel buffo scatto che
aveva fatto la malcapitata vedendoselo arrivare davanti. E
quel dolce appellativo che le aveva affibbiato così tante
volte, or ora aveva il sapore amaro di un rimprovero di cui non si
spiegava la causa.
“Sommo
Shura, ci ho pensato su... non mi sembra di avervi mancato di
rispetto, davvero! Io... io.. voglio solo che non ve ne andiate...-
Sembrava voler trovare le parole, mentre le piccole mani si
affermavano gesticolando audaci. -...Per favore!”
A
quel punto il cavaliere si soffermò ad osservarla, vedendo
il
pentimento attraverso i suoi gesti e il capo chino come a volersi
scusare, perciò sopraggiunse pacato: “No Marie,
non è
il tuo capriccio che mi ha dato disturbo, -si chinò quel
poco
che bastava per farsi guardare attentamente negli occhi. -Ma devi
capire che come tu apprendi da me degli insegnamenti, anche io ricevo
ordini. E quanto vorrei sottrarmi alle volte! Alle guerre, alle
rappresaglie..! Ma vengo mandato in missione proprio per togliere di
mezzo quelle folli gesta che uomini pieni di rancore compiono.
Ciò
mi sprona a non indugiare e a persistere nella causa della
Giustizia.” Con passo deciso dunque la superò,
mentre il
bianco mantello gli copriva le spalle atletiche adagiandosi candido
sulla schiena: “Atena è sempre con noi,
ricordalo. Tornerò presto.”
E quel giorno la
ragazzina comprese un altro grande insegnamento: anche il suo
maestro, dal carattere così fermo e sicuro, soffriva. Anzi,
era stato proprio il dolore, le perdite e lo struggimento che avevano
plasmato l'insofferente e intransigente Cavaliere di Capricorn.
L'esperienza di un campo di battaglia a stringergli il cuore in una
morsa di ferro, le decisioni sofferte ad averlo indurito. Le
guerre che aveva affrontato, le battaglie che aveva dovuto combattere
nel nome della sua Dea, tutto ciò l'aveva reso
più
freddo e distaccato se non addirittura arrogante. Ma
era il suo modo di proteggersi: in fondo anche lui aveva i suoi
dubbi,* anch'egli alle volte inciampava nel suo cammino tortuoso...
però procedeva lo stesso ritto per la sua strada.
Comprendere
le scelte, quell'atteggiamento impavido e quel volto contratto era
davvero forse l'unica cosa buona da fare.
“Avete
ragione. Non so come siate venuto a conoscenza della catastrofe che
è
sorta in Italia, m'induce pensare che Atena l'abbia quindi raccontato
a voi Cavalieri d'oro. Poco importa, il dolore è mio e me lo
tengo, -parole chiare, coincise e amare. – Ma ciò
non
centra nulla con la mia carica di Cavaliere. Sarei preoccupata per il
mio maestro anche se non fosse accaduto nulla alla mia
gente.”
“Capisco. Dunque sei molto vulnerabile.”
“No
signore. I sentimenti non prevalgono sul mio spirito e non sono preda
delle emozioni, -si rizzò meglio in piedi cercando di dare
un
tono formale alla discussione. -Però non posso certo
dimenticare. E comunque non sempre esternare i propri pensieri
è
un male. Il mio maestro non lo fa, ma io non sono il Sommo
Shura.”
Il
sorriso dipinto sulle labbra del ragazzo si ampliò,
lasciò
la presa da quella profumata rosa dedicandole quel poco interesse che
in breve aveva ottenuto e, alzandosi in piedi, la squadrò
meravigliato: “Mi piace la tua filosofia. Non l'approvo
decisamente, però è una tua concezione di
pensiero e
dunque nulla posso disapprovarti. Alla prova volevo metterti, forse
per mio stupido capriccio in queste ore di noia che ben presto
rimpiangeremo, però mi hai dolcemente stupido ragazza. Shura
ha fatto un buon lavoro con te.”
Di quelle parole si sentì
particolarmente orgogliosa il Silver della Bussola. Però era
rimasta allo stesso tempo attonita e allibita nel costatare che non
solo un presentimento era stato, ma davvero qualcosa di negativo
aveva smosso l'aria.
“Vedo
lo smarrimento nel tuo comportamento tutto d'un tratto. Giusto, che
sbadato, sicuramente Atena non t'avrà ancora riferito nulla.
