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Autore: _opheliac    04/08/2011    9 recensioni
Blaine era un ragazzo che difficilmente credeva alle storie che gli anziani raccontavano sulle loro divinità: certo, sacrificava gli animali quando lo si riteneva necessario – benché non sempre riuscisse a guardare quelle povere bestie morenti – e se arrivava un periodo di carestia allora pregava affinchè Brittany ridonasse la fertilità alle terre, ma lo faceva più per tradizione che per vero credo.
Ma un giorno dovette ricredersi.

Una Klaine ambientata nell'antica Grecia, tra gli Inferi, il Monte Olimpo e gli ostacoli delle divinità. La decisione di Finn, Padre degli Dei, risolverà i dissapori e farà vincere l'amore proibito, se questi si mostrerà meritevole, o seguirà la volontà di Dave?
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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2-  Gelosia

 

La notte era stata piena di sogni confusi  e sfuggenti, così particolari da rendere Blaine agitato perfino nel sonno, come dimostravano i suoi movimenti repentini tra le coperte e la sua espressione corrucciata. Si era anche svegliato in un momento particolare della nottata, alquanto spaesato, ma dopo essersi guardato intorno un paio di volte era ripiombato con la testa sul cuscino di lana, riprendendo immediatamente sonno. Il risultato era stato che, quando il gallo aveva cantato, il suo risveglio era stato contornato da un brutto mal di testa e un terribile senso di spossatezza, come se avesse camminato per ore e ore sotto il sole cocente senza mai riposarsi.  Si stropicciò appena il viso stanco, toccando la barba incolta che non aveva ancora avuto modo di rasare e a petto nudo si diresse fuori dalla stanza; scendendo le scale, poteva già sentire i rumori tipici della madre, sicuramente sveglia già da molto. La sua supposizione non si rivelò sbagliata: il tavolo in legno sembrava ancora più piccolo con sopra tanta roba. Su un piccolo tagliere, anch’esso in legno, vi era poggiata una pagnotta di pane, vicino vi erano poggiate delle fette di formaggio, un piattino con sopra delle more fresche e dentro una scodella poteva già intravedere il colorito bianco del latte di capra appena munto. Sorrise leggermente al premuroso pensiero della donna,  si sedette e cominciò a gustare la magra colazione che aveva preparato appositamente per lui. Dopo una decina di minuti in cui si era preso tutto il tempo possibile per rimuginare sul giorno prima, si alzò dal tavolo, e sotto intimazione della madre a lasciare tutto così com’era, andò ad infilarsi un paio di calzoni, la cui lunghezza arrivava sino al ginocchio, e una casacca in lino che lasciava libere le braccia muscolose e abbronzate; così vestito, si diresse fuori casa, nel piccolo campo dietro la costruzione dove coltivavano piccole dosi di ciò che ritenevano necessarie. Non era una coltura grande ne particolarmente produttiva, ma grazie ai loro sforzi quando arrivava la stagione il raccolto era abbastanza da sostenerli senza troppi sacrifici. Per fortuna, di anni difficili ve ne erano stati pochi, almeno da quello che Blaine ricordava: quando accadeva una qualche disgrazia che vanificava i mesi passati dietro al raccolto, come ad esempio un lungo periodo di siccità, allora ci si faceva forza a tirare avanti come meglio si poteva, oppure si barattava ciò che si poteva con dell’altro cibo. Non era una soluzione allegra o che si prendeva alla leggera, ma quando c’era bisogno andava fatto e nessun contadino poteva tirarsi indietro senza rischiare di soccombere e mandare la sua anima nell’Aldilà.

Il lavoro manuale non gli dispiaceva, sebbene fosse stancante.

