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Autore: Emily Alexandre    06/08/2011    9 recensioni
L'estate tarda ad arrivare in Francia, almeno fino a quando Catherine non vi metterà piede dalla natia Inghilterra, spingendo il sovrano a paragonarla alla stessa estate. Cosa succederà tra la giovane inglese e il sovrano più importante che la Francia abbia mai avuto?
"-Come vi chiamate?
-Catherine, Vostra Maestà.
-Catherine…
Il suo nome assumeva un sapore diverso tra quelle labbra, quasi fosse disegnato nell’aria con elaborati intrecci dorati, lettere lascive e morbide, suoni che racchiudevano misteri.
Quasi non lo sentì avvicinarsi, ma ne percepì l’odore... Miele e sudore. E altro, che non avrebbe saputo definire ma che portava con sè l’eco dell’atto appena concluso.
Sobbalzò quando Louis le sfiorò il volto e la costrinse a guardarlo –Siete molto bella, Catherine.
Aprì la bocca per rispondere, ma non ne uscì alcun suono.
Il sovrano sorrise ancora –Ha smesso di piovere, pare che voi abbiate portato l’estate in Francia."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
- Questa storia fa parte della serie 'Attraverso la Storia. Attraverso l'Amore'
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Shall I compare thee to a summer's day?  

 

 

Shall I compare you to a summer's day?
You are more lovely and more delightful:
Rough winds shake the much loved buds of May
And summer is far too short:
At times the sun is too hot,
Or often goes behind the clouds;
And everything that is beautiful will lose its beauty
By chance or by nature's planned out course;
But your youth shall not fade,
Nor lose the beauty that you possess;
Nor will death claim you for his own,
Because in my eternal verse you will live forever:
So long as there are people on this earth,
So long will this poem live on, giving you immortality.[1]




