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Autore: Ang3l    06/08/2011    6 recensioni
[Dedicata a ryanforever]
-Bhe- lo chiamò Naruto -Andiamo?-
-Dove?-
-A casa mia, naturalmente- sbuffò, come se avesse appena detto una cosa ovvia. Ma Sasuke capì. Non ti lascio solo. E Naruto gli sorrise. Possiamo essere soli insieme.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buonasera ^___^ 
Vi starete chiedendo cosa sia questa 'cosa'... e, bhe, sinceramente non lo so neppure io ò__ò Innanzitutto, è dedicata a ryanforever ** da cui è nata l'idea e che spero che le piaccia un pochetto >////> Dovrebbe essere una storia un po' triste e dolce, ma non penso che sia nè l'una nè l'altra, perchè io non so scrivere queste cose T^T Io sono una tipa da 'demenziale' ^^''''
Quindi, se arrivati a metà lettura (se mai affronterete quasta ardua missione) vi verrà da vomitare: Io vi avevo avvertito u.u
E con questo, vi lascio x°°°D
Un bacione :3
Vale

Ps: un'abbraccio speciale soprattutto a te, ryanforever, e spero che ti stia divertendo in vacanza ** Baciii

 

***


 

Ci mancava solo questa, pensò Naruto, affrettandosi ad aprire l’ombrello che gli aveva dato quel vecchio pazzo del preside Jiraya e correndo giù, lungo le scale della Konoha High School.
Come ogni giorno, ormai, aveva trascorso il pomeriggio nell’aula delle punizioni, da solo ovviamente, dato che il professor Kakashi spariva sempre ‘misteriosamente’ nel nulla. E, come se non bastasse, allo scoccare delle cinque era venuto giù dal cielo il diluvio universale, letteralmente. Fortuna che il preside era stato tanto gentile da prestargli l’ombrello, anche se si sarebbe potuto risparmiare la sua ‘battutina’.
-Ecco qui- aveva sorriso Jiraya, ficcandogli l’ombrello in mano –Sai, ragazzo mio, sotto quell’ombrello ne ho fatte di follie! Se capisci cosa intendo-
E Naruto aveva sorriso, un sorriso alquanto disgustato –Capisco- aveva borbottato –Purtroppo-
Sbuffò, stando attento a non finire in qualche pozzanghera. Le goccioline di pioggia tamburellavano senza sosta sul marciapiede, sulle auto parcheggiate ai bordi della strada, sui tetti delle case, dipingendo tutto di un grigio tetro. E, dovette ammettere, era tutto terribilmente bello. Sentiva il freddo della pioggia fin dentro le ossa, un freddo quasi pungente che gli procurava piccoli brividi lungo la schiena.
Il pantalone bianco della divisa scolastica, ormai zuppo d’acqua, gli aderiva come una seconda pelle alle lunghe e snelle gambe. Rabbrividì, facendo per accelerare il passo, quando notò, troppo tardi, la figura immobile accanto alla fermata degli autobus, rovinandogli addosso. E sarebbe finito spiaccicato al suolo, se lo sconosciuto non lo avesse afferrato in tempo per la giacca, stringendolo a sé.
-Cavolacci…!- esclamò Naruto, contento di non essersi lasciato sfuggire l’ombrello dalle mani. Si staccò, imbarazzato, dall’altro, grattandosi la nuca –Scusa, non ti avevo proprio visto, stav… Uchiha??- quasi si strozzò, indietreggiando di un passo.
Ed era proprio lui, il ‘secchione’ della sua classe, il ragazzo più odioso e perfetto dell’universo: Sasuke Uchiha. Bello da togliere il fiato, come sempre, con quegli occhi neri come l’inchiostro e quelle labbra sottili e invitanti.
Eppure, osservandolo meglio, Naruto intuì che quello non era il solito Sasuke di tutti i giorni. Il suo sguardo, solitamente indifferente o privo di qualsiasi sentimento, sembrava ardere di rabbia, una rabbia così intensa  da far paura.
Per il resto, sembrava quasi una statua. Appoggiato contro un palo, era completamente sommerso dalla pioggia, che gli batteva crudele tra i capelli scuri, sulle spalle, sulle guancie.
-Sasuke…- mormorò, coprendolo di scatto col suo ombrello –Va tutto bene?-
Il ragazzo non si mosse di un millimetro, limitandosi a piegare le labbra in un mezzo sorriso, un sorriso amaro –Come se ti importasse, Uzumaki-
-Ovvio che non mi importa nulla di te. Sei pur sempre Sasuke Uchiha- provò a scherzare, ispezionandolo dalla testa ai piedi. Indossava ancora la divisa scolastica, il che stava a significare che non era ancora passato da casa. Strano, di solito l’Uchiha era un tipo molto scuola-casa-scuola.
-Vattene- mormorò Sasuke, con cattiveria.
-No- protestò Naruto, sorprendendo anche se stesso. Da quando in qua gli importava qualcosa di Mister Perfettino?
-Non fare il bambino-
-E tu smettila di fare la ‘mammina’-
E all’improvviso, prendendolo totalmente alla sprovvista, Sasuke gli fu sopra, spingendolo e facendolo cadere all’indietro. Sorpreso e confuso, Naruto si ritrovò disteso sul marciapiede, ormai completamente bagnato anche lui, con l’Uchiha che lo sovrastava, il pugno stretto sulla sua camicia.
-Non sono una mammina- sputò, furioso –Non so nemmeno cosa faccia una mammina-