Gli piaceva stare a contatto con la natura, aspirando l’aria pulita, beandosi del calore del sole e dei canti degli uccelli che riempivano il cielo; gli piaceva sentire i muscoli tesi sotto sforzo, il sudore che gli imperlava la fronte, le braccia che si tonificavano e abbronzavano giorno per giorno. Aveva una costituzione a suo dire particolare, benché condivisa da molti villani: una statura media, che confrontata con gli altri popoli del mondo sarebbe stata considerata alquanto bassa per un giovane uomo,  un addome scolpito dall’esercizio fisico giornaliero, braccia e gambe muscolose quanto bastava a non dargli un aspetto tozzo. Le mani, nonostante la gran quantità di calli, erano comunque curate e affusolate, fattore alquanto strano per una persona che le utilizzava giornalmente, maltrattandole nei modi più diversi. Blaine non si riteneva un uomo avvenente, benché molte donne del villaggio, con figlie in età da marito, lo osservassero spesso con occhi compiaciuti, studiandone la figura come fosse stato una statua; eppure nonostante la sua umiltà faceva particolare attenzione alla cura del suo corpo, unica arma che non lo avrebbe mai abbandonato. Rimanere storpio avrebbe significato avere difficoltà nel badare a se stesso e alla famiglia per il resto della sua vita.

Ma il giovane sapeva che il suo fascino nulla era messo a confronto con quello degli Dei, i quali avevano tenuto per loro la più ammirevole delle bellezze, poiché solo essere divini ne erano degni. La sua mente vagò per alcuni istanti sul giorno prima, a rimuginare ancora una volta sul corpo del Dio Kurt, il sorriso stampato sulle labbra senza nemmeno essersene reso conto; iniziò quindi a lavorare, le guance rosse, riscaldate non più soltanto dal sole.

 

*******

 

Le lenzuola bianche era scompostamente poggiate sul grande letto dalla struttura dorata, con il solo scopo di coprire, seppur in parte, i due corpi nudi che stavano distesi l’uno accanto all’altro, le membra intorpidite dalla piacevole stanchezza che il sesso portava con se, i capelli scomposti, un forte odore di passione nell’aria.  Kurt aveva la testa poggiata sul soffice cuscino di piume, un braccio sotto di essa a sorreggerla, l’altro mollemente poggiato sull’addome piatto, lasciato scoperto dalla stoffa di cotone; il suo corpo era nudo fino alla linea immaginaria che delimitava l’inizio del pube, una gamba ripiegata, così che il lenzuolo si alzasse, dando una forma alquanto strana a ciò che stava sopra il letto. Gli occhi azzurri di lui erano socchiusi, le labbra rese rosse dai baci ricevuti e dati fino a poco tempo prima, l’espressione sul viso un misto di piacere e soddisfazione.  Si stava cullando nel dolce far nulla, complice la fioca luce che proveniva da fuori la stanza e che sembrava brillare a causa dell’arredamento totalmente chiaro.

Un mugugno accanto a se lo distrasse dai pensieri che fino a poco prima gli affollavano la mente – pensieri talmente diversi tra loro che andavano dall’incontro del giorno prima, a una vecchia chiacchierata con Rachel, al sesso appena fatto fino alle parole che andavano dette all’Oracolo di Delfi. Voltò appena il capo verso sinistra, lasciando che gli occhi indugiassero qualche secondo di troppo sull’addome scoperto dell’uomo che sembrava essersi svegliato proprio in quel momento.

-Per Finn, concedimi almeno un’ora di pausa, non vorrai già ricominciare!- la voce era assonnata e leggermente lamentosa, segno che il proprietario era tutt’altro che contento di essere sveglio. Il tono, però, era ironico e divertito, come d’altronde notò subito Kurt, il quale si avvicinò al viso squadrato di lui, per toccargli le labbra morbide.

-Oh Dave, certo che vorrei, per quale motivo altrimenti saresti nelle mie stanze?- gli chiese il castano con aria maliziosa, dopo avergli posato quel casto bacio che tanto contrastava con le parole appena pronunciate dalla sua voce cristallina. In risposta ebbe solo un grugnito, che nascondeva il disappunto per la frase appena sentita.

