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Autore: Pudentilla Mc Moany    04/08/2011    5 recensioni
La guerra del dormitorio scoppiò una mattina quieta di metà Dicembre. La colpa era tutta di James Potter, che aveva architettato l’ennesimo scherzo crudele ai danni Frank Longbottom.
Frank aveva fatto il madornale errore di dimenticare il suo tema di pozioni su un tavolo della sala comune. Quando un’ora dopo era corso a recuperarlo l’aveva trovato incantato; non c’era stato più verso di farlo tornare nella norma, e il compito imbufalito aveva continuato a sputacchiare inchiostro sul naso dei malcapitati che avevano tentato di risistemarlo. Cinquanta centimetri di pergamena andati persi!
Della guerra e dell'amore, e di come in entrambi ogni cosa sia lecita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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In love and war
Quinto livello della Scalata verso il Wolfstar di wolfstar_ita . Il prompt è guerra. I personaggi sono proprietà di Jo, io non ci guadagno proprio niente. Cioè, in realtà ci guadagno in soddisfazione personale, che non è niente male ma ha il difetto di essere decisamente poco redditizia.

 

 In love and war

 

La guerra del dormitorio scoppiò una mattina quieta di metà Dicembre. La colpa era tutta di James Potter, che aveva architettato l’ennesimo scherzo crudele ai danni Frank Longbottom.
Frank aveva fatto il madornale errore di dimenticare il suo tema di pozioni su un tavolo della sala comune. Quando un’ora dopo era corso a recuperarlo l’aveva trovato incantato; non c’era stato più verso di farlo tornare nella norma, e il compito imbufalito aveva continuato a sputacchiare inchiostro sul naso dei malcapitati che avevano tentato di risistemarlo. Cinquanta centimetri di pergamena andati persi!
<< …Credevo fosse la brutta copia!>> Si era giustificato James quando Kingsley Shacklebolt l’aveva interrogato sul fattaccio, ma il ghigno saputo che si era scambiato con Sirius Black non aveva convinto nessuno: quando Frank Longbottom gli aveva lanciato un calamaio, James aveva risposto con una fattura.
Allo scoccare del mezzogiorno una lotta senza quartiere imperversava nella sala comune, tale che nemmeno il pensiero del pranzo imminente poteva sedarla.
Era una carneficina; le pergamene chiedevano pietà rivolgendo al cielo i loro angoli malamente arrotolati, i bordi bruciacchiati del tappeto sfrigolavano.
Diversi cuscini giacevano al suolo sventrati con l’imbottitura che volava per l’aria come la cenere di qualche granata di piume, e poltrone e tavolini erano stati rovesciati e adesso venivano usati come trincee contro le fatture della fazione avversaria.
Il quinto anno battagliava contro il sesto in una lotta in cui i colpi bassi erano la norma. Come in tutte le guerre ci si batteva anche se la ragione del contendere era perduta da tempo; del resto le reclute non mancavano, e se ne arruolavano soprattutto di volontarie: il fatto che fosse una guerra divertente e tutto sommato piuttosto indolore la rendeva decisamente più appetibile di una vera battaglia.
Sirius Black, un piede su una sedia, urlava istruzioni a James Potter brandendo la bacchetta come una spada. Fatture amatoriali e incantesimi da collaudare gli fischiavano attorno, e un Levicorpus di Frank Longbottom arrivò talmente vicino a colpirlo che dovette tuffarsi sotto a un tavolo per evitarlo. Non si sapeva esattamente chi stesse vincendo: le vittime erano innumerevoli sia da una parte che dall’altra, e la povera Merantine Park del quarto anno era dovuta correre in infermeria con i lobi delle orecchie che le strisciavano a terra.
<< Per l’Inghilterra!>> Urlò James lanciando una maledizione Orcovolante contro Kingsley.
<< Per Hogwarts!>> Ribattè piccato Longbottom, che si difendeva bene rendendo di gelatina le dita di chiunque si avvicinasse troppo. Anche Peter fu colpito, e la bacchetta gli cadde dalle mani divenute della consistenza di un budino, e Sirius rise e rise mentre lo liberava dalla fattura.