Naruto provò a divincolarsi, assestandogli una ginocchiata nello stomaco –Io non so nemmeno cosa sia una mamma!- urlò, mentre le gocce di pioggia gli scivolavano veloci lungo il viso.
Sasuke gli bloccò i polsi, avvicinando le loro fronti. Non gli era mai piaciuto troppo quell’Uzumaki, ma in quel momento, guardando i suoi grandi occhi azzurri e puliti, provò qualcosa. Un qualcosa di meraviglioso e tremendamente orribile, che lo fece sentire ancora più solo e triste, indifeso, come quel bambino che non era mai stato.
Annaspò, stringendo ancora più forte i pugni sulle braccia del biondino. Perché quando vai alla deriva ti aggrappi forte a tutto ciò che trovi. Forte.
-Dieci anni- sussurrò, un debole sussurro appena udibile. Strizzò gli occhi, mentre le parole gli uscivano dalle labbra contro la sua volontà –Oggi, sono esattamente dieci anni che sono morti i miei genitori e mio fratello-
E Naruto si sentì gelare, mentre osservava Sasuke Uchiha lottare contro le sue stesse emozioni. Mai, mai avrebbe pensato che quel ragazzo sempre così silenzioso, educato, annoiato, che gli lanciava occhiate sprezzanti ogni qualvolta lui gli rivolgeva la parola, altezzoso, portasse sul cuore un peso simile.
Non avrebbe mai pensato che quel ragazzo fosse uguale a lui.
Un ragazzo solo al mondo, senza una mamma né un papà. Ma, a differenza sua che non aveva mai avuto nessuno dei due, Sasuke doveva aver conosciuto il sapore di un bacio materno, il suono della ‘buonanotte’ quando ti rimboccano le coperte la sera, l’odore di una famiglia.
Deglutì, cercando di muovere le mani per poter sfiorare il ragazzo –Io… mi dispiace…- E non gli importava sapere il come, il dove e il quando. Gli importava di Sasuke, e tanto bastava.
-Anche a me- Sasuke si risollevò veloce in piedi, strofinando il volto bagnato sulla manica altrettanto bagnata della giacca.
Naruto seguì il suo esempio, raccogliendo l’ombrello. Un autobus dall’aria decisamente vecchiotta e malridotta, trotterellò rumorosamente alle loro spalle, lasciando dietro di sé una nuvola di fumo.
-Vattene- ripeté Sasuke, brusco.
-Sai- lo ignorò Naruto, coprendolo nuovamente con l’ombrello –Ogni volta che penso ai miei genitori, guardo le stelle nel cielo. E per me, le stelle sono solo due- scrollò impacciato le spalle –Immagino che siano loro, la mia mamma e il mio papà, che mi guardano da lontano-
-Che sciocchezza- borbottò.
-Si, lo so- ridacchiò, anche se i suoi occhi si erano improvvisamente oscurati –Però mi fa sentire meno… solo, ecco-
Sasuke sbuffò, dandogli un pugnetto sulla testa –E quando non ci sono le stelle, dobe?- osservò, indicando la pioggia incessante che, con i suoi nuvoloni grigi e tetri, oscurava tutto il cielo.
-Bhe, loro sono sempre qui- sentenziò, battendosi una mano sul petto –Ma… per ogni evenienza ho queste- disse, tirando fuori dalla tasca due ciondolini a forma di stella.
Sasuke gli concesse un’occhiata sprezzante –Sei ridicolo-
-Teme!- brontolò, afferrandogli la mano e lasciandovi cadere uno dei due ciondolini.
-Ma che fai?- esclamò Sasuke, irritato, tirandosi indietro. Nel suo palmo brillava una piccola stellina gialla.
-Niente sentimentalismi- Naruto guardò accigliato la pioggia –E’ solo che mi ero stufato di averne due. Puoi anche buttarlo, se vuoi-
Sasuke Uchiha sorrise, scuotendo appena il capo. Non l’avrebbe mai detto che si sarebbe ridotto a farsi consolare da quella palla al piede di Naruto Uzumaki. Il ragazzo più rumoroso, pasticcione, stupido e irritante che avesse mai incontrato.
-Bhe- lo chiamò il biondino in questione –Andiamo?-
-Dove?-
-A casa mia, naturalmente- sbuffò, come se avesse appena detto una cosa ovvia. Ma Sasuke capì. Non ti lascio solo. E Naruto gli sorrise. Possiamo essere soli insieme.
E mentre camminavano sotto la pioggia, attenti a non sfiorarsi, Naruto si ritrovò a fissare l’ombrello, ripensando alle parole di Jiraya.
-Sai, ragazzo mio, sotto quell’ombrello ne ho fatte di follie! Se capisci cosa intendo-
E chissà quali cose sconce e pervertite aveva fatto, inorridì, gettando un’occhiata a Sasuke e arrossendo come un peperoncino. Stupido vecchiaccio.
-A cosa stai pensando?-
Sobbalzò –I… io? A… a niente! Eheh- ridacchiò –Mi chiedevo… per te le stelle quante sono, Uchiha?-
Sasuke affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, stringendo un’ultima volta il ciondolino –Come se ti importasse, Uzumaki- e poi si voltò verso di lui, guardandolo mentre gonfiava le guancie.
E da quel giorno, Sasuke Uchiha non guardò più le stelle, il suo passato. Perché al suo fianco aveva già il sole, il suo presente.
Finalmente, stava imparando ad usare la parola Addio.


Lasciò scivolare il ciondolino in una pozzanghera.
Addio, mamma… papà… Itachi.
Finalmente, lasciò andare la sua famiglia.




 

   
 
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