Era un rapporto strano, il loro. A volte sembravano mal sopportarsi, a volte sembravano amiconi, e sempre più spesso si ritrovavano a rotolarsi tra il cotone delle fini lenzuola profumate. Quasi sempre i luoghi dell’incontro erano le stanze di Kurt, dove le ancelle erano così abituate a vedere uomini diversi entrare e uscire da non farci più nemmeno caso; e poi Dave doveva ammettere che era un ambiente completamente diverso da quello dove viveva lui. Li era tutto bianco e sembrava risplendere, contornato da un’aura d’innocenza simile a quella del proprietario, che però spariva immediatamente quando si ritrovava avvinghiato a un bell’uomo.

La dimora di Dave, invece, era un po’ diversa: era tutto più cupo, con affreschi di lotte e caccia e rappresentazioni sanguinarie. Era elegante e lussuoso come ci si aspettava da un Dio, ma il tutto era molto più crudo; c’era da dire che lo rispecchiava alla perfezione.

-Hm. – il Dio rispose soltanto quello, prima di portare un braccio muscoloso ad afferrare il viso dell’altro e portarlo più vicino a se, nonostante tutto felice di ricominciare la loro attività preferita. Al resto avrebbero pensato dopo.

 

*******

 

Alcune ore dopo Kurt era seduto sul suo scranno, accarezzando con il dito il bracciolo su cui vi era inciso un cerchio dorato circondato da raggi, una riproduzione fedele ma più piccola del simbolo che stava sullo schienale e che rappresentava il Sole. L’aspetto era composto e ordinato, il chitone bianco a metà gamba che lo vestiva perfettamente, lo sguardo fisso sulla sfera al centro del cerchio. Immagini nitide di un uomo intento al lavoro si palesavano alla sua vista curiosa; non sapeva perché stava osservando di nuovo quel ragazzo: forse voleva sapere che effetti aveva avuto il loro incontro sulla sua fragile mente umana, o semplicemente voleva bearsi della vista di quel corpo muscoloso dalla carnagione tipicamente mediterranea, benché il suo viso aveva lineamenti vagamente orientali.  La linea dei suoi pensieri deviò per alcuni secondi verso il discorso intrapreso il giorno prima con Rachel, la quale sosteneva che avrebbe dovuto vederlo di nuovo, anche se non aveva saputo dargli motivi precisi. Kurt sapeva che la sorella era in grado di prevedere ciò che sarebbe successo prima ancora che avvenisse, un fattore che molti tra loro Olimpi avevano in comune, ma sapeva anche che lei in particolare vi riusciva meglio degli altri. Quel fatto lo incuriosiva e al tempo stesso lo inquietava, perché quando la gemella prevedeva qualcosa che lo riguardava, di solito questo causava solo guai. Era abituato ad avere problemi a causa di Rachel sin dalla loro nascita, tanti secoli prima.

Stava dunque osservando Blaine già da un po’, lottando contro il se stesso che gli suggeriva di scendere sulla terra e provare ad incontrarlo, quando sentì il forte rumore di una porta sbattuta e dopo pochi istanti una figura femminile si avvicinò a grandi passi verso di lui, il camminare veloce e pesante, il bellissimo viso deturpato dalla rabbia. Quella prese posto sul suo scranno, contrassegnato dalla figura di un’elegante uccello dalla larga coda, ad un paio di posti di distanza da Kurt, gli occhi acquamarina che dardeggiavano fissi davanti a se, i lunghi capelli raccolti all’indietro e tenuti fermi dal Polos, il copricapo che la identificava.

Il Dio sospirò senza farsi udire, guardò un’ultima volta le immagini che si muovevano velocemente all’interno della sfera, prima che queste sparissero nel preciso istante in cui alzava lo sguardo, posandolo sulla bionda donna.

-Quinn, forse non ti sei accorta che ero impegnato..- buttò lì come se nulla fosse, giusto per richiamare a se l’attenzione della Dea. Ella lo fulminò con lo sguardo.