Era una Parigi piovosa quella che l’aveva accolta, eppure neppure le gocce che insistentemente sbattevano sulla carrozza avevano fatto svanire il suo buon umore.
Dama di compagnia.
Quando suo padre gliel’aveva comunicato Catherine, nell’ingenuità dei suoi quindici anni, aveva stentato a crederci; cresciuta in campagna circondata da fratelli, orfana di madre, aveva un viscerale bisogno di compagnia femminile, ma suo padre si era rifiutato di mandarla alla corte inglese, troppo sconvolta da sangue e sommosse per essere il luogo adatto per una giovane fanciulla di buona famiglia. E così la piccola Cathy si era rassegnata ad una vita solitaria in attesa di un buon matrimonio, almeno fino alla prima settimana di giugno, quando era arrivata la voce del matrimonio del re di Francia, Louis, con la cugina spagnola Marie-Thérèse: una giovane regina ha bisogno di una giovane corte. Charles, il fratello più grande, aveva comunicato al padre che la sorella di un suo amico sarebbe stata inviata a Parigi come dama di compagnia e il pensiero comune era stato mandare oltre la Manica anche la giovane contessina, così che potesse essere istruita come una perfetta signora prima di convolare a nozze. Certo, Catherine era bella e il giovane re si diceva fosse amante delle belle fanciulle, ma il conte confidava nell’assennatezza della figlia e nella saggia presenza della regina Anne d'Autriche, che senza sosta vegliava sul figlio e sull’intera corte francese.
E così, dopo appena due settimane, Catherine posava il piede in terra francese, dove sarebbe vissuta per i seguenti dodici mesi. Inutile dire quanto fosse entusiasta, quante alte aspettative avesse e quanto queste fossero state addirittura superate dalla magnificenza del Louvre e dalle meravigliose stanze che aveva attraversato diretta dalla regina.
Il soldato che la scortava non le diede neppure il tempo di cambiarsi e la ragazza si intimorì abbastanza, imbarazzata all’idea che la regina l’avrebbe vista con l’orlo del vestito sporco di fango e i capelli scuri che le ricadevano scomposti sul collo, ma dopotutto l’estate francese non sembrava essere molto clemente e lei non aveva colpe. Cercò di sistemarsi come poteva, poi varcò a capo chino la porta che le veniva aperta, piegandosi in un inchino.
-Vostre Altezze, la contessina Mary Catherine di Cavendish.
Il cuore le batteva furioso nel petto e sentiva su di sè lo sguardo della regina, ma quando infine alzò il capo non furono gli occhi della giovaneinfanta spagnola quelli che incrociò, bensì quelli rigidi ed alteri della regina Madre.
-Venite avanti Catherine.
La ragazza obbedì e tornò ad inginocchiarsi ai piedi delle due donne; le aveva guardate solo un attimo, ma era bastato per rendersi conto di quanto fossero diverse, autoritaria l’una, palesemente debole l’altra. La giovane Marie-Thérèse  sedeva a capo chino, le mani in grembo  e la postura curva, mentre Anne d'Autriche emanava forza e regalità in ogni gesto, in ogni sguardo... Condividevano lo stesso sangue, ma non lo stesso temperamento.
-Avete fatto buon viaggio?
-Sì Vostra Altezza, grazie.
-Sono sicura che vorrete cambiarvi, purtroppo l’estate quest’anno sembra non voler arrivare. Fernanda- continuò poi rivolta alla nanna che le sedeva ai piedi –accompagna la giovane Catherine nelle sue stanze, così che possa essere pronta per la cena.
La ragazza uscì pochi istanti dopo e fu fatta entrare in una sala già occupata da cinque fanciulle, più o meno della sua età. Fernanda la presentò alle altre dame, tre spagnole e due francesi, a cui poco dopo si aggiunsero la sorella dell’amico di Charles, Mary, arrivata pochi giorni prima, e una marchesina italiana. Si sentì immediatamente bene in quell’ambiente, benchè straniero, e nonostante le ragazze spagnole non parlassero altra lingua che non fosse la natia. I pettegolezzi corrono veloci di lingua in lingua, di sussurro in sussurro e Catherine scoprì come in realtà le uniche regine di quella corte fossero colei che regina lo era da molto, la madre del re, e colei che regina non lo era se non di fatto, l’inglese Henriette-Anne Stuart, moglie di Philippe d'Orléans, fratello minore di Louis XIV. La povera Marie-Thérèse  non era che una vaga ombra in quella corte di magnifiche donne.
-E il re? Che tipo è?
Catherine si era cambiata, indossando un abito pulito e intrecciando nuovamente i capelli in alto, e attendeva con le altre dame l’ora della cena.
Fu Mary a risponderle, scambiandosi un’occhiata complice con le altre ragazze –Il re è magnifico. Lo chiamano re Sole e a ragione... Perchè mai la Francia dovrebbe lamentarsi della pioggia incessante, il loro sole vive e cammina sulla terra.
-È così bello?
-Oh, lo vedrai... Impossibile resistergli. Dicono che abbia una relazione con la cognata, ma pare che la regina Madre non sia d’accordo, per questo la Stuart viene spesso allontanata da corte, con la scusa che debba stare vicino al marito. Io credo che Anne d'Autriche non voglia mettere in ombra in alcun modo la nuora, ma la regina poveretta certo non si sforza di essere piacevole.
Catherine non sapeva se essere più scandalizzata o più divertita da quelle chiacchiere, ma tutto sfumò quando Fernanda le andò a chiamare: il suo unico pensiero era che avrebbe visto il re. Poteva un uomo essere bello come lo descrivevano? Lei aveva tre fratelli maggiori ed erano molto belli, ma certo solo un re poteva paragonarsi alla stella che da sempre riscaldava il loro mondo.
Marie-Thérèse in effetti sembrava un’ombra, con gli abiti scuri, il capo coperto da una rete nera, così distante dall’immagine che ci si aspetterebbe da una regina di Francia.