Ignaro della battaglia che infuriava a pochi metri da lui, Remus John Lupin percorreva guardingo il corridoio che portava alla torre di Grifondoro. Erano le dodici e mezzo e si apettava di trovare la sala comune praticamente vuota. A quell’ora erano tutti a pranzo, o almeno questa era la consuetudine, soprattutto per i Grifondoro e soprattutto per i suoi amici. Era molto difficile che perdessero l’appetito, e di questo ringraziava Merlino.
Il motivo per cui Remus sperava così ardentemente nella quiete della sala comune stava nel suo pugno chiuso. Vi era ripiegata accuratamente la lettera rosa e profumata che Mirelle Fairweather gli aveva lasciato cadere sul banco ad aritmanzia sorridendo imbarazzata, e che contava di aprire non appena fosse stato da solo.
Non l’aveva letta a lezione soltanto perché era terrorizzato dall’idea che Vector potesse scoprirlo; al momento se l’era semplicemente fatta scivolare in tasca con un ghigno più nervoso che complice alla bella fanciulla. Aveva pensato di leggerla la sera stessa, ma quella Valentina in anticipo gli aveva bruciato nella tasca dei pantaloni per tutta la lezione: a quindici anni una lettera d’amore era una cosa importante, e quella era la prima che riceveva. Non aveva resistito.
Arrivò al ritratto della Signora Grassa così immerso nei suoi pensieri che quella dovette tossire più volte perché lui la degnasse di uno sguardo. Mormorò la parola d’ordine (celacanto!) con l’aria di chi si fosse appena svegliato da un lungo sonno, e attraversò il ritratto per entrare nella sala comune.
Non era affatto preparato a quello che vide.