-E tu forse non ricordi che sono la consorte di Finn, tuo padre? Dovresti portare un po’ di rispetto, tu che tanto lo gradisci. – sbottò lei, un sorriso cattivo sul bel volto, le parole taglienti come coltelli. Kurt aggrottò gli occhi, offeso: Quinn poteva anche essere la moglie di Finn, ma non era certo sua madre, e non l’aveva mai considerata tale. Certo, in quanto compagna del padre degli Dei tutti la guardavano con riverenza e ammirazione –- cosa che lei adorava – ma lui sapeva benissimo che quel rispetto non era meritato. Dopotutto, c’era un motivo se veniva ripetutamente tradita dal marito; molti degli Olimpi erano nati da quelle relazioni extraconiugali, e quasi tutti trattavano Quinn al pari, se non al di sotto, degli altri. L’unico a cui veramente venivano riservati trattamenti preferenziali era solo Finn.

-Sai, dovresti smetterla di farti del male con questa gelosia immotivata. Per Finn, siamo divinità! Nessuno può eguagliare il nostro potere e il nostro splendore, possiamo avere tutti gli uomini e le donne ai nostri piedi, trovati un po’ di compagnia!- esclamò il castano con enfasi, gonfiando il petto d’orgoglio mentre parlava. Nubi, doveva esser proprio lui a farle presente quell’ovvietà? Lui che tra tutti gli Olimpi era forse il più innocente, il che era tutto dire, a meno che non si prendeva in considerazione Rachel; ma lei non faceva testo, dato che era stata sua espressa richiesta di essere e rimanere vergine. Il fratello a volte la prendeva in giro Non sai cosa ti perdi, tesoro!, ma quella rimaneva sulla sua idea. E dire che, per ironia del destino, era anche la prediletta di Finn.

-Come fai tu, Kurt? Sappiamo tutti che ti porti perfino David nelle tue stanze, le ancelle parlano, lo sai? Anche l’umano che hai incontrato.. vuoi fare entrare anche lui, nelle tue grazie?- Quinn rise, divertita dalle sue stesse parole – Io sono una regina, figliolo. E sono devota ad un unico uomo, io.- detto ciò, si alzò con grazia, ergendosi in tutta la sua maestosa bellezza, e a passo svelto ritornò da dove era venuta, il lungo chitone di un chiaro azzurro che le carezzava le forme durante il passo.

Kurt sospirò nuovamente, appoggiando la fronte sulla mano, stanco. Aveva passato solamente cinque minuti in compagnia di quella donna, e aveva già un cerchio alla testa. Mentalmente, si chiese quanto male dovesse stare Finn dopo tutti quei secoli.

-Che cosa l’avrà fatto innamorare, poi?- la voce gli uscì quasi come un sussurro, così che nessuno a parte lui avrebbe potuto sentirlo. Scosse appena la testa, si alzò facendo perno sulle braccia e lanciò un ultimo guardo all’ Orasep ormai vuoto, prima di voltargli le spalle e uscire dal tempio, pensieroso.

 

Spazio dell’autrice:

Buonasera, miei adorati! Si, so di essermi fatta attendere più del previsto, purtroppo non avevo considerato che torno a casa dei miei una volta ogni 4 mesi, e che questo comporta un gran numero di pranzi in famiglia, pranzi con i suoceri, con le nonne, gli zii.. aaaah, la famigghia! Innanzitutto, dove sono le recensioni? Ç_ç Il primo capitolo ha superato le 160 letture, il secondo le 100! Insomma, fatemi sapere se aprite la pagina e basta, o se almeno leggete!

Allora, in questo capitolo si vede un personaggio nuovo. Io AMO Quinn, specialmente quando è cattiva. Non ci sono molte novità, e spero non vi stiate annoiando, ma ci vorrà ancora un po’ per entrare nel vivo… e posso solo anticiparvi che Quinn sarà molto, molto utile al riguardo.

Come? Se sono impazzita per la scena Kurtofsky? Ma no, no! Anche quella mi serviva, infondo.

Piccole curiosità: il chitone è la tipica tunica dell’antica grecia, unisex, anche se gli uomini la portano a metà coscia mentre le donne fino alla caviglia. Il Pelos è un copricapo circolare che indica la Madre, e lo si può vedere nelle statue di Era, che come avrete capito è rappresentata da Quinn. Non lo avevate capito? Ripassate un po’ di storia, su!

Vi lascio con il capitolo mentre io corro a prepararmi all’ennesima cena con i suoceri!  Alla prossima settimana, spero!

  
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