-Henriette non c’è.- le sussurrò Mary mentre entravano nella sala da pranzo, così tutta l’attesa della ragazza si concentrò sul re. Si accomodò e si guardò distrattamente attorno, rispondendo appena alle domande sulla corte inglese che lei di fatto non conosceva, ma ogni suono svanì quando le porte si aprirono e colui che tutti attendevano entrò. Catherine rimase senza parole, mentre il cuore quasi le esplodeva nel petto. Re Louis era vestito di bianco e oro, i capelli biondi gli scendevano ondulati sulle spalle quasi fossero una corona e il sorriso gli illuminava il volto dai bei lineamenti.
Non poteva esistere altro sole che non fosse lui, l’estate era improvvisamente arrivata. Baciò la mano della moglie, la guancia della madre e poi si sedette circondato dai suoi uomini, incurante del resto della sala. Per tutta la durata del pasto Catherine continuò a sbirciare il re oltre l’orlo del bicchiere, studiandone le movenze, le espressioni, i toni di voce... Ne era ammaliata in maniera così coinvolgente da non comprendere come ciò potesse essere successo. Quando la regina si alzò, pronta a ritirarsi, fu come se le avessero staccato il cuore dal petto. Tutto ciò che desiderava era poter respirare ancora la stessa aria del sovrano che pareva essere emanata da lui stesso, nonostante si rendesse conto di quanto fosse sconveniente. Aiutarono la sovrana a mettersi a letto, poi si ritirarono nelle loro camere, adiacenti a quelle regali, e tra chiacchiere e risate poco a poco si addormentarono tutte.
Solo Catherine si rigirava nel letto che condivideva con Mary senza riuscire ad addormentarsi; il viaggio l’aveva fortemente provata ma le emozioni erano state troppe, al punto da impedirle di prendere sonno. Era in Francia solo da poche ore, ma già si chiedeva come avrebbe fatto ad andarsene mai. Quando bussarono alla porta alcune ore dopo Catherine sobbalzò, guardandosi attorno incerta; tutte dormivano profondamente, non aveva altra scelta che andare ad aprire lei stessa.
Davanti alla porta attendeva un paggio.
-Il re desidera vedere la regina.
-Sua Maestà dorme già.
Rimasero a guardarsi senza sapere cosa fare, ma fortunatamente Fernanda comparve all’improvviso e andò in aiuto della ragazza –Catherine, fai accomodare il re nel salottino, io sveglio la regina-
La ragazza rimase immobile: aveva capito quale fosse il salottino, ma non aveva idea di dove fosse il re. Fu allora che dall’oscurità emerse una figura e Louis le arrivò davanti in tutto il suo abbagliante splendore, persino nella sobria veste da camera.
Si inchinò un istante troppo tardi, folgorata da quella visione, e il re sorrise del suo tentennamento, seguendola nella camera.
-Siete nuova.- una constatazione, non una domanda.
-Sì, mio re, son arrivata oggi.
-Da dove? Inglese dice il vostro accento.
-Da vicino Londra.
-Parlate bene il francese, lo avete studiato a lungo?
-Da quando avevo sei anni
-E ora ne avete?
-Quindici, Vostra Maestà
Catherine sentiva gli occhi del re su di sè, ma non alzò i propri, quasi timorosa di poter bruciare se l’avesse fatto, novella Icaro bruciato dal sole.
Fernanda tornò poco dopo e fece accomodare il sovrano nelle stanze della signora, poi loro rimasero in attesa fuori dalla porta; la nana si assopì poco dopo, ma Catherine era troppo agitata così potè cogliere tutti i suoni provenienti da oltre la porta. Poche parole, un cigolio, gemiti e sospiri. Avvampò all’idea di cosa stesse succedendo e le mancò il fiato immaginando il corpo nudo del re, perso in atti che la sua mente si vergognava anche solo a immaginare. Era una vergine, certo non una spagnola senza la minima cognizione di cosa fosse il sesso, era inglese e aveva dopotutto tre fratelli maggiori, ma pur sempre una vergine era. Alla fine il re uscì, i capelli leggermente in disordine e il volto arrossato, se possibile ancor più bello; Fernanda si svegliò ed entrò dalla regina, mentre Catherine rimaneva ferma in imbarazzo.
-Come vi chiamate?
-Catherine, Vostra Maestà.
-Catherine…
Il suo nome assumeva un sapore diverso tra quelle labbra, quasi fosse disegnato nell’aria con elaborati intrecci dorati, lettere lascive e morbide, suoni che racchiudevano misteri.
Quasi non lo sentì avvicinarsi, ma ne percepì l’odore... Miele e sudore. E altro, che non avrebbe saputo definire ma che portava con sè l’eco dell’atto appena concluso.
Sobbalzò quando Louis le sfiorò il volto e la costrinse a guardarlo –Siete molto bella, Catherine.
Aprì la bocca per rispondere, ma non ne uscì alcun suono.
Il sovrano sorrise ancora –Ha smesso di piovere, pare che voi abbiate portato l’estate in Francia.
-Ne sono lieta, mio signore.- balbettava, ma non riusciva ad allontanarsi, a distogliere gli occhi dai suoi, dall’uomo che aveva appena giuaciuto con la moglie.
Un passo ancora e le labbra del re furono sulle sue, esigenti. Dopo un primo istante di smarrimento Catherine comprese cosa stesse succedendo e si scostò, guardando preoccupata la porta chiusa della regina.
-Marie-Thérèse non se ne cura.
-È vostra moglie.
-L’amore non è fatto per le mogli, ma per creature come voi.
-Io non sono fatta per l’amore di un re, io...
-Siete una nobile vergine inglese, lo so ma, mia piccola Catherine, presto vi accorgerete che non si può rifiutare questo re. Voi siete l’Estate, io sono il Sole, siamo fatti l’uno per l’altra.
Uscì senza darle tempo di replicare, lasciandola smarrita e senza fiato, con il sapore delle sue labbra ancora sulle proprie. Quel re irriverente, abituato ad avere tutto ciò che desiderava… Avrebbe dovuto fuggire, ma non ne aveva la forza. Non sapeva se lei fosse l’estate, ma lui era divenuto senza dubbio il sole della sua esistenza.
 