Meglio così. Quello che sta succedendo sulle rive della
Sicilia non è niente in confronto a ciò che
passeremo.
Ma vedrai che le rose di questo giardino faranno il loro
dovere.-
Marie lo guardò, per poi annuire incerta.
Aphrodite
le diede le spalle e concluse: -Ebbene cavaliere, non abbiamo
più nulla da dirci. Hai una buona linea di pensiero, fa
sì
che nessuno mai la calpesti poiché è una gran
dote. Ed
ora via, che devo occuparmi del mio roseto.”
Per
un attimo la ragazza si chiese se non fosse impazzito per liquidarla
via a quel modo, ma poi comprese: “I miei ossequi cavaliere
di
Pesci. Del resto anche
voi vi
preoccupate di qualcosa.” E detto questo si avviò
verso
le scale. Aphrodite
rise aggraziato. Aveva compreso quel fine doppio senso*: tutto
fuorché non umano era il bel cavaliere di Fish. Certo
perfetto, ma nella sua perfezione giungeva non poi così
lontano l'eco solitario di una pena. Provava
anch'egli sentimenti, tuttavia anche lui tendeva a racchiuderli nel
proprio animo per marcare ancor di più quell'immagine che di
sé donava al resto del mondo. Il
superficiale e narcisista Saint della dodicesima casa, quell'immagine
che bella gli somigliava, ma che mai l'avrebbe eguagliato.
Poiché
il suo spirito e la sua volontà non erano poi
così
precari! Un cavaliere così frivolo mai nella schiera dei
grandi cavalieri d'Oro poteva giungere. Dunque c'era di più
sotto quella maschera di vanità e superficiale bellezza. Di
tanti crimini si era macchiato in passato e la sua anima non
rispecchiava appieno il suo fascino esteriore, eppur la sua maestria
era stata quella di cancellare i tanti errori commessi nel passato
con un gesto eroico nell'ultima guerra. Forse per sfizio, forse
semplicemente per orgoglio. C'era
una sua logica dopotutto, bastava comprenderla. Era una figura
piuttosto contorta Aphrodite, proprio come le sue rose candide, ma
velenose.
Ora però, il suo pensiero vagava lontano sino ad attraversarne i mari. E giungendo in Italia si fermava lì, in quella terra, sostenendo quei suoi sventurati compagni.
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*Catrin: ovviamente è inventato, non so se si comprenda, ma del resto se pensiamo ad una donna o pensiamo ad una ancella o ad una sacerdotessa guerriero. In questo caso non si sa se è una delle due opportunità.
*dubbi: mi riferisco al fatto, non so se si possa capire, che Shura era ancora sotto il “governo” di Saga -alias grande sacerdote- a quel tempo, e quindi l'uccisione di Aiolos pensava d'averla fatto per Atena -stando nel giusto-, o comunque le missioni che gli affidava Saga (ma potevano far sorgere dubbi nel cuor del cavaliere). Però ovviamente lui pensava di servir la giustizia... spero vi sia chiaro.
*doppio
senso: Se un uomo fosse veramente
superficiale come sembra essere il cavaliere di Pesci, e soprattutto
dice che non si preoccupa per niente SE non di non far varcare la
soglia della sua casa, allora com'è che PENSA, e si
PREOCCUPA
per le sue ROSE? Ecco.
Sì
insomma, ho voluto dare una vena di carattere -interiore- a questo
personaggio di cui si vanta solo l'effeminatezza e la vanità.
Quello scritto in corsivo come avrete potuto notare sono ricordi di Marie durante l'addestramento in Grecia con Shura ...spero vi piacciano. Sono ricordi, ma sono anche chicche di ciò che hanno fatto ...così, almeno, non ve lo immaginate soltanto x'D
Saaalve
ù_ù allora, sì, questo per me
è un
capitolo “caramellato” oltre che anch'esso di
passaggio
-prima o poi mi odierete ...ma ve l'ho spiegato, mi servono capitoli
di “quiete prima della tempesta” *coff coff *- io
odio questo genere di capitoli (ma servono, sigh).. <_<
*chiede umilmente scusa*
RINGRAZIO
come sempre voi tutti che leggete e/o recensite... grazie davvero :)
P.S. per Clamaste: ora strozzami per come io abbia rovinato Aphrodite, vai, vai pure u.u