<< COSA-STA-SUCCEDENDO-QUI?>>
Sirius si bloccò a metà della sua risata selvaggia come se l’avessero schiantato. Pensò che lasciarsi cadere dieto le tende tirate davanti alla finestra fosse un modo molto creativo per sfuggire al prefetto particolarmente severo appena materializzatosi nella stanza, che casualmente somigliava moltissimo al suo amico Remus.
<< Ti ho visto Sirius, non provarci.>> Continuò quello, con una flemma che faceva ancora più paura. Sirius sospirò ed uscì dal suo nascondiglio improvvisato.
La battaglia si era fermata: era come se Remus, entrando, avesse inflitto a tutti una pastoia total-body. Gracidus Kermitt si era bloccato con la mano ancora stretta attorno al collo di James, e persino Alice Longbottom aveva interrotto i suoi tentativi di togliersi dai capelli lo spesso strato di cera rossa che li ricopriva. A Peter Minus tremavano così tanto le gambe che si era dovuto accasciare su una sedia vicina, e James aveva un sorriso inquieto che somigliava a un tic nervoso.
<< Il motivo di questa anarchia totalmente non-inglese non mi riguarda. Voglio che sistemiate tutto, voglio che andiate a pranzo: allora potrò pensare di non riferire alla professoressa McGonagall dell’increscioso stato in cui vi ho trovati. Avete dieci secondi.>> Annunciò Remus sorridendo, ma anche lui sembrava al limite dell’isteria. Cominciò a contare al contrario provocando un’esplosione di incantesimi di appello, Finite incantatem e urletti disperati, e tutto finì così rapidamente com’era iniziato. Dodici secondi dopo un consesso di adolescenti imbronciati filava in sala grande senza dire una parola.
A chiudere la fila stavano i tre malandrini reduci di guerra, con Peter Minus che sembrava il più sconsolato di tutti, ma verosimilmente, beato ragazzo, anche quello con più voglia di correre a rimpinzarsi. Sirius stava in coda. Stava per passare attraverso il buco dell’ingresso come tutti, la coda fra le gambe e il viso contrito, quando notò con la coda dell’occhio qualcosa di rosa che sporgeva dalla tasca posteriore dei pantaloni di Remus. L’impresa era così allettante che si diede la pena di congiurare un appello non-verbale (beninteso, lui detestava gli incantesimi non-verbali), e non potè non sorridere di pura soddisfazione quando la lettera gli atterrò fra le mani senza che Remus si fosse accorto di nulla.
<< Mirelle Fairweather, Lunastorta, bel colpo!>> Esclamò a voce abbastanza alta da bloccare sul posto Peter e James. Remus si guardò intorno come stordito mentre osservava impotente i suoi amici che tornavano indietro per impicciarsi dei suoi affari sentimentali. Era paonazzo, e così incredulo che non gli venne in mente di usare la sua autorità di prefetto per spedirli tutti a pranzo. << Morgana, Sirius, sono affari miei!>> Balbettò soltanto, sollevando la bacchetta per eseguire a sua volta un incantesimo di appello particolarmente malcerto. James fu più veloce, e la lettera planò nelle sue mani sfuggendo al suo sempre più affranto legittimo proprietario.
<< Caro Remus->> Aperta la lettera, Ramoso prese a  leggerla con una voce stridula e zuccherosa che  bisogna dire non somigliava affatto a quella di Mirelle Fairweather. Appallottolò la busta e se la fece cadere al fianco con noncuranza, procedendo con pathos: << So che ti sembrerà strano, ma ti prego, leggi fino alla fine. Oh, sicuro che leggo fino alla fine! Mi piaci dal terzo anno, quando a erbologia mi hai salvato da quel Tranello del diavolo. Un’ammiratrice segreta. Però! >> fece un fischio prolungato rimettendosi a posto gli occhiali, e Sirius approfittò della sua distrazione per strappargli la lettera di mano un po’ troppo bruscamente. Mentre la scorreva velocemente con gli occhi un sorriso maligno andava pian piano allargandoglisi sul volto. << Appuntamento.>> Sillabò quando doveva essere giunto alla fine, assaporando il gusto amaro di quella parola segreta.
<< Appuntamento! >> Gli fece eco Codaliscia con un’innocenza invidiabile. << Oh, Lunastorta, che cosa fighissima. La Fairweather è carina. Magari ci vai anche a letto. Ramoso, te lo immagini se Remus perde la verginità prima di Fel->> Ma aveva parlato troppo. Sirius lo zittì con un pugno molto babbano sulla spalla, provocandogli un’espressione particolarmente miserevole degli occhi acquosi. Quanto a James, sembrava confuso. << Che cosa ha detto di male?>>
<< Ma vi siete sentiti? >> Ringhiò Sirius girando loro intorno, spiegazzando la lettera nella sua stretta convulsa. << Da come parlate sembra che ci crediate davvero, che Remus possa uscire con la Fairweather.>>
<< …E’ carin->> Fece per ribattere Peter, ma James gli mise una mano sulla spalla scuotendo gravemente la testa. Sirius continuava a vagare per la stanza, Remus a guardarlo impietrito. Era meglio stare in silenzio che innescare la lite con una parola malaccorta.