La mattina seguente Catherine fu totalmente rapita dalle attività mattutine: messa –nonostante fosse protestante, non poteva esimersi dal seguire la regina-, passeggiata nel parco, sistemazione delle stanze reali. Del re neppure l’ombra, e la ragazza non sapeva se esserne felice o afflitta.
Ad ogni modo, l’estate era veramente arrivata, il sole splendeva su Parigi come mai aveva fatto fino ad allora e si diceva che sarebbe durato per tutto il mese, forse anche di più. Catherine sorrideva, incessantemente. Sorrideva davanti ai raggi che splendevano sulle mura del Louvre, alle voci femminili che si rincorrevano nell’aria, alla fresca libertà che assaporava minuto dopo minuto. E sorrideva pensando al bacio che le era stato rubato la sera prima, pur sapendo che non avrebbe dovuto, pur sapendo che era sbagliato, ma era il re, come poteva rifiutare qualcosa a quel moderno Apollo?
Amante del re.
Le mancava il fiato ogni volta che la sua mente formulava quel pensiero. Suo padre e la sua balia l’avevano messa in guardia innumerevoli volte sulla triste vita delle amanti reali, che splendevano un istante e poi sprofondavano nell’oscurità, dimenticate da chiunque, soprattutto dall’uomo per cui avevano sacrificato tutto. Le portavano illustri esempi, e ancor più spesso le parlavano della Boleyn, che aveva osato raggirare il re fino al punto di farsi sposare e il cui capo era stato separato dal corpo sotto infamanti e impronunciabili accuse. Si era sempre chiesto come si potesse essere così sciocche, come si potesse desiderare l’amore di un uomo che non sarebbe mai stato loro, ma da quando Louis era entrato nella sua vita, splendido sole quale era, ciò che incessantemente si chiedeva era come mai sarebbe riuscita a resistere e preservarsi.
Lo rivide dopo cena, nelle stanze della regina, bello ancor più della sera precedente.
-Mia regina, mi prestereste le vostre dame? Voglio allestire una rappresentazione sulle stagioni.
Marie-Thérèse annuì, lieta di poter fare qualcosa di gradito per il re –Pensavo che Claudia, con i suoi occhi grigi e la pelle lattea, potesse rappresentare l’Inverno. Emiliae Juliette l’Autunno e la Primavera.
-E l’Estate mio re?
-Catherine.
La ragazza alzò di colpo lo sguardo sul re, con il cuore in gola; la stava fissando intensamente, al punto da costringerla ad abbassare gli occhi. Le parve che tutti i rumori scomparissero, le voci, la musica, le sedie spostate... Tutto sfumava, eccetto il ritmico suono del suo cuore nel petto e il respiro affannato, concatenato a quello del re.
-Inizierete domattina.
Louis si congedò poco dopo, senza rivolgersi più ad alcuno che non fosse la regina; le ragazze erano entusiaste per la rappresentazione, vi avrebbero partecipato tutte, non solo le quattro scelte per impersonare le stagioni, ma Catherine non riusciva a condividere la gioia. Nel suo cuore non vi era spazio che per il sentimento che nasceva, che aveva messo radici in parti della sua anima che fino a poco prima neppure sapeva di avere, per quel segreto custodito solo da lei e dal re: l’aveva paragonata all’estate solo la sera prima, era sicura che dietro quella rappresentazione si celasse un omaggio e ne era deliziata.
Lavorarono sodo per una settimana, ma nonostante si divertisse moltissimo Catherine sentiva la mancanza del re, che non aveva più visto; si vociferava trascorresse molto tempo con la cognata e la ragazza non riusciva a ignorare la morsa della gelosia, dandosi poi della sciocca per aver pensato che il re potesse davvero provare un interesse speciale per lei. Era una delle tante e quell’idea le struggeva l’animo, spingendola ad impegnarsi il doppio con l’unico intento di compiacere il sovrano. Era l’Estate, voleva brillare.
Per lui.
Il giorno della rappresentazione, mentre era intenta ad indossare un abito giallo dai ricami delicati, ponendo poi sui boccoli scuri una coroncina d’oro, un paggio la andò a chiamare e la condusse in una saletta poco lontana.
Oh, quale meraviglia quando vi trovò il re!
Catherine si inchinò confusa ed emozionata e Louis le andò incontro, facendola rialzare e baciandola con foga, al punto che presto finirono contro il muro, sempre più appassionati.
-Mia splendida Estate, mia adorata Catherine, mi siete mancata.
La ragazza abbassò lo sguardo, sentendosi morire, ma Louis non le permise di staccare gli occhi dai propri troppo a lungo. Si avvicinò ad un tavolino e prese un ciondolo che pareva brillare di luce propria, come un sole, perchè in fondo di quello si trattava: una sfera di oro e diamanti, prezioso e delicato. E suo.
Il re glielo fece indossare e la ragazza lo sfiorò con mani tremanti, sopraffatta dall’immensità delle emozioni che l’avevano avvolta.
-Brillate per me stasera. Solo per me.
E così fece, senza mai staccare i propri occhi da quelli del sovrano, cercando di trasmettergli tutto –l’amore?- che provava.
E nessun applauso valse quanto il sorriso che Louis le rivolse, nessun complimento quanto il suo sospiro soddisfatto. Il cielo si estendeva terso e cupo sopra di loro, punteggiato a tratti da flebili puntini dorati, manto avvolgente dei sospiri che si persero nell’aria del giardino privato del re nell’ora più scura.
Louis non andò mai oltre e Catherine ne fu sollevata: non avrebbe avuto il coraggio e la forza per rifiutare ciò che le veniva chiesto, ma sapeva che il giorno dopo le ombre del padre e dei fratelli l’avrebbero perseguitata, conducendola alla follia.
Trascorsero i giorni, il sovrano era spesso impegnato a far finta di ascoltare la madre e i consiglieri, per poi decidere di testa propria le sorti della Francia –ma dopotutto non era lui stesso lo Stato?-, Catherine serviva la regina in attesa del primo figlio, ma quando potevano si incontravano e la fanciulla sedeva nelle camere del re, cantando per lui, leggendo per lui, danzando per lui, vivendo per lui,con il sole, caro regalo, poggiato accanto al cuore.
E Louis, forse soggiogato dalla bella inglese al punto da perdere il senno, non pretese mai la sua virtù per sè e la loro estate proseguiva lieta, senza intoppi, anche quando sopraggiunse l’autunno e poi l’inverno. L’eterna estate del loro amore pareva non sfumare mai.
Poi arrivò Louise Françoise La Baume Le Blanc de La Vallière, dama di compagnia della Stuart, che Louis si prese come amante. Quando Catherine lo seppe cadde nello sconforto: sapeva che raramente il re si addormentava solo, ma erano donne senza volto nè nome che non potevano competere con lei. Quella Louise, con la sua aria candida e i boccoli biondi invece rappresentò per la bella inglese la fine dell’estate e della gioia. Quante lacrime furono versate, quante volte osò negare al sovrano la sua presenza, finchè Louis non la prese di forza, chiedendole cosa volesse mai da lui.
-Non volete essere la mia amante, vi preservo dalle voci maligne incontrandovi sempre in presenza di altri, ma non potete certo pretendere fedeltà.
Lo sapeva, ma aveva sempre sperato che quel momento non arrivasse mai. Si chiuse in un silenzio rassegnato, spegnendosi poco a poco. La sera di Natale il sovrano la mandò a chiamare e lei si recò da lui, obbediente e a capo chino, con il gelo nel cuore e nelle membra. Louis sedeva lascivamente su una poltrona, con un bicchiere di vino caldo tra le dita.
-È inverno.
-Sì, Maestà.
-Rivoglio la mia Estate.
-Alcuni mesi ancora e arriverà.- finse di non cogliere il senso duplice della frase, la richiesta celata tra le parole.
Fu il rumore di vetro infranto a farla sobbalzare, spingendola ad alzare in capo. Louis la guardava fremente di rabbia e passione, il bicchiere giaceva a terra in mille pezzi, come il cuore di Catherine.
Le si avvicinò rapido e la baciò, con rabbia, con foga, con passione, e le cedettero le gambe, e perse la ragione; nelle vene le scorreva sangue infuocato, bruciante sotto i baci del re.
-Ti rivoglio, Catherine. Sei un albero di pesco che ha perso fiori e foglie, non posso guardarti così. Louise...- Catherine fremette ma lui non la lasciò andare –Louise è la mia amante, sì, la madre dei miei figli, ma tu... Rispetto la tua scelta, ma tu rispetta la mia, torna da me.
-Farò come ordinate.
-Amami, Catherine, puoi farlo? Perchè io lo faccio costantemente. Riporta l’estate nella mia vita.
La baciò ancora e ancora e ancora e la ragazza cedette alle richieste, perchè lei aveva bisogno di lui quanto lui di lei. Tornò la Catherine di un tempo, Louise fu mandata a partorire lontano dalla corte, da Henriette, da Marie-Thérèse. Lontana da Catherine.
Quanto a lei, tornò a brillare come e più di prima, radunando attorno a sè scie di giovani fanciulle e di paggi, di poeti e studiosi, tanto era sensibile ad ogni tipo di espressione artistica. E Luois si beava di lei, della meraviglia che era diventata: della fanciulla che aveva lasciato l’Inghilterra non rimaneva che un dettaglio che lui non osava toccare, quanto al resto, la bambina era divenuta una splendida donna.
Non trascorse molto tempo prima che giovani di ogni rango si interessassero a lei, e Catherinesi faceva vezzeggiare, ma il re era l’unico che potesse andare oltre un semplice sfioramento di mano, l’unico che avesse accesso al suo cuore e alla sua mente. L’eterno sole della sua Estate.
 