<< Non dovrei uscire con la Fairweather, Sirius?>>
<< Andiamo, Lunastorta, sei più intelligente di così. Credi davvero di poterti mettere con lei? E poi cosa farai? Le dirai quello che sei e lei capirà e vivrete felici e contenti?>>
<< Decisamente. Non l’ho ancora testato, ma dicono che a letto i lupi mannari facciano faville. Alle ragazze piace, sai.>> Replicò Remus sorridendo del sorriso più placido che aveva. Sperava in cuor suo di non dare a vedere quanto fosse ferito, se non altro per non regalare a Sirius questa soddisfazione. La voce gli tremò un poco, ma soltanto all’inizio. Per il momento aveva retto al colpo.
<< Alle ragazze piace anche non essere fatte a fettine.>> Precisò però Sirius poco dopo, cupamente, respirando forte fra i denti stretti.
Era confuso e vulnerabile, e come gli animali in trappola mordeva più forte del solito, mirando a fare il più male possibile. Il problema stava nel fatto che malgrado tutto Sirius non fosse un animale. La smorfia di sofferenza che si accese sul viso di Remus la vide benissimo perché era davanti a lui, e gli rimbalzò addosso un po’ terribile un po’ inebriante. Ammutolì, e dovette essere James a rompere il silenzio.
<< Felpato, adesso stai esagerando! Non se la deve mica sposare, e comunque non vedo come la cosa possa riguardarti.>>
Peter, riparandosi dietro la figura più alta di James, annuiva con un’aria che voleva essere convincente.
<< Si dà il caso che mi riguardi, James. Non voglio che Remus->>
Ma Sirius non continuò. Si guardò la mano che scoprì essere improvvisamente vuota, e con una lentezza ben poco da lui si accorse che Remus aveva riappellato la lettera senza una parola, e senza una parola puntava al dormitorio, la schiena dritta dritta come se stesse lottando per non crollare.
Lo colse una rabbia senza precedenti; non aveva mai provato nulla di simile per nessuno dei suoi amici, ma del resto tutto quello che provava per Remus era in qualche modo diverso. Emise un verso come un ruggito, e dimenticò la magia e Peter che stava lì, e persino James che lo guardava e non sapeva che pesci prendere. Prese la rincorsa e strattonò Remus prima che potesse guadagnare le scale. E Remus lo guardò con una tale espressione sconfitta e delusa che la rabbia gli montò al cervello accecandolo: un secondo dopo erano rovinati per terra e si contendevano la lettera menando fendenti a destra e a manca, le bacchette abbandonate da qualche parte insieme ricordo della loro amicizia. Non si fermarono neppure quando Sirius vide un taglio profondo sul sopracciglio di Remus, e men che meno quando sentì il sapore del suo stesso sangue nella bocca. Dividerli sembrava un’opzione talmente impossibile che James e Peter neppure ci provarono, limitandosi a tenersi pronti al primo segno di cedimento. Per il resto era una questione fra loro due, e chissà da quanto tempo era rimasta in sospeso, nascosta fra strati e strati di stralci di mature conversazioni nate morte.
<< Qual è il tuo problema, Black?>> Gli berciò addosso Remus un istante che era riuscito a sopraffarlo, immobilizandogli i polsi a terra.
<< Sei tu.>> Ringhiò Sirius, e con una forza che neppure sapeva di avere ribaltò le posizioni. Remus tentò di liberarsi, ma lui lo bloccò artigliandogli la nuca. Gli fermò le mani dietro la schiena con una mano; usò l’altra per spedire la lettera incriminata nel caminetto, e la vide bruciare con una soddisfazione crudele, premuto su Remus con tutto il corpo. Lo sentiva respirare forte, e sentiva la sua schiena che fremeva di rabbia e i muscoli tesi; non era mai stato così vicino a Remus. Era un po’ triste pensare che fosse quello, l’unico modo.
Non lo liberò neppure quando ebbe smesso di dibatterglisi fra le braccia, e la lettera era ormai ridotta a un mucchietto di cenere che svolazzava su per la canna del camino.
<< Perché?>> Mormorò il licantropo con la guancia sulla moquette.
<< À la guerre comme à la guerre.>> Sirius rinsaldò la presa sulla sua nuca mentre si chinava a rispondergli. I capelli nerissimi solleticarono la guancia arrossata dell’altro ragazzo che ebbe qualcosa come un fremito, un inarcarsi delle spalle magre.
<< Sarebbe a dire?>>
<< Sarebbe a dire che in guerra e in amore tutto è lecito.>> Gli mormorò all’orecchio un istante prima che James e Peter si decidessero a separarli.

Per Sirius Black guerra e amore erano in fondo la stessa cosa, e nessuno dei due aveva regole.
Era una cosa che Remus si sarebbe ricordato solo molti anni dopo, quando non c’era più nessuno che potesse ricordarsi della guerra del dormitorio e l’amore di Sirius non gli sembrava che un ricordo lontano. Se non bastò a consolarlo almeno gli accese dentro una santa rabbia, e a quella si aggrappò nei lunghi freddi anni a venire.

 


  
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