Ma quando la neve lasciò il posto ai fiori, quando l’inverno cedette il passo alla primavera per la prima volta l’estate non era più simbolo di gioia e freschezza, ma di dolore, per entrambi.
Non voleva tornare in Inghilterra, man mano che il giorno della partenza si avvicinava il suo sorriso sembrava perdere colore, i suoi occhi erano spesso resi lucidi da lacrime represse e nonostante cercasse di non farsi prendere dallo sconforto quando si trovava in presenza del re, Louis si accorse del cambiamento della fanciulla.
Un pomeriggio il sovrano interruppe bruscamente la lettura, strappandole il libro dalle mani e baciandola con foga. Catherine annaspò, presa alla sprovvista, ma non si oppose. Quando infine Louis si staccò erano entrambi ansanti e sconvolti.
-Non ho alcuna intenzione di fare a meno della mia estate, Catherine.
-Non posso oppormi al volere di mio padre.
-Ma io sì! Sono il re!- parlava con fervore, senza lasciarle il volto –Philippe Bourgeois non fa che parlare di te, se non sapesse che devi  tornare in Inghilterra sono sicuro che ti avrebbe già chiesto di sposarlo.
Catherine comprese immediatamente cosa sottointendesse il re: se lei avesse sposato un francese sarebbe potuta rimanere in Francia e una volta maritata...
-No, sire, non ho intenzione di commettere adulterio, sono cresciuta con dei sani principi e...
-Catherine, mia splendida Estate, corri troppo. Se vi sposerete io non dovrò perdere la tua compagnia, ma non ho detto che ti costringerò a venire a letto con me il giorno dopo le nozze, solo perchè non sarai più vergine. Sposa Bourgeois, rimani a Parigi, alla mia corte, con me... Ciò che succederà poi è solo nelle mani di Dio, ma non ti obbligherò a fare nulla che tu non voglia.
Quanto era allettante quella proposta? Quanto seducente? Catherine non si illudeva che il re non avrebbe preteso altro da lei, poi, ma Bourgeois era un bravo ragazzo, la adorava e a lei piaceva molto, era sicura che sarebbe stata felice, molto più che nell’uggiosa Inghilterra sposata a chissà chi. Erano nelle mani di Dio, Louis aveva ragione.
-Sarò felice di sposare Bourgeois.
Il re la baciò ancora, bevendo il calore della pelle chiara di lei, dei suoi boccoli, dei suoi occhi... La sua Estate non sarebbe dovuta andar via.
 
Il padre di Catherine non acconsentì volentieri, ma come poteva opporsi ad una richiesta avvalorata dal re di Francia in persona? Le nozze furono celebrate nella tenuta dello sposo, poco fuori Parigi, e la coppia trascorse alcuni mesi al sud, al mare; Catherine era felice, ma sentiva costantemente la nostalgia del re, tanto che fu felice di tornare nella capitale. Philippe si trattenne alcuni giorni in campagna, ma la ragazza tornò a corte immediatamente. La sera il re andò a bussare alle sue stanze e la gioia che gli lesse nel volto sapeva essere la stessa che brillava nel suo. Nonostante tutti i principi, nonostante tutte le riserve Catherine cedette ai baci del sovrano, alle sue carezze, mai sazia delle sue attenzioni...
-Mia Catherine, sei tornata... L’estate è tornata. Non lasciarmi più.-
E Catherine rideva e piangeva sotto la forza dei sentimenti che la legavano a quel re capriccioso e dispotico, ma dall’animo grande. Gli accarezzò i ricci biondi, il volto appena velato dalla barba, e non si stupì quando sentì la sua eccitazione attraverso la leggera sottoveste che indossava.
-Ti desidero, Catherine. Non mandarmi via.
Era una donna sposata, aveva giurato fedeltà a suo marito, amava suo marito, ma ciò che la legava al re andava oltre, sfuggiva al suo controllo, al suo raziocinio. Lo spogliò con mani tremanti, beandosi del suo sguardo sorpreso, poi lasciò che lui facesse altrettanto con lei. Per due mesi aveva fatto l’amore con Philippe senza comprendere davvero l’amore...
Quella notte con il re, il Sole e l’Estate si fusero, persi in universi di piacere dorato, fino a che il giorno non bagnò la Francia con il suo chiarore. Solo allora si separarono.
Catherine, sola nel letto che ancora profumava del re, attese che i sensi di colpa la venissero a trovare, ma questi non arrivarono; l’amore con Louis era quanto di meno peccaminoso potesse immaginare, un’unione di corpi e anime, due destini intrecciati... Chi era lei per opporsi al fato?
 
Philippe la raggiunse pochi giorni dopo a palazzo e la vita della giovane coppia proseguì seguendo i ritmi dettati dalla corte; due mesi più tardi Catherine si accorse di essere in attesa di un bambino; accolse la notizia con gioia, così come Philippe, e quando finalmente strinse al petto, vicino al cuore, una splendida bambina dalla pelle candida e i capelli simili al grano, Catherine si chiese se Louis non le avesse scelto un marito che gli somigliasse nei colori appositamente. Per tutti la bambina era figlia di suo marito, come era giusto che fosse, ma in cuor suo la donna sapeva che quella bambina apparteneva in tutto e per tutto al suo sole.
 
La chiamarono Etè Louise Catherine.
Fu il sovrano in persona a farle da padrino e lì, davanti all’altare, Catherine e Louis si guardarono per un eterno istante, al culmine della gioia. La loro estate non sarebbe finita mai, incastonata nelle perle lucenti di quegli occhi di bambina.

 
 



 


[1]Devo paragonarti a un giorno d’estate?/Tu sei più bello e più temperato./Tempestosi venti scuotono i cari boccioli di Maggio/E la durata dell’estate ha una scadenza troppo breve/Talvolta troppo caldo l’occhio del cielo splende/E spesso il suo aspetto dorato è oscurato/E ogni bellezza dalla bellezza presto o tardi declina/Dal caso o dal mutevole corso della/Natura privata di ornamenti/Ma la tua eterna estate non appassirà/Nè perderà possesso di quella bellezza di cui sei in debito/nè si vanterà la morte che tu vaghi nella sua ombra/Quando in versi eterni nel tempo tu crescerai/Finchè gli uomini potranno respirare o gli occhi vedere/Tanto vivrà questa poesia, e questa darà vita a te.
William Shakespeare. Sonetti.
 

 

Note: quando ho deciso di partecipare al concorso dell'estate l'idea era scrivere una storia fatta di abbronzature caramellate, bagni di mezzanotte e bagnini atletici. Ovviamente Luigi non era dello stesso parere. Nato come personaggio secondario in  Evocatio Sanguinis, non contento di aver preso sempre più spazio lì, megalomane com'è, ha preteso una storia tutta per lui. Tant'è! Catherine, il marito e le dame sono personaggi originali; fa eccezione Louise, realmente esistita, prima amante nota di Luigi.
Che sia verosimile che il magnifico re Sole abbia rispettato la verginità di una dama non saprei... Una storia è fatta di finzioni, dopotutto, la mia Catherine è stata fortunata. Estate è scritto alternativamente con maiuscola o minuscola perchè in alcune occasioni rappresenta Cathy stessa.
Non vi annoio oltre, se avrete voglia di lasciare un commento ne sarò felice.
Ci tengo però a ringraziare le ragazze del gruppo per la presenza costante, l'affetto e l'amore che rivolgono al mio Luigi. Eccolo, tutto per voi!

 

   